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Giocarci la vita

Gim Verona (dicembre 2003)

UNA VITA - UN DONO

GIM Verona - Dicembre 2003

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GIOCARCI LA VITA - GIOCARCI LA VITA - GIOCARCI LA VITA - GIOCARCI LA VITA

 

UNA VITA - UN DONO

Chi potrà mai capire i piani del Signore?...
Mio Dio, mio Dio morirò d’Ebola nel mio servizio,
ma voglio essere l’ultimo…
Sono pronto a tutto, ma sarò l’ultimo a morire d’Ebola.”

(Dottor Matthew Lukwya
ugandese, morto di Ebola
il 5 – 12 – 2000)


La mia vita ha conosciuto tanti e poi tanti pericoli, ho rischiato la morte tante e poi
tante volte. Sono stata per anni nel mezzo della guerra. Ho sperimentato nella carne
dei miei, di quelli che amavo, e dunque nella mia carne, la cattiveria dell’uomo……
e ne sono uscita con la convinzione incrollabile che ciò che conta è solo amare.
Ed è allora che la nostra vita diventa degna di essere vissuta…”

(Annalena Tonelli, missionaria laica,
uccisa in Somalia il 5 – 10 – 2003)

 

LA LEGGENDA DEL BAMBU’

 

C’era una volta un bellissimo e meraviglioso giardino. Era situato a ovest del paese, in mezzo al grande regno. Il Signore di questo giardino aveva l’abitudine di farvi una passeggiata ogni giorno, quando il caldo della giornata era più forte.

C’era in questo giardino un bambù di aspetto nobile. Era il più bello di tutti gli alberi del giardino e il Signore amava questo bambù più di tutte le altre piante. Anno dopo anno, questo bambù cresceva e diventava sempre più bello e più grazioso. Il bambù sapeva bene che il Signore lo amava e ne godeva.

Un bel giorno il Signore si avvicinò al suo albero amato e l’albero, in grande venerazione, chinò la sua testa: Il Signore gli disse: “Caro bambù, ho bisogno di te”. Sembrò al bambù che fosse venuto il giorno di tutti i giorno, il giorno per cui era nato. Con grande gioia ma a bassa voce il bambù rispose: “Oh Signore, sono pronto: Fa di me l’uso che vuoi!”.

Bambù – la voce del Signore era addolorata – per usarti devo abbatterti”; il bambù fu spaventato, molto spaventato: “Abbattere me, Signore, che hai fatto diventare il più bel albero di tutto il giardino? No, per favore, no! Usami per la tua gioia, Signore, ma, per favore, non abbattermi”:

Mio caro bambù – disse il Signore, e la sua voce era più triste – se non posso abbatterti, non posso usarti”.

Nel giardino ci fu allora un grande silenzio. Il vento non tirava più, gli uccelli non cantavano più. Lentamente, molto lentamente, il bambù chinò ancora di più la sua testa meravigliosa. Poi sussurrò: “Signore, se non puoi usarmi senza abbattermi, fa di me quello che vuoi e abbattimi”.

Mio caro bambù – disse di nuovo il Signore – non devo solo abbatterti, ma anche tagliarti le foglie ed i rami”. “Oh Signore – disse il bambù – non farmi questo: lasciami almeno le foglie e i miei rami”. “Se non posso tagliarli, non posso usarti”.

Allora il sole si nascose e gli uccelli ansiosi volarono via, il bambù tremò e disse, appena udibile: “Signore, tagliali!”

Mio caro bambù, devo farti ancora di più. Devo spaccarti in due e strapparti il cuore. Se non posso farti questo non posso usarti”. Il bambù non poté più parlare. Si chinò a terra.

Così il Signore del giardino abbatté il bambù, taglio i rami, levò le foglie, lo spaccò in due e ne estirpò il cuore. Poi portò il bambù alla fonte di acqua fresca vicino ai suoi campi inariditi. Là, delicatamente, il Signore dispose l’amato bambù a terra: un’estremità del tronco la collegò alla fonte; l’altra la diresse verso il campo arido. La fonte dava acqua, l’acqua si riversava sul campo che aveva tanto aspettato. Poi fu piantato il riso, i giorni passarono, la semenza crebbe e il tempo della raccolta venne.

