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Ad Antonio Ramin

Chicago, febbraio 1978

 

Carissimo Antonio, mi congratulo con te per il quorum di 4.400 preferenze che hai ottenuto e che ti hanno portato al Consiglio Scolastico Provinciale; la cosa te la sei completamente meritata per il lungo  lavoro di dedizione di tutti questi anni. Lasciami però essere  un tantino perplesso nel considerare la scelta DC nella quale hai deciso da così lungo tempo di lavorare. Più per renderti un servizio che per polemica, mi sono dato da fare per documentare storicamente il partito nel quale lavori; dalla ricerca, anche se contenuta e modesta, emerge che la DC è costruita sulla basa di una federazione di destre cattoliche e laiche. Come puoi accettare questo fatto così amaro?

Nella lettera che mi hai spedito c’è una grossa soddisfazione riguardante il successo strepitoso delle liste cattoliche che hanno ottenuto il 55% dei voti in Italia. Anche questo non mi fa molto piacere, specialmente se guardo in profondità ciò che sta sotto a tutto questo. Spero  tu sia a conoscenza che oggi, sulla linea della Gaudium et spes e della Octogesima adveniens[1], il cattolico non può più tenere a battesimo la DC nata nei documenti della Chiesa con la Graves de comuni[2] del 18 gennaio 1901.

La collaborazione tra le classi sociali altro non è che una versione rinnovata del paternalismo di stampo ecclesiastico. Come vedrai nel breve studio che segue, la Pastorale della Chiesa veniva espressa in termini politici. Credo non sia più tempo di ripetere lo sbaglio di avere una teologia tradotta in ideologia politica, la dura esperienza dei cristiani ingaggiati nelle lotte sindacali, vedi le ACLI che negli anni ’60 hanno abbandonato la loro visione anticomunista e durante gli anni’70 hanno finito per assumere la lotta delle classi nei loro programmi arrivando ad una autonomia politica più o meno indipendente, questo ti dovrebbe  fare pensare. E’ la fine di una ideologia democratica cristiana legata più ad un modello di Vaticano che ad un modello di fede.

Tu giudica la giustezza o meno di quanto vado dicendo nella sfera politica nella quale certamente conosci ed esperimenti in misura maggiore di quanto possa io conoscere. Ma se la cosa è assodata dal punto di vista politico, lascia a me quello della intromissione della Chiesa nel mondo politico. Ci vivo vicino sia per la vita che faccio che per lo studio al quale mi applico nei suoi documenti ufficiali.

Carissimo Antonio, prendi tutto questo come un servizio; la critica mi è lontana in questo momento. Un salutissimo a te, alla Gabri, a Matteo e a Giacomo. Salutami anche Paolo ed Eugenia ed il loro Marco, e non mancare di passare per via Col Beretta. Ciao, prego per voi tutti. Lele

Ps: scusami ho scritto a macchina che sa molto di impersonale.

 

Allegato:

La Democrazia Cristiana in Italia

Espresso in termini logici, la DC in Italia costituisce un enigma per un osservatore non addetto ai lavori come si suol dire. E’ in effetti un partito politico che è al potere da 30 anni a questa parte, non ha subito la minima interruzione, è minato dalla corruzione, ci sono rivalità di tutte le sorti, ed è contestato da un partito comunista che è il più potente dell’Europa occidentale. E’ chiaro che se la Dc ha resistito e resiste al potere per un così lungo periodo, lo deve alla situazione alquanto privilegiata, in concomitanza con straordinarie circostanze storiche e socio-politiche.

 

La possibilità della storia

La DC è in effetti l’ereditaria di una corrente ideologica molto potente le cui origini risalgono alla creazione dello stato italiano. All’indomani della presa di Roma e della rottura con il Vaticano, questo ultimo ha imposto ai cattolici italiani di ritirarsi dalla vita politica. La partecipazione alle elezioni politiche (legislative) e nel governo era interdetta per loro.

 

Dall’intervento alla partecipazione

Il cattolicesimo ritiratosi dalla vita politica, si è andato a rifugiare nella “società civile”, si organizza culturalmente per difendersi contro la offensiva laica e costitutiva un mondo parallelo. Il loro mondo era quello economico-finanziario, vedi ad es. alcuni casi di mutualismo (cassa mutua), cooperative e banche cattoliche.

