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Hans Kung: VISIONE DI UNA CHIESA FUTURA

Visione di una Chiesa Futura

di Hans Kung

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Questa "visione" è stata concepita per l'incontro della "Chiesa dal basso" a Colonia il 25 aprile 1987, in occasione della seconda visita del papa in Germania, e lì esposta. Nella sua introduzione essa riferiva di alcuni episodi di cronaca, illuminanti la situazione attuale. Perciò comincio subito con le quattro fondamentali prospettive sul futuro della chiesa.

 

PRIMA PROSPETTIVA: HA UN FUTURO NON UNA CHIESA ANCORATA AL PASSATO, MA UNA CHIESA CHE SI RAPPORTA ALLE ORIGINI E AL PRESENTE.

Appartiene definitivamente al passato:

1. il modello di una chiesa imperiale costantiniano-bizantina, in cui Stato e chiesa si armonizzavano fin troppo bene e pensavano di realizzare sulla terra il Regno di Dio;

2. anche il modello di una chiesa papale medievale, in cui un monarca, che governava in maniera teocratica, pensava di poter dominare assolutisticamente sulle chiese apostoliche d'Oriente e sulle chiese d'Occidente, anzi sulle coscienze di tutti gli uomini, e addirittura di poter dettare i comportamenti ai governi civili: una chiesa che si fissa sul papa e che ancora oggi pensa di poter conservare il proprio potere con decreti autoritari, con sanzioni disciplinari e strategie politiche;

3. ma anche il modello di una chiesa protestante di Stato o di prìncipi, in cui il papa è sostituito dallo Stato o dai prìncipi e il sacerdozio universale dei fedeli è diventato una parola vuota senza contenuto;

4. e infine anche il modello di una moderna chiesa burocratica finanziariamente potente che, rifiutando il liberalismo e il socialismo moderni, si è rifugiata nella centralizzazione e nella burocratizzazione: un paradigma di chiesa solo in apparenza moderno, ma fondamentalmente medieval-contro-riformistico, quale quello che ha ricevuto una legittimazione sacrale dal Vaticano I ( 1870) e che anche dopo il Vaticano II (1962-65) cerca di imporsi con mezzi autoritari e inquisitori e con un nuovo codice di diritto canonico: sostenuto da un culto della personalità che fa presa sulle masse e da una politica personalistica totalmente non collegiale e non democratica, con l'unico obiettivo di conservare il potere di Roma.

No, la chiesa ha un futuro soltanto a tre condizioni:

- se, anzitutto, tiene presenti le sue origini e continua a prendere come norma il Vangelo, Gesù Cristo stesso. E ciò significa: una chiesa intesa non come apparato di potere o multinazionale religiosa che continua a ostacolare la pratica del dialogo e della democrazia, ma come popolo di Dio e come comunità dei credenti; il ministero ecclesiale inteso non come falange, come "potere sacro" (= "gerarchia"), ma come "servizio" (= "diakonia") reso agli uomini; il papa, non come un semidio e un autocrate spirituale, ma come vescovo-guida, con il suo primato pastorale inserito collegialmente nel collegio dei vescovi, a servizio dell' ecumene;

- se, in secondo luogo, mantiene la grande tradizione cattolica, legittimata dal Vangelo (non però le molte piccole tradizioni cattoliche per nulla legittimate dal Vangelo): sempre risolutamente orientata verso la comunità primitiva, ma anche stimolata dall'apertura universale di un Origene dall'impegno personale e dalla potenza espressiva di un Agostino, dall'ideale di povertà e dal religioso amore per la natura di un Francesco d'Assisi e dalla apertura intellettuale di Tommaso d'Aquino, ma anche dalle proposte autenticamente evangeliche di Lutero e Calvino e dalla vita, dalle opere, dalla lotta e sofferenza cristiane di tutti i nostri fratelli e sorelle vissuti prima di noi;

- se, infine, in terzo luogo, si dispone in modo nuovo ai compiti del presente: la chiesa diventa una comunità solidale di fratelli e sorelle che, lungi dall' autocelebrarsi trionfalisticamente, fa questa autocritica delle proprie enormi omissioni in America Latina, in Cina, in India, in Africa e nel Primo Mondo, corregge chiaramente i propri errori e si dedica al suo grande compito nella società contemporanea. E per quanto riguarda la Germania: tutto il rispetto per figure come Rupert Mayer e Edith Stein - "beatificata" dal papa in Germania - e per la loro testimonianza cristiana sotto il nazional-socialismo; ma motivata diffidenza verso una tale consuetudine ecclesiastica che proviene dal Medioevo, se la singola coraggiosa resistenza, in mezzo al generale conformismo ecclesiastico, viene sfruttata per l'autocelebrazione papale, per la rimozione la negazione della colpa invece che per una sua chiara confessione.

