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2. a Don Nicola Mazza

 

Firenze, 31/10/64

 

Amatiss.mo Sig.r Superiore

 

Spero che avrà ricevuto l'ultima mia dieci giorni fa. In questa gli ripeto tutto ciò che in quella lettera gli dissi; che son sempre eguali i miei sentimenti verso un padre, al quale son debitore di tutto.

In questa gli dico di più che giovedì fui chiamato, a mezzo di Barnabò Cardinale, dal Santo Padre, e vi stetti un'ora e dieci minuti, ricevuto nella stanza da letto. Ragionai tre quarti d'ora sul novello piano d'Africa; e poi ebbi a leggere una bellissima lettera che la piccola Metilde di Canossa scrisse al Papa. Oh quai bei sentimenti traspiravano da quell'angelica giovanetta. Il S. Padre se ne compiacque assai, e m'incaricò di darle la benedizione.

Parlai a lungo di lei, mio caro Superiore, dell'Ist.o, e del paramento. "Come sta il mio buon vecchio Mazza? mi disse il S. Padre: ditegli ch'io l'amo e lo benedico di cuore etc. Poi parlando del paramento mi disse: "Bello, bello; vi assicuro che non ho mai veduto un così stupendo lavoro. Il Card. Barnabò avendolo indossato l'estate scorso a S. Filippo, e avendolo bagnato alquanto del suo sudore, ordinai che nell'estate non si adoperi più per non guastarlo: voglio che sia conservato qui nel palazzo pontificale come monumento prezioso dell'arte. Mando al mio buon Mazza una speciale benedizione." Insomma il Papa vuol bene all'Ist.o e specialmente al suo Capo.

Quanto all'Africa, io sono felice di vedere che i miei pensieri sono accolti benignamente dal Pontefice. "Io sono lieto, mi disse, che voi abbiate ad occuparvi dell'Africa: ora andate a Parigi e presentate il piano alla Presidenza della Pia Opera della Propagazione della Fede. Poi il Cardinale Barnabò, a norma dell'assistenza che vi presterà la Francia, farà una circolare a tutti i Vicari e Prefetti Ap.lici dell'Africa, e farò il Decreto d'approvazione. V'incarico di studiar la maniera di associare al Piano tutte le altre Istituzioni e società: vi do la mia benedizione etc. labora sicut bonus miles Christi." Queste ul­time parole risuonarono nel fondo del mio cuore. Il P. Rossi, Confessore di Antonelli, il Card. Barnabò e molti altri mi dissero essere il mio piano l'unico mezzo per piantare nel centro d'Africa la Fede.

Mio amato Superiore: io non ci ho alcun merito. Quando venni a Roma io non sognava nemmeno il Piano. La Provvidenza ha guidato la mia mente il mio cuore. Io avrei dovuto consultare il mio Superiore prima di far nulla. Ma il pensiero che in una lettera poco avrei fatto, e il Superiore che va cauto non m'avrebbe dato il suo giudizio che dopo lungo tempo, seguii l'impulso del mio cuore. Parmi di aver fatto bene così. Oltre all'immenso bene che il piano porterà all'Africa, e che regolerà per molti secoli le intraprese afri­cane, come corollario ne discende la realizzazione del suo Piano. Difatti venerdì il Cardinal Barnabò mi assicurò che, dopo il trattato che farò con Parigi, decreterà la creazione di due Vicariati o Prefetture Apostoliche, ed affiderà una, a mia scelta, all'Ist.o Mazza. Siccome a D. Beltrame piacquero generalmente le posizioni dei Denka, Agnarquai etc. da lui esplorate e bene descritte, così io potrò far assegnare all'Ist.o il Nilo Orientale. Ma in ciò sentirò il suo parere. Col mio piano poi sono certo che l'Ist.o avrà tanti soggetti, e si perpetuerà colla missione mantenuta il medesimo Istituto.

Io tengo una lettera tedesca ricevuta 20 giorni fa da un membro del Comitato di Vienna che mi dice: "Se voi non venite in soccorso della Missione, ella cadrà." A mezzo sicuro feci intendere al Comitato la sostanza delle mie intenzioni. Il Cardinale e il P. Lodovico mi hanno manifestato le loro comunicazioni con Vienna. Gliene parlerò a voce. Il Generale dei Francescani brigò assai presso il Cardinale ed il Papa per avere l'assoluta giurisdizione dell'Africa. Il Vescovo d'Egitto era costituito il Provicario.

Il mio Piano ha gettato a terra i loro escogitati, ed ha tolto per sempre il più terribile ostacolo che impediva al nostro Istituto di realizzare il disegno escogitato nel 1849. E' vero che il Cardinale avea promesso di dare la tribù del deserto proposta da D. Beltrame. Ma quella non è abitata da mori, e con quella nessuna relazione potevano avere i due Istituti di negri di Verona. Inoltre con quel sistema non avremmo potuto essere assistiti da Vienna. In forza del corollario del mio Piano invece, io farò assegnare all'Istituto una della due parti Orientale od Occidentale del Nilo che si stende fra il Tropico del Cancro e l'Equatore, cioè da Assuan a Scellal fino quasi alle sorgenti del Nilo. Studi bene questo, mio caro Superiore, e vedrà come io fui guidato da quel Dio che sa dal male trar bene, e che sotto l'ispirazione della B. Alacoque ho agito a seconda delle sue intenzioni e del suo disegno.

Secondando le sue intenzioni, eseguisco il comando del Cardinal Barnabò. E siccome debbo presentare il Piano a diverse Società di Germania, Francia e Spagna, così tiro alcune copie in istampa per aver il giudizio, le osservazioni e le modificazioni dei più distinti uomini e prelati dell'Europa Cattolica, perché nella prossima prima­vera possa essere pubblicato. Ella, Sig.r Superiore, disponga le cose per mandare in Egitto e mori e more e missionari. Entro la prossima estate devono già fiorire due case per l'Africa Centrale in Cairo dipendenti dall'Ist.o Mazza.

Sono certo che alcuni dei giovani nostro Preti si assoceranno alla missione. Col sistema passato nessuno dei nuovi preti si sarebbe associato. Inoltre il Papa mi dichiarò apertamente che non avrebbe data la benedizione ad alcun Missionario per andare a stabilirsi di botto nell'Africa Centrale; e il medesimo Papa era risoluto di estinguere il Vicariato. Spero di aver esteso il mio piano in guisa da essere compreso. Ora che il Papa mi pronunciò quel benedetto: labora sicut bonus miles Christi, io non temo di nulla. Avrò i più fieri ostacoli, soprattutto da parte delle fraterie, non sempre dominate dallo spirito della carità evangelica. Ma non temo di nulla. Il Dio delle misericordie cancellerà il tremendo chirografo della maledizione, che pesa da tanti secoli sui miseri figliuoli di Cam.

Si ricordi, mio caro Superiore, che io l'amo, e che desidero di non essere indegno di essere

 

Suo vero figlio

D. Daniele