INTRODUZIONE
Una
MAPPA
Per
la Carovana della Pace.
Abbiamo
accolto con entusiasmo l’invito dei
Missionari Comboniani ad ospitare anche nel nostro territorio la
Carovana della Pace, continuazione del Giubileo degli Oppressi che
ha dato voce ai poveri del sud e corpo alle idee alternative per
un’economia di giustizia e una politica di uguaglianza a partire
dal vangelo di Cristo.
Anche noi condividiamo la
stessa esperienza di fede
che ci obbliga a maturare la chiamata ad essere costruttori di
pace ogni giorno, facendo nostre le gioie e le speranze, i
desideri e le angosce di ogni donna e di ogni uomo. La Carovana
ricorderà infatti a tutti che “la pace è nelle nostre mani”
e questo nostro “è il tempo delle convergenze” (Susan Gorge).
Solo unendo le mani e la lotta
di tutti
quelli che, credenti e non credenti, sentono che un mondo diverso
è “non solo utopia” ma possibile e in costruzione, potremo
mettere in movimento progetti di solidarietà, percorsi e campagne
di giustizia locali e globali. Siamo ogni volta stupiti di quanto
ci stia unendo sempre più “L’utopia concreta della strada”
di cui parla don Ciotti, uno dei testimoni della Carovana.
La fede in Cristo, volto del
Dio solidale con gli ultimi e gli esclusi
dal banchetto dei beni della terra, non ci rende possessori della
verità ma appassionati ricercatori dei suoi frammenti nelle opere
e nei giorni di tutti gli esseri umani. Per questo, dal giorno in
cui ha cominciato a formarsi, la Carovana si sta ingrossando
sempre più…sempre nuovi convogli si uniscono nel viaggio che ci
spinge a condividere le ricchezze degli altri ben al di là del 7
settembre…Ai carri dei gruppi ecclesiali e delle esperienza di
economia e finanza etica si sono aggregati quelli del volontariato
e dell’impegno per la pace e la cooperazione internazionale, e
poi le realtà per la custodia dell’ambiente, la difesa dei
diritti umani e tanti singoli cittadini…Accade così che, strada
facendo, scopriamo sempre nuovi compagni di viaggio e la diversità
di ognuno diventa il nostro più prezioso tesoro da trasportare
con noi!
OGNI
CAROVANA ha bisogno di una MAPPA per conoscere bene dove stiamo
andando e provare a sciogliere i nodi più problematici. Una mappa
perché alle parole seguano subito i fatti e le scelte di vita, ai
propositi di bene i passi concreti da attuare nel nostro
territorio.
La
Mappa che hai mano NON E’ il documento della Carovana della Pace
e non rappresenta quindi un’improbabile unica lettura della
complessa realtà di questi CINQUE AMBITI DI VITA scelti.
E’
TALMENTE APERTA che il suo testo verrà costantemente modificato a
cura di uno o due referenti per ambito, in base ai suggerimenti
che anche tu sei invitato a dare attraverso gli indirizzi mail
indicati.
|
Non
possiamo tacere la scandalosa involuzione che ha fatto diventare
la guerra –fallimento della politica e inefficace aberrazione
dell’umanità- il normale strumento di governo mondiale in un’assurda
spirale di terrorismo e guerra che alimenta solo l’odio e la
vendetta.. Dopo il 1945 e le orribili stragi della prima e seconda
guerra mondiale, la comunità internazionale aveva messo fuori
legge la guerra a favore di un nuovo ordine mondiale, che avesse
come riferimento le Nazioni Unite e la promozione della pace. Ora
quell’ordine è finito. L’Onu è stato volutamente impoverito
di autorità e potere, mentre l’Occidente si è assunto il
compito di imporre un nuovo ordine di parte.Ma la coscienza di
operare per una società globale più giusta e più conviviale, ci
impegna a contrastare con ogni mezzo nonviolento questa visione
geopolitica del mondo. Ecco perché noi, ancora oggi, vogliamo gridare “Mai più”.
