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Donna e uomo ad immagine di Dio - ristabilire l'armonia tra l'uomo e la donna

Gim Padova (aprile 2002)

Donna e Uomo
a immagine di Dio

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Ristabilire l'armonia
tra l'uomo e la donna

 

 

Il Signore trovò il suo popolo in terra deserta, in una landa di ululati solitari.

Lo circondò, lo allevò, lo custodì come pupilla del suo occhio.

Come unÂ’aquila che veglia la sua nidiata, che vola sopra i suoi nati,

egli spiegò le ali e lo prese, lo sollevò sulle sue ali.
(Dt 32,10-11)

 

 

Come sempre, partiamo da Dio per capire meglio la nostra umanità.

La tenerezza e la decisione, la vigilanza e l’educazione, la maternità e la paternità si fondono in questi due versetti.

Insomma: l’identità femminile e maschile si uniscono, perché il loro unico senso è prendersi cura della vita.
Contemplare Dio ci provoca a non fermarci sulle nostre caratteristiche di uomini e donne: quanti blocchi, pregiudizi, equilibri disumani di potere nel rapporto uomo-donna, in famiglia, nella società, oggi, nella nostra storia, nella cultura di tanti popoli…

Ci sono situazioni in cui la tradizione diventa un blocco; persone che vivono quasi imprigionate, perché lo schema impone che tutti i privilegi siano degli uomini.

 

In parallelo, alcune donne vivono ancora intimidite o soggette all’autorità senza sollevare la testa. Oppure, si esaspera il conflitto, ci si scaglia gli uni contro gli altri.

Oggi, che ci diciamo rispettosi delle differenze, in molti affrontiamo ancora un tema delicato e profondo come quello dell’omosessualità solo dal punto di vista dell’umorismo o del pregiudizio che esclude e allontana.

 
Guardiamo a Dio, cerchiamo in lui, di nuovo, la nostra immagine più autentica. Rembrandt ci aiuta, nel suo quadro “Figlio Prodigo”, con il dettaglio commentato da Nouwen:

“Le mani sono molto diverse tra loro. La mano sinistra, posata sulla schiena del figlio, è forte e muscolosa. Le dita sono aperte e coprono gran parte della spalla destra del figlio prodigo. Posso intuire una certa pressione, specialmente del pollice. Quella mano sembra non soltanto toccare, ma anche, con la sua forza, sorreggere. Anche se la mano sinistra del padre si posa sul figlio con una certa delicatezza, è una mano che stringe con energia. Come è diversa invece la mano destra! Essa non sorregge né afferra. E’ una mano raffinata, delicata e molto tenera. Le dita sono ravvicinate e hanno un aspetto elegante. La mano è posata dolcemente sulla spalla del figlio. Vuole accarezzare, calmare, offrire conforto e consolazione. E’ una mano di madre. (…) Appena mi sono reso conto della differenza tra le due mani del padre, mi si è dischiuso un nuovo mondo di significati. Il Padre non è semplicemente un grande patriarca. E’ sia una madre che un padre. Tocca il figlio con una mano maschile e con una femminile. Lui sorregge, lei accarezza. Lui rafforza e lei consola. E’ dunque Dio, nel quale sono pienamente presenti l’esser-uomo e l’esser-donna, la paternità e la maternità. Quella mano destra delicata che accarezza, evoca, secondo me, le parole del profeta Isaia: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se ci fosse una donna che si dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani» (Is 49,15).
Il mio amico Richard White mi ha fatto notare che la mano femminile e carezzevole del padre è in corrispondenza con il piede nudo e ferito del figlio, mentre la forte mano maschile è in corrispondenza con il piede che calza il sandalo. EÂ’ troppo pensare che una mano protegge il lato vulnerabile del figlio, mentre lÂ’altra rinvigorisce la sua forza e il suo desiderio di migliorare la propria vita?”  


Fatti a immagine e somiglianza di un Dio che non si vergogna di essere Padre e Madre assieme, perché vuol raddoppiare la sua attenzione per la vita.

La vita è al centro: proprio il figlio sofferente ritornato è ciò che costringe Dio a togliere le sue mani da sotto il mantello! Quindi prima di tutto viene la vita, la vita che mi scorre attorno in cerca di un abbraccio, e poi le differenze attraverso cui prendersene cura.

