GIM Padova: Rompere le catene del razzismo e della xenofobia
febbraio 2002
Rompere le Catene Veglia
del I G.I.M. Padova |
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Nel
nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
CANTO
prima e dopo il Vangelo
La salvezza portata da Gesù è per tutti gli uomini, nessuno escluso. L’umanità è il nuovo Israele. In questo brano del Vangelo Gesù non solo opera un miracolo in favore di uno straniero malvisto per la sua posizione sociale, ma lo ammira
Per la fede che dimostra a differenza del suo popolo.
Dal Vangelo secondo Luca 7, 1-10
Oltre le etnie
Siamo in Burundi dove esiste un profondo odio tra le due etnie presenti nel paese: Utu e Tutsi. Nel 1994 l’odio etnico ha procurato centinaia di migliaia di vittime. In questo contesto è ambientata la testimonianza di una focolarina.
In questi mesi, malgrado i disordini in città , ho
continuato a vivere nella speranza che un giorno non lontano nel nostro
dilaniato Paese regni la pace tra tutti. Nel mio quartiere vivono
mescolati gli appartenenti a etnie diverse. Questo significa ogni giorno
morti sulle strade, minacce, violenza, persone che approfittano della
situazione incontrollabile per il proprio tornaconto. Pur in tanta
desolazione, capisco che, se faccio spazio dentro di me a Dio Amore e lo
manifesto agli altri, l’ideale di unità sarà come un seme che alla
fine germoglierà in tutti i cuori. Posso coltivare ogni giorno
questo seme ovunque mi trovi, al lavoro o con i vicini di casa, senza
mai far caso all’etnia di appartenenza. Così, ho stabilito legami
veri con tante persone, e anche quando siamo stati costretti a
disperderci in altri quartieri per metterci al riparo dalla violenza,
abbiamo continuato a cercarci e a vederci di nascosto. LÂ’amore fra noi
è stato più forte delle divisioni e della paura dei rischi che
correvamo incontrandoci. Purtroppo, però, non è così per tutti e
molti mettono a repentaglio anche la vita pur di non avere a che fare
con gente di altre etnie ed incorrere in ritorsioni. Sulla strada che
percorro ogni giorno per andare al lavoro incontro sempre un uomo con
una piaga infetta alla mano.
Gli
ho domandato perché non va a farsi curare e mi ha risposto che non ha i
soldi necessari. Gli ho proposto di venire da me a medicarsi, mi pagherÃ
quando potrà . E’ venuto un paio di volte, poi non l’ho più visto.
L’ho incontrato di nuovo e gli ho chiesto perché non era più venuto
a curarsi. Mi ha detto che ha paura: di me che non appartengo alla sua
etnia, di chi incontra lungo la strada e dei suoi fratelli che
potrebbero punirlo perché si è fatto curare da persone di etnie
diverse. Mi sono resa conto di come ormai in molti abbiano perso fiducia
negli altri. Ho sentito che dovevo amarlo fino alla fine e
interrompere questa catena di odi e di pregiudizi:ho deciso allora
di portare con me il materiale sanitario necessario per rifargli la
fasciatura ogni giorno, al ritorno dal lavoro. Un posto tranquillo in
cui medicarlo mi è sembrato, in mancanza di meglio, il piccolo rifugio
di legno dove sostano a volte i soldati addetti alla vigilanza nel
nostro quartiere. Ho chiesto loro il permesso e me lÂ’hanno accordato,
un poÂ’ sorpresi e curiosi nel vedere che curavo una persona di
unÂ’altra etnia. Sistemata la fasciatura mi sono resa conto di aver
dimenticato a casa le forbici. Mi son guardata intorno in cerca di
qualcosa che fosse adatto a tagliare la benda e, subito, il soldato che
mi guardava mi ha offerto, con molta gentilezza, la sua baionetta. Il
ferito era sbalordito e contento, sia per la premura dei soldati sia per
la mia determinazione a curarlo. Mi ha detto che non pensava esistessero
persone che non fanno dellÂ’appartenenza etica una barriera. EÂ’
stata per me una conferma in più che l’amore è l’unica soluzione
ai nostri problemi.
