...Un mucchio di sabbia sotto
l’altare. A ciascuno una pietra in mano da
sotterrare....
Abbiamo
cominciato così il noviziato: una messa per celebrare il
nostro ingresso in un cammino di iniziazione dal tono un
po’ paradossale: annullarsi, scomparire.
Del resto il
Comboni ce l’aveva detto: “In una parola il
Missionario della Nigrizia dee sovente riflettere e
meditare, che egli lavora in un'opera di altissimo
merito sí, ma sommamente ardua e laboriosa, per essere
una pietra nascosta sotterra, che forse non verrà mai
alla luce…”
…e tutto ciò l’abbiamo intrapreso
con non poco spavento! “Dove ci porterà questa strada?”,
“cosa significa tutto questo?”, “ma cosa siamo venuti a
fare in un castello?!?”.
Si è trattato semplicemente di fidarsi: credere che se
eravamo lì, significava che quello era il nostro posto.
Non con la passività di chi obbedisce ma non ci crede,
ma con la fede di chi crede che nel noviziato si sarebbe
realizzata non solo la volontà divina, ma ci sarebbe
stata donata la presenza di Dio.
La
missione tante volte ci aveva parlato del sole dell’Africa,
dei poveri che ti spiegano il vangelo, di notti insonni
in nome della pace, di povertà radicale disposta al
martirio, di mani sporche che condividono tutto.
Nel
noviziato ci veniva chiesto di accostarci al silenzio,
provare ad assaggiare quale sapore avesse la nudità:
entrare nel mondo di Dio che ti chiede di lasciare
tutto per Lui.
Ci
siamo, così, accorti che la nostra casa era abitata da
paura, rabbia, orgoglio, senso di colpa, senso di
inferiorità e tanti altri ospiti che avevamo conosciuto
appena. Loro abitavano la nostra casa e noi li dovevamo
guardare negli occhi e dir loro “Sì, c’è posto anche per
voi”. Anche loro avevano diritto d’esserci. E così
abbiamo sentito bussare alla porta l’accoglienza, la
disponibilità, la speranza. Un giorno ha bussato il
dubbio e l’abbiamo fatto sedere. Il giorno dopo, poi, si
è fatto vivo il coraggio … e ci siamo rialzati e siamo
caduti … rialzati e caduti …
Il
nostro cammino è stato un tentativo di entrare
sempre più nel presente. Dio sa se ci siamo
riusciti.
Abbiamo
camminato per scoprire che se in un dato momento il
Signore ci chiede di essere in un certo luogo, a
compiere una certa azione, è perché Egli stesso ci
attende là. In quel contesto preciso lo incontreremo e,
se lo cercheremo altrove, non lo troveremo. Il Signore
ci aspetta là per offrirci la sua compagnia, per donarsi
a noi interamente. Il luogo e il tempo cessano di essere
importanti: ciò che conta è solo la presenza a Dio e di
Dio. È così che la missione non è più un dove
sei, ma un come sei. Il presente diviene la
nostra unica salvezza, la sola porzione di tempo sulla
quale possiamo esercitare la nostra influenza. Mentre il
passato ed il futuro ci sfuggono, solo l’attimo presente
è un po’ nostro, pronto a lasciarsi smagliare dalla
catena delle nostre azioni, dei nostri pensieri, dei
nostri progetti per essere rivestito di meraviglia e di
infinita bellezza.
Così
abbiamo sentito bussare alla porta Dio e abbiamo trovato
un biglietto con su scritto: “Ti voglio tutto per me,
facciamo io e te una cosa sola: sarai il mio sposo”.
La
consacrazione per noi è questo: sposare Dio, concedersi
solo a lui, da poveri, casti e obbedienti, giorno per
giorno, in un noviziato che continua.
E il
segno che il deserto dura tutta la vita sarà nella
povertà della cerimonia, che vedrà solo la compagnia dei
nostri familiari più stretti; nella castità del
silenzio, che fugge dai riflettori e accoglie il
protagonismo di Dio e nell’obbedienza al presente, che
ci invita a celebrare i primi voti.
È il
frutto di un cammino di quotidianità portato avanti in
un’intensa vita comunitaria, scandita da
preghiera personale e corale; nel servizio con i
poveri (immigrati, tossicodipendenti, …) e in attività
di animazione missionaria nelle parrocchie, nelle scuole
e in casa, in occasione del presepe.
Abbiamo
vissuto tutto cercando di sentirci parte della Chiesa,
la nostra grande comunità, con la certezza che, nel
giorno della nostra prima professione religiosa, lo
Spirito Santo ci farà presenti ad ogni uomo, lontano e
vicino che sia, nella comunione di Gesù.
Per un
futuro da pietre nascoste.
I novizi
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