E a noi cosa succede, invece?

Forse a te capita di isolarti nella tua identità, per timidezza o povertà di cuore. Forse lo “spirito del branco” o una delusione cocente del passato ti rinchiudono nel tuo gruppo, e perdi la ricchezza dell’incontro con l’altro sesso.

Oppure col sesso ci giochiamo, e allora bruci in una tappa affrettata e vuota quello che poteva essere un incontro di vita: per te la parola “relazione” si riduce (scusate) …ad un incastro.

Ci sono anche quelli che si sentono eternamente incompleti finchè non trovano l’altra metà, e la loro ansia tradisce uno spirito spezzato, non integro, zoppo.
In tutti questi casi il nostro corpo, la nostra esistenza è come un manichino, sterile e bloccato, strumentalizzato, vestito e svestito dagli altri, assolutamente slegato dalla vita, quella piena, quella insieme.
Essere persone, uomini e donne, a immagine di Dio significa invece rianimarci, mettendo al centro questi tre verbi: integrarsi – generare vita – farla crescere.

Non è proprio un programma da manichini, quindi… affrontiamolo più da vicino.

 

Io sono te

 

P. Claudel dice così: “Ritengo che Dio abbia sempre creato un’anima in rapporto ad un’altra e, quando ha creato te, ha lasciato da parte qualcosa della tua sostanza, con la quale sono stato creato io”.

E’ il punto di partenza per integrarsi: cercarsi l’uno nell’altra, per la bellezza di vedere come cambiano, che colore e che forma assumono i tuoi modi e le tue idee quando vanno ad abitare nell’intimo di un’altra persona, che te li restituisce trasformati e più vivi.

                                                                                                                 .

 

   

L'Altro

    

Sì, io sono tu. Eppure Dio non ci mette fianco a fianco, ma uno di fronte all’altro. “Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli stia di fronte” (Gn 2,18).

Nell’altro puoi riconoscere te stesso, presente e immerso in lui, la stessa argilla modellata dalle stesse mani. Ma vedrai anche le differenze: posti uno di fronte all’altro perché si cerchi insieme cosa è umanità.

E noi, invece, al posto dell’altro poniamo al centro noi stessi, per non perderci, per affermarci, per dominare. Poi ci scopriamo all’improvviso soli e confessiamo: “Ho avuto paura perché ero nudo e mi sono nascosto”.

L’altro fa paura, perché mi denuda e mi costringe alla relazione; non sono capace di un incontro diretto, senza filtri, senza nulla che mi nasconda. E così mi copro di cose (la foglia di fico) ed innalzo uno schermo per non essere più trasparente.

La paura tra uomo e donna si traduce rapidamente in aggressività, diffidenza o possesso. L’incontro dei due “veramente nudi”, relazione piena in cui Dio si sente di casa, è la meta di quella liberazione che Gesù ha cercato

 
Copia o Coppia?

Se ti sai integrare (cioè rimanere intero anche nel momento dell’incontro con l’altro) potrai formare una coppia; altrimenti, le tue relazioni serviranno semplicemente per creare dell’altro una copia di te stesso.

 

“O sposi, che la vostra casa non sia mai un appartamento: questo triste regno dell’egoismo e della solitudine! Regno del mio e del tuo, quando non è trincea del mio contro il tuo. Ma sia invece principio di una vita universale, di una fraternità e di un’amicizia che si allarga sul mondo, inizio della stessa Chiesa: “Salutate la Chiesa che sta nella casa di Maria madre di Marco …”.

Insieme dunque cercare di essere. Ancora: come Dio. Si ripeta all’infinito: non sono io l’immagine di Dio e non sei tu, ma siamo io e tu insieme: se ci amiamo. E’ la coppia: questa l’entità nuova che si affaccia sulla creazione. Non l’uomo o la donna, ma l’uomo e la donna. Dove Dio, appunto l’amore, è la stessa copula di congiunzione e di fusione. La parola “insieme” è la più religiosa parola del mondo. Non l’uomo che domini la donna, non la donna che si contrapponga all’uomo; ma che fondino insieme l’armonia libera e necessaria: a segnare l’inizio di un mondo armonioso e pacifico.”