Tutte queste sono soltanto illusioni senza speranza?

Niente affatto: il nuovo futuro della chiesa è già cominciato. Noi infatti siamo testimoni del fatto che questo nuovo futuro comincia dal basso. Esso è cominciato

- ovunque un parroco (ce ne sono molti di più di quanto si pensi) in questioni come la regolazione delle nascite, i matrimoni misti, l'ammissione dei divorziati ai sacramenti, l'esercizio dell'autorità, il riconoscimento degli errori della chiesa, il Terzo Mondo e la teologia della liberazione - non rappresenti semplicemente, in conformità al sistema, le posizioni dei superiori ecclesiastici romano-tedeschi, ma pensi, senta e agisca con gli uomini della sua comunità;

- ovunque un vescovo (un Helder Camara, Oscar Romero, Evaristo Arns, Aloisio Lorscheider, Raymond Hunthausen), in questioni controverse, non dipende semplicemente dal Vaticano, ma in quanto "buon pastore" e non "mercenario" si identifichi primariamente, nello Spirito di Gesù, con gli uomini della sua diocesi e del suo paese;

- ovunque un papa (come forse un Giovanni XXIV) invece che sui vincoli del sistema romano si orienti sulle esigenze del Vangelo e sui bisogni degli uomini di oggi, e quindi promuova con parole e gesti l'"aggiornamento" della chiesa, l'ecumene, la piena cattolicità e un critico impegno evangelico; ma, allora, anch'egli appartiene alla chiesa dal basso, allora non si comporta come il signore, il maestro e il giudice supremo della chiesa di Dio. Allora egli è quello che, come successore del semplice, simpatico e fallibile pescatore di Galilea, Pietro, deve essere, secondo un'espressione di Gregorio Magno, "servo dei servi di Dio".

SECONDA PROSPETTIVA: HA UN FUTURO NON UNA CHIESA PATRIARCALE MA UNA CHIESA DI COMUNIONE

È passato il tempo:

1. delle idee stereotipe sulle donne: le donne non accettano più in silenzio quello che le autorità della chiesa e i  teologi hanno da dire su di esse, sulla loro essenza e sul loro - evidentemente unico - ruolo nella chiesa e nella società.

Esse si oppongono al dovere di corrispondere alle idee che se ne sono fatti gli uomini. Come cristiane maggiorenni esse vogliono e possono stabilire chi esse - ciascuna a suo modo - siano e in che cosa ciascuna ravvisi il proprio compito;

2. del linguaggio a senso unico: le donne non si rassegnano più a un linguaggio ecclesiale, liturgico, teologico, che le esclude, le rende invisibili, le riduce al silenzio. Dal punto di vista ecclesiale, non vogliono più essere "incluse" sotto "fratelli" e "figli". Non sono più disposte a parlare di, e a Dio con concetti desunti esclusivamente dall'ambito di esperienza dei maschi. Sono sempre più frequenti le donne che si prendono il diritto di indicare esse stesse quello che Dio significa per loro e per la loro vita. Non sono più disposte a tollerare che, nel nome di Dio Padre e dell'uomo Gesù, nella chiesa vengano legittimati il dominio dei maschi e la repressione delle donne;

3. del ruolo prestabilito dei sessi: le donne non accettano più "in silenzio e in piena sottomissione" la concreta prassi della chiesa nei loro confronti: dal divieto di servire all'altare fino a quello dell'ordinazione delle donne e a quello della regolazione artificiale delle nascite: un unico tentativo di regolamentazione. Oggi le donne non sopportano più di essere degradate a oggetto di precetti, divieti, regole e assegnazioni di ruoli maschili. Ogni forma di dominio e di autorità che cerchi di costringere gli altri al proprio volere invece di favorirne il processo di autorealizzazione, dalle donne non è ritenuta soltanto anacronistica e ingiusta, ma addirittura un peccato. Cresce ogni giorno il numero delle donne che si oppongono a tali costrizioni e insieme lavorano per una chiesa diversa.

La chiesa ha un futuro soltanto a tre ulteriori condizioni.