Alla fine del secolo, la forte spinta del socialismo infiltratosi tra operai e contadini, ha portato il Vaticano a modificare la sua analisi. Ora il nemico principale per loro ha cambiato volto e si concretizzerà con il patto “Gentiloni” passato nel 1913 tra i cattolici e Giolitti: chiaro che i cattolici si rifiutano sempre a partecipare in quel che riguarda la vita politica, ma accettano di far votare per i candidati conservatori contro quelli socialisti. Questo accordo viene sfruttato in chiave politica con la introduzione del suffragio universale. E’ un fatto il diritto di voto che però è controllato dalla Chiesa; ma un tale patto seppur difensivo è sempre una tappa dalla quale non si ritorna.

 

Un partito popolare per praticare la dottrina sociale della Chiesa

All’indomani della prima guerra mondiale, in seguito alla iniziativa di Luigi Struzzo, si costituisce un partito cattolico, il Partito Popolare Italiano (PPI). E’ la prima versione della DC. Alle elezioni del 1919 ottiene un successo considerabile e tallona il partito socialista. Il suo programma allora era abbastanza progressista e pieno come un ovetto della dottrina sociale cristiana.

Questo partito già nel suo nascere ha delle forti contraddizioni interne: la sua ala destra, conservatrice al massimo, rappresenta gli interessi dei grossi proprietari fondiari; mentre la sua ala sinistra si accosta al sindacalismo cattolico di stampo rurale. Il Vaticano si mostra “schizzinoso” verso un partito troppo riformista. Quando allora cominciano le grosse rivolte del 1919-1920, il PPI si mostra alquanto esitante. Avviene una maturazione. In seno al governo Giolitti, il partito popolare organizza la resistenza alle rivendicazioni operaie e si impegnerà alla formazione di un fronte operaio-contadino incorporando quindi gli elementi rivoluzionari del partito socialista.

 

Agonia del PPI

Ma non esiste più il tempo per progetti a lunga gittata perché siamo già alla marcia su Roma, favorita dal Vaticano per permettere a Musssolini di sistemare la cose “fuori posto”. Ma il PPI e, come è noto, Luigi Strurzo non accettano di farsi forzare la mano e vogliono manifestare la loro ostilità al Fascismo. Avviene pertanto una scissione dell’ala destra, si rompe con Mussolini, si fa fronte unito con i socialisti. Questo “giretto turistico” gli sarà fatale. Preferendo infatti negoziare direttamente con il Fascismo, il Vaticano metterà una pietra sopra il PPI, ed entra così pubblicamente nella scena politica-pubblica richiedendo per l’appoggio dato al Fascismo una riforma scolastica, il Concordato ed un accordo finanziario. Il PPI è finito senza il Vaticano e il buon Luigi Sturzo è costretto ad esiliare perché non più protetto dal Vaticano nemmeno come prete.

 

La Democrazia Cristiana. Inizi

Alla liberazione si cerca di far rinascere una mossa analoga a quella del 1919. Autori sono i cattolici antifascisti e quelli che sono rimasti in sordina negli anni 1925-1944; loro costituiscono la DC. Adesso, come per miracolo, la DC benefica del sostegno incondizionato del Vaticano, tradito dal fascismo che non va bene mai a nessuno, e di tutto il clero. A sua disposizione si mette anche la Azione Cattolica e si mobilitano masse dalle parrocchie; ma anche qui c’è sempre il suo buon motivo: arginare “l’ondata comunista e socialista”. Per giustificarsi si tira fuori la colpa che la colpa del fascismo è da attribuirsi alla destra laica, notoriamente i liberali, per la loro magra figura di capitolazione davanti al Fascismo. La DC non ha dunque nessun avversario serio alla sua destra; la sua integrazione della sinistra sindacale, fatta con L. Strurzo, permette alla DC di concorrere con la sinistra laica. Dalla sua parte ha un elettorato vero e proprio assicurato dalla stessa Chiesa, sicchè nel 1945 la DC si trova ad essere il primo partito italiano e non certamente per la sua attività politica, ma per volontà di un “celeste” aiuto.

