Bari,
27 aprile 2002
Carissimi,
Jambo!
Sono
appena rientrato nel "bel paese" arricchito da 12 anni
di vita spesi nei sotterranei della vita e della storia, nella
baraccopoli di Korogocho. Sono stati i poveri ad inviarmi ora
nel cuore dell'Impero, testimone del Crocifisso, dei crocifissi
di oggi.
Venendo
dalla miseria più squallida, noto l'opulenza del nostro paese,
una opulenza custodita e conservata con ingenti investimenti in
armi (500 mld di dollari in USA, 250 mld di dollari in Europa
per una 'guerra infinita', tesa a difendere i nostri privilegi),
osservo un ritorno al militarismo (esercito professionista,
tentativo di spazzare via la legge 185, ipotesi di
liberalizzazione del porto di armi); sento un crescente razzismo
- oggi spacciato per opinione. Constato l'ostilità verso il
popolo degli immigrati. Percepisco la cultura materialistica del
profitto che svuota qualsiasi forma di impegno sociale e
politico.
Mi
viene perciò spontaneo domandarmi: "Dove sono i frutti del
giubileo? A cosa è servito". So per certo che il giubileo
nella tradizione biblica non è un evento sporadico (ogni 50
anni) ma nasce in Israele come strumento legale per tentare di
realizzare il sogno di Dio nella storia. L'Israele biblico
infatti, nasce come società alternativa agli imperi e alle città
stato. Ma sappiamo che ogni società lasciata a se stessa tende
a strutturarsi nella disuguaglianza. Per questo è stato
istituito il giubileo che nasce dal concetto del sabato. Il
giorno di sabato fu inteso come rottura del ciclo del lavoro
giornaliero – spesso degenerato nello sfruttamento - per
offrire riposo e ristorazione a persone e animali, e richiamare
la finalità divina di liberazione dalla schiavitù. Israele
intendeva costruire una possibilità sociale alternativa nella
quale tutti potessero avere il necessario e nessuno più del
necessario. Il giubileo fu istituito fin dagli albori di Israele
per correggere iniquità gravi nell'ordine socio economico e
superare la tendenza verso l'accumulazione di ricchezza e potere
per pochi e la marginalizzazione e povertà per molti. Questa
"dimensione giubilare" fu sempre presente nella vita
quotidiana di Israele.
Sono
state queste le motivazioni che hanno portato anche noi a
promuovere il Giubileo degli oppressi del 2000 e ad assumere
impegni solenni, letti a nome dei missionari comboniani, da p.
Francesco Antonini (superiore provinciale).
Fra
questi citiamo:
Ci
impegniamo a resistere all’impero del denaro e del libero
mercato, consumando lo stretto necessario sia nel mangiare,
sia nel vestire, sia nel viaggiare e riducendo il consumo di
energia, acqua, elettricità, petrolio e derivati.
Ci
impegniamo a consumare in modo critico, fuggendo ogni tipo di
speculazione finanziaria e usando il denaro a favore della
solidarietà e rifuggendo investimenti che potrebbero
finanziare produzioni di armi o altre realtà contro
l’assoluto della vita umana.
Ci
impegniamo a riconoscere e promuovere la dignità di ogni uomo
e di ogni donna; vogliamo osare l’accoglienza: per questo
collaboriamo perché gli immigrati abbiano lavoro e casa, non
solo lavoro, ma lavoro e casa, perché possano vivere una vita
normale.
Purtroppo
a distanza di due anni dobbiamo riconoscere che salvo poche
eccezioni, non abbiamo tradotto questi impegni in concretezza di
vita. Per questo riproponiamo il Giubileo degli Oppressi 2:
"La pace nelle nostre mani: non solo utopia".
Occasione per tradurre nella nostra vita quotidiana il sogno di
Dio.
Chiedo
a voi che abitate in "finibus terrae" proiettati verso
il sud del mondo di ripensare:
l'immigrazione;
il
militarismo crescente;
le
politiche economiche rovinose che la Puglia vive con tutte le
sue nefande conseguenze di disoccupazione e criminalità
organizzata;
il
rafforzamento della società civile con una sua progettualità
politica;
il
bisogno assoluto di lavorare in rete con tutti quelli che
hanno voglia di cambiare;
l'impegno
a favore dei più poveri per sviluppare non una guerra
infinita tra poveri ma una solidarietà che nasce dal basso,
diventando tutti operatori di sintesi con le diverse civiltà.
D.
Tonino Bello, profeta di pace e figlio della vostra terra, vi
alimenti la fantasia del cuore e vi porti a dare segni di pace e
solidarietà al di là del Mediterraneo verso l'Oriente e il
nord Africa stretti ambedue in una morsa mortale dai diversi
tipi di fondamentalismi, non escluso quello economico
occidentale. Oggi più che mai la Puglia è chiamata dalla
storia e dalla geografia, a protendersi nel suo mare come Arca
di Pace e non a curvarsi minacciosamente come arco di guerra.
Buon
lavoro, dunque, sentiamoci uniti e camminiamo insieme in queste i
risurrezione per dare senso alla vita, credibilità al nostro
anelito di pace e futuro al mondo che abitiamo.
Sijambo.
Alex
Zanotelli
P.S.
Il
testo della lettera è stato scritto da p. Alex Zanotelli in
sintonia con le comunità comboniane presenti in Puglia.