Tappa di
Molfetta

Diario della Piccola Comunità Itinerante di Resistenza

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70 kilometri. E’ ben poca la distanza che separa i fratelli di Puglia dai fratelli dell’est Europa, dai porti della speranza in cui si rivendica il “Diritto alla Migrazione”.

 

E questi 70 Km rappresentano una delle maggiori sfide per la regione che la carovana del Giubileo degli Oppressi sta visitando.

Non per nulla l’accoglienza alla carovana spetta alle parole di don Tonino Bello: “il Mediterraneo è diventato un muro invisibile che incurva la nostra regione come se fosse un arco di guerra, e non un’arca di pace”. Parole forti, che più tardi Valdênia fa sue sottolineando che, a ben pensare, il primo “extracomunitario” per noi dovrebbe essere Gesù.

 

Ma il Giubileo ha una buona notizia da spargere, e il titolo dell’evento organizzato dal nodo di Molfetta lo sottolinea: “Puglia, convivialità delle differenze. Cittadinanza attiva, conflitti e risorse”. Si suggerisce così l’unico cammino possibile, quello della partecipazione; “smettere i panni della politica della sudditanza per indossare quelli della partecipazione”, sono le parole di uno dei politici incontratisi con p. Alex, il vescovo di Molfetta e il sindaco della città. La giornata si sviluppa in tre ambienti diversi, che evidenziano gli intrecci da costruire per l’esercizio della cittadinanza: si passa dalla sala al palazzo e dal palazzo alla piazza. Il primo incontro, in sala, è uno scambio di vedute tra le associazioni, rappresentanti della società civile organizzata. Poi il confronto serrato tra i politici, una quarantina, dalle varie amministrazioni comunali e provinciale. P. Alex ascolta, per capire, conoscere e provocare ad un impegno coerente e concreto per la pace.

 

Ci sono più di 2000 persone, fuori, aspettando che in piazza si recuperi tutto ciò che si è detto, in chiave celebrativa, attraverso i testimoni e, infine, nella festa di musica variopinta che conclude la serata.

Da mesi questo Giubileo sta tracciando un solco, in Puglia, dentro il quale si invitano i politici e i cittadini a camminare; ruolo essenziale di ciascuno è “sfidare i politici sul loro terreno, chiedendo loro un colloquio ininterrotto con gli uomini e le donne che vivono in carne ed ossa”.

 

La società civile si dimostra organizzata e ne sono un segno le quasi 50 associazioni e gruppi che hanno partecipato alla preparazione dell’incontro. Non mancano però le polemiche, che nascono nella discussione tra i politici: in municipio prevalgono i princìpi oppure le ragioni di stato o di bottega? Perché non ci si schiera apertamente contro i venti di guerra di questo periodo così delicato? Dov’è la coerenza tra i pronunciamenti della chiesa e la sua vita reale? Come può una chiesa locale schierarsi a favore di privatizzazioni che riducono l’assistenza sanitaria pubblica?

 

Le domande si susseguono rapide e si sente che c’è una certa attenzione critica che segue passo passo le scelte dei politici. Emergono dal confronto delle esperienze locali tantissimi spunti per la costruzione della pace; ne riportiamo alcuni:

  • Le consulte comunali del volontariato o del terzo settore, luoghi di confronto e ascolto reciproco. P. Alex ricorda che il Comune è “comune”, è comunità, spazio di incontro.

  • Il difensore civico, punto di snodo tra le istanze dei cittadini e la politica

  • Gli investimenti sulla pace, sapendo riservare anche percentuali di bilancio pubblico locale

  • Un ordine del giorno nei consigli comunali, provinciali e regionale in cui discutere risoluzioni contro la proposta di guerra all’Iraq

  • Il potenziamento della rete degli Enti Locali per la Pace, già presente anche in Puglia

  • L’attenzione privilegiata al tema della pace nel Piano di Offerta Formativa (POF) delle scuole

  • L’incremento dei gemellaggi già esistenti tra le scuole pugliesi e quelle africane o albanesi; in questo senso, risuona chiara la constatazione di p. Alex: il ministero degli esteri oggi serve solo per “puro business”. La vera politica estera può nascere dalle comunità locali, facendo cooperazione seria, intessendo fili di relazioni con la necessaria vigilanza sulla corruzione dello stesso mondo della cooperazione.

  • L’impegno culturale per la pace, come ha già fatto la Provincia di Bari, entrando nella rete editoriale del Gruppo Abele.

  • Il contributo personale, come gli assessori del Comune di Terlizzi, che rinunciano agli emolumenti corrisposti nel mese di settembre destinandoli ad un progetto locale

  • Studiare la guerra ed educare alla pace, come sta facendo in modo molto incisivo Peacelink. Alessandro Marescotti denuncia a nome di Peacelink la presenza di sommergibili a propulsione nucleare (attuali “centrali nucleari marine”), i preoccupanti piani di emergenza nucleare per le città portuali militarizzate, un accurato dossier sulla presenza militare in Puglia e il rischio nucleare. In chiave positiva rilancia il ruolo della telematica per la pace (www.peacelink.it , per esempio) , strumento potentissimo di controinformazione e di articolazione.

  • C’è vitalità e spazio per molte proposte intrecciate. Occorre soprattutto non perdere il punto di riferimento essenziale, che riecheggia nelle parole di don Tonino: “Se cerchi la pace va’ incontro ai poveri”. E vacci scalzo, come insiste ogni sera sempre più incalzante Valdênia, che continua a parlare al suo pubblico a piedi nudi: “Il futuro ha i piedi scalzi” (don Tonino), entra con rispetto nella vita dei poveri ma non li lascia più.