 

Le contraddizioni di un partito interclassista

La rottura con la sinistra (PCI-PSI) con l’inizio della “guerra fredda” permette un chiarimento. L’integralismo cattolico di cui la DC è pregna nella sua dottrina, giustifica la sua autonomia: la ricerca di una condotta “integralmente” cristiana nel dominio sociale-economico e politico giustifica il suo rifiuto per discutere i diversi gruppi sociali della società italiana. Gli operai, i contadini, le classi medie, i dirigenti di impresa e i grandi proprietari terrieri hanno i lro rappresentanti nel partito e questo deve essere la camera di compensazione dei differenti interessi. Questa concezione interclassista del partito si affianca benissimo con quella della Chiesa che ne fornisce il supporto “celeste”, e trova un capo promettente con Alcide Degasperi.

In seguito a questo tipo di politica avviene l’allontanamento di Dossseti, partigiano di una politica più dirigista e socializzante; la cosa non provoca reazioni al partito grazie al buon supporto fornito dal Vaticano al partito. Questo supporto però non è privo delle sue “grane”, infatti quando Degasperi tenta di conservare una sua certa autonomia entrerà in conflitto con l’ala integrista e ultra-conservatrice di L. Gedda, messo dal Vaticano come “controllore del buon ordine”. Questo conflitto marca chiaramente gli anni ’50 e si risolverà solamente con la scomparsa di Pio XII e l’avvento del buon Giovanni XXIII.

 

L’aggiornamento: dal riformismo al pragmatismo

Il cambiamento di direzione del Vaticano facilita l’evoluzione della sinistra. L’anticomunismo diviene meno fanatico ed il PSI che ha rotto l’unità di azione con il PCI si avvicina alla DC. Nasce così il famoso Centro-Sinistra agli inizi degli anni ’60. Animatore Fanfani è il riformatore all’interno della DC. Il suo obiettivo essenziale è di assicurare al partito una base politico-sociale autonoma. E’ chiaro che la base non potrà più essere la Chiesa, allora scopre lo Stato come base autonoma capace di fornire al partito l’autonomia desiderata. Ma l’alleanza con i socialisti significa lotta con il Padronato rappresentato dalla ala destra del partito. Si viene così ad un accordo nel settore pubblico con il sistema della partecipazione statale e con le nazionalizzazioni della elettricità e del petrolio: ENI di Enrico Mattei.

Chiaramente non tutto finisce a questo livello, la cosa infatti ha della conseguenze enormi nella DC perché le differenti correnti nella DC cercano di accaparrarsi il dominio nei settori economici ed amministrativi: la DC diventa una selva di interessi da difendere. Le differenti branche vengono così controllate dalle differenti correnti del Partito; è così infatti che Mattei si creerà la sua corrente di “Base” per appoggiare una politica dirigista; Andreotti si appoggia invece sulla burocrazia romana vedendoci un sicuro mezzo per il controllo delle cose, mentre le “Forze Nuove”, approfittando della cambiata situazione politica col PSI, rilanciano il sindacalismo cattolico. Lungo il connubio DC-PSI, il riformismo di Fanfani viene considerato troppo volontarista e viene messo in discussione dal partito. Come conseguenza ne scappa fuori una nuova corrente di gestione moderata e pragmatica, che riesce a prendere in mano il partito e lo controlla, malgrado i dissensi, fino al 1976: i “Dorotei” di Aldo Moro-Mariano Rumor. La corrente Dorotea ridistribuirà ancora una volta le carte.

 

Struttura interna della DC: equilibrio di correnti

Durante il periodo che va dagli anni ’60 al 1976, marcato dal centro-sinistra, abbiamo come è noto le crisi del 1968-1973, che rappresentano il risveglio brutale della classe operaia. La DC prende ora un viso che non ha maturato che recentemente: l’interclasismo della clientela elettorale instaura una dialettica interna tra le differenti correnti specialmente per l’impostazione della campagna elettorale.

