Dialogo o
R
.esistenza (Es
5,1-23) ...dove
il dialogo presuppone degli interlocutori e un argomento da discutere, e
dove la r
esistenza è latto dellesistere
per esistere! Lutopista, con il suo sogno, va oltre i miseri 70-80 anni della sua vita e abita già luoghi futuri che un domani ci saranno e oggi sono in germe Partiamo da Es 5,1-23: di
quali persone si parla?
Quali rapporti tra queste persone? 1) Chi è e cosa fa il faraone 2)
Chi è e cosa fa Mosè
3) Chi è e cosa fa il popolo La
domanda: che
cosa cè in noi del faraone, di Mosè e del popolo e come
questi rapporti tra Mosè, il popolo e il faraone ci toccano; come toccano la
nostra esperienza pasquale di passaggio dalla morte alla vita, dallesistenza
inautentica allesistenza autenticamente evangelica
. Quale
dialogo e quale r
esistenza? 1) CHI E il FARAONE in NOI? E
un uomo perspicace, abile, intelligente, che conosce il gioco
democratico. Mosè e Aronne vanno da lui e li ascolta, discute, entra in
dialogo con loro (5,2: Chi è il Signore perché io debba ascoltare
)
e addirittura tratta e invita a pregare per lui (8,21-24). E una persona che
scende a patti (in particolare durante le piaghe: 10,8-11; 10,24; 8,4) e
addirittura riconosce i suoi torti (9,7; 10,16), MA è un uomo condizionato dalla sua posizione, dai suoi privilegi, dal suo
essere faraone: ecco il suo vero dramma (5,17). Qui
vi invito a pensare
chi sia il faraone in noi, che cosa egli rappresenti. Nella figura del faraone
si riassumono tutte quelle forme che ci condizionano, senza le quali noi
agiremmo in un certo modo, eppure esse ci risucchiano. Sono condizionamenti
individuali o di gruppo che non siamo capaci di o non vogliamo prendere
in considerazione perché toccano la nostra dignità. Ma quale
dignità? Quella del privilegiato, del benestante, delluomo di chiesa, del socialmente
impegnato, oppure quella del seguace del Cristo crocifisso? Il potere vuole potere, il faraone è faraone: non si può chiedere al
faraone di umiliarsi, perché come faraone istintivamente egli riprende possesso
dei propri privilegi e come tale non può cederli. Questo appunto è il dramma
dellesistenza umana, singola e soprattutto di gruppo: privilegi di gruppo,
poteri di gruppo, nel mondo, nelle nazioni, nella chiesa, nelle istituzioni
religiose
E questa la forza del faraone che penetra ovunque, che è
presente con i suoi tentacoli ovunque, in tutti noi. Se vogliamo ancora sapere
chi è il faraone in noi, possiamo meditare la lista delle 12 attività
faraoniche data in Mc 7,22-23: sono queste le attività faraoniche della
ossessività e dello sfruttamento dellaltro. 2) CHI è MOSE in NOI? Mosè
in noi è lo slancio della nostra libertà, della nostra volontà di comprendere
le cose come sono, di adeguarsi ad esse e di decidere conformemente. Mosè in
noi è il desiderio di andare a fondo (cfr roveto ardente) in tutte le
cose e di rimetterle in questione. Lo slancio della nostra libertà è un
piccolo arnese pericoloso, perché mette in moto tante altre spinte, però è
lunica cosa che abbiamo di umano, di profondamente nostro: si tratta di quel
dono che nella Scrittura si chiama pneuma, lo spirito delluomo,
cioè la capacità che ha luomo di mettersi di fronte alle cose e di
domandarsi: Perché agisco così, o perché reagisco così? Cè poi il Pneuma che è lo Spirito
di Dio, cioè lo sforzo incessante con cui Dio fa di tutto per liberare e per
ispirare la possibilità reale del nostro desiderio di autenticità.
Mosè rappresenta lo sforzo di Dio per liberarci continuamente,
per rimettere in gioco la nostra autenticità, per ributtare noi che
tendiamo a diventare come un grumo di cose rattrappite nella caldaia
bollente dello Spirito, che ci scioglie, consentendoci di porci di nuovo di
fronte alle cose con animo non rigido, ma libero (cercare il bene, il buono e il
bello secondo lo sguardo di Dio). Mosè sa cosa vuole, perciò di fronte al
faraone sa aspettare, tergiversare, pazientare, insistere e dire di no, perché
cè in lui lo Spirito, che è sì forza duttile, adattabile, pieghevole, ma
insieme tenacissima. Ecco Mosè in noi. MOSE agisce con la PAROLA
In
fondo il faraone è un violento, rifiuta di accondiscendere alle richieste degli
Ebrei, anche se cerca di nascondersi dietro alle forme dellascolto e del
dialogo, anzi addirittura dietro a gesti di natura religiosa: gesti di
pentimento e di richiesta di misericordia. Come si esprime la forza liberatrice di Dio in Mosè? Prima di tutto non si esprime con la violenza.