Così il meraviglioso bambù divenne realmente una grande benedizione in tutta la sua povertà e umiltà.

Quando era ancora grande e bello e grazioso, viveva e cresceva soltanto per se stesso e amava la propria bellezza. Al contrario ora, nella sua condizione di povertà, era divenuto un canale, che il Signore usava per rendere fecondo il suo regno.

(Da un racconto popolare cinese)



PAOLO: Così affezionati a voi, avremmo desiderato darvi non solo il Vangelo di Dio, ma la

nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari.” (1 Tes 2, 8)

 

Paolo era un vero giudeo, e come tale era considerato! Era circonciso, era zelante, e molto responsabile. Al centro della sua vita aveva messo la Legge che rispettava pienamente e faceva rispettare agli altri vero difensore della Legge. Tutti sappiamo come Paolo sia stato un grande persecutore dei primi cristiani… e come svolgeva ciò con impegno e zelo!

Ma Cristo lo incontra e si fa incontrare da lui sulla via di Damasco! Lo fa cadere da cavallo, gli toglie tutte le certezze radicate nel suo cuore di fariseo e lo trasforma. Paolo da persecutore diviene Evangelizzatore. Una trasformazione totale, completa che gli cambia tutta la vita! Che non gli permette più di starsene “comodo e al sicuro” nella sua Legge, nei suoi 600 e più precetti che rispettava scrupolosamente!

L’incontro con Cristo è così sconvolgente che gli rivoluziona tutto a tal punto da considerare tutte quelle cose che prima erano per lui importanti SPAZZATURA!

(Fil 3, 7 – 8)


Sconvolto e trasformato!


Lui stesso afferma che la sua vita da quel incontro sulla via di Damasco, non è più vissuta da “Paolo” , ma è Cristo che vive in lui…


Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me.” (Gal 2, 20)


La sua esperienza di Cristo è totale, è così radicale che Paolo non può più vivere se non lasciando che sia Cristo a vivere in lui!

L’incontro sulla via di Damasco accolto e fatto suo, porta Paolo al desiderio di donarsi totalmente per l’annuncio del Vangelo: “Guai a me se non predicassi il Vangelo”, e tutti sappiamo come Paolo si impegna perché questa Buona Notizia raggiunga anche i lontani… e come si fa “tutto a tutti” perché il Vangelo raggiunga ogni cuore.

Annunciare il Vangelo diventa VITA per Paolo. Unica ragione, unico senso della sua vita.

E’ strumento nelle mani di Dio e lui lo sa! Si fa perciò ambasciatore del Signore in ogni situazione e luogo… è instancabile nel suo andare!

Ma non dimentichiamo che annunciare il Vangelo, questa Buona Notizia che provoca, scomoda, mette a nudo, non è facile… spesso (quasi sempre) provoca conflitti, rifiuto e persecuzioni!

Se leggiamo gli Atti degli Apostoli e le lettere di Paolo, vediamo come l’annuncio del Vangelo è sempre accompagnato dalla sofferenza, dal pagare un caro prezzo!


Cinque volte ho ricevuto le 39 frustate degli ebrei… tre volte sono stato bastonato

dai Romani. Una volta sono stato ferito a colpi di pietra…” (2 Cor 11, 24 – 25)


Paolo incontra persecuzioni e rifiuto quasi ovunque… all’inizio anche nella comunità cristiana che lo temeva perché lo sapeva persecutore….!

Persecuzioni a Damasco, a Gerusalemme, Antiochia, Iconio, Listra, Filippi, Tessalonica, Berea,

Corinto, Efeso….


Spesso accusato e incarcerato Filippi, Gerusalemme, Cesarea, Efeso, Roma!

Per tre volte portato davanti ai Tribunali: Corinto, Gerusalemme, Cesarea….


