A
Gin* Chicago, 26 marzo
1977
Carissima Gin, sorpresa
inaspettata quella di trovare una tua lettera qui a Chicago ma comunque
graditissima anche perché era un bel pezzetto di tempo che di te, non sapevo più
nulla. E’ stato in ragione di questo che, neanche una settimana fa, a Venegono,
pur con una voglia matta addosso di vederti, per sapere un po’ dal vivo come
andava la vita, sono rimasto come bloccato perché non sapevo se disturbarti o
meno o se per te, la cosa avrebbe fatto piacere. Leggo qui, nella tua lettera,
che anche tu mi aspettavi ed anzi mi pregavi di farti sapere mie notizie una
volta rincasato in Inghilterra. Di questo mi rincresce ancora adesso. Come vedi, ti sto scrivendo dalla nuova sede di
scolasticato assegnatomi, visto che Kampala per via della situazione politica e
dei permessi di soggiorno non concessi, era divenuta insostenibile. La cosa mi
è dispiaciuta davvero ma oramai tutto è già passato. Anche questa cosa farà
parte della storia di salvezza, almeno lo voglio sperare. Ho davanti un sacco di
esami da dare, mi sono già iscritto ai prossimi 4 per giugno. Il bello è, che
qui in America, gli esami non si danno a livello di seminario ecclesiastico,
tanto per intenderci, ma a livello universitario. La cosa si presenta
impegnativa. Ecco, questo per darti un po’ di notizie a
carattere generale. Sul posto dove sono, non posso fornirti notizie di alcun
genere perché non lo conosco per niente; mi riservo di fartelo presente in
seguito. Venendo a noi, lasciati dire una cosa: accetta la croce. Se leggi
Matteo 5, ti accorgerai di essere già beata, sei beata non perché soffri né
perché sei afflitta, ma perché il Signore è con te. Andando se vuoi ancora più
in profondità a livello di significato di parole, la parola beato, in ebraico
ASHER significa che, se te non sai dove andare e, chiedi a me “dove posso
trovare questa via?” io, ti dovrei rispondere per rispettare l’uso ebraico
della parola, “vai pure di là beata te”, cioè vai pure, sì, è proprio la
direzione giusta, sei proprio beata perché sei sulla strada. Spero tu abbia
capito con queste poche parole. Carissima sorellina, voglio che tu sappia che
fino ad ora, ti ho ricordata sempre nelle preghiere, perché il Signore ti aiuti
in ogni tua necessità. Domenica scorsa c’era la parabola del figliol
prodigo. Non so se hai fatto attenzione o meno, il significato è davvero
grande. Al figlio che da sempre era col Padre e, che si stupiva per
l’accoglienza riservata a quello scappato, che tutto aveva sperperato, la
parola del Signore giunge, ed è motivo di salvezza, e per quello che era
scappato, e per quello che da sempre era con lui. Sorellina, è davvero un
problema di cuore, noi non si capisce mai la bontà e la misericordia del
Signore. Se non allargherai il tuo cuore, non c’è meraviglia alcuna nel
vedere la difficoltà che incontri a camminare sui passi del Signore. Ti arriva
una croce e credi già di non farcela ma non temere, tu fai parte di questa
chiesa che il Signore stesso ha voluto e che Cristo stesso ama; mai ti lascerà
perdere. Ho la testa piena zeppa di tante cose da dirti ma,
che vuoi, il regno di Dio non è nelle parole, ma nella potenza di Dio. Carissima, ti voglio un gran bene nel Signore al
quale tutti noi apparteniamo, affidati a lui. Io solo ti posso dire “vai pure
di là, sì sei proprio sulla strada, non puoi sbagliare”. Ti benedico anche se non sono un presbitero e tu fa
lo stesso perché noi siamo figli di Dio. Auguriamoci la nostra speranza. Il
Signore con noi, Lele R. *Lettera
inedita
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