- se tutti si convertono. Se noi tutti, donne e uomini, non tolleriamo più il sessismo e il patriarcalismo: fin quando nella chiesa il potere resta solo nelle mani dei maschi, mentre dalle donne ci si aspetta che servano per amore e rappresentino la dimensione della premura e della dedizione, l'unità di potere, giustizia e amore, fondamentale per i cristiani, viene infranta e rovinata;

- se noi agiamo tutti insieme: se riusciamo a testimoniare in maniera credibile, con parole e azioni, in un mondo sessistico-patriarcale, Dio come il Dio della liberazione e della redenzione e la bontà di Dio; non possiamo limitarci ad affermare a parole la somiglianza di tutti gli uomini con Dio: proprio nella chiesa dobbiamo opporci attivamente alla divisione tra uomini di prima e seconda classe;

- se cessa il clericalismo, e ministero e carisma nella chiesa formano di nuovo un'irrinunciabile unità: i criteri più importanti per il ministero nella chiesa non devono più essere il sesso maschile e l'accettazione opportunistico conformistica dello status quo. Dovremmo piuttosto prendere sul serio il fatto che esistono capacità, vocazioni, carismi diversi, che concorrono all'edificazione, nella chiesa, di una comunità di donne e uomini in dialogo reciproco.

Tutto questo è un vuoto postulato? Niente affatto: il futuro della chiesa nella linea della reciprocità è già cominciato. Insieme noi, uomini e donne, siamo testimoni del fatto che nella chiesa la reciprocità cresce dal basso.

- in tutto il mondo le donne hanno cominciato a smascherare il sessismo e il patriarcalismo presenti nella chiesa e nella teologia cristiana; esse non accettano più le strutture ecclesiastiche e teologiche di subordinazione delle donne, ma le criticano apertamente come espressione di un dominio ingiusto e ingiustificato.

- Per molte donne è definitivamente passata la fase in cui si limitavano a porre domande, come pure è passato il tempo dell'attesa in cui la chiesa ufficiale ascolta le loro richieste ed esigenze. Le donne si prendono la libertà di agire conformemente alla loro comprensione della fede cristiana, consapevoli di essere anch'esse la chiesa.

- Per molte donne essere cristiani significa: il dovere di impegnarsi qui e ora per la liberazione degli oppressi in vista di una vita auto determinata e umana per tutti, nella convinzione , che "in Cristo non c'è ne uomo ne donna" (Gal 3,28).

 

TERZA PROSPETTIVA: HA UN FUTURO NON UNA CHIESA CHIUSA NELLA PROPRIA CONFESSIONE, MA UNA CHIESA APERTA ALL'ECUMENE.

È finito il tempo :

1. dell'esclusività confessionale: almeno a partire dai documenti del Concilio Vaticano II non è più lecito che una singola confessione si presenti come l'unica vera chiesa di Gesù Cristo capace di donare la salvezza, e al di fuori della quale nessuno può salvarsi. In questo spirito innumerevoli cristiani non tollerano più che le chiese si dividano, fin dentro le famiglie, a causa delle loro contrapposizioni dottrinali e che i cristiani screditino vicendevolmente l'altrui appartenenza confessionale;

2. della presunzione ministerial-confessionale: innumerevoli cattolici, laici e sacerdoti, inoltre non accettano più che gli atti ministeriali dei parroci protestanti (soprattutto nella celebrazione della Cena) vengano ritenuti invalidi, che il contrarre matrimonio misto venga considerato un crimine contro la fede e la partecipazione attiva al culto evangelico un delitto religioso, che le liturgie ecumeniche siano rigorosamente vietate alla domenica;

3. del rifiuto confessionale della comunione : in tutte le chiese la maggior parte dei fedeli non capisce più perché ci si escluda vicendevolmente dalla comunione della Cena e si considerino inefficaci o superflui i sacramenti delle altre chiese (con l'eccezione, nel migliore dei casi, del battesimo). Questo rifiuto della comunione è contro lo Spirito di Gesù, che aveva invitato alla sua tavola tutti, anche gli emarginati dalla società religiosa. È anche un rifiuto opposto allo spirito della primitiva comunità cristiana, che considerava il convito della Cena come il segno dell'unità pur in mezzo a tutte le diversità di stato, cultura, sesso e teologia.

La chiesa ha un futuro soltanto a tre condizioni.

