Giugno
1988
I
Vescovi della Metropolia di Bari contro gli F-16 e la
militarizzazione della Puglia.
1.
Chiamati come pastori a "vegliare nella
notte, facendo la guardia al gregge" (Luca 2,6), e mossi dal
dovere di legare la fede alla storia, la speranza alla vita,
l'utopia al quotidiano, rompiamo ancora una volta il silenzio per
esprimere il nostro sconcerto sulla crescente militarizzazione in
terra di Bari.
Sappiamo
bene che le decisioni ultime spettano ai nostri governanti, verso
i quali abbiamo il dovere del rispetto, della preghiera e della
lealtà democratica.
La
coscienza, però, del nostro pastorale, se da una parte ci vieta
di entrare nel terreno delle scelte politiche concrete, per un
altro verso ci
obbliga a parlare con chiarezza
ogni volta che sono minacciati gli orizzonti complessivi della
pace, di cui dobbiamo essere, e non per mandato popolare ma in
nome del Vangelo, solerti annunciatori.
2.
Abbiamo appena finito di rallegrarci per i confortanti gesti di
distensione internazionale, e stiamo ancora additando al popolo di
Dio i "segni dei tempi" che, nell'ultima enciclica del
Papa, preannunciando il sereno, e già una nuova grave foschia
sembra oscurare il nostro cielo: l'ipotesi
di stazionamento di 72 cacciabombardieri americani
"F-16" nell'aeroporto di Gioia del Colle (Ba).
Sfrattati
dalla Spagna, questi aviogetti d'attacco troverebbero appoggio
logistico in Puglia, la cui posizione geografica a detta degli
esperti, rappresenterebbe quanto di meglio si possa pensare per
garantire la "difesa avanzata" nel fianco Sud della
NATO.
Triste
destino della nostra Terra!
Finora
è stata la storia a ricacciarla indietro, in ruoli subalterni.
Adesso è la geografia che la risospinge ancora più indietro,
affidandole compiti di un perverso protagonismo: e non su ribalte
di civiltà, ma su scenari di morte.
Contro
questa logica eleviamo, ancora una volta, la nostra fiera e
sofferta protesta!
3. E' già pesante il pedaggio che la Puglia sta pagando, in fatto
di servitù, ai programmi di riassetto militare.
Eppure
il
nostro popolo
ha espresso più volte, in termini civili e democratici, il netto
proposito di non lasciarsi defraudare del diritto di decidere sul
suo presente.
E
anche sul suo futuro, ha chiaramente manifestato di volergli
imprimere concrete proiezioni di pace.
E'
questa la sua vocazione, che oggi si è amaramente costretti a
veder compromessa da scelte di progetti offensivi, che passano,
ancora una volta, sulla sua testa.
4.
Vogliamo sottolineare, comunque, che
a preoccuparci non sono soltanto le "ritorsioni"
di cui divenuta punto nevralgico di così articolata strategia
militare, la nostra terra costituirebbe il bersaglio numero uno.
Sono anche le "distorsioni"
ambientali e sociali
a cui essa verrebbe inesorabile sottoposta.
L'arrivo
degli F-16 a Gioia del Colle comporterà un'ondata di nuovi
espropri, sia per favorire l'indispensabile ampliamento
dell'aeroporto, sia per permettere l'ospitalità ad almeno
cinquemila americani che vi stazioneranno in pianta stabile.
Non
sono solo in gioco gli espropri
dei terreni,
già così duri nella provincia di Bari, da cui non è ancora del
tutto scongiurata la prospettiva che altri diecimila ettari
vengano destinati a megapoligoni di tiro.
Sono
in gioco, sopratutto gli espropri culturali,
per le funeste conseguenze sull'identità storica del territorio.
Non
è più la terra, cioè, che viene sottratta alla gente. E' la
gente che viene sottratta alla terra. E per di più, con dinamiche
che favoriscono inquietanti disaffezioni, processi di sradicamento
psicologico, e illusori miraggi di tornaconti economici.
5.
A questo punto, sentiamo l'obbligo di precisare che il nostro
fermo rifiuto della logica legata all'operazione "F16 "
non nasce solo da ragioni interne ai confini territoriali entro i
quali noi vescovi svolgiamo la nostra particolare missione
pastorale.
Ma
deriva anche dalla condivisione del severo
giudizio che Giovanni Paolo II,
al n.20 della "Sollecitudo rei Socialis" ha espresso
sulla politica dei blocchi:" