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3.A Don Goffredo Noecker - 9.11.1864

 

Bressanone, 9 novembre 1864

 

Onoratissimo Signore,

 

Spero che abbia ricevuto da Roma le mie due lettere; nella prima le davo un breve resoconto, nell'altra l'idea di un nuovo progetto per la conversione dei negri.

Si meraviglierà ch'io sia sempre in viaggio e che ora mi trovi a Bressanone. Ma deve sapere che l'Africa e i poveri neri si sono impadroniti del mio cuore, che vive soltanto per loro, particolarmente da quando il Rappresentante di Gesù Cristo, il S. Padre, mi ha incoraggiato a lavorare per l'Africa, e per questo motivo mi perdonerà anche se lascio i miei pochi neri, che restano però in buona custodia, per lavorare a beneficio di tutta la loro stirpe.

Secondo le ultime notizie la missione dell'Africa Centrale è quasi del tutto estinta. Attualmente si trovano ancora a Khartum solo un padre e un fratello francescano. Il Fiume Bianco è stato completamente abbandonato e la stazione missionaria di Scellal lasciata.

La presidenza della Società di Maria a Vienna, che ha lavorato con tanto zelo e con tanto sacrificio al mantenimento della Missione dell'Africa Centrale, cerca con tutti i mezzi possibili di rimetterla in efficienza. La Propaganda stessa a Roma era dell'opinione di abbandonare del tutto per il momento questa missione, perché non poteva essere mandata ad effetto dai missionari europei. Appena giunto a Roma e parlato del nuovo piano concepito a Colonia e svolto poi nella mente nel mio viaggio da Colonia a Magonza, il Cardinale mi incaricò di mettere in iscritto queste idee, e di unire ed utilizzare nel mio piano tutti coloro che lavorano per l'Africa.

Il Piano piacque al Papa e al Card. Barnabò, ma la sua attuazione dovrà urtare contro innumerevoli ostacoli, perché lo spirito dell'amore di Gesù Cristo manca in molte classi e istituzioni e specialmente per causa della politica.

L'Opera dev'essere cattolica, non già spagnola o francese o tedesca o italiana. Tutti i cattolici devono aiutare i poveri Neri, perché una nazione sola non riesce a soccorrere la stirpe nera. Le iniziative cattoliche, come quella del venerato Olivieri, dell'Istituto Mazza, del Padre Lodovico, della società di Lione ecc. senza dubbio hanno fatto molto bene ai singoli neri, ma fino ad ora non si è ancor incominciato a piantare in Africa il Cattolicesimo e ad assicurarvelo per sempre. All'incontro col nostro piano noi aspiriamo ad aprire la via all'entrata della fede cattolica in tutte le tribù in tutto il territorio abitato dai neri. E per ottenere questo, mi pare, si dovranno unire insieme tutte le iniziative finora esistenti, le quali, tenendo disinteressatamente davanti agli occhi il nobile scopo, dovranno lasciare andare i loro interessi particolari.

Lei comprende quale splendido avvenire sia preparato alla sua società di Colonia, che in certo qual modo, è l'ideatrice del nuovo progetto, dato che il pensiero del piano io l'ho avuto solo in seguito all'abboccamento coi signori della Presidenza. Le ho inviato da Roma un abbozzo del Piano, al quale aggiunsi un prospetto sui Vicariati e Prefetture apostoliche che circondano l'Africa; mi sono diffuso poi più per esteso sulla fondazione di quattro quasi-università e di parecchie scuole di belle arti intorno alla grande penisola dell'Africa, e in ultimo sulla grande missione del Comitato centrale, che noi fonderemo in una grande città d'Europa.

Da Lione, ove ora mi reco, Le manderò tutto il piano, come è ora, e la prego che prima del mio arrivo a Colonia lo legga e lo esamini con gli egregi membri della Presidenza e con altri uomini prudenti.

Io sono qui a Bressanone presso l'instancabile Dr. Mitterrutzner, che si è reso così benemerito della missione africana. Egli approva il mio piano e lo ritiene necessario al miglioramento della situazione delle missioni della costa e per penetrare da tutte le parti nell'interno dell'Africa.