 

Chi si riduce a scegliere il compagno in modo esclusivo si circonda di filo spinato, e quando un altro si avvicina viene lacerato. L’esclusività uccide l’amore; l’amore ha bisogno di spazio, di protezione, di altri.

Lo viviamo nella amicizia, quella vera, quella che anche Gesù ha sognato e promesso ai suoi discepoli: “io tornerò a stare con voi, e sarà una relazione piena di vita, come per quella donna che quando dà alla luce è nel dolore, perché è giunta la sua ora… ma quando il bambino è nato non ricorda più l’angoscia, per la gioia che è nata una vita” (cf Gv 16,21).

Donna, uomo, ecco la tua immagine: la gioia per ogni vita che fai nascere!

 

“Senza amici è impossibile vivere: non riuscirete ad affrontare la lunghezza di un giorno, non vi sarà possibile guardare un tramonto, godere la bellezza di un quadro, visitare una città, assistere a un’opera. Non c’è nulla, nulla di sopportabile o godibile senza amici. Non è possibile neppure il matrimonio se lo sposo non diventa il primo amico della sposa; non è concepibile una famiglia, un convento, una chiesa: se i figli non diventano amici dei padri, se un frate non diventa amico del fratello che vive con lui in comunità senza confini. Non c’è chiesa, che non sia chiesa nell’amicizia”.

 

Se questo avessi e altro ancora
ma non avessi l'amore
sarei un nulla,
o meno ancora di nulla:
uno che illude e trabocca il vuoto

Le differenze e la complementarietà uomo-donna ci han condotto fin qui, all’unica cosa importante: amare. Solo l’amore è più grande della vita, per questo è capace di generarla e di prendersene cura. Non come genitore (per diventarlo basta un attimo, anche solo incosciente), ma come padre e madre, cioè come amore incarnato. E qui siamo nel cuore di Dio.

 

“Perché Dio è fedele. E non può non amare. Questo incontenibile bisogno di amare che è Dio stesso. E di essere amato. Dramma di Dio e dell’uomo. Amore che chiede amore… Alleanza di Dio e dell’uomo: paura di tutti e due di essere soli? Paura da parte di Dio per la sua solitudine, e divino tormento di ogni uomo.

Dio, fonte dÂ’amore. Dio, mendicante dÂ’amore!

Nostra ragione di ogni inquietudine. Amore, unica infinita passione di ogni essere che vive…”   (D.M. Turoldo)

 

Capite? Non ci sono più differenze, quando ci pulsa dentro la passione per la vita! “Non c’è più né giudeo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna, perché tutti siete uno solo in Cristo Gesù” (Gal 3,28).

Rimaniamo diversi, ma l’obiettivo è comune e abbiamo lo stesso punto di riferimento, Gesù. Lui ha voluto vivere tutte le sue relazioni in un amore appassionato, quello di Dio per il suo popolo, e non trattenerlo mai.

Amore appassionato, per tutti, senza trattenere nulla: abbiamo parlato di matrimonio, di amicizia… ma un altro modo di vivere in pieno la relazione uomo-donna è la castità.

E’ molto più del semplice astenersi dalle relazioni sessuali; è non avere margini, non lasciarsi frenare da progetti e desideri individuali. Gesù ci teneva a farcelo capire: “L’amore più grande è sacrificare la vita per i propri amici”.

Questo invade e possiede i nostri cuori, i nostri corpi, la nostra vita, con il sogno di Dio, sulle orme di Gesù.
Così sì, ci sentiamo persone integre, totali, liberate. E la vita cresce attraverso di noi.

 

Spunti per la riflessione

  • FaÂ’ un elenco dei pregiudizi che ti carichi addosso

  • in relazione al rapporto uomo-donna

  • cosa c’è di inconciliabile tra donna e uomo?

  • ci sono delle caratteristiche specifiche per lÂ’uomo e per la donna? Quali?

  •  matrimonio, amicizia, castità… cosa c’è dietro queste parole? Che luce fanno sulla tua vita?

  • Cosa significa per te un Dio Padre e Madre?

Ringraziamo, per l’elaborazione di questa riflessione, i preziosi contributi di padre David Maria Turoldo (cf. soprattutto il libro “Amare”) e di Arturo Paoli (cf. soprattutto il libro “Cercando libertà”).
 

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