LO
SVILUPPO E’ IL NUOVO NOME DELLA PACE
Bisogna proprio abituarsi all’elasticità del
vocabolario quando si parla di pace. E’ così vasta
infatti la parentela di questo termine con gli altri
coinquilini del dizionario, che diventa indispensabile, per
saperne di più, fare riferimento a cento altri vocaboli,
per così dire, consanguinei.
Ebbene, uno dei parenti stretti della pace, o se ci
piace l’altra immagine, uno dei colori che compongono il
raggio di sole della pace, è lo sviluppo.
Dal punto di vista filologico non è difficile
descrivere che cosa sia “sviluppo”.
E’ lo srotolarsi di una cosa avviluppata,
indistinta, confusa. Sviluppare un’idea vuol dire
ampliarla, chiarirla, elaborarla esteticamente. Sviluppare
una pellicola o una lastra fotografica significa rendere
visibile, mediante opportuni reagenti, l’immagine
nascosta, impressa sulla pellicola o sulla lastra.
Quando diciamo che il nome nuovo della pace è
sviluppo, vogliamo sottolineare che c’è la pace là dove
l’immagine dell’uomo viene portata alla luce, viene
restituita alla contemplazione, viene tolta dal buio o resa
chiara nell’armonia dei colori.
Battersi per la pace, in questo senso, vuol dire
liberare l’uomo dall’intrico della miseria, dal viluppo
della massificazione, dalle grinfie rapaci del potere, dalle
seduzioni involutrici del falso benessere.
Sicché, le situazioni di “non pace”
sostanzialmente sono quelle in cui l’uomo rimane un
abbozzo indistinto, senza diventare mai progetto enucleato;
è considerato una gemma che si fa cadere dall’albero,
prima che esploda nel rigoglio del frutto; è lasciato nella
opacità di un volto indistinto, che non trova mai i
contorni personali di un identikit inconfondibile.
Se le cose stanno così, occorre molta attenzione per
non confondere sviluppo e progresso.
Sviluppo è cammino nella direzione dell’uomo: è
marcia connotata dal riferimento dell’uomo come criterio
assoluto di valori.
Progresso, invece, è cammino, è marcia: che, però,
non necessariamente segue le coordinate dell’uomo, o, per
lo meno, di tutto l’uomo.
Tante tecnologie avanzate sono senza dubbio segno di
progresso, ma non sono indice di sviluppo. Perché non sono
al carro dell’uomo globale, bensì al carro di un gruppo
di potere, o di una ideologia, o di un’appartenenza.
Le sofisticatissime armi moderne si inseriscono nella
logica del progresso, non in quella dello sviluppo perché
non favoriscono l’uomo integrale.
Le articolazioni scientifiche di una economia che
privilegia alcuni popoli e ne penalizza mortalmente degli
altri sono espressione di avanzamento, ma non certo di
sviluppo.
L’impostazione di una visione della vita secondo
cui i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre
più poveri si avvale senz’altro, per affermarsi, di
elaborazioni di alto livello tecnico, ma di così scarso
rilievo umano che bisogna avere il coraggio di usare, in
questo caso, senza mezzi termini, la parola
“involuzione”.
Gli stabilimenti fotografici ed editoriali da cui
escono le patinatissime pagine della pornografia hanno il
marchio di un indiscusso progresso tecnico, ma non hanno
nulla da spartire con lo sviluppo dell’uomo, anzi ne
deprimono la crescita e ne impediscono l’arricchimento
spirituale.
Anche il fascino del nucleare, con tutti i suoi
vantaggi immediati rispetto al fabbisogno energetico, è
segno di progresso: ma bisognerà stare molto attenti a
dargli la patente di sviluppo se alimenta il sospetto che
possa pregiudicare il futuro della terra, arrestare la
crescita armonica del genere umano e intristire la qualità
della vita.
A che cosa mira tutto questo discorso?
A inquinare di sospetti la scienza o ad alimentare,
con retrograde chiusure, spettri di ricorrenti oscurantismi?
Nient’affatto.
Vogliamo unicamente affermare l’ambiguità del
progresso, e dire che solo se imbocca le corsie dell’uomo
perseguendone accanitamente lo sviluppo integrale, porterà
sui traguardi della pace.
E, tutto sommato, perché possiamo avvalerci della
beatitudine espressa da Gesù a favore degli operatori di
pace, il compito supremo che oggi ci sovrasta è proprio
quello di batterci affinché ogni segno di progresso porti
anche la sigla dello sviluppo, e sul volto dell’uomo, di
ogni uomo della terra, risplenda la luce della libertà.
+ don TONINO BELLO, Vescovo
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