Mai più la guerra.Come donne e uomini di buona volontà,
credenti nel Vangelo della Pace chiediamo più coraggio e speranza
a tutte le Religioni per un forte impegno nella promozione della
pace. Occorre che credenti e non, insieme, alzino di più la loro
voce. Ad esempio, contro la produzione e la commercializzazione
delle armi, mentre il parlamento sta modificando la legge 185/90
rendendola più permissiva. Occorre battersi per l’abolizione
della tortura e della pena di morte, mentre cresce il disprezzo
per la vita. Occorre interrogarsi sul senso della presenza oggi
dei cappellani militari. dei vescovi generali, della “chiesa con
le stellette”. E’ dunque necessario continuare con più vigore
il cammino di conversione, partendo dai comportamenti di pace, in
grado di coinvolgere il singolo cittadino, i piccoli gruppi,
i movimenti della società civile.
ANCHE
NEL NOSTRO TERRITORIO
Cresce
una più alta cultura di pace che vede per esempio in questi
giorni molti singoli
cittadini, anche veneziani, impegnati
nell’interposizione non violenta al posto delle Nazioni
Unite, nelle strade insanguinate della Palestina e di
Israele. Molte sono anche le forme e gli interventi di
educazione alla pace nei gruppi di base, nelle associazioni,
nelle parrocchie. Luoghi di elaborazione e di testimonianza,
spesso sconosciuti e nascosti, dove si opera per superare l’istituto
della guerra, per promuovere iniziative di diplomazia
popolare, contro la pubblicità delle armi, per informare
una opinione pubblica troppo indifferente e sorda alle
ingiustizie che ricadono su due terzi dell’umanità, per
la cooperazione allo sviluppo, per una difesa popolare
nonviolenta, per forze non armate sotto l’egida dell’Onu,
per promuovere veglie di preghiera e far scendere in piazza
la gente.
E’
importante compiere passi nella direzione giusta: unire le forze,
senza timori o gelosie, sapendo che le diversità sono ricchezza
referente
: Sandro bergantin: sandro.bergantin@comune.venezia.it
|
PACE,
GIUSTIZIA E RAPPORTI
NORD-SUD
Questa
globalizzazione, che fa del mercato un idolo e un pensiero unico
sta condannando a morte interi continenti, moltiplicando le
ingiustizie in chiave planetaria, illudendosi di soffocare il
grido dei poveri e di fermare le masse dei diseredati ai confini
della nostra ricchezza.
Miliardi
di persone sopravvivono senza diritto di cittadinanza all’unico
obiettivo di massimizzare i profitti delle multinazionali, più
potenti dei governi, in un sistema di saccheggio e sfruttamento
mai esistito nella storia.
L’abisso
aumenta e non si riduce di fronte ai privilegi di pochi e alla
maggioranza che sembra essere di troppo…
ANCHE
NEL NOSTRO TERRITORIO
Nasce
dal basso un’impegno a tutto campo per un’economia di
giustizia e una politica di uguaglianza, dalla finanza etica al
consumo critico e al commercio
equo-solidale.
Non
ci rassegnamo all’umiliante elemosina che caratterizza gli
attuali “interventi di solidarietà” ma uniamo le forze e le
intelligenze in progetti alternativi e concreti.