Questo era stato il primo Mosè, colui che pretendeva di salvare il suo popolo
con la violenza. Il secondo Mosè è invece un uomo che parla e che si esprime
cercando la persuasione. Il primo Mosè non aveva detto neanche una parola, ma
si era lanciato senzaltro contro legiziano e laveva ucciso. Ora abbiamo
a che fare con il Mosè della parola, della Parola di Dio
un Dio che
insistentemente lo invia a parlare con il faraone. E questa la forza
instancabile della Parola di Dio, che ci ripete continuamente: Liberati,
renditi autentico, ascoltami. Se
prima abbiamo notato la liberalità del faraone che non fa imprigionare Mosè, né
lo fa uccidere, qui possiamo notare il coraggio con cui Mosè ritorna dal
faraone, anche se questi è sempre più adirato e sconvolto. Mosè crede nella
forza della parola, anche se sa che il faraone è ostinato. Siamo di fronte ad
una ostinazione prevista, MA
Dio opera mediante la sua parola persuasiva. Questa è una caratteristica
primaria del Dio liberante, che agisce con la parola e la persuasione anche là
dove le circostanze sembrano inaccessibili.
E CON SEGNI Dio parla con segni che gradualmente diventano veri castighi, sempre più
duri e molesti. Questi castighi (le mosche, lacqua che non si può bere,
ecc.) rappresentano il disagio delluomo inautentico. Non è Dio che castiga
per il gusto di castigare, ma è luomo il faraone e tutto il popolo
dEgitto che, rifiutandosi di accogliere la parola liberante di Dio, si
invischia sempre più nei propri guai, nei propri condizionamenti. In realtà
tutte le volte che non abbiamo ascoltato la Parola del Signore, che ci voleva più
veri, più autentici, più rispondenti allamore, più pronti a offrire un
servizio che ad esigerlo, abbiamo sentito in noi dei segni di squilibrio
interiore; essi sono la manifestazione delle piccole schiavitù. Qual
è il castigo fondamentale,
quello a cui tutti gli altri si riducono? Il non saper essere felici, è
lincapacità di amare, lincapacità di realizzare effettivamente lamore
di Dio, soprattutto quello del prossimo. Perché lamore di Dio può anche
essere facile; difficile è quello del prossimo, che consiste nel rispondere
alle vere situazioni di disagio del mio fratello, anche là dove il mio fratello
non merita il mio aiuto, anzi lo demerita. Se noi non siamo capaci di affrontare
queste situazioni, ecco che ne consegue scontentezza, disagio e disgusto, che
coinvolgono le persone, le comunità, i gruppi, le istituzioni: è il castigo
dellEgitto. Cè
anche un castigo finale.
Ad un certo momento il faraone si chiude: rimane faraone, perché vuole
rimanerlo. Vuole conservare i suoi privilegi, senza mettere nulla in
discussione. Di fronte a Dio può venire il momento in cui restiamo induriti
nella incapacità di amare veramente: dopo esserci ripetutamente rifiutati,
restiamo come irretiti in questa incapacità, in questo indurimento definitivo.
E quello che chiamiamo il castigo per eccellenza, un castigo che parte prima
di tutto da noi: siamo noi stessi che ci siamo chiusi alle parole, ai segni e ai
castighi che il Signore permetteva nella sua misericordia. 3) CHI è e COSA fa il
POPOLO
Quando
Mosè, accompagnato da Aronne, si presenta alla corte del faraone, egli si
immagina forse che tutta la faccenda debba risolversi entro breve tempo. Del
resto sono solo tre giorni, nel deserto e per lodare il Signore (5,1).
Con profonda meraviglia constata la positiva e generosa rispondenza della sua
gente (4,31) e ha limpressione che quella massa di schiavi,
improvvisamente risorta, costituisca ormai un vero e proprio popolo.
Dal vs 3 al 9, vediamo in azione gente che ormai si è assunta la
gestione del proprio avvenire: sono gli israeliti stessi che trattano con il
faraone, assumono su di sé, in prima persona, la stessa vocazione di Mosè.
Eppure constatiamo che quel popolo di Dio non è forse ancora
nemmeno nato! Israele deve fare i conti con lostilità del faraone. La risposta del
faraone spazza via, in un attimo, tutte le pie illusioni di Mosè (5,2)
ed allingenua arroganza degli israeliti il faraone oppone la sua arroganza
ben più feroce e più interessata (5,5)
e alle sue parole seguono
immediatamente i fatti (5,6-8). Mentre si scatena, impetuosa ed
incontrollata, la reazione del faraone (5,6-11), la gente di Israele si
trova improvvisamente ricondotta alla sua situazione di schiavitù (5,12-14)
sta succedendo esattamente il contrario di quel che si attendevano: anzi, sembra
che proprio il loro impegno per il bene abbia sciolto una nuova catena di mali! Come
è mai possibile che i guai e le ingiustizie sembrino aumentare
proporzionalmente allintensità della speranza con cui si lavora per
laffermazione della libertà e della giustizia?