- che essa pratichi all'interno quello che predica all'esterno: a che serve, infatti, che dei gerarchi della chiesa pretendano dal mondo riconciliazione, pace, giustizia e libertà, se essi stessi impediscono la riconciliazione delle comunità, allontanano la pace nella cristianità, calpestano la giustizia nella chiesa - nei confronti dei teologi, delle suore e delle donne in generale - e soffocano la libertà nell'elezione del vescovo e nella ricerca teologica? A che serve che il papa, nel suo viaggio nella regione della Ruhr si pronunci contro la disoccupazione nella società, se non fa di tutto per diminuire la disoccupazione nella chiesa, rendendo possibile un posto di lavoro, ad esempio, a tutti i teologi laici disoccupati, dei quali hanno urgente bisogno le nostre comunità sempre più prive di sacerdoti?

- che essa agli innumerevoli gesti, parole e preghiere ecumenici faccia finalmente seguire dei fatti ecumenici: come può essere credibile la chiesa ufficiale se, nonostante il notevole riavvicinamento delle posizioni nei dialoghi inter ecclesiali, si ostina a sottolineare le differenze che ancora sussistono? È ora che chi guida la chiesa traduca seriamente in atto i risultati delle proprie commissioni ecumeniche di dialogo; un primo passo sarebbe, in uno dei viaggi del papa - invece di celebrare una delle tante, in pratica non impegnative, liturgie della parola - la solenne abolizione delle "condanne" del tempo della Riforma e della scomunica di Martin Lutero.

- che essa prosegua nel rinnovamento iniziato dal Vaticano II: è controproducente per la chiesa universale e locale che il papa e i vescovi, invece di favorire, comincino di nuovo a soffocare i gruppi ecumenici da anni formatisi in molte comunità; che essi, che subissano parroci e comunità di documenti non letti, non compiano finalmente, con realistici programmi di unione, dei passi concreti verso l'unità.

Ma forse tutto questo è soltanto un pio desiderio ecumenico? Niente di più falso: il futuro ecumenico della chiesa è già cominciato. Sono in molti a confermarlo: la chiesa aperta all'ecumenismo cresce dal basso.

- Da anni innumerevoli teologi cattolici ed evangelici lavorano ovunque nel mondo, con discrezione e senza preoccuparsi della propria carriera, sulle questioni nevralgiche che dividono le chiese, rendendo possibile con il loro lavoro il superamento della divisione.

- Tra le comunità si è sviluppata in loco una multiforme collaborazione pratica in campo sociale e formativo, nel lavoro tra i giovani, nella consulenza e nell'assistenza agli anziani, oltre che nelle questioni relative alla pace e allo sviluppo.

- Nelle nostre scuole molti giovani scelgono in tutta naturalezza il proprio insegnante di religione; famiglie di confessione mista rispettano da tempo la prassi dell'altra chiesa e prendono attivamente parte alla sua vita. Anzi, innumerevoli pastori delle chiese separate si sono da tempo riconosciuti vicendevolmente nella prassi e si sono assunti la comune responsabilità dell'annuncio del Vangelo: non da ultimo perché hanno capito che oggi la linea di divisione corre sempre meno tra le confessioni che tra fede e non fede.

In molte comunità di tutto il mondo viene praticata da tempo senza rumore, l'ospitalità eucaristica, considerata come espressione di una comunione di fede già realizzata.

 

QUARTA PROSPETTIVA: HA UN FUTURO NON UNA CHIESA EUROCENTRICA, MA UNA CHIESA UNIVERSALE.

EÂ’ passato il tempo:

1. dell'esclusivismo cristiano. Dopo il Concilio Vaticano II perde terreno anche nelle chiese del Consiglio mondiale la convinzione, piena di sé, che la fede cristiana sia l'unica religione legittima sulla terra; che soltanto essa possa esigere il rispetto di tutti, e non anche le altre religioni. Il fatto che le altre religioni vengano screditate come parto diabolico dell'autogiustificazione e dell'arroganza dell'uomo, viene sempre più considerato incompatibile con lo spirito del Nazareno, che ha dimostrato simpatia e persino amore verso tanti non ebrei;

