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CONDIVISIONE TOTALE

Catechesi GIM 1 Padova, Novembre 2007

 


Che cosa suscita in te un titolo di questo tipo?

Proviamo a fare una pioggia di idee:
(io ne ho ricevute alcune da alcuni vostri amici)
condividere tutta la mia vita per i più poveri
“condividere” il mio tempo, le mie energie, i miei doni: es. il volontariato, il GIM, le amicizie
è un titolo un po’ astratto: mi spinge a pensare al classico “vogliamoci bene”
se tutti abbiamo il coraggio di condividere, gli obiettivi del millennio non sarebbero né utopia né follia, ma …
condividere per me è qualcosa di rischioso, perché devo mettere in gioco qualcosa di mio, ci perdo.
forse condividere è già più difficile… un primo passo più fattibile potrebbe essere “accogliere”
“totale” mi suona tanto da parolona!
Nella realtà attuale, conosciamo esperienze, personali o comunitarie, che ci riportano al tema della “condivisione totale”? Diamo il nome almeno a tre persone che secondo noi ci CREDONO, perché lo stanno vivendo nella loro vita quotidiana.
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QUAL ERA LO STILE DELLE PRIME COMUNITA’ CRISTIANE?
Leggi: At. 2,42-47; 4,32-35

 42 "Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. 43 Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. 44 Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; 45 chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. 46 Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, 47 lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo.

32 La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune. 33 Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti essi godevano di grande simpatia. 34 Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l'importo di ciò che era stato venduto 35 e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno."

 

INQUADRIAMO IL CONTESTO STORICO


Luca descrive la vita comunitaria dei primi cristiani presentandola come modello per le comunità degli anni 80, descrivendo idealmente la comunità di Gerusalemme, cerca di mostrare come dovrebbero essere le comunità cristiane.
Luca presenta un elevatissimo modello di comunità. Lui dice che tutti quelli che si riuniscono nelle comunità perseverano negli insegnamenti degli apostoli, nella frazione dei pani, nella comunione di vita e di preghiera (At 4,42). La folla dei fedeli si presenta così con una unione perfetta, “un solo cuore e una sola anima”, dove nessuno si appropria di niente e tutti vivono in perfetta armonia (At 4,32). E davanti a questa testimonianza di vita, un gran numero di persone si unisce alla comunità quasi tutti i giorni (At 2,41; 5,14). È come se la comunità fosse l’opposto del peccato originale. Essa è la Comunità originale!

Ma era proprio tutto così rose e fiori??? Proviamo a vedere un altro testo di Luca, che ci fa vedere cosa stava succedendo alla comunità di Luca/Atti. LEGGI: Lc 21,5-19.

