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9. a p. Camillo Guardi

 El Obeid (Cordofan) 5 luglio 1873

 R.mo P. Generale,

 Avrei dovuto prima d'ora scriverle, e parlarle dei suoi degni figli e miei cari figli e fratelli Carcereri e Franceschini. Ma non mi seppi mai risolvere, finché non fossi giunto a riabbracciarli sul campo delle loro apostoliche fatiche, e vedere coi miei propri occhi tutto quello che hanno fatto, affine di darne un esatto e coscienzioso ragguaglio al veneratissimo loro padre, ed informarnelo con piena cognizione di causa.

Senza accennarle quanto di bene questi due buoni padri hanno operato nei miei Istituti d'Egitto, pel che serberò loro e verso di Lei eterna riconoscenza, io devo confessarle ingenuamente che qui nel mio Vicariato (che ha consumate le forze di più di sessanta missionari) hanno fatto mirabilia; poiché nel solo spazio di 17 mesi essi hanno dato vita alla missione di El-Obeid, che per la sua topografica posizione è la vera porta della Nigrizia, e forse il punto d'appoggio il più importante per piantare la fede nel cuore delle immense tribù del Vicariato dell'Africa Centrale. Hanno fatto in pochi mesi quello che un buon Corpo di missionari potrebbe fare solo in alcuni anni. Infatti coi modesti mezzi di cui io li avea potuto fornire, essi hanno piantato il El-Obeid una Stazione fornita di casa, cappella e giardino, da bastare per una comunità in pieno vigore di apostolato, hanno iniziato una piccola cristianità, in modo che qui si funziona come in una regolare parrocchia d'Europa; e si sono guadagnata col loro dignitoso contegno ed operare, la stima di tutti dai Pascià, e dai più doviziosi negozianti fino alla classe più umile del popolo; e con un coraggio che solo inspira la fede e la missione di Dio hanno saputo far rispettare la nostra santa Opera dalle autorità turche e dai più fieri nemici della fede, da tenere il primo posto sopra tutti in questa capitale che conta più di centomila abitanti.

Il P. Stanislao poi, a cui avea dato l'incarico di prendere possesso a mio nome della Stazione di Chartum, perché dopo la mia nomina a ProVicario si lasciava colà tutto deperire, e si vendeva il bello e il buono di quella un giorno ricchissima Missione, in tre soli mesi, mentre io era in viaggio colla gran carovana, risvegliò sì bene lo spirito decaduto di quei cattolici, che ora possiam calcolare di riuscire a piantarvi sopra l'edifizio spirituale di una piccola e fiorita cristianità cattolica. In una parola il P. Stanislao è un vero e santo religioso degno figlio di S. Camillo, un valentissimo missionario, che sembra abbia avuto da Dio speciali doti per l'arduo apostolato della Nigrizia.

Il P. Franceschini poi non è punto inferiore al Carcereri in ciò che riguarda le doti essenziali per costituire un vero operaio evangelico, e sembra fatto apposta per l'Africa Centrale. E' poi fornito di una ma­turità di senno e di giudizio, ben superiore alla sua età, da operare come un uomo esperto e sicuro nelle più difficili contingenze. Insomma è già sperimentato e valente missionario, e si conserva ottimo religioso innamorato della sua congregazione Camilliana, che gli ha dato l'educazione spirituale. Ambedue parlano e predicano correntemente in arabo, trovano di avere assai imparato circa il mini­stero pratico apostolico nei sei anni dacché si trovano in Africa sotto l'umile mio vessillo; e sono sì bene animati per l'Apostolato dell'Africa Centrale, che ambedue son disposti di consumare tutta la loro vita e di spargere mille volte il loro sangue per la salvezza dei poveri negri, qualora abbiano l'assenso e la benedizione di V. P. R.ma, a cui appartengono per tutti i titoli, e per cui serbano la più sincera e filiale venerazione ed amore.