Spero che il primo successo della mia inziativa di ripresa delle stazioni missionarie distrutte, tra pochi mesi sarà un fatto compiuto. Sto parlando appunto in proposito col Mitterrutzner, che tratterà in mio favore con la Società di Maria a Vienna, mentre io per incarico del Card. Barnabò sottoporrò il Piano alla Direzione della Propagazione della Fede a Lione e a Parigi. Da Parigi verrò poi a Colonia. Nel mio viaggio attraverso il Piemonte mi voglio informare di tutto ciò che riguarda la morte del venerato Olivieri, e le conseguenze della sua morte per potergliele poi comunicare a Colonia.

Mi permetta ora di ringraziare ancora una volta la Società di Colonia per il grande aiuto ch'io ricevetti a Verona per i miei neri. Lei non può immaginare la portata di questa beneficenza. Voglio perciò tentare di dargliene una piccola idea, affinché conoscano Lei e i soci quanto è il loro merito davanti a Dio.

I nostri Istituti hanno da mantenere 600 ragazzi, 200 fanciulli e 400 fanciulle, compresi i neri e le nere. Non abbiamo alcuna entrata, se si eccettua un piccolo appezzamento di terreno e alcune case, il cui affitto potrebbe mantenere al massimo una dozzina di persone. Il rev. fondatore Mazza ha dato per il suo Istituto tutto ciò che possedeva e non vuole che si parli di denaro, perché, egli dice sempre, la Provvidenza sola è il fondamento e il sostegno del suo Istituto. Egli è un miracolo di confidenza, di conformità e di abnegazione. Da 12 anni, nei quali il Veneto e la Lombardia furono derubati del loro vino e della loro seta, che erano le più grandi ricchezze del paese, è cessata la beneficenza, e, se la Provvidenza ci manda per il vitto del giorno, poi non sappiamo se domani avremo qualche cosa. Può quindi di leggeri comprendere, come spesso il vitto per i fanciulli sia molto scarso.

Il vestiario una volta lo provvedeva tutto Don Mazza, da alcuni anni gli mancano i mezzi anche per questo. Le fanciulle europee hanno ancora il padre e la madre, lo zio e la zia, il tutore o il protettore, che spediscono loro soccorsi. Ma nessuno pensava alle povere africanelle (le quali, come lei sa, si trovano nell'Istituto già da molto tempo prima dei ragazzi neri), eccetto le maestre dell'Istituto, che spesso cedevano alle povere nere il loro cibo. Don Mazza vedeva tutto questo e ne soffriva indicibilmente, senza potervi porre rimedio.

Dal mio ritorno dall'Africa lavorai molto per aiutare le povere nere e rivolgevo a ciò anche i miei stipendi e quello che ottenevo per le prediche. Finalmente la Provvidenza mi fece venir a sapere della Società di Colonia; chiesi aiuto alla medesima e ne fui esaudito. Da allora la cosa per i miei neri va bene; sono vestiti e imparano senza preoccupazione senza dubitare degli aiuti della Provvidenza. Vestiario, riscaldamento, legna, tela, pane due volte al giorno, bevande, carne tre volte alla settimana, carta, libri, medicine, un cibo migliore per i malati, tutto ciò che è loro necessario viene comperato col denaro che ho ricevuto da Colonia. Ma la spaventosa malattia che li colpì tutti, che li tenne a letto tutto l'anno e per la quale ne morirono tre, ha toccato questa volta la borsa in modo particolarmente forte. Senza l'aiuto di Colonia non sapevo come cavarmela e molti con l'andar del tempo sarebbero morti.

La Società di Colonia è quindi la vera protettrice e il buon padre dei moretti di Verona. Riconosce ora i grandi meriti della sua Società? Pertanto Dio benedica la presidenza, i soci e i benefattori. Li ringrazi Iddio, perché io sono troppo indegno per ringraziarli se­condo il merito. Ora anche l'ultimo sano, cioè Michele Ladoh, si è ammalato. E' una vittima della carità, perché si è affaticato troppo nel servizio dei suoi fratelli ammalati. Temevo molto per la sua vita. Il buon giovane non sapeva ancora che cosa fosse peccato.

Le nere godono buona salute. Il loro profitto va proprio di pari passo con il mio Piano dello scorso anno; i premi furono gli stessi d'allora. Or sono in attesa di poter partire presto per l'Africa, per portar la luce della fede cattolica ai loro connazionali. Io spero che presto si adempieranno i loro voti.

 

D. Comboni

Traduzione dal tedesco.