2. del colonialismo europeo: che nell'età moderna europea l'espansione religiosa ed economica, sostenuta da interessi militari, nel nome di Gesù Cristo abbia distrutto intenzionalmente e sistematicamente altre religioni e culture, soprattutto in America Latina e in Africa, oggi viene deprecato da molti cristiani, ma dai prìncipi della chiesa solo di rado confessato come colpa della chiesa stessa. Baciare il suolo di paesi stranieri è certamente cosa buona; una confessione schietta della mostruosa storia delle colpe della chiesa e della sua corresponsabilità per le miserabili condizioni sociali di quei paesi, è un'altra, e certo migliore cosa. Molti cristiani dal Sud Africa al Cile però si attendono dalla chiesa una chiara e netta parola di opposizione nei confronti dei potenti che sfruttano e delle strutture politiche repressive. La nostra chiesa è ancora troppo legata agli interessi di dominio del Primo Mondo. Ovunque la chiesa fa propri gli interessi del popolo (esempi: Haiti, Filippine) si possono conseguire mutamenti democratici (si spera presto anche in Cile e in Sud Africa);

3. dell'imperialismo romano: europei aperti di tutte le confessioni oggi non tollerano più che le chiese cristiane di altri continenti, sia di antica sia di recente fondazione, vengano tenute sotto tutela. Essi rifiutano un imperialismo romano che mira a legare tutte le chiese a un sistema giuridico e di religiosità medievale, superato dal tempo. E le tre richieste cinesi di auto sostentamento, auto amministrazione e auto diffusione delle chiese regionali e nazionali non corrispondono soltanto alla concezione contemporanea della democrazia. Esse corrispondono perfettamente anche alla costituzione cristiana originaria della chiesa e della grande tradizione cattolica del primo millennio.

La chiesa ha un futuro soltanto in base a tre premesse :

- in quanto, in primo luogo, ha rispetto per la verità che è sempre più grande. Nonostante tutti i suoi diritti sulla verità, la chiesa non ha un monopolio della verità. Essa deve accettare la sfida della pretesa di verità delle altre religioni, senza temere di perdere la propria identità;

- ma anche in quanto, in secondo luogo, cerca di imparare dalle altre religioni: nel rispetto della storia delle altre religioni, la chiesa è sollecitata ad accogliere le ricchezze non considerate delle altre religioni in vista dell'approfondimento della propria prassi: tutte le tradizioni estetiche, meditative, liturgiche delle altre religioni - senza confusione sincretistica;

- in quanto lascia una giusta autonomia alle diverse chiese nazionali, regionali e locali: le chiese devono poter dare forma, sotto la propria responsabilità, al loro stile di vita e di organizzazione - in piena corrispondenza alla ricchezza e alla varietà, voluta da Dio, della storia umana.

Ma tutto questo non è pura utopia? No certamente: questo futuro globale della chiesa è già cominciato. Sappiamo infatti che la chiesa cresce dal basso.

- Dall'Africa Orientale all'America Latina, dall'India fino alla Birmania, alla Thailandia e alla Corea si organizzano gruppi di base e "Small Christian Communities" per praticare concretamente l'amore del prossimo al di là di tutti i confini di religione e di ideologia.

- Nelle chiese d'Africa, in particolare, ci si apre sempre più alle tradizioni artistiche, alla danza e al gusto spontaneo della vita proprio degli africani e si cerca, contemporaneamente, di resistere al predominio straniero, all'occidentalizzazione sostenuta dai governanti dell'Africa.

- In molti centri di meditazione e comunità religiose d'America, Europa e anche Germania viene insegnato il silenzio, come negli ashram cristiani dell'India, e non la prepotenza dogmatica; il rapporto comunitario con persone di idee diverse e non l'indottrinamento gerarchico, la spontanea disponibilità a partecipare alla vita degli altri e non un freddo distacco - il tutto in un comune approfondimento mistico-spirituale e impegno politico-sociale.

In che cosa, dunque, possiamo sperare?

Come si realizzeranno concretamente queste quattro prospettive di una chiesa futura, non lo sappiamo. Nessuno di noi è così ingenuo da credere, ad esempio, che soltanto in virtù di riforme strutturali la chiesa cattolica automaticamente tornerà a crescere (le chiese protestanti, pur alle prese con situazioni diverse, attestano il contrario). In ogni caso senza di esse il futuro è compromesso, e il conflitto tra una chiesa dall'alto fin troppo ostinata, rassicurante, burocratizzata, e i gruppi d'azione e di sequela aperti all'innovazione e impegnati nelle situazioni problematiche e di conflitto, potrebbe crescere.