Gli scribi degli israeliti si recano dal faraone a reclamare giustizia e
tentando di accattivarsi la simpatia del faraone giungono ad affermare: se
noi oggi siamo bastonati, questa è uningiustizia contro il tuo popolo
(cfr 5,16). Gli israeliti, quasi senza accorgersene, si dichiarano niente
meno che popolo del faraone! Altro che Popolo di Dio
; è bastato un
primo impatto con la solidità del male, perché questo popolo si mostrasse
pronto a vendersi al miglior offerente; è bastato un primo scontro con lo
scandalo dellautoritarismo ingiusto e della violenza reazionaria, perché
Israele smarrisse il proprio orientamento e si riconoscesse addirittura nei
panni del popolo del faraone
La LOGICA del LAMENTO
Gli
israeliti si lamentano con Mosè (5,19) e Mosè, per la prima volta si scaglia
contro Dio: Perché mi hai inviato? (
) Tu non hai per nulla liberato il
tuo popolo (5,22ss). Mosè ha capito che la sua missione comporta una
precisa rinuncia ad ogni ipotesi di lieto fine. Nulla garantisce ai credenti il
successo, la vittoria e le soddisfazioni, che forse si aspettano: per i
credenti tutto deve essere riposto nelle mani di Dio. Solamente Dio conosce
i tempi e le scadenze che riguardano il suo piano di liberazione; nessuno di noi
può mitizzare i meriti della propria buona volontà; e nessuno di noi può
pretendere che le sue cose vadano autenticamente a finir bene, perché Dio solo
è in grado di giudicare, al di là della vita e della morte, il bene e il male,
il giusto e lingiusto. Per questo tutto il racconto rimane ora appeso
alliniziativa ed alla Parola di Dio: Ora vedrai quello che sto per
fare
(6,1). Per la tua riflessione personale: Quale faraone, Mosè e popolo cè in te? Dialogo o
R
esistenza
che ti suggerisce? Chiamati a volare
Parla
al io cuore, Signore. Ti sto parlando. Ma perché hai paura? Eppure
non avevi paura di incontrare illustri sconosciuti che
potevano portarti a sfiorare i pantani della vita! E
hai paura di me, lunico che hai conosciuto meglio di tutti? Mi
hai conosciuto. Non è forse vero? Puoi
forse dire che conosci i pensieri, i sogni e i palpiti di qualcun altro come
conosci i miei? Sono
tanti anni che li racconto personalmente a te. Quali
sogni conosci meglio dei miei? Ti
ho conosciuto, chi ti conosce meglio di me? Forse
qualcuno ha saputo intravedere i tuoi talenti anche quando non si vedevano, soffocati
comerano da mille croste? Forse
qualcuno ha puntato su di te come ho fatto io, con determinazione e sicurezza? Io
sapevo di te quando tu neanche ti supponevi. E
allora, se io conosco così bene te e tu così bene me, perché hai paura? Sono
forse un fantasma? Ti
ha fatto compagnia un fantasma durante le notti di paura e solitudine? E
forse un fantasma quello che con le mani della provvidenza Ti
ha mandato cibo, casa e vestiti per te e i tuoi figli? Tu dici: Può essere fantasia, autosuggestione
tutto ciò? E se fosse tutto una follia? Io ti rispondo. E forse una follia andare
insieme sul monte della felicità O era una follia affidarsi ciecamente a gente più
cieca di te? E forse una follia la dimensione dello spirito
sulla quale voglio farti volare, o non è forse più follia restare terra terra quando
invece il Padre nostro ci ha fatto giganti spirituali con ali per volare? Non aver paura, non è una follia. Solo resta
tranquillo, seguimi, attaccati alle mie ali E comincia a volare con me. Quando ti vedrò sicuro nel volo, solo allora ti
lascerò volare da solo! Ma dovrai volare da solo, perché non posso fare la
balia per sempre. Devi diventare adulto e aiutarmi perché è per
diffondere lamore che mi sono fatto conoscere da te, è per essere
amato e per far conoscere agli altri, attraverso il rapporto damore mio e tuo, che
lamore di Dio è una seria e concreta. Perché vedano e, vedendo, ne abbiano voglia anche
loro. Per questo mi sono fatto conoscere da te. Lala
di riserva A
volte oso pensare, Signore, che tu abbia unala soltanto, laltra la tieni
nascosta: forse
per farmi capire che anche tu non vuoi volare senza di me. Per
questo mi hai dato la vita: perché io fossi tuo compagno di volo. Vivere
è stendere lala, lunica ala, con la fiducia di chi sa di
avere nel volo un amico grande come te. Insegnami
allora a librarmi con te. (Don
Tonino Bello)
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