Spes
(Burundi)
DallÂ’Albania a Israele
<< Siamo Albanesi e ci siamo trasferiti in Israele, con i nostri due figli, nel 1991. Antonietta è ebrea e io Cristiano. Nati e vissuti in un paese comunista, dove qualsiasi forma di religiosità era proibita, quel poco che sapevamo di Dio ci era stato insegnato di nascosto dai nostri genitori. In Israele ci siamo trovati ad affrontare le tante difficoltà , pratiche e psicologiche, degli immigrati. Per questo l’incontro con la spiritualità dell’unità è stato folgorante. Abbiamo riscoperto le radici della fede profonda che, anche se soffocata fino a quel momento, viveva comunque dentro di noi>>.
<<
In più, arrivando in Israele - prosegue Antonietta -, ci siamo
stabiliti in una città tutta ebraica ed abbiamo respirato
immediatamente il clima di tensione tra ebrei ed arabi. Invece, agli
incontri del Movimento dei Focolari, partecipavano anche diverse coppie
arabe e ci siamo accorti di come il clima di fraternità coinvolgesse
tutti indistintamente. Ci siamo trovati in una grande famiglia, pur fra
persone di religioni e di culture diverse. In quei momenti il contrasto
con l’esperienza della vita quotidiana era stridente. Ci è nata
dentro la certezza che se l’unità è possibile in un piccolo gruppo,
si può realizzare in più larga scala tra i popoli. Ma noi per primi
dovevamo iniziare a costruirla>>.
EÂ’
Michele che continua: <<Pian piano, mi sono accorto che cominciavo
a ragionare con una mentalità nuova. Per esempio a lavoro un collega
aveva bisogno di un paio di scarpe speciali contro l’umidità . Io ne
avevo un paio di riserva che, in un primo momento, avevo pensato di
vendere a causa delle ristrettezze economiche. Ho regalato al mio
collega le scarpe che avevo in più e, nel farlo, ho provato una
gioia nuova, mai sperimentata prima>>.
Antonietta
lo guarda con affetto: <<Vivere la pace in un clima di guerra
mette continuamente alla prova il nostro rapporto con Dio. Nostro
figlio, lo scorso anno, ha fatto il servizio militare. In quel periodo,
la tensione tra il Nord dÂ’Israele e il Sud del libano era fortissima.
Ero molto preoccupata che lui dovesse partire per il fronte. Di
fronte alla paura e al dolore di non poter far nulla, ho sentito che il
mio costruire la pace in quel momento era continuare a crederci e
chiederla a Dio con insistenza. Questo mio nuovo modo di pensare ha
vinto in me, ebrea, la paura che il mondo arabo mi incuteva. Sono
crollate molte barriere ed ora ho delle amiche arabe con le quali
cerchiamo di conoscerci, di apprezzarci e di lavorare per la pace.
Abbiamo aperto la nostra casa a chiunque voglia impegnarsi con noi per
l’unità e la pace: siamo già una ventina di famiglie, di diverse
religioni, che nella nostra città vivono e credono in un mondo
diverso>>.
<<Mesi
fa – interviene Michele -, subito dopo gli attentati di Tel Aviv e di
Gerusalemme in cui sono morti molti innocenti, avevamo organizzato un
incontro di due giorni in un paese vicino ad una delle città colpite.
Sembrava non si potesse più tenere perché anche i collegamenti
stradali erano difficili e pericolosi. Invece, siamo arrivati in tanti,
ebrei, cristiani e mussulmani, e sono stati giorni bellissimi, di
profonda comunione. Abbiamo sperimentato ancora una volta che Dio è fra
noi e ci dà la forza di andare sempre avanti sulla strada dell’unità ,
nonostante tutto quello che succede intorno>>.
Antonietta e Michele
(Israele)
Hanno
ucciso un Nord-Africano
Hanno
attaccato, hanno colpito.
