Storie di Pace

5 storie in VHS: la pace dei semplici!

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Giubileo 2000 Carovana della Pace 2003 
 

STORIE DI PACE

perché tutti possiamo fare pace    

Una Carovana della Pace, che ha toccato 10 città d’Italia in 11 giorni, incontrando 18.000 persone, tantissimi giovani, in ascolto della società civile. 20 persone tra giovani, collaboratori e testimoni,  a raccogliere in un’unica mappa le strade di Pace aperte nelle varie città d’Italia, sulla memoria dei nostri profeti di pace e di impegno. 

Da Verona a Trento, Mestre, Milano, Genova, Firenze, Terracina, Molfetta, Pesaro, e infine Bologna dove si è tenuta la giornata conclusiva: i testimoni sempre presenti erano p. Alex Zanotelli (missionario comboniano tornato dal Kenya), Valdênia (avvocatessa brasiliana del Centro di Difesa dei Diritti dei Bambini e Adolescenti), Magouws (impegnata nella Commissione Giustizia e Pace del Sudafrica). Nelle varie tappe si sono successivamente uniti don Luigi Ciotti (sacerdote presidente di Libera e fondatore del Gruppo Abele) fr. Arturo Paoli (Piccolo Fratello di Charles de Foucauld) mons. Rodolfo Cetoloni (vescovo Francescano di Montepulciano) mons. Giancarlo Bregantini (Stimmatino vescovo di Locri-Gerace). 

 

Dall’eredità della carovana si riparte oggi, con nuovo entusiasmo e rinnovata consapevolezza, per dimostrare che la pace è possibile: che ognuno, “famoso” o sconosciuto, grande o piccolo, non può ritenersi escluso dall’impegno vitale per la pace. E’ venuto il tempo dell’azione, di muoversi, di impegnarsi, seguendo l’esortazione di don Tonino Bello: “in piedi costruttori di pace”!

 

Il video Storie di pace racconta esperienze di vita dai quattro angoli del pianeta. Sono le storie semplici e quotidiane di chi dedica la propria esistenza alla costruzione della pace. E sotto climi diversi e latitudini lontane, la parola pace assume, di volta in volta, un significato particolare, unico, perché al di sopra di tutto vinca la vita!

 

 ITALIA

Pace è ACCOGLIENZA

 

In Italia non cadono bombe, non si spara, non ci sono cecchini sui tetti, né mine sui sentieri. Eppure la guerra non è solo missili e bombe intelligenti, la guerra è anche egoismo, chiudersi indifferenti nel proprio mondo, rifiutarsi di conoscere, di capire, di informarsi. Genera conflitto chi si ritiene superiore, chi pensa alla propria cultura come l’unica giusta, chi sbatte la porta in faccia a chi non è uguale a lui.  Paola è cristiana ed è nata a Verona, Mustafà è marocchino e naturalmente mussulmano. Diversi in tutto: colore, religione, cultura, tradizioni. Eppure hanno due figlie, Sara e Amina, e le crescono insieme, trovandosi d’accordo sui valori di fondo, sulla libertà, il rispetto, la dignità, l’impegno. La pace non la si fa solo nelle trattative dei capi di stato o nei programmi delle associazioni internazionali, la pace di Paola e Mustafà è capirsi, incontrarsi, discutere e mettersi d’accordo. La pace è  volersi bene.  E  per Mario, uomo qualunque, la pace è aprire la porta di casa lasciando fuori i pregiudizi, è la normalità di una vita passata a prendersi il tempo per gli altri, senza bisogno di comitati o proclami, con semplicità. Pace per Mario è la fedeltà agli affetti, la condivisione di quel che si ha, l’accontentarsi di poco pensando che c’è chi non ha nemmeno quello.

Mario non è un eroe da copertina, la pace di Mario è nel quotidiano, come quella di molte persone che s’impegnano tutti i giorni e passano inosservate. Eppure sono tanti i Mario, basta sforzarsi di riconoscerli. 

 

ITALIA

Pace è IMPEGNO

 

Di fronte all’effervescenza fisica delle manifestazioni per la pace, dei cortei, delle sfilate, sembra che chi è disabile sia escluso, inutile. In realtà nessuno può considerarsi escluso nella costruzione attiva della pace. Ci sono i momenti dei grandi entusiasmi, dello sventolio delle bandiere e del trionfo degli slogan, ma c’è anche il momento della prosa e dell’impegno quotidiano, faticoso e a volte poco gratificante. Enzo è paralizzato da trent’anni. Ed è anche consigliere comunale nel comune di Besenello (Trento). Il suo modo di fare pace è aggiornarsi, studiare, scrivere e discutere,  fare politica, che per lui significa adoperarsi per il  bene comune. Enzo, come molti in Italia, la guerra non l’ha mai conosciuta dal vivo. Però le conseguenze della guerra, che sono mutilazioni e ferite, le sperimenta tutti i giorni sulla sua pelle. Allora per lui, che la sofferenza la vive, diventa logico e naturale impegnarsi affinché altri non vengano feriti inutilmente. 