I giudei temevano che per causa sua molti avrebbero abbracciato questa nuova setta e facevano di tutto per toglierlo di mezzo. (E Paolo li accusava di impedire la missione tra i pagani perché troppo legati alla Legge!)

Infine condannato a morte dai Romani!


Pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel

deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli….” (2 Cor 11, 26)


Perché tutte queste persecuzioni e accuse?


  • Dagli ebrei:

La diffusione del Vangelo tra i pagani, provocò la diminuizione dell’influenza degli ebrei nella società, li sminuì perché fece prendere coscienza ai pagani della loro dignità di Figli di Dio, del loro “ruolo – posto” nel mondo. Perché li ha fatti destinatari anche loro della Buona Notizia…

Gli ebrei nel tentativo di mantenere o ristabilire la loro influenza, reagirono in modi diversi: contraddicendo Paolo, accusandolo, istigando la gente contro di lui e contro i cristiani, provocando conflitti tra impero e cristiani… cercando di uccidere Paolo!

 

  • Dai falsi fratelli:

Erano ebrei convertiti, ma che però non avevano accettato di “cadere da cavallo”… di uscire dalle loro mille sicurezze legate alla Legge. Spiegavano il Vangelo restando strettamente legati alla Legge, alla loro mentalità ebraica uccidendo perciò tutta la novità e la freschezza della Buona Notizia di Gesù. Difendevano l’antico ideale dell’osservanza della legge come unica strada di salvezza. E soprattutto non accettavano l’apertura di Paolo ai pagani. Per loro i pagani non dovevano essere i destinatari della Buona Notizia e di conseguenza non potevano far parte della Chiesa a meno che si facessero circoncidere (Concilio di Gerusalemme).

Affermavano che Paolo non era un apostolo scelto da Dio, ma che agiva per conto suo e per proprio tornaconto (calunnie). Essi volevano dividere la comunità e per fare ciò scrissero anche false lettere a nome di Paolo… provocando malintesi e grande scompiglio.


Paolo era consapevole di tutto ciò!

Tutto questo indebolisce fisicamente Paolo, ma però lo rafforza sempre più nel suo “uomo interiore e nel suo rapporto intimo con Dio”.

Perciò mi compiaccio nelle mie infermità,negli oltraggi, nelle necessità,nelle persecuzioni,

nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte.”

(2 Cor 12, 10)


Paolo sa benissimo che “per mezzo del Battesimo siamo stati sepolti con Cristo nella morte”… lo ha sperimentato nel suo “andare per le strade del mondo seguendo le orme di Gesù”… sa che la via è quella della Croce perché solo da lì la Buona Notizia può raggiungere ogni uomo e donna e sa che “il discepolo non è da meno del Maestro”.

Non si scoraggia dunque e “gioca” la sua vita in modo completo perché nel suo cuore vi è un solo desiderio, che “ogni uomo e donna possano incontrare Cristo sulla via di Damasco e cadendo da cavallo riporre tutta lo loro fiducia in Lui.”

 

E TU?

HAI INCONTRATO CRISTO SULLA TUA VIA DI DAMASCO?

TI SEI LASCIATO “BUTTARE GIU’ DA CAVALLO O TIENI

BEN SALDO LE REDINI DELLA TUA VITA?


 

Il più felice dei miei giorni sarà quello in cui potrò

dare la vita per voi!”


Comboni è innamorato dell’Africa! Egli stesso dice che:

L’Africa e i poveri neri si sono impadroniti del mio cuore…” L’Africa è la sua Vita!

Egli si avvicina all’Africa con il cuore di Dio, quel cuore che ha tanto amato ogni uomo e donna! E’ con questo cuore di Dio innamorato degli uomini che Comboni vuole incontrare il cuore degli africani. Ma non lo vuole fare da solo. Smuove la Chiesa in tutta Europa…

Comboni desidera coinvolgere in questo incontro con l’Africa tanti altri! In Europa, infatti, cerca giovani disposti a condividere con lui questa avventura. A loro chiede di essere Santi vicini a Dio, e Capaci vicini agli uomini.

