GIM Padova: Dio tra noi, presente in ogni cultura
dicembre 2001
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Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo La
Veglia di preghiera che oggi celebriamo vuole essere un invito a
riflettere sulla presenza in ogni cultura e, quindi, in ogni uomo, del
senso religioso, cioè, di quella insopprimibile domanda di senso che sgorga dal di dentro di
ogni essere umano. LÂ’uomo sente nostalgia di Dio e tutta la sua
esistenza – di cui la cultura è una delle maggiori espressioni – è
impregnata di una misteriosa e universale inquietudine. Così, infatti,
si esprimeva Sant’Agostino nelle prime righe del suo capolavoro “Le
confessioni”: “… , perché ci hai fatti per te, e il nostro cuore
è inquieto finchè non riposa in Te”. In un clima di preghiera, oggi,
siamo chiamati a riconoscere le traccie d’eternità impresse nella
storia dei popoli e nella nostra storia personale. CANTO:
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I
VALORI RELIGIOSI DEL POPOLO MAKUA
Oggi
affermiamo pacificamente che in ogni cultura v’è un seme di Dio. Tuttavia, non è stato sempre così per tutti.
Leggiamo cosa scriveva nel XIX sec. Sir Samuel Baker a proposito dei
Nilotici del Sudan Settentrionale: << Senza alcuna eccezione,essi
infatti non solo sono privi di una fede in un Essere Supremo, ma non
hanno nemmeno altre forme di culto o di idolatria. Il buio delle loro
menti non è illuminato nemmeno dai raggi della superstizione >>. Stasera ci “mettiamo in ascolto” di un anziano di
un popolo africano che vive in Mozambico: i Makua. Vediamo se il
buon Sir Baker aveva ragione. MULUKU
Sono
un anziano Makua, il mio nome è Joannes Capinenga. Noi Makua chiamiamo
Dio: Muluku. EÂ’ una parola formata dalla particella mu che nel sistema
linguistico Makua appartiene alle persone e Wuka che significa riunire,
giuntare. Infatti, Dio è colui che mette insieme i pezzi che formano il
mondo: il saldatore dellÂ’Universo. DIO
NELLA CREAZIONE
Il centro dell’Universo per noi Makua è il monte
Namuli, sito in Zambesia. Sulla
cima di questo monte v’è una caverna nella quale si trovano, incise
sulla pietra, le impronte di tutti gli animali, quelle dei vegetali
commestibili oltre a quello dellÂ’uomo e dei suoi utensili di lavoro.
E’ il luogo in cui Dio creò tutti gli esseri viventi che poi si
sparsero in tutto il mondo. DIO
NEL LINGUAGGIO QUOTIDIANO: Per noi Makua è impossibile
immaginare che Dio non esista.<<Muluku okhala>>, Dio
esiste. Sarebbe come negare la nostra vita, negare radicalmente noi
stessi e il nostro mondo di relazioni globali. Muluku okhala, dicono le donne, quando nasce un
bambino. Ma con la stessa
frase piange la donna a cui muore una creatura. Lo fa in un atto di fede
nel Dio misterioso che pur avendogli dato un figlio, rimane
<<Muluku Karwele yaka>> cioè il Dio
<<son-venuto-per-ciò-che-è-mio>>. E’ il nome proprio del
nostro Dio nella sua libertà di dare e riprendere. Ma non c’è ne
disperazione ne fatalismo. C’è, invece,
sia la certezza che il figlio sta con Dio, sia che <<Muluku
okhala>> feconderà di nuovo il suo seno, Lui che alla luna da il
potere di rinascere. LA RAFFIGURAZIONE DI DIO Noi non raffiguriamo Dio. Le persone interrogate
rispondono:<<Muluku Esuputha>>, Dio è come un metallo
malleabile. Vuol dire che Dio può cambiare facilmente, cioè che egli
ha dei sentimenti, ama e perdona. Non è una materia inerte come sarebbe
se raffigurato, né un idolo materiale. PROVERBIO
MAKUA
<< Muluku mutokwene>>, Dio è grande, anziano, quando nasciamo già lo troviamo. CANTO SEGNO
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IL
BANCHETTO DELLE CULTURE Un
giorno, alle pendici di un alto monte si riunirono la cultura europea,
quella africana, quella asiatica e quella americana per fare un
banchetto e conoscersi meglio. Ogni cultura era giunta al banchetto con
un poÂ’ di diffidenza e quasi per dovere. Quando arrivarono al posto
stabilito si fermarono in piedi, lì, una davanti all’altra. Nessuna
aveva il coraggio di parlare perché aveva timore di essere fraintesa.