Se leggiamo bene tra le righe, la situazione della comunità è complicata: il Tempio è distrutto (non resterà pietra su pietra, anno 70 d.C.), la situazione storica è particolarmente violenta, nella comunità c’è chi tira dove vuole, pretendendo di sapere e manipolare il progetto di Dio (“sono io!”), la violenza si scaglia contro i cristiani ad opera sia dell’impero romano come dei fondamentalisti farisei ebrei, il Vangelo è una parola molto esigente che crea spaccature nelle stesse famiglie di sangue, e il nome di Gesù di Nazareth è motivo di odio.
Luca allora ci sta imbrogliando? Vuole presentare una bella utopia che non ha niente a che vedere con la realtà? Perché ci propone poi un modello di così difficile realizzazione?.
Forse a causa del cammino fatto fino ad allora. Tra gli anni 80 e 90 sta sorgendo una terza generazione di cristiani. Persone che arrivano in comunità in un momento di stanchezza: l’ardore iniziale si sta indebolendo. L’esperienza ha loro insegnato che se una comunità, vivendo isolata dalle altre, si confronta con un modello molto elevato si scoraggia. Ma quando, insieme alle altre, partecipa dello stesso cammino e condivide le stesse esperienze di vita, essa si anima nel vedere che altre comunità, nonostante i loro limiti e difficoltà, non si scoraggiano. Così, anche se l’ideale è molto elevato, trova più coraggio e forza per perseverare nel cammino. È come se il modello presentato da Luca funzionasse da sveglia: risveglia le persone per una nuova tappa nel cammino, mostrando che nella loro vita ci sono già segnali e sementi dall’ideale proposto. L’ideale comunitario presentato da Luca è valido per qualsiasi comunità, anche nei più lontani luoghi dell’impero, e vale anche per noi oggi.
Ci può aiutare un parallelismo con la storia raccontata nel libro della Genesi: tutti noi conosciamo la storia di Adamo ed Eva, ma nessuno di noi si metterebbe a sostenere seriamente che questo racconto sapienziale straordinario sia la descrizione di quanto avvenne tanti anni fa!!!! La Genesi non descrive come Dio creò il mondo tanti millenni addietro, ma come Dio lo sogna oggi, e ci da il suo Spirito perché lo possiamo realizzare, ci da la possibilità di essere “nuove creature”, “nuova umanità”, se recuperiamo il nostro posto nella creazione, nel rispetto del creato, dell’altro/a, se la smettiamo di volerci sostituire a Dio, per poi scaricargli le colpe dei nostri egoismi.
Lo stesso la prima comunità cristiana descritta da Luca: non è vero che una volta erano bravi e buoni ed ora invece non lo siamo più!!! Vivevano le nostre stesse tensioni, difficoltà, ipocrisie: non dobbiamo avere nostalgia di quei tempi. Però ci coinvolge e ci anima la stessa utopia, Sogno, lo stesso Spirito di allora, e una domanda di fondo che scuote la nostra spiritualità: “cosa vuole il Signore da me, da noi?”, “come posso realizzare il suo Sogno di Vita Piena per tutti?”.
Ecco allora descritta l’utopia delle prime comunità, che più e più volte si è fatta progetto di vita di migliaia di comunità, che rimane il progetto radicale del nostro essere oggi Chiesa, Popolo di Dio. OGGI TOCCA A NOI….

COME DEVE ESSERE UNA COMUNITÀ PERCHÉ SIA SEGNO DI VITA NUOVA?


Il nuovo testamento offre varie modelli. L’album della famiglia di Dio ha molte fotografie …. Il vangelo di Matteo presenta una proposta nel discorso della comunità (Mt 18,1-35) e un’altra nel discorso della Montagna (Mt 5-8). Marco descrive un progetto di comunità con una serie di episodi che rivelano l’obiettivo della Buona Novella  nella vita del popolo (Mc 1,16-45). Luca, da parte sua, propone un modello descrivendo la vita dei primi cristiani.
È un modello sostenuto da 4 colonne: “Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” (At 2,42).
Esaminiamo attentamente il modello proposto da Luca.

PRIMA COLONNA: INSEGNAMENTO DEGLI APOSTOLI.
(Nuovo modo di amare Dio e la storia, con gli occhi di Gesù)
Indica il nuovo quadro di riferimento della vita comunitaria. Questo insegnamento è la nuova interpretazione della vita e della Bibbia trasmessa dagli apostoli vissuta nell’esperienza della resurrezione. Come Gesù, i cristiani hanno avuto il coraggio di rompere con l’insegnamento degli scribi; invece di seguire la dottrina dei dottori dell’epoca, seguono ora la dottrina di dodici pescatori senza istruzione (At 4,13). Questa nuova leadership non veniva dalla tradizione o dalla razza, né dal potere o dalla forza, né da alcun studio o diploma, ma dai segni realizzati nella comunità (At 2,43; 4,33; 5,12.15-16) e dai comandi dati da Gesù risuscitato a Maddalena, ai dodici apostoli, ai 120 discepoli, alle donne, alla moltitudine sul Monte degli Ulivi (Mt 28,18-20; Mc 16,15; Lc 24,44-49; Gv 20,23; 21,17).
Nell’esercizio di questa autorità però, i responsabili erano messi in discussione dalla comunità (Gal 2,11-14; At 11,3) e dovevano rendere conto (At 11,4-18).