“Ho dei limiti” dice “ma sono una persona che ragiona e credo che per fare la pace prima che con il corpo bisogna essere presenti con il cervello”.

  

BRASILE

Pace è GIUSTIZIA SOCIALE

 

“Non c’è pace senza giustizia” ha detto don Ciotti alla tappa di Trento della carovana. Valdênia, avvocato ‘di strada’ a São Paulo in Brasile, risponde concretamente: non c’è pace se la gente della favela Santa Madalena non  ha diritto ad un piatto di riso e fagioli al giorno. Non c’è pace finchè ci sono persone che vivono nelle favelas, senza servizi, né fogne, né scuole, né ospedali. Valdênia difende chi nel  sistema non conta: prostitute, bambini abbandonati, ragazzi nei guai con la polizia. Grazie al suo contributo è nato il CEDECA,  progetto culturale in cui un obiettivo è tenere i ragazzi lontano dalla strada, canalizzando la loro energia in danza, canto, musica, pittura. In Brasile sono milioni i bambini e gli adolescenti che vivono in situazione di povertà. Una famiglia su cinque, con figli minorenni, ha un reddito pro capite inferiore al salario minimo (115 dollari) e di queste il 40% vive in abitazioni senza allacciamento fognario e senza acqua potabile. In una tale situazione sono i bambini e gli adolescenti a pagare il prezzo più alto: nel 1990 a San Paolo venivano assassinati 805 minori. Alcuni di loro cadevano vittime di "giustizieri" assoldati per sopperire alle carenze della Polizia locale.  La pace che Valdênia insegue e insegna è quella di una legge uguale per tutti, di diritti uguali per tutti e di una giustizia che ridoni dignità.

 

THAILANDIA

Pace è RISCATTO  

La Thailandia, sulla carta, era una delle più aggressive “tigri asiatiche”, per la sua vivacità economica, per la spregiudicatezza nella conquista dei mercati mondiali e per lo sviluppo delle tecnologie informatiche. Sono sorte nuove forme di povertà ed il divario tra poveri e ricchi è aumentato considerevolmente. La migrazione verso le città ha portato la distruzione delle tradizioni del villaggio e delle strutture familiari. Il 60% della popolazione oggi  vive di agricoltura, soprattutto nelle campagne, e un terzo di essa vive sotto la soglia di povertà. Il 13% dei bambini sotto i 5 anni è denutrito. In tale contesto in Thailandia si è sviluppato il fenomeno del turismo sessuale per il quale il paese è tristemente famoso: Bangkok è la capitale anche di questo squallido commercio. Si calcola che in Thailandia ci siano dai 200 ai 250 mila bambini prostituiti, 3 milioni di prostitute di cui 800 mila minori di  16 anni. Con l’aumentata richiesta di prostituzione di bambini, il traffico è diventato un affare lucroso ed i bambini sono portati a Bangkok dai paesi limitrofi, in particolare dalla Birmania, dal Laos, dalla Cambogia e perfino dalla Cina meridionale. Inoltre, sempre più frequentemente, le famiglie del Nord e del Nord-Est della Thailandia vendono le loro figlie ai trafficanti che promettono di trovare loro dei lavori ben pagati. E’ l’ignoranza e la disperazione che conduce i genitori a questo passo.

Legato al turismo sessuale, l'Aids. Secondo l’OMS, alla fine del 1999 avevano contratto infezione da virus HIV 755.000 persone, tra le quali 305.000 donne e 13.900 bambini.

Lalai è stata una di queste bambine, violentate e costrette a prostituirsi. Quando fu sbattuta fuori dal giro, perché a 30 anni era troppo vecchia per attirare gli uomini come prima, incontrò un italiano che non era né un turista né un cliente. Era  padre Adriano, con il quale ha iniziato il suo riscatto e da prostituta è diventata la mamma di 60 bambini orfani della baraccopoli di Teuk Deng.

Nessuno è escluso dalla possibilità di fare pace. Per Lalai ha significato cambiare vita, per questi bambini significa scoprire una carezza e la possibilità di sentirsi amati.