Io rimasi molto soddisfatto quando in Chartum lessi la venerata lettera di V. P. R.ma, in cui asseriva non essere contro lo spirito e le regole dell'inclito suo Ordine che un Ministro degli Infermi possa esercitare, attentis circumstantiis, l'ufficio di Vicario Generale; per cui con apposito Documento nel p.p. maggio il sullodato P. Carcereri mio Vicario Generale, che ora lasciai provvisoriamente alla testa della Stazione di Chartum per completare e continuare quel bene, che prima avea iniziato per quella cristianità; mentre qui ad El-Obeid, quantunque abbia meco un missionario di ottimo spirito e prudenza dell'età di 40 anni, ho nominato Superiore della Stazione il P. Franceschini, che col suo criterio e prudenza, non già di 27 anni come conta, ma di oltre 50 anni, sono certo, saprà ben disimpegnare il difficile e delicato suo ufficio, avendo anche per questo una non comune attitudine.

Ora, non appena giunto colla mia gran carovana nella mia princi­pale residenza di Chartum, pensai di mettere in esecuzione ad litteram quello che io ho promesso formalmente, e di cui favellai a V. P. R.ma a riguardo dell'inclito suo Ordine rispetto all'Africa Centrale, cioè: di realizzare in quel sito o Stazione, che sarebbe di maggiore gradimento a questi due suoi e miei cari figli, una Casa Camilliana con tutte quelle condizioni espresse e manifestatemi da V. P. R.ma, cioè: casa propria e rendita analoga pel necessario sostentamento, es­sendo io ora in grado assoluto di mantenere le mie proposizioni fat­tele in Roma.

Ne favellai quindi col R.mo Vicario Generale Carcereri: ma egli mi fece osservare che due soli religiosi non potrebbero realizzare tutte le condizioni volute per una ben costituita Casa Camilliana, e mi convinsero di ciò che mi diceva a Verona il P. Gio. Battista Carcereri, cioè, che hic et nunc tornava assai più facile a questi due padri Stanislao e Giuseppe, e più utile sarebbe ora per la missione, se essi continuassero per qualche tempo a lavorare uniti a me e sotto la mia direzione; fermi però nella opinione, che ove potessero avere degli altri loro confratelli religiosi d'Europa, potrebbero benissimo realizzare il pensiero suesposto di V. P. R.ma e di me.

Realmente finché son due soli, io veggo che fanno assai più col lavorare uniti a me, di quello che se fossero confinati in una casa a sé; e molto più se la P. V. R.ma m'accorda la grazia di servirmene a beneplacito secondo i bisogni del Vicariato. Per fermo è ben difficile trovare due missionari e religiosi di tale spirito e fermezza per un apostolato sì arduo e malagevole come quello dell'Africa Centrale, come questi due suoi degni figli. Sono sei anni che li conosco a fondo; ed io ho visitato diverse missioni in Europa, in Africa, in Siria, alle Indie, e so cosa voglia dire missionario: sono poi missionario dell'Africa C.le da 16 anni, e faticai a fianco dei più distinti e strenui campioni dell'Africa Centrale; e quindi con piena cognizione di causa le ripeto che missionari come Carcereri e Franceschini che presentino i veri caratteri per riuscire strenui campioni di questa ardua e laboriosa vigna affidatami dalla S. Sede, ve ne sono pochi nelle cinque parti del mondo.

Sono poi ottimi religiosi, che vivono come se fossero direi quasi in noviziato. Quindi è che io son ben contento anche se la P. V. R.ma me li accorda perché lavorino meco uniti, come hanno fatto sino ad oggi. S'intende bene che questo beneplacito di V. P. R.ma, non potrebbe essere in perpetuum; ma solo fino a che apparisca in Europa un orizzonte più chiaro pegli Ordini Religiosi, e segnata­mente pel Camilliano, e fino a che io possa bene avviare l'Opera malagevolissima del mio Vicariato; al che mi giovano grandemente l'esperienza, i talenti speciali, e la inconcussa costanza di questi due impareggiabili religiosi operai evangelici, il cui zelo ed azione m'è d'uopo frenare e rallentare, anziché eccitare ed infocare.

Per la qual cosa mi rivolgo all'esimia bontà di V. P. R.ma per pregarla a calde istanze a concedere a questi due padri suoi e miei figli la grazia di poter lavorare per alcuni anni uniti a me e sotto la mia bandiera. Questa per me sarà una grazia che richiamerà su di Lei e sull'Ordine intero le benedizioni divine, perché migliaia d'infedeli convertiti da questi due reclameranno al trono di Dio la conservazione e l'incremento dell'illustre Ordine Camilliano.

