Tappa di
Firenze

Diario della Piccola Comunità Itinerante di Resistenza

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La carovana continua il suo itinerario sentendosi inviata da una tappa all’altra.

Dal palazzo di  Genova il cammino porta ai luoghi silenziosi dell’esilio di don Milani: ad attendere i testimoni c’è una comunità francescana vicina a Barbiana, accompagnata dai laici terziari. Con loro si recupera la figura di don Tonino Bello, anch’egli tanto legato allo spirito di Francesco, maestro di pace.

 

E via, in viaggio di nuovo ad incontrare il nodo locale a Firenze.

Città della Pace”, la chiama il card. Piovanelli in un’intervista, insieme a tante altre persone comuni interpellate nella marcia della domenica precedente. E’ una storia di cammini che si intrecciano, questa costruzione della pace: già la domenica prima sono state recuperate testimonianze forti, come quelle di La Pira, Milani, Balducci. E la serata del carovana viene introdotta dall’umanità di Vittorio Citterich, ricordando con rispetto il maestro La Pira. Proprio di umanità si vuole parlare stasera e ricorrono più volte i richiami al valore celebrativo della vita, all’importanza della memoria e della festa.

 

Valdênia si dice spaventata dalla freddezza delle relazioni, fa fatica a coinvolgere la gente, parla loro con fermezza e provocazione. Magouws riprende con dignità la sua storia, che ormai ogni giorno trova cornice nella musica che la illumina in volto: Freedom.

E’ specifico e chiaro l’intervento di mons. Cetoloni, francescano vescovo di Montepulciano, assetato di pace soprattutto per la Terra Santa, che conosce a fondo e continua  visitare. Lo dice con parole chiare: non esiste pace fondata sugli equilibri di potere o sulla rassegnazione distante.

Non possiamo cercare semplicemente l’equidistanza, dobbiamo saperci coinvolgere completamente, al punto di diventare “equivicini”, capaci anche di ascoltare le ragioni dell’altro per cercare insieme soluzioni di pace. Da questo principio nasce la sua proposta: segnalare per il nobel della Pace i francescani che hanno resistito rinchiusi a Betlemme insieme ad un piccolo gruppo di palestinesi. Questa è la pace, assunta nel corpo di chi si gioca completamente con le vittime della violenza.

 

Coinvolgendo nei contesti che ci sfidano con più forza, scegliere un secondo battesimo (etimologicamente “immersione”), il “battesimo dei poveri”. Sono parole di padre Alex, è la sua vita, che ogni sera risuona e dà corpo alle provocazioni che lancia. 

 

Ma la serata di Firenze è speciale, ed Alex se ne accorge. Si ferma: “E’ mezzanotte. E’ l’11 settembre”. E conclude il suo intervento con le fortissime parole di don Milani: l’uomo primitivo faceva violenza ad un altro uomo con la clava e sentiva su di sé il dolore e le conseguenze di questa violenza. L’uomo moderno può uccidere centinaia di migliaia di persone in una volta, senza neppure porsi un minimo problema di coscienza. Siamo tutti responsabili della violenza a cui permettiamo di esistere.