In quel tempo, e anche oggi, Missione significa “coraggio di aprire vie nuove mai percorse”. Ma il nuovo non sempre è accettato perché è scomodo, disturba e fa paura… toglie ogni sicurezza! Conseguenza per colui che vive nella novità di Dio è la Croce che è segno di Amore Fedele alla missione e ai poveri.

Comboni all’inizio si scontra con molti, con i tanti che vedono l’Africa con i soli occhi degli interessi… con quelli che sono convinti che i neri non hanno un’anima e quindi “possono continuare ad essere schiavi e a vivere nella miseria”… ma non si arrende!

  • Ascolta l’Africano, si lascia prendere il cuore aprendolo completamente agli altri e insieme a Dio “inventa” un nuovo modo di missione, “un nuovo piano per l’Evangelizzazione”: Salvare l’Africa con l’Africa cioè fare si che l’Africano sia protagonista della sua stessa Evangelizzazione. Una novità questa un po’ troppo ardita…che scombussola e sconvolge il pensiero - mentalità del suo tempo. La sia idea non è capita, non è accettata e gli viene detto che è un “pazzo”. Comboni sente che questa idea non è sua, ma viene da Dio (fuga?): E’ convinto che la sua missione è voluta da Dio…scrive: “Se il Papa e tutti i vescovi del mondo mi fossero contrari, abbasserei la testa per un anno e poi presenterei un nuovo piano. Io morrò con l’Africa sulle labbra e nel cuore, anche se un nugolo di croci dovesse rovesciarsi su di me”.

  • Comboni si ritrova solo a portare avanti questa opera e si deve arrangiare! Inoltre vi sono critiche fortissime nei suoi confronti provocate da alcuni suoi ex compagni di missione che forse per gelosia lo accusano (calunnie). Comboni accoglie ciò e scrive: “Non si notò che l’Africa è la missione più difficile del mondo e che fra i sapienti d’Europa e di Verona non si trovò chi assumesse di venire a morire in Africa. Certi preti veronesi di vista corta e di cuore stretto, che non sono capaci di nulla. Sanno solo criticare gli altri…. certi cardinali di Propaganda che non hanno veduto che i saloni dorati di Parigi e di Lisbona, che non hanno mai sofferto e patito nulla…”

Non ha peli sulla lingua Comboni! Questo perché è innamorato dell’Africa e non vuole arrendersi con il pericolo dell’abbandono da parte di Propaganda Fide della missione dell’Africa centrale.

  • Ma ciò che lo fa soffrire e lo porta a dare la vita in un lento martirio quotidiano è anche la morte dei suoi missionari: una Croce che sigilla tutte le altre Croci (calunnie, accuse, abbandono….). Due settimane prima di morire egli scrive: “Stamani, dopo celebrare le funebri funzioni per questa fortunata suora vicentina, suor Maria Colpo, ho ordinato di lasciare intatto il catafalco perché m’aspetto altri segni d’amore dalle mani amorose di Gesù che ha mostrato più talento nel fabbricare la Croce di quello che nel fabbricare i cieli…Ma caro Gesù, noi non abbiamo testa: se potessimo vedere il perché Dio opera così, dovremmo lodarlo e benedirlo…”.

La sua avventura in Africa sembra terminare come è iniziata: con la morte di tutti i suoi compagni! E lui lo sapeva che l’Africa richiedeva questo caro prezzo, scriveva infatti al papà: “Sono venuto missionario per consumare la vita per il bene delle anime!”


CONSUMARE LASCIARSI ADOPERARE FINO IN FONDO!

DARE TUTTO… PROPRIO TUTTO!

COME UNA CANDELA, SCIOGLIERSI COMPLETAMENTE…

COME IL GHIACCIOLO CHE SI SGIOGLIE PER IL BENE DELL’ALTRO

 

Comboni diceva ai suoi primi missionari e a noi oggi:

Il vero apostolo non ha paura nemmeno della morte!”