A sinistra, rappresentando il sindacalismo cattolico (e dopo il 1968 la destra anti-unitaria della CISL e delle ACLI), c’è la corrente “Forze Nuove”. Dall’altra parte, rappresentante le nuove classi medie, la “Base”. Al centro troviamo i “Dorotei”, una parte di questi però si riconoscono di più nella sinistra di A. Moro provocano la spaccatura della corrente in due sezioni. Il grosso del gruppo comunque resta fedelissimo al buon Mariano e a Piccoli. A destra Amintore Fanfani rinnovato da tutte quelle idee riformiste di un tempo si rivela per quello che è, un fascista nello scudo crociato; dirige con il suo “delfino” Arnaldo Forlani la corrente “Nuove Cronache”. Molto vicino al suo pensiero un’altra corrente staccatasi dai dorotei e rappresentante la destra classica e dirigista, dà vita o meglio abortisce “Dovere Democratico” rappresentata da Andreotti e Colombo. Infine dulcis in fundo “Forze Libere”, che raggruppa tutti gli elementi pro-fascisti.

E’ all’interno di queste otto correnti che si muovono le alleanze per il controllo del partito e del governo. I posti più ricercati sono quelli del Presidente del Consiglio e del Segretario Generale del Partito, seguiti da quelli della Presidenza della Repubblica e delle Camere. Dopo il 1970, il controllo delle regioni (le cui aspettative verranno deluse dal suffragio universale scatena una feroce guerra di correnti. La cosa è dovuta al fatto che l’amministrazione regionale costituisce una forza clientelare molto fruttuosa per il mantenimento della corrente stessa: basti pensare alle diverse banche locali, alle società autonome, alle aziende piccole e grosse etc. Il controllo di questo è la forza della corrente. A questo controllo del mondo economico ed amministrativo bisogna aggiungere anche quello delle larghe frazioni del mondo del lavoro. La potente “Coldiretti” per esempio costituisce una delle migliori forze della DC per incontrare la classe rurale. Il partito è legato anche alle ACLI, che è un gruppo di pressione cattolica, e alla CISL. E’ il collateralismo.

 

Il potere della DC barcolla

Il potere barcolla in due fasi successive: 1968-69/1974-76. Si sviluppano infatti delle non indifferenti scissioni tra i militanti del partito. La cosa è dovuta alla maturazione delle lotte operaie, scattate nel ’68 fin tutto il 1972. Queste lotte mettono a nudo l’unità o meno di azione tra la base ed il vertice. Il gruppo dirigente della CISL fa linea unitaria con la CGIL comunista e la UIL socialista. Questa alleanza non va certo a genio alla politica della DC in favore al collateralismo con i sindacati. Matura così tra il 1970 ed il 1972 all’interno della CISL il proposito per una scissione. Il segretario generale Bruno Storti, impegnandosi fino allo stremo, riesce ad evitare la scissione. Il pericolo è completamente sorpassato solamente nel 1973, quando ci si impegna per una politica di autonomia sindacale. Resta comunque sempre presente una consistente minoranza che resta fedele alla DC e alla sua politica di collateralismo.

Lo stesso fenomeno nelle ACLI, dove avviene la pressione della gerarchia episcopale unitariamente a quella del partito. Avviene la scissione, sebbene seguita da un compromesso con la destra, ma il collateralismo viene definitivamente rigettato e rifiutato nel 1975.

 

Emorragia elettorale

Questo urto che non si concilia con i militanti si traduce elettoralmente nel 1974 e 1976. Nel ’74, il Referendum sul divorzio -errore politico della destra democratica cristiana- ottiene un risultato fallimentare per la DC. Il partito in questa occasione perde un quarto del suo elettorato. Questa emorragia si traduce politicamente alle elezioni regionali del ’75 e si registra un abbandono per la DC ed un incoraggiamento al PCI. E’ in questa occasione che i vecchi feudi della DC passano al PCI: 3 regioni, Piemonte-Liguria-Lazio e le grandi città Genova-Venezia-Napoli-Torino. E’ una sconfitta senza precedenti per la DC, che viene compensata solo parzialmente alle elezioni legislative del 1976: se la DC conserva sempre il suo 38%, seppure alle spese dei partiti di centro, il PCI non solo conserva il suo elettorato cattolico, ma ne acquista del nuovo e soprattutto nelle terre “bianche” della DC, il Mezzogiorno e le Isole. Si è girata qui senz’altro una pagina importante.

 

Rifondare la DC

Con la rottura del collateralismo della CISL e delle ACLI gli echi elettorali del 1974-75 e l’emorragia a sinistra della clientela elettorale cristiano democratica si assiste ad una rifondazione a destra della DC. La rifondazione a destra fa seguito ai tentativi disordinati di riorganizzare il partito.