No, noi non sappiamo come si presenterà la chiesa del terzo millennio dopo Cristo. Ma a dispetto di tutto l'umor nero, di tutto lo scetticismo e di tutto il diffuso cinismo, noi non ci lasciamo togliere la speranza che la chiesa, che ha già cominciato a crescere dal basso, finisca ancora, come al tempo del Concilio, per imporsi e fiorire in alto: una chiesa dal volto umano. Su quale fondamento? "Nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo", così Paolo ( 1 Cor 3,11). In base a quale criterio? "Io sono la via, la verità e la vita", così Gesù nel Vangelo di Giovanni ( 14,6). Alla luce del criterio del messaggio e del destino di Gesù di Nazareth, della sua morte e della sua resurrezione alla vita eterna, ci si impongono due principi: la chiesa spesso così burocratica e poco umana può morire, mentre risorge continuamente nei nostri cuori la chiesa di Gesù, amica degli uomini.

Può morire la chiesa dal volto burocratico e poco umano.

Può morire una chiesa,

- nella quale domina lo spirito maligno dell'immobilità dogmatica, della censura moralistica, delle garanzie e sanzioni giuridiche;

- nella quale la paura del crollo di ciò che è stato custodito gelosamente per secoli viene dominata e attribuita all'influsso del male;

- nella quale domina la mentalità meschina dei burocrati di curia, degli azzeccagarbugli dei tribunali ecclesiastici, dei prepotenti moralisti delle commissioni ecclesiastiche, dei cortigiani dei mass media che sono di proprietà della chiesa.

Gli scandali finanziari del Vaticano dell'ordine di centinaia di miliardi, con oscure connessioni mafiose e misteriosi casi di morte, sparirebbero definitivamente per fare posto a una politica finanziaria trasparente. E un cosiddetto "Opus Dei" - un'associazione segreta, finanziariamente potente, con lo spirito della controriforma spagnola e con tratti fascistoidi - non potrebbe più diffondersi nella nostra chiesa in modo indisturbato, con protezioni dall'alto, dopo che da tempo sono state condannate e scomunicate società segrete come la massoneria.

Per converso però: nel nostro cuore può continuare a risorgere la chiesa di Gesù, amica degli uomini. Infatti, nel suo Spirito, nello Spirito di Gesù, nello spirito dell'umanità solidale, noi siamo capaci

- di rinunciare, tra noi, alla discriminazione e all'inquisizione: un Leonardo Boff in Brasile, uno Edward Schillebeeckx in Olanda, uno Jacques Pohier in Francia, un Charles Curran negli Stati Uniti, un Georg Bulanyi in Ungheria e innumerevoli altri teologi sconosciuti dell'Asia e dell'Africa non avrebbero più nulla da temere. In un tempo in cui lo stesso Cremlino comincia a riabilitare i propri dissidenti, sarà davvero lecito chiedersi che cosa il Vaticano pensi di fare con i propri.

Si continuerà nello spirito dell'Inquisizione, che ha portato molti di noi alla rassegnazione e alcuni addirittura sulla soglia dell'esaurimento psico-fisico e dell'annientamento professionale?

- di praticare il perdono e osare un nuovo inizio, invece di rinfacciare la storia delle colpe tra le chiese e le religioni: inter-comunione non sarebbe più uno slogan, e la felice manifestazione religiosa di Assisi con i rappresentanti di altre religioni non sarebbe più considerata come ciò che dura lo spazio di un mattino.

- di impegnarci nuovamente anche in senso politico-sociale. Nel movimento pacifista, non soltanto per il disarmo, ma più profondamente contro la follia degli armamenti e per uno spirito di pace a tutti i livelli (compreso quello privato); nel movimento ecologico, non soltanto per la difesa dell'ambiente, ma più profondamente contro la follia dello sfruttamento e per uno spirito di rispetto e conservazione della creazione a tutti i livelli (compreso quello privato); nel movimento alternativo, non soltanto per modi umani di produzione e consumo, ma più profondamente contro la follia dello spreco e per uno spirito di rinnovamento, un nuovo atteggiamento di fondo, una nuova scala di valori per la nostra vita (anche privata); nel movimento sociale, non soltanto per nuovi doveri sociali, ma più profondamente contro la follia della concorrenza e per un diverso spirito di collaborazione e condivisione economica a livello mondiale.

Su ciò, dunque, si fonda la nostra "docta spes", la nostra "provata speranza ", là dove regna il suo Spirito, la chiesa ha già ora un futuro. Perciò possiamo conservare la speranza.

 

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