ITALIA

Pace è LEGALITA’

L’Italia è il paese delle 4 mafie: Cosa nostra, Camorra, ‘Ndrangheta, Sacra Corona Unita. I comuni di Platì, Misafrico, Bovalino, San Luca, sono incastonati sui pendii dell’Aspromonte, fra  tesori della magna Grecia e le bellezze naturali  della Calabria. I cartelli stradali che ne indicano la direzione sono crivellati di colpi e i loro nomi riportano alla memoria fatti di cronaca nera. La ’ndrangheta è nata e si è sviluppata in queste zone nella seconda metà dell’800, trovando una regione dal tessuto economico fragile, priva di un significativo apparato industriale e con deboli ceti imprenditoriali, condizioni che le fanno scontare una forte disoccupazione, la mancanza di progettualità e il perpetuarsi di una cultura fatalista.  La regione vive una situazione di marginalità, dovuta a collegamenti lontani, che contribuiscono alla sensazione di scollamento, di spaccatura rispetto al contesto nazionale, quasi si fosse in una zona franca,  dove sono sospese le regole dello stato. La ’ndrangheta si è dedicata ad attività illegali di ogni genere: estorsioni, rapine, traffico di droga, omicidi, commercio di armi, fino ai sequestri di persona, un tempo impronta caratteristica delle cosche dalla Locride, (si ricordi il nome di  “triangolo degli incappucciati”). La mafia, però, in Calabria, non uccide solo quando spara; uccide  molto prima: quando fa pensare in senso vittimistico, quando porta alla mafiosità, intesa come stile di vita, abitudine, fatta di piccole violazioni, dal non fare la coda, al non pagare le tasse, dal chiedere la raccomandazione, al non rilasciare lo scontrino fiscale.

La Locride ora non è solamente una zona di faide e latitanti, di agguati e morti ammazzati, adesso è anche terra di frutti di bosco. 400 mila metri quadri di serre coltivati a lamponi, ribes, e mirtilli, hanno cambiato una faccia dell’Aspromonte. Sono le coltivazioni delle cooperative nate nel 1996, su idea del vescovo trentino Giancarlo Maria Brigantini. Dalle risorse della terra ripartono posti di lavoro, una progettualità nella logica cooperativistica. La mafia non è un destino: esistono altre strade verso una vita  dignitosa. E onesta.

  

KENYA

Pace è BUONA NOVELLA

 

Le sagome di una trentina di grattacieli tutti diversi, vasti quartieri di ville bianche circondate da giardini e una cintura residenziale di casette a schiera, strade ben asfaltate, negozi con invitanti vetrine.  Questa è Nairobi, una delle più ricche capitali dell'Africa Nera. Però circa due milioni di persone (il 55% degli abitanti) sopravvive in oltre 100 baraccopoli: gente stipata nell’1,5% della superficie totale, con la paura degli sfratti forzosi e delle demolizioni delle baracche, nemmeno di loro proprietà.

Korogocho è uno degli slums di Nairobi: qui vive il missionario comboniano p. Daniele Moschetti, in continuità con p. Alex Zanotelli. Korogocho è drammaticamente sovraffollato, insicuro, privo di infrastrutture urbane (elettricità, acqua potabile, sistema fognario). L’acqua si paga 10 volte più del normale; i servizi igienici sono inaccessibili al 95% della popolazione, con una latrina ogni 50 abitanti. Le immondizie si accumulano, favorendo il diffondersi di colera, tubercolosi e tifo. Le baracche e la gente sono ammassati: cinque o sei persone in quattro metri quadrati.

La criminalità è fortissima e la gente e' abituata a farsi giustizia da sola:  un ladro colto in flagrante è lapidato o bruciato. Da qui spesso nascono scontri etnici fra comunità diverse. La famiglia non dà protezione ai bambini, molti dei quali diventano street children, abbandonati in ‘bande’ alla vita di strada. La prostituzione coinvolge ragazzine a partire dai 9 anni e l’Aids è in fortissima espansione.

Le baraccopoli possono essere paragonate a una sorta di campo profughi permanente, invisibile. Dalle strade della capitale non si vedono, i media non ne parlano ed è rarissimo che la politica nazionale sia toccata dalle loro problematiche.

P. Daniele, nella piccola chiesa di St. John, quando celebra la messa, parla della preferenza di Dio per gli esclusi, i vinti, i disperati: un Dio che vivrebbe in baraccopoli. La parrocchia è divisa in piccole comunità particolari: quella dei lebbrosi, dei cercatori di rifiuti nella discarica, degli alcolizzati. La pace per questa gente è speranza, solidarietà, buona novella. Pace è l’impegno e lo sforzo a fare insieme, scoprendo la solidarietà.

 

Prezzo consigliato: 10 euro

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