Il Missionario deve essere “carne da macello”… “pietra nascosta…”

 

Cioè coraggioso per affrontare tutto ciò che incontra, disposto al martirio e insieme essere consapevole che è Dio che porta avanti l’opera di Rigenerazione dell’Africa… è Dio che fa! Perciò al missionario il compito di agire con discrezione, di credere e di sperare… di parlare alla gente con il linguaggio del cuore dando fiducia, convinto che il futuro dei popoli sarà felice solo se i poveri e abbandonati della terra diventeranno protagonisti della loro storia di liberazione.

La storia della missione è sempre la storia di persone innamorate, appassionate che per amore donano la loro vita, sapendo che possono andare incontro al rischio, alla violenza, al conflitto, alla persecuzione, alla morte stessa!

Ma non si fermano, giocano la loro vita fino in fondo!


E TU?

DI CHE COSA SEI INNAMORATO, APPASSIONATO?

SEI DISPOSTO A GIOCARTI LA TUA VITA FINO IN FONDO?

SEI DISPOSTO A CONSUMARTI – SCIOGLIERTI COMPLETAMENTE?

 

Non hanno avuto para di giocare la loro vita fino in fondo:

 

DOTTOR MATTHEW LUKWYA:

Ai suoi infermieri, durante l’epidemia di Ebola:

Non potete immaginare quanto mi siete cari. Il vostro viso è impresso dentro di me. Siete quanto di più prezioso ho in questo momento. Senza di voi non avrei potuto far nulla, per questo la vostra vita ha un valore inestimabile per me e per gli altri che aspettano il nostro servizio. Noi, con il nostro sacrificio, abbiamo salvato molte vite umane…

Non potete immaginare la mia sofferenza quando uno di voi si ammala o muore.

Possiamo esser stanchi, avviliti per la morte di persone care, possiamo avere paura in quanto persone umane e possiamo considerare , in ogni momento, la possibilità di andarcene. Abbiamo la libertà di scegliere, nessuno ci può trattenere contro la nostra volontà. Allora riposerebbe il nostro corpo, ma non il nostro spirito. Sapremmo che potevamo offrire un aiuto a chi era disperato e non l’abbiamo fatto.

Se io lasciassi in questo momento, non potrei più esercitare la professione medica nella mia vita. Non avrebbe più senso per me!

Alla morte di Ebola di un infermiera:

Da quando è iniziata l’epidemia sto facendo una riflessione che dà una svolta alla mia vita. Riguarda la comprensione della professione medica. Forse, quando la scegliamo, lo facciamo per prestigio personale, perché siamo intelligenti o vogliamo salvare vite umane. Oggi capisco che è una vocazione, una chiamata da Dio e che il servizio alla vita è inscindibile dalla disponibilità a donare la propria vita. Sono consapevole del rischio attuale nell’esercizio della professione medica, ma ho fatto la mia scelta e non mi tiro indietro. La mia vita è cambiata, non sarà mai più come prima.

A illuminare questa decisione c’è anche l’esempio del nostro personale morto di Ebola. Sono tutte persone giovani… mai una parola di rimpianto, di risentimento o pentimento per aver scelto una professione così rischiosa. Hanno accettato con serenità la tragica realtà. Daniel, in punto di morte, ha ringraziato per tutto quello che aveva ricevuto durante la sua permanenza alla scuola infermieri e aveva aggiunto: “Io sto per morire, ma voi continuate con coraggio, è troppo importante il nostro lavoro”. Sono tutti martiri della carità. Siamo davanti al martirio e alla santità!”

 

In un momento di crisi e paura degli infermieri:

Io sono deciso ad andare in reparto, a pulire anche i pavimenti e poi fare il giro, ma non lascerò mai!”

 

Quando scopre di essere ammalato di Ebola, pensa a colui che aveva fondato l’ospedale e che aveva riposto in lui tutte le sue speranze perché vi fosse una continuità:

Vi raccomando, state vicini al dottor Corti. Ne ha molto bisogno in questo momento!”