SECONDA COLONNA: COMUNIONE E UNIONE FRATERNA
(condividere è giocarsi la vita, non fare carità “pelosa”)
Indica il nuovo ideale della vita comunitaria. La comunione o unione fraterna (Koinonia) nasce dal Padre (1Gv 1,3), dal Figlio (1Cor 1,9) e dallo Spirito Santo (2Cor 13,13; Fil 2,1) e si traduce in comunione fraterna con condivisione dei beni. I primi cristiani mettevano tutto in comune, al punto da non aver più bisognosi tra loro (At 2,44-45; 4,32.34-35). Così adempivano la legge di Dio che diceva: “Non vi sarà nessun bisognoso in mezzo a voi” (Dt 15,4). L’unione fraterna doveva suscitare un atteggiamento di comunione per nessuno si considerava padrone di quel che possedeva, ma aveva la disponibilità piena a condividere i suoi beni con gli altri (Rm15,26; 2Cor 9,13; Fm 6 e 17).
L’ideale della comunione era giungere a una condivisione non solo dei beni, ma anche dei sentimenti e dell’esperienza di vita, al punto che tutti divenissero un solo cuore e un’anima sola (At 4,32; 1,14; 2,46); arrivare a una convivenza senza segreti (Gv 15,15) che superasse tutte le barriere della religione, classe, sesso e razza (cfr. Gal 3,28; Col 3,11; 1Cor 12,13).

Questa comunione è sacra, non può essere profanata. Chi abusa di essa a proprio beneficio muore. È la lezione dell’episodio di Anania e Saffira (At 5,1-11).
L’utopia che Luca propone non è una comunità che fa qualche offerta o qualche raccolta per chi è nel bisogno, anche se talvolta situazioni di emergenza portano a fare questo; la comunione, che qui è collocata come meta da raggiungere, si fonda su altri valori, su un’altra logica; essa rompe la catena del denaro come bene assoluto, rompe la logica del guadagno senza limiti, rompe la piramide del possedere che genera un profondo abisso fra ricchi e poveri. L’utopia proposta è una società ove tutte e tutti abbiano il necessario per vivere con dignità.

TERZA COLONNA: LA FRAZIONE DEL PANE
(nuovo modo di celebrare la FEDE:
la quotidianità della mensa diventa Presenza di Dio, in Gesù Risorto)
Indica la nuova fonte della vita comunitaria. L’espressione viene dal convivio ebraico, nel quale il padre spezzava il pane con i figli e con coloro che non possedevano nulla. La frazione del pane ricorda i tanti momenti in cui Gesù spezza il pane con i discepoli e tra i poveri (Gv 6,11). Ricorda il gesto di condivisione che ha aperto gli occhi dei discepoli facendo loro cogliere la presenza viva di Gesù nella comunità (Lc 24,30-35).
Significa, soprattutto, il gesto supremo di “amore sino alla fine” (Gv 13,1), l’eucaristia, “la comunione con il sangue e il corpo di Cristo” (1Cor 10,16), la Pasqua del Signore (1Cor 11,23-27), la memoria della sua morte e risurrezione (1Cor 11,26) che garantisce la vita a coloro che donano la vita per gli altri. La frazione del pane è fatta nelle case e non nella maestà del tempio (At 2,46; 20,7); è il luogo della liturgia “in Spirito e Verità” (Gv 4,23). Molte volte, tuttavia, la realtà resta al di sotto dell’ideale, tanto che Paolo critica gli abusi che si verificano nella comunità di Corinto (1Cor 11,18-22.29-34).

QUARTA COLONNA: PREGHIERE
(La Bibbia è per la comunità luce e fonte di forza)
Indica il nuovo ambiente della vita comunitaria. Gli apostoli avevano il duplice compito di dedicarsi “assiduamente alla Preghiera e al ministero della Parola” (At 6,4). Con la preghiera, i cristiani rimanevano uniti tra di loro e con Dio (At 5,12b) e si facevano forza nell’ora delle persecuzioni (At 4,23-31). La Parola, la Bibbia era la grammatica per poter scrivere e intendere quanto Dio stava dicendo nei fatti della vita, la luce che li illuminava nel Cammino.
Nonostante seguissero una dottrina differente da quella tradizionale, non rompevano i costumi della pietà popolare, ma continuavano a frequentare il Tempio  (At 2,46). Era là che il popolo esprimeva e viveva la sua fede, e andava a pregare. Essi erano riconosciuti come il gruppo che si riuniva nel portico di Salomone (At 5,12) e godevano di grande simpatia tra il popolo (At 2,47).
Quando erano perseguitati pregavano e rileggevano l’Antico Testamento (At 4,27-31). Facevano come Gesù che con la preghiera affrontava la tentazione (Mc 14,32). In questo modo provocavano una nuova Pentecoste (At 4,31). La bibbia non era solo luce, ma anche fonte di forza.