 

Rifondare a “sinistra”

All’indomani delle elezioni del 1974-75 la DC si accorge di essere un partito della destra. Occorreva dunque trovare una nuova rappresentazione politica a sinistra della DC per riconquistare l’elettorato perduto. La cosa fu specialmente messa in risalto dai sindacalisti della CISL. Erano possibili due soluzioni. La prima era di creare un partito cattolico di sinistra in chiara opposizione con la DC. Questa soluzione non ha incontrato molti favori per via della controversia riguardante il suo posto reale nello schieramento politico: sarà un nuovo centro-sinistra o sarà più vicino allo schieramento comunista? Il dubbio era sulla garanzia effettiva di un elettorato a favore. Il tentativo dell’MPL di Livio Labor, leader delle ACLI, non è riuscito a trovarsi il posto politico. Il fallimento era dovuto anche al fatto della crescente laicizzazione della società italiana che non accettava più le mezze misure alla MPL.

 

L’operazione Zaccagnini: riformare l’interno della DC

La seconda soluzione è la più realista: tentare di riformare all’interno la DC. Questa è la famosa operazione Zaccagnini. L’antico presidente del Consiglio Nazionale del partito, reputato giustamente un uomo onesto era stato fin ad allora una figura di second’ordine. Adesso è piazzato alla testa di una coalizione piuttosto eterogenea da contrapporre al segretario generale Fanfani minato dai due echi elettorali: Zaccagnini comunque, sebbene ora alla testa del Partito, non era considerato che un uomo provvisorio; si trattava di guadagnarsi il Congresso nazionale svoltosi nel febbraio del 1976 e di trasformare la coalizione negativa, che aveva fissato Zac come segretario della DC, in una coalizione positiva accentrata con un programma. Questo fu l’emblema di Zac, fare pulizia della corruzione e ritornare alle sorgenti. Il nuovo segretario generale costituisce una nuova èquipe, fa una epurazione alle spese di qualcuno troppo “ringalluzzito” ma sempre comunque di figura secondaria e rilancia le adesioni. Su queste basi tenta di guadagnare il Congresso Nazionale che presenta una netta coalizione delle destre ( dorotei-fanfaniani-andreottiani) che sostengono Arnaldo Forlani.

Guadagnare il Congresso comunque non significò controllare il partito. Il Consiglio Nazionale –parlamento del partito- nonè eletto dal solo Congresso coma il Segretario Generale, ma è composto ugualmente di membri di diritto e di rappresentanti dell’apparato locale. Essendo realisti, Zac non aveva la maggioranza, anzi questa gli era ostile. Zac quindi non ha potuto dar seguito ai suoi progetti. L’operazione rifondazione del partito non ha dato seguito a niente se non a dare una faccia un po’ più onesta al vecchio partito.

 

L’operazione Fanfani: un nuovo elettorato di destra

Essendo Zac in ospedale per la sua operazione alla prostata proprio durante la campagna elettorale, Fanfani ne assume il comando tuonando sull’anticomunismo. Sostenuto senza riserve dalla classe padronale e dal Vaticano, Fanfani consiglierà agli elettori di destra di votare “utile”. IL suo consiglio raggiunge lo scopo incamerando i voti dell’elettorato tradizionale della destra PSDI-PRI-PLI. La Dc raggiunge ancora il suo quorum del 1972 con il 38%, con la differenza che l’elettorato non è più lo stesso. Il partito si è omogeneizzato a destra. Si è trasformato quindi l’inteclassismo della DC in una federazione di destre cattoliche e laiche.

 