E poi canta un canto che racchiude il suo programma di vita, scelto da bambino, alla morte del padre:

Voglio essere come Gesù,umile; non ha mai fatto niente di male, non ha mai offeso nessuno.

Voglio essere come Gesù, che si alzava presto al mattino,

per salire solo sul monte ed essere con il Padre.

Voglio essere come Gesù che ha compiuto solo del bene,

e ha perdonato quanti gli hanno fatto del male.

Voglio essere come Gesù che ha detto a tutti gli uomini:

Venite figli miei al mio cuore”.

Io oggi vengo a Te.

Non sono ancora come Te, Gesù, c’è ancora del male in me.

Oh Gesù, dammi la grazia perché io possa essere come TE.”

 

Sono pronto a tutto, ma sarò l’ultimo a morire di Ebola”

(e ha mantenuto la promessa!)



ANNALENA TONELLI, MISSIONARIA LAICA:

uccisa a Barama in Somalia da due sconosciuti domenica 5 ottobre, dove oltre trent’anni fa iniziò la propria attività e dove ha lavorato a lungo a favore delle popolazioni nomadi del Kenya e della Somalia. Aveva scelto di dedicare la propria vita “ai brandelli di umanità ferita, ai più maltrattati, disprezzati…

Ho lasciato l’Italia nel gennaio del 1969. Da allora vivo al servizio dei somali. Volevo seguire Gesù e scelsi di essere per i poveri. Per Lui feci una scelta di povertà radicale, anche se povera come un vero povero io non potrò mai esserlo. Vivo il mio servizio senza un nome, senza la sicurezza di un ordine religioso, senza appartenere a nessuna organizzazione, senza uno stipendio, senza versamento di contributi per quando sarò vecchia. Ma ho amici che aiutano me e la mia gente, soprattutto quelli del Comitato contro la fame nel mondo di Forlì. Partii decisa a «gridare il Vangelo con la mia vita» sulla scia di Charles de Foucauld, che aveva infiammato la mia esistenza. Trentatré anni dopo, grido il Vangelo con la mia sola vita e brucio dal desiderio di continuare a farlo sino alla fine. Questa la mia motivazione di fondo, insieme a una passione da sempre invincibile per l’uomo ferito e diminuito senza averlo meritato, al di là della razza, della cultura e della fede…

 

La mia vita ha conosciuto tanti e poi tanti pericoli, ho rischiato la morte tante e poi tante volte. Sono stata per anni nel mezzo della guerra. Ho sperimentato nella carne dei miei, di quelli che amavo, e dunque nella mia carne, la cattiveria dell’uomo, la sua perversità, la sua crudeltà, la sua iniquità. E ne sono uscita con la convinzione incrollabile che ciò che conta è solo amare. Ed è allora che la nostra vita diventa degna di essere vissuta. Io impazzisco, perdo la testa per i brandelli di umanità ferita; più sono feriti, più sono maltrattati, disprezzati, senza voce, di nessun conto agli occhi del mondo, più io li amo. E questo amore è tenerezza, comprensione, tolleranza, assenza di paura, audacia. Questo non è un merito. È un’esigenza della mia natura. Ma è certo che io in loro vedo Lui, l’agnello di Dio che patisce nella sua carne i peccati del mondo. Ma il dono più straordinario, il dono per cui ringrazierò Dio e loro per sempre, è il dono dei miei nomadi del deserto. Musulmani, loro mi hanno insegnato la fede, l’abbandono incondizionato, la resa a Dio, una resa che non ha nulla di fatalistico, una resa rocciosa e arroccata in Dio, una resa che è fiducia e amore. I miei nomadi del deserto mi hanno insegnato a tutto fare, tutto incominciare, tutto operare nel nome di Dio”

 

PAOLO, CAMBONI, MATTHEW, ANNALENA E TANTI ALTRI HANNO DATO

LA LORO RISPOSTA D’ AMORE….. E TU DOVE SEI?

CHE COSA TI DICONO CON LA LORO VITA?

DA CHE PARTE VUOI STARE… DI QUELLI CHE SI GIOCANO TOTALMENTE O…?

 

 

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