Ecco poi il mio pensiero per l'avvenire, che io sottometto al giudizio di V. P. R.ma. Io ho una ferma ed incrollabile certezza nel non lontano trionfo della Chiesa; e nel più florido risorgimento degli Ordini Regolari e del Camilliano, che distenderà le sue bandiere in Francia e nell'Africa, e specialmente dopo la tempesta dell'attual per­secuzione infernale, e dopo il compimento del Concilio Vaticano. L'alto e generoso programma dell'Ordine Camilliano è conforme ai bisogni dei tempi, e più ancora è un mezzo onnipotente per guada­gnare la simpatia dei popoli e trionfare degli infedeli.

Io sono quindi disposto a realizzare contro ogni ostacolo questo piano, qualora vi sia l'assenso della S. C. di Prop.da, a cui è sotto­messa ogni mia azione. Il mio Vicariato è più vasto di tutta l'Europa, è il più esteso del mondo, ed è popolato da oltre cento milioni d'infedeli. Fino ad ora noi non occupiamo che le porte della Nigrizia, ed il limitare del Centro del Vicariato, ove abitano vaste tribù vergini, non ancora contaminate dai seguaci dell'Alcorano, e pelle quali si può operare un gran bene. Tutti quelli che vogliono andare nel Centro della Nigrizia, ove si trovano popoli ancora vergini, devono passare da Chartum o dal Cordofan.

Quindi è che io sono dispostissimo di fabbricare pei Camilliani una casa secondo richiede il loro spirito e le regole in qualsiasi punto della Nubia o del Cordofan, o nelle stesse capitali Chartum e El-Obeid, che serva come punto d'appoggio per una missione Camilliana nell'interno della Nigrizia, che si potrà a tempo opportuno affidare a S. Camillo, al quale oggetto non mancheranno e non mancano i mezzi pecuniari e materiali; poiché io ho quella sicurezza di possederli ora ed in avvenire, che hanno ed avranno tutte le mis­sioni del mondo, le quali hanno il loro primo appoggio in quelle me­desime Società benefattrici d'Europa, che sussidiano il mio Vicariato; e ciò oltre alle risorse che mi trovo avere nel Vicariato. Insomma quella Provvidenza che in sei anni in tempi sì difficili e calamitosi mi ha dato mezzo milione di lire per sostenere e condurre le mie Opere, mi saprà aiutare per fondare in Africa Centrale i Camilliani, che hanno avuto tanta parte nel buon esito della mia intrapresa, contrariis quibuscumque non obstantibus.

Ecco i pensieri e le cose che io sottommetto alla saviezza ed al cuore di V. P. R.ma; e mi dichiaro pronto a fare quanto Ella giudica opportuno e desidera, e che sia in mio potere. La sola cosa, a cui non saprei adattarmi, sarebbe il richiamo in Europa di questi due campioni dell'Apostolato africano; il che sarebbe di immenso dolore per me e per loro. Ma io confido nell'Imm.ta Vergine Maria Regina della Nigrizia, ed in quel S. Camillo, che per mezzo del mio caro P. Gio. Batta Peretti di S. memoria, che mi aperse, collocandomi nell'Ist.o Mazza in Verona, la via all'apostolato africano, mi ha fatto da ben 28 anni altre grazie. Questi due cari oggetti della mia divozione mi faranno una tal grazia a prò del Vicariato Ap.lico dell'Africa Centrale; che è la più vasta e laboriosa missione dell'universo, e per cui io ed i due suoi cari figli siamo disposti di dare cento volte la vita. Il nostro grido di guerra è questo: "O Nigrizia o Morte". Tale impresa è ben degna di S. Camillo e di noi.

Confido nella mente e nel cuore magnanimo di V. P. R.ma e zelantissimo per le anime, verso della quale professo una riverenza e gratitudine filiale; mi raccomando alle sue preghiere, mentre ho l'onore di segnarmi nei SS. Cuori di Gesù e Maria,

di V. P. R.ma

 

U.mo e D.mo e Riconos.mo Servitore

Daniele Comboni

Pro-Vicario Ap.lico dell'Africa Centrale