Rifondata a destra la Nuova Democrazia cristiana

Questa è la nuova realtà della DC. Il partito non è più quello di Sturzo o di Degasperi; il fatto che Zac ne è alla testa non può fare certo una grossa illusione. La DC non è più il partito popolare degli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale. Il suo elettorale popolare l’ha disertata. Quello che resta sul suo elettorato popolare proviene dalle zone sottosviluppate d’Italia. La sua base è da ricercarsi nella piccola borghesia a livello burocratico nazionale e locale, commercio ed artigianato, impiegati che rifiutano la proletarizzazione. Oggi si è aggiunto il sostegno senza condizioni della grande borghesia italiana: vedi U. Agnelli eletto tra le fila della DC. Infine esiste ancora l’aiuto che il Vaticano presta alla DC che costituisce sempre un punto decisivo, nonostante il declino della influenza della Chiesa che sembra oramai irreversibile e per il quale occorrerà una volta o l’altra intonare il Te Deum. E’ un partito quindi unificatore della borghesia italiana, questo è il blocco socio-politico che controlla la DC. Questo fatto chiaramente presenta qualche problema di identità per le correnti di sinistra all’interno della DC. Ma forse la cosa non si pone nemmeno in termini politici, visto che la corrente “Forze Nuove” ad es., con a capo Donat-Cattini, ha perduto il suo feudo nel Piemonte passato ai comunisti ed il suo appoggio nelle ACLI e nella CISL si è rarefatto di molto per il cambiamento di direzione del Partito. Un fatto che mi lascia perplesso è il constatare che la destra di Andreotti abbia ottenuto il massimo dal PCI senza tuttavia compromettersi e meriterebbe uno studio a parte.

 

Un nuovo sospetto: Comunione e Liberazione

Nello spazio di due anni si è costituita una nuova tendenza, meglio un movimento di destra chiarissimo per l’appoggio dato nel milanese, dove trova parecchie simpatie, agli uomini di Fanfani. E’ un movimento di destra e per giunta cattolico sulla linea del “ma sì vogliamoci tutti bene che ne ho visto di peggio”. E’ nato come un’attività studentesca per fronteggiare le azioni della estrema sinistra; si indirizza soprattutto alla classe studentesca e agli intellettuali cattolici. Sembra proprio che con l’appoggio della gerarchia italiana sia stato lanciato alla conquista della DC e questo specie in Lombardia. In questa regione i suoi leader sono stati eletti nel giugno del ’76. E’ mia opinione che il movimento non riscuota molto incoraggiamento da altre falde nel mondo cattolico, che non vede di buon occhio questo mescolamento tra politica e religione. Di qui infatti l’accusa di interclassismo. Il problema essenziale comunque di CL è che il suo discorso di riconquista cattolica viene un po’ troppo tardi: la sua strategia anticomunista non sembra avere una eco popolare. Basti pensare ai cristiani per il socialismo desiderosi come sono di liberare la Chiesa da una ideologia politica. Faranno anche l’impossibile per fermare a livello ecclesiale-politico la marcia di questa gente che parla di Spirito Santo nelle assemblee studentesche.

 

Chi sostiene dall’estero la DC?

La DC è protetta dalla Germania Federale e dagli USA. La direzione dell’Italia in mano alle DC resta al condizione “sine qua non” si possono ottenere nuovi prestiti o rimborsi immediati. Questo pesa parecchio sugli altri partiti ed è usato dalla DC come arma efficace. La minaccia comunista permette di ottenere prestiti dagli USA, dalla Germania e dalla Comunità Economica Europea. Un questo modo si possono portare avanti le riforme di struttura indispensabili. Ma è chiaro che se un Carter si permette di richiamare pubblicamente l’Italia sui giornali di tutto il mondo significa che influenza pure largamente alcune cellule del partito dominante; la cosa altrimenti non si spiega.

La DC i8n conclusione resta sempre un partito forte nel quadro politico dominante in Italia, ma se si vuole cambiare qualcosa, il voto occorrerà darlo in un’alta direzione, visto che storicamente parlando la DC è diventata un paradosso di involuzione in direzione diametralmente opposta alle sue origini che l’hanno resa famosa.

 

 

 

 

*Lettera inedita; E.Santangelo riporta le prime 4 righe (p.35)

1.Enciclica sociale di Paolo VI del 14 maggio 1971, in occasione dell’80 anniversario della Rerum novarum di Leone XIII.

2.Enciclica di Leone XII che si proponeva di controllare il movimento della democrazia cristiana, fondato da don Romolo Murri, sottoponendolo all’autorità dei vescovi.

 

 



[1] Enciclica sociale di Paolo VI del 14 maggio 1971, in occasione dell’80° anniversario della Rerum novarum di Leone XIII

[2] Enciclica di Leone XIII che si proponeva di controllare il movimento della democrazia cristiana, fondato da don Romolo Murri, sottoponendolo all’autorità dei vescovi