I
manganelli battevano a ritmo cadenzato, mentre le
bombe
lacrimogene fumavano come invitati ad una festa.
Mentre
fuggivano gli ultimi dimostranti,
si
raccoglievano i feriti.
La
celere portava via i fermati, impauriti, stupiti o ribelli.
Le
finestre ad una ad una si rinchiudevano.
Anche
i volti si chiudevano, dolorosi.
E
la folla, a piccoli gruppi, si disperdeva, mentre rapida
Si
diffondeva la notizia: hanno ucciso un nord-africano.
Signore,
mi guarda ancora;
Sguardo
fisso e freddo, per sempre immobile nellÂ’angoscia
DellÂ’ultima
domanda: <<Perché colpite?>>.
EÂ’
disteso a terra, gli abiti laceri, ma il capo adorno dellÂ’aureola di
sangue dipinta dalla morte sul marciapiede.
Gli
occhi del corpo mi guardano,
mentre
la sua anima volata via Ti contempla, stupita
dallÂ’imprevisto
viaggio.
Signore
è disgustoso.
Si
è detto loro: siete di casa,
li
si è lasciati venire verso di noi come verso salvatori,
li
si è impiegati come servitori là dove nessuno avrebbe voluto servire.
E
là , prigionieri dei loro errori,
alloggiati
come bestie,
sfruttati,
disprezzati,
umiliati,
nel
momento in cui vogliono manifestare il loro scontento
e
la loro ribellione,
li
si attende allÂ’angolo della strada, bastone in mano,
come
la brava gente si raduna per abbattere un cane randagio.
Signore,
non hanno la nostra stessa pelle, nonhanno gli stessi usi, gli stessi
costumi.
Signore,
vengono da lontanoÂ…
Non
li avrebbe raggiunti la Tua Redenzione?
Oppure
i tuoi figli non hanno ancora riconosciuto che sono tutti fratelli?
Che
tutti sono stati battezzati, immersi in uno stesso sangue,
il
Tuo sangue, il sangue di un Dio?
Signore,
ovunque sono ancora erette barriere, frontiere;
vi
sono ancora neri e bianchi, proletari e borghesi,
sfruttati
e sfruttatori,
Arabi,
Americani ed Italiani.
Ed
alcuni Tuoi figli accettano queste barriere,
Come
se fosse normale che in una stessa famiglia alcuni bambini mangiassero
gli avanzi in cucina, mentre gli altri sÂ’impinzano nella sala,
Come
se fosse normale che alcuni fossero serviti da altri, servi. Come se
fosse normale che alcuni fossero puniti più severamente di altri. Come
se fosse normale che alcuni si accanissero su altri, li abbassassero, li
condannassero, li uccidessero.
Signore
il Tuo sangue ci radunerà presto in uno stesso amore, l’Amore del
nostro unico Padre?
Sapremo
far cadere tutti gli ostacoli che ci dividono?
Accetteremo
come unica differenza i doni che Tu ci hai donati, e non
lÂ’<<avere>> che abbiamo acquistato?
Figliuolo,
il sangue del tuo fratello grida verso di Me.
Ci
vorrà un canto d’amore ben possente per coprire la voce di un morto
ucciso dai suoi fratelli.
Michel Quoist
SILENZIO
SPUNTI
DI RIFLESSIONE
Sei capace di ospitalità verso le persone e i loro bisogni di relazione, dialogo, riconoscimento,affetto, discussione di problemi? Oppure sei autosufficiente e formale nei loro confronti?
Sei uomo o donna di riconciliazione con gli amici, in famiglia, a lavoro? Soffri quando la riconciliazione tra persone non è possibile o ti rassegni all’indifferenza?
Cerchi di superare i conflitti ignorando i problemi, i punti di vista delle persone? Oppure fatichi per trovare una mediazione un punto d’incontro? Impedisci agli altri di affrontare con te i conflitti, più o meno sotterranei, esistenti?
CANTO FINALE E BENEDIZIONE