La vita di 
don Tonino Bello

 

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dal sito Comunità C.A.S.A. http://www.asscasa.org/index.htm

Don Tonino, come sempre ha voluto farsi chiamare, è nato ad Alessano (Lecce) il 18 marzo 1935 «in una famiglia molto modesta, ma molto amante del Signore». Continuando la propria testimonianza sul filo dei ricordi lo stesso don Tonino disse in una intervista: «Ho perduto mio padre a cinque anni. Ma mia madre non si è scoraggiata ed ha avuto molta fiducia nel Signore. Non era una bigotta ed ha condotto avanti tutta una famiglia».


Entrato ancora ragazzo nel seminario di Ugento, ricevette lì la sua prima formazione per poi trasferirsi a Molfetta presso il Seminario Regionale Pugliese dove ricevette l'istruzione filosofica e quindi a Bologna presso il seminario ONARMO a studiare Teologia negli anni di episcopato del Card. Lercaro. In quel seminario si preparavano i sacerdoti ad avere contatti con il mondo operaio.


Ordinato sacerdote l'8 dicembre 1957 rientrò in Diocesi dove divenne vice rettore e poi rettore del Seminario Diocesano di Ugento. Egli si presenta come un figlio del Sud che fin dalla giovinezza si schiera decisamente dalla parte dei poveri. Quando una famiglia è sfrattata lui, giovane rettore, la ospita in Seminario. Lo stesso farà da Vescovo ospitando in episcopio a Molfetta alcune famiglie sfrattate, contestando così la decisione del Comune di bloccare la costruzione di case popolari.
Conseguì la Licenza in S. Teologia presso la Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale di Milano e il Dottorato presso la Pontificia Università Lateranense. Dopo il servizio in Seminario, venne nominato Direttore dell'Ufficio Pastorale, parroco della parrocchia del S. Cuore di Ugento e, infine, parroco della parrocchia della Natività della B. V. Maria di Tricase.
Eletto Vescovo il 10 agosto 1982 della diocesi di Molfetta, Giovinazzo, Terlizzi e il 30 settembre dello stesso anno di Ruvo di Puglia, dopo pochi mesi dal suo ingresso si schierò con gli operai delle Acciaierie Ferriere di Giovinazzo, partecipando allo sciopero che gli operai attuarono per la chiusura dello stabilimento. Nel suo messaggio assicurò loro «che la Chiesa ha un compito e una competenza che nessuno ci può contestare, quello di schierarsi con gli ultimi. E in questo momento gli ultimi siete voi». Per gli operai in agitazione, che da mesi non percepivano più alcuno stipendio, don Tonino prelevò undici milioni di lire dal fondo diocesano per la costruzione delle nuove chiese; seguì l'intera vicenda, anche giudiziaria, tra lo stupore degli stessi operai, increduli a riconoscere quell'uomo nei panni di un vescovo.


Aperta la sua casa agli ultimi, impegnato sul fronte della giustizia con chi era nel bisogno, don Tonino spinse la sua attenzione verso i più poveri di questa nostra società, i tossicodipendenti. Nel 1985 fondò la Comunità di Accoglienza e Solidarietà "Apulia", che nel suo acrostico suona col nome familiare di C.A.S.A., ad indicare che il recupero per i tossicodipendenti non passa solo per una cura disintossicante, ma attraverso il recupero di tutta la persona a quote di normalità familiare e sociale.
Con la collaborazione di alcuni sacerdoti, don Tonino istituì a Ruvo anche una Casa di accoglienza per extracomunitari. A Molfetta, invece, per sua iniziativa nacque la «Casa per la pace».