Ø
referente: Giovanni Benzoni: gbenzoni@tin.it
Ø
don nandino capovilla : nandyno@libero.it
|
Proprio
nei giorni in cui la Carovana della Pace sarà a Mestre
condivideremo le speranze dei popoli di tutto il mondo riuniti
nelle Conferenza ONU sulla sostenibilità a Johannesburg.E
dobbiamo ribadire che “la terra non è in vendita” e il suo
respiro sempre più affannoso e caldo ci impone di cambiare
rotta.Facili parole ma che diventa molto difficile tradurre nei
fatti.La nostra società proiettata verso l’efficientismo
esasperato e la competizione economica spesso senza regole, contro
ogni senso comune di comunità e solidarietà, verso forme
economiche “neoliberiste”, dove il denaro è il valore
assoluto, sta infatti facendo i conti con un sistema di vita
materialista ed alienante ai limiti della tollerabilità e con la
questione centrale della salvezza del Pianeta Terra, per garantire
un futuro a tutti noi, ricchi e poveri indistintamente.Nei
prossimi 50 anni noi del cosiddetto “primo mondo” (che parola
orribile), di quel mondo che con un 20 % di abitanti brucia
inconsapevolmente l’80 % delle risorse, non sapremo trovare
delle soluzioni efficaci e durature al problema del boom
demografico, dell’immigrazione nei paesi sviluppati e della
povertà del “terzo mondo”, al problema delle risorse
energetiche e delle risorse idriche, al problema della biodiversità
e dello sviluppo sostenibile, al problema dei rifiuti e della
distruzione delle foreste tropicali, non sarà necessaria alcuna
guerra nucleare per ridurre la terra ad un deserto senza vita.E
mentre giorno per giorno la nostra società ricca e sempre più
individualista, elimina la complessità biologica del nostro
pianeta, in nome di un concetto distorto di progresso, si continua
anche sistematicamente ad escludere, in certi casi distruggendo,
le più differenziate entità multiculturali e complessi di
tradizioni delle svariate etnie e dei popoli presenti sul nostro
pianetaIl mito della crescita infinita deve essere sostituito dal
concetto di limite dei consumi per liberarci della paura di “non
avere”, che è paura dell’altro e paura della natura,
anch’essa nemico da depredare, per poter garantire a tutti i
popoli un futuro in armonia con la natura.
ANCHE
NEL NOSTRO TERRITORIO
La
gente e la terra ha pesantemente pagato con la vita insediamenti
produttivi che non hanno rispettato l’equilibrio lagunare
segnando una lunga storia di ingiustizie e illegalità.Quel
vaporetto che ha attraversato il Canal Grande, amplificando
l’appello del sindaco a firmare l’accordo di Kyoto, è segno
di un condiviso desiderio di un futuro realmente sostenibile nel
rispetto e nella custodia del fragile e prezioso ecosistema
lagunare. E nonostante ciò si continua in una logica di
“consumo” (tanto i Schei ghe xè!) per proporre divisione e
separazione di fronte ad una paura immotivata delle acque: Venezia
che per millenni ha condiviso ogni giorno le proprie acque
lagunari con il mare, rischia di esserne separata per sempre,
grazie ad un sistema di dighe costosissimo, in termini finanziari,
di energia e di impatto su un ambiente che è un bene di tutti
noi.
Si
ripropone l’antico dilemma se l’uomo può convivere con il
proprio ambiente. Si vede sorella acqua come nemica e dopo averla
riempita di sostanze inquinanti grazie a Porto Marghera la si
vuole regolare in nome di un concetto distorto di salvezza
tecnologica, che ci allontana sempre più da un rapporto sano
(anche a volte difficile) con l’ambiente naturale.
Ø
referente paolo perlasca : pperlasca@libero.it
|
Il
perverso sistema di potere di cui sono vittime innocenti i poveri
del sud del mondo produce una reazione che trova nell’abbandono
al fanatismo religioso un elemento di identità e di
rivendicazione: la paura dell’altro, della sua diversità, del
suo orizzonte culturale, del suo patrimonio di valori, spinge alla
contrapposizione tra modelli di vita che spesso vengono confusi e
sovrapposti a fedi e tradizioni religiose. Spesso, anche ad
esempio nei confronti del dramma dell’immigrazione, la simpatia
verso il debole, lo straniero, il diverso, cede il passo al
pregiudizio, alla paura, paura di doversi confrontare con altre
culture e, soprattutto di doverlo fare da una posizione di parità,
di rispetto, di reciprocità: la tentazione di chiudersi
all’altro è forte, apparentemente rassicura perché evita la
fatica del confronto e lo sforzo di comprensione.
ANCHE
NEL NOSTRO TERRITORIO
Venezia
ha conosciuto e apprezzato la presenza delle molteplici
manifestazioni di Dio nella sua storia. Anche oggi, città amata e
visitata da tutto il mondo, è luogo di incontro e dialogo: prime
in tutta Italia, le chiese cristiane presenti in essa hanno dato
vita al Consiglio Locale delle Chiese Cristiane, inserito nel
solco di una tradizione che ha visto il movimento ecumenico e il
dialogo interreligioso muovere i primi passi proprio a Venezia.