Non facevano davvero GRANDI cose queste comunità: non hanno iniziato rivoluzioni, non hanno cercato di apparire a tutti i costi significativi, non sono apparsi in nessun rotocalco. Hanno mantenuto con caparbietà, semplicità, fiducia il loro progetto (seguire Gesù fino in fondo), nella quotidianità.

ATTENZIONE!!!!!
La comunità degli Atti degli apostoli è una comunità MISSIONARIA! L’esperienza del Risorto, la sfida della condivisione, la bellezza della frazione del pane celebrata comunitariamente, la preghiera assidua e coinvolta ….. sono caratteristiche di una comunità missionaria!!!!
La comunità che vive tutte queste cose e si chiude, perché ha trovato finalmente la STABILITA’, è la comunità destinata a MORIRE.
Ricordiamocelo, perché abbiamo tutti il rischio di “accontentarci” di quello che abbiamo per COMODITA’. Vivere con gioia questo rischio è mantenere la profezia per l’oggi e la freschezza e semplicità per il domani.
Il nostro Dio è un Dio scomodo, nomade, itinerante … “Ha posto la sua roulotte in mezzo a noi”. E’ questo il nostro modo di essere cristiani.

 

PER LA RIFLESSIONE:

  • Quale esperienza hai di COMUNITA’? Hai una comunità di riferimento?
  • Come tu oggi puoi vivere la Condivisione totale che il Risorto ci propone? Che passi hai già fatto?
  • Quali dei pilastri della prima comunità senti più “traballanti”?
  • Non c’era tra loro alcun “bisognoso”: di cosa senti di aver maggior BISOGNO oggi?

 

 

Ma voi non abbiate paura, non preoccupatevi! Se voi lo volete, se avete un briciolo di speranza e una grande passione per gli anni che avete… cambierete il mondo e non lo lascerete cambiare agli altri.
Vivete la vita che state vivendo con una forte passione. Non recintatevi dentro di voi circoscrivendo la vostra vita in piccoli ambiti egoistici, invidiosi, incapaci di aprirsi agli altri. Appassionatevi alla vita perché è dolcissima.
Mordete la vita!
Non accantonate i vostri giorni, le vostre ore, le vostre tristezze con quegli affidi malinconici ai diari.
Non coltivate pensieri di afflizioni, di chiusura, di precauzioni.
Non chiudetevi in voi stessi, ma sprizzate gioia da tutti i pori.
Bruciate… perché quando sarete grandi potrete scaldarvi ai carboni divampati nella vostra giovinezza.
Incendiate… non immalinconitevi. Perché se voi non avete fiducia gli adulti che vi vedono saranno più infelici di voi.
Coltivate gli interessi della pace, della giustizia, della solidarietà, della salvaguardia dell’ambiente.
Il mondo ha bisogno di voi per cambiare, per ribaltare la logica corrente che è logica di violenza, di guerra, di dominio, di sopraffazione.
Il mondo ha bisogno di giovani critici
”. (don Tonino)


Ma quali soluzioni sono possibili? Il peccato più grave della nostra società è il lasciarsi andare ad un senso di impotenza che sembra aver contagiato tutti. Smettiamola di dire che non possiamo far nulla per cambiare le cose. Ognuno di noi è irripetibile ed unico, non c’è nessun volto uguale ad un altro, e proprio per questa unicità e singolarità siamo tenuti tutti ad assumerci le nostre responsabilità nei confronti della Storia.
Scuotiamoci dal torpore. La politica e l’economia imperanti vi mantengono appositamente sazi e soddisfatti, perché non vediate il volto dei sofferenti, e non ascoltiate il grido degli emarginati. Riacquistate speranza. Guardate ai poveri: se c’è una cosa che vi danno, è proprio la speranza…. Se ascolterete il grido delle vittime, la sofferenza dell’intero mondo, vi sentirete travolgere dall’indignazione, dalla passione per il cambiamento. E qualora il dolore del mondo non vi toccasse, guardate almeno il vostro interesse: stiamo morendo tutti, e stiamo uccidendo il nostro futuro
”. (Alex Zanotelli)

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