Tappa di
Pesaro

Diario della Piccola Comunità Itinerante di Resistenza

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Di ieri sera voglio ricordare prima di tutto le lacrime

di Filippo, Gianfranco e Alessandra nel vedere tante persone della propria città accogliere l’invito di incontrare la carovana, per il calore e l’entusiasmo con cui l’hanno accolta.

E non voglio tacere le lacrime di Grazia nel sentir raccontare dal suo vescovo, padre Giancarlo, le fatiche e i miracoli della sua terra, la Locride.

 

Questa è l’affettività di cui parla Valdenia, quell’amore e quella relazionalità fatta di gesti spontanei e concreti che sono fondamentali perché la comunità (l’individuo da solo non può nulla) si faccia costruttrice di giustizia camminando nella verità. Questa affettività è dirompente e travolgente nelle nostre testimoni.

P. Alex nelle ultime tappe ha evidenziato la forza della componente femminile di questa Carovana. Deciso e profetico è il suo invito a tutte le donne, in particolare le giovani, a trasformare il nostro principio di tenerezza in principio politico, in responsabile generatività sociale.

Magouws, citando il profeta Michea 6,8, lega in maniera forte tutto questo alla mistica della giustizia: “operare con giustizia, amare teneramente, camminare umilmente con Dio”.

 

La Parola è il filo conduttore dell’intervento di mons. Giancarlo Bregantini, vescovo di Locri, che si è unito a noi con tre giovani seminaristi.

Nel suo recente passaggio a Ramallah, di fronte alla sofferenza di quei due popoli che si stanno uccidendo, ha sentito un’angoscia simile a quella che forse hanno provato Giuseppe e Maria quando proprio a Ramallah si accorsero di aver perso Gesù. Nella situazione di angoscia, di paura che avvolge il mondo, come ritrovare senso e pienezza?

Giuseppe e Maria sono tornati indietro, hanno rifatto la strada. Conversione e cambiamento sono la strada.

È triste vedere che l’occidente non torna indietro, non ammette le proprie responsabilità, non si è, non ci siamo accusati ma abbiamo accusato gli altri. Nella sua tragicità l’11 settembre poteva diventare un momento importante di cambiamento, e invece ha alimentato la cultura del nemico teorizzando addirittura la guerra preventiva.

Dove trovare oggi il senso?

Gesù l’hanno trovato nel tempio: senza cielo la terra è sempre triste. Il tempio, il cielo, indicano la trascendenza, la preghiera che illuminano e danno forza a questo processo.

Gesù stava discutendo con i dottori del tempio: l’atteggiamento dell’uomo contemplativo è la criticità, l’affrontare la realtà non in termini di destino ma di progettualità.

 

La risposta che stanno cercando di vivere nella Locride è quella del passaggio dalla cultura del nemico alla cultura della dignità. Il problema più grande del Sud non è la mafia, ma il “destino” (ovvero il credere che la realtà sia decisa dal di fuori) impedendo di aprire “la finestra della speranza” (don Tonino).

Si tratta di passare dalla marginalità (prendendo coscienza che la storia ha “lasciato fuori” una parte di umanità) alla tipicità (ogni realtà vale, ogni terra ha potenzialità da portare allo scoperto). Questo processo va accompagnato, non si può cambiare improvvisamente, non ci si può sostituire nel cambiamento. Ad esempio tra la Locride e alcune parrocchie della diocesi trentina è nata una cooperazione intorno a progetti di sviluppo agricolo che hanno portato i giovani a dire che si può cambiare, hanno ridonato speranza. Queste esperienze sono sostenute e hanno origine da un processo di coscientizzazione attuato attraverso gruppi biblici, scuola e formazione.

 

Insieme e nel rispetto della tipicità si può arrivare a costruire non tanto solidarietà, quanto reciprocità. Diceva don Gelmini: “Tu solo puoi farcela, ma non puoi farcela da solo”.