Ø
referente : Carlo Bolpin : esodo@libero.it
|
Il
lavoro, per gli uomini, è fonte di libertà.
Eppure,
nel Pianeta, per molti uomini e donne resta un diritto negato.
L’assenza
di lavoro non rappresenta solo una grave forma di illibertà,
soprattutto in relazione al fatto che l’assenza di reddito, nega
alla base la possibilità di accedere ai beni primari, come
l’istruzione, la sanità e una buona alimentazione
che sono gli elementi fondanti del diritto alla vita. Ma
soprattutto viene negata alla base una delle dimensioni di vita
dell’uomo, una dimensione attraverso la quale ciascuno di noi
cresce, si esprime e si relaziona con altri uomini e con altre
donne. La finanziarizzazione dell’economia, lo spostamento dei
cicli produttivi, nei luoghi dove le tutele per i lavoratori sono
minori e il costo del lavoro è più basso, generano, soprattutto
nei paesi del Sud del mondo, gravissime forme di sfruttamento che
minacciano l’integrità fisica della persona e la sua dignità
di uomo.Anche il lavoro minorile che è traccia di sfruttamento
senza limiti ci interroga.Anche dove il lavoro c’è si presenta
in una forma completamente diversa rispetto al passato. Il
mutamento delle modalità di consumo e di produzione dei beni
hanno fatto si che il lavoro assuma dei connotati sempre più
flessibili. Ma la flessibilità, in assenza di una nuova rete di
protezioni sociale, rappresenta, soprattutto per i giovani, le
donne e gli immigrati, una navigazione incerta nel mercato del
lavoro, una forma di precarietà, un rischio altissimo di
scivolamento nell’esclusione sociale. Come cristiani, siamo
chiamati ad interpretare i segni della modernità e di farci
uomini della proposta e dell’azione sociale, per umanizzare
l’economia e il lavoro.
NEL
NOSTRO TERRITORIO
Pur
con tassi elevatissimi di occupazione, viviamo i segni e le
contraddizioni della modernità. Per molti giovani l’ingresso
nel mercato del lavoro, attraverso le forme flessibili e non
tutelate, genera incertezza rispetto al futuro. Ma anche
la riconversione industriale di Marghera e lo spostamento
dei cicli produttivi rappresentano un elemento di difficoltà per
migliaia di lavoratori adulti.Molti di essi poi subiscono
sfruttamento e condizioni disumane in appartamenti o case che li
vedono coabitare senza le minime regole igieniche e secondo canoni
di affitto da aguzzini. Le norme elementari di sicurezza sul
lavoro non vengono rispettate e troppe morti bianche sono il
frutto di colpevoli irresponsabilità.Ecco perché siamo chiamati,
nella nostra terra, a farci interpreti dei nuovi e più complessi
bisogni dei lavoratori, che sono sempre meno economici e sempre più
relazionali. Siamo chiamati ad interpretare e ad agire rispetto al
bisogno di umanità e comunità.
Ø
referenti : andrea causin : causin@acli.it
Ø
don fabio longoni : scuofor@tin.it
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PACE E STILI
DI VITA
...
ANCHE
NEL NOSTRO TERRITORIO
Terra
di contraddizioni: il patrimonio artistico, i centri storici, i
musei, le chiese, ma anche l’ambiente naturale, le spiagge, i
parchi di divertimento, sono preziose miniere per facili guadagni,
mentre, al tempo stesso, la profonda crisi del tradizionale
sistema di produzione economica si manifesta nei suoi aspetti più
drammatici, (un solo, recente esempio per tutti, il Feltrificio
Veneto); terra dove il modello di vita di luoghi perennemente
invasi di turisti rischia di essere quello del disimpegno e
dell’eterna vacanza; ma anche terra delle prime famiglie dei
Bilanci di Giustizia, di un nuovo modo di impossessarsi del
proprio tempo e della propria vita, rifiutando il principio del
“consumo quindi esisto”
Ø
referenti: Bilanci di Giustizia: giannifazzini@libero.it
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