Dotò la Diocesi di un piano pastorale cui diede il seguente titolo: «Insieme alla sequela di Cristo sul passo degli ultimi», in cui tracciava le linee guida dell'azione pastorale. Rilanciò la Caritas diocesana con le sue opere, favorì l'azione del laicato e si impegnò a realizzare quella comunione che era il volto di Chiesa voluto dal Concilio Vaticano II. Sempre attento ai fenomeni culturali e sociali dialogò con tutte le persone, e annunciò sempre con franchezza e senza sconti il Vangelo.
Piano piano il colloquio con i fedeli della sua diocesi e con tutti gli altri uomini e donne di buona volontà si infittì intorno a quei spezzoni di umanità desolata e disgraziata: Massimo, ladro ucciso a Molfetta la notte dell'8 gennaio 1985 da un metronotte, sulla cui bara da solo al cimitero celebrò l'Eucaristia; Giuseppe, l'avanzo di galera con cui don Tonino brindò alla sua libertà all'uscita dal carcere; Mario, la guardia campestre, ucciso a Ruvo il 14 novembre 1986, a cui don Tonino auspicava la nascita di un fiore sulla viottola di campagna irrigata dal suo sangue; ogni fratello marocchino, invitato a fermarsi a casa sua. E poi altri ancora: Antonio il pescatore, Peppino l'ubriaco, Marta la scheda perforata, Mohammed il diverso... Tutte storie di uomini e donne a cui don Tonino ha prestato un pò della sua, mescolandosi con loro. Riferendosi alla simbologia giubilare della porta santa, don Tonino ebbe a sottolineare la necessità di un rovesciamento simbolico per favorire l'ingresso della chiesa nella navata del mondo: «Cari fedeli, vorrei indire quest'anno giubilare aprendo la porta di bronzo non dalla parte della piazza come abbiamo fatto stasera, bensì dalla parte della chiesa. Sì, perché oggi il problema più urgente per le nostre comunità cristiane non è quello di inaugurare porte che si aprono verso l'interno degli spazi sacri. Grazie a Dio, non c'è bisogno di molte simbologie per sottolineare questa convergenza universale verso il Signore, visto che oggi, più di quanto non accadesse in passato, si avverte un insopprimibile bisogno di lui, si accentua la fame e la sete della sua parola, e forse c'è un ritorno alle sorgenti del Vangelo che fa ben sperare anche per il futuro. Il problema più drammatico dei nostri giorni, invece, è quello di aprire le porte che dall'interno del tempio diano sulla piazza. E' di questa simbologia che abbiamo bisogno!».


Nel 1985 fu nominato Presidente nazionale di Pax Christi, facendosi profeta di giustizia sulle vie della pace fino all'ultimo suo respiro. Così scriveva alla vigilia del viaggio a Sarajevo quando già la malattia aveva minato in modo irreversibile il suo fisico: «Il cammino verso Sarajevo, che si compirà dal 7 al 13 dicembre, da un esercito disarmato di operatori di pace, ha un celebre precedente: l'irruzione di Francesco d'Assisi nel campo militare di Damietta, in Palestina, presidiata dal sultano Melik el Kamil. Nel giugno del 1219, la flotta dei crociati partì da Ancona verso la Palestina, alla conquista dei Luoghi Santi. Su una nave salì anche Francesco, col segreto disegno di convertire i soldati a propositi di nonviolenza, ma anche col desiderio di frapporsi, disarmato, tra i Saraceni e i crociati. Una autentica rottura della logica corrente, che sconcertò positivamente il sultano e lo Stato generale del suo esercito. Il cammino verso Sarajevo, che partirà anch'esso da Ancona, vuole ripetere lo stesso gesto di Francesco. Porsi come richiamo alla tragicità della violenza che non potrà mai risolvere i problemi dei popoli».
Un impegno per la pace suggerito, assunto e realizzato fin negli ultimi giorni di vita con un ultimo accorato appello a tutti i responsabili della guerra nella ex Jugoslavia: «A tutti diciamo: deponete le armi, sottraetevi all'oppressione dei mercanti della guerra... Dove vorreste che, nel libro della storia dell'umanità, negli anni futuri, il vostro nome venisse letto: nel libro della vita o nel libro della morte? Purtroppo quello che si sta scrivendo è il libro della morte. E voi, responsabili dei Paesi più ricchi e potenti del mondo, dagli Stati Uniti d'America ai paesi dell'Europa, non sottraetevi alla responsabilità di influire in modo determinante, non con le armi che consolidano la vostra potenza e le vostre economie, ma con efficaci mezzi di pressione e di dissuasione, per fermare questa carneficina, che disonora insieme chi la compie e chi la tollera».
Sono le parole ultime di chi ha combattuto la battaglia buona della pace. Consegna fatta a tutti gli uomini e donne che vogliono essere generosi artefici della pace nella giustizia sulla terra, in attesa di quella Pace e di quella Giustizia che l'umanità intera godrà nel Cristo glorioso.


E' morto a Molfetta il 20 aprile 1993. I funerali, celebrati sulla piazza antistante l'antico Duomo, furono seguiti da una folla innumerevole di persone giunte da tutta Italia.
Di don Tonino sono stati pubblicati molti scritti presso le Edizioni La Meridiana di Molfetta, Ed Insieme di Terlizzi, Edizioni S. Paolo di Cinisello Balsamo. La diocesi sta curando la pubblicazione dell'Opera Omnia di cui sono disponibili i primi quattro volumi pubblicati a Molfetta presso la Tipografia Mezzina.