La cultura europea pensava tra sé: << avrei potuto restare a casa
a leggere i miei libri o a guardare la tv>>. Anche la cultura
africana pensava tra sé: << Magari avrei potuto portare un regalo
per loro >>. La
cultura Americana non pensava, ma fischiettava un motivo brasiliano
battendo il piede per segnare il ritmo. La
cultura asiatica pensava: << tra un poÂ’ ci stancheremo di stare
in piedi e il banchetto avrà inizio>. Improvvisamente
uno scuotimento tellurico fece perdere lÂ’equilibrio alle culture ed
esse furono costrette a sedersi per non rovinare a terra bruscamente.
Finalmente sedute, le culture continuavano a osservarsi attentamente
senza proferire parola. Ad un certo punto, l’Africa alzò il viso e
disse: << Io ho fame!!! >>, simultaneamente le altre
ribatterono: <<
anche io!!! >>. Felicissime di sapere che quel noto languore le
accomunava iniziarono con gioia a mangiare, dopo aver fatto un gesto
verso lÂ’alto come di ringraziamento. Ciascuna
cultura aveva portato un pasto e alla fine quella americana offrì il
caffè. Mangiavano tutte allo stessa mensa, avvolte da un senso
misterioso di appartenenza ma, ancora, non conoscevano granchè l’una
dellÂ’altra.
Ogni cultura aveva capito di avere delle cose
in comune con le altre e si domandava se in tempi lontani non fossero
appartenute alla medesima famiglia. Un particolare durante il pasto
aveva attirato lÂ’attenzione delle culture. Ciascuna lo ammirava di
nascosto quando – nell’usuale movimento che si fa per portare il
mangiare alla bocca – inclinava il capo e la fronte prominente copriva
i propri occhi in modo da non vedere in quale direzione si stia
guardando. Ciò che attirava tanto l’attenzione delle culture era un
oggetto che la cultura europea portava al collo. Soprattutto, le altre
culture non capivano perché su quel pezzettino di legno fosse
rappresentato un uomo con le braccia aperte e i piedi incrociati. La
cultura africana pensava fosse un antenato molto importante come tanti
essa ne annovera. La cultura asiatica, invece, pensava fosse un sapiente
o una guida spirituale di grande rilievo, come i suoi guru. Nel
silenzio intenso del banchetto, ciascuna cultura si era scoperta
attirata e quasi affascinata da quellÂ’oggetto misterioso, ma non osava
chiedere spiegazioni, ne la cultura europea, che pure aveva intuito
lÂ’interesse delle altre verso lÂ’oggetto che portava al collo, aveva
minimamente pensato di condividere la storia che lo avvolgeva, forse
perché pensava che in fin dei conti quella culture non avrebbero potuto
capire le sue spiegazioni. In realtà le culture africana, americana,
asiatica -che certo erano felici di essere comÂ’erano- avevano
avvertito quella sera, misteriosamente, una magica attrazione verso
quellÂ’oggetto e non sapevano darsi una ragione. Era
come se quell’uomo sul legno gli parlasse intimamente e dicesse: “
Ho sete della tua acqua, ho fame dei tuoi cibi, voglio abitare presso di
te”. Stavano,
ormai, per andare via. Le ombre della sera erano calate e le cime
dellÂ’alto monte nascondevano gli ultimi raggi di sole. Ognuna, oggi,
aveva capito di avere qualcosa in comune con lÂ’altra, che ,forse, un
tempo avevano avuto addirittura, un padre e una madre in comune. Si
salutarono e andarono via. Si allontanavano lentamente e
pensierosamente. Nessuna, però, si era accorta del segno che esse,
stando sedute in terra, avevano lasciato sullÂ’erba: una croce!, che
adesso – senza saperlo – le univa tutte insieme.
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PEZZETTINI
DI DIO Mio Signore e mio Dio, quanto è grande il Tuo nome su tutta la terra! A loro insaputa ami, come figli unici, l’uomo e la
donna. Sì Padre perché, in principio, Tu eri un “ammasso d’amore” che palpitava di
gioia A tal punto da scoppiare e riempire l’Universo di tanti pezzettini di Te, sparsi ovunque come miriadi di coriandoli. Siamo impastati di Te Del Tuo Santo Spirito che è gioia, fragranza
e vita. Sono così contento che vorrei gridarlo a tutti I miei fratelli e le mie sorelle: siete pezzettini di Dio! Che io li veda sempre così, per tua grazia. E se un giorno fossi tentato di esser felice da solo Ti prego, non esitare a ricordarmi Che per condividere la Tua felicità Hai dato la vita.
Per chi? Per i Tuoi piccoli coriandoli. Amen. CANTO
SILENZIO
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SPUNTI
DI RIFLESSIONE 1.
In te, ritrovi quellÂ’inquietudine di cui parlava
SantÂ’Agostino? 2.
La cultura è parte di noi stessi. Sai distinguere in te gli
atteggiamenti culturali da quelli più propriamente di fede? 3.
Hai mai fatto un’esperienza d’interculturalità ? Se vuoi puoi
raccontarla. CONDIVISIONE
CANTO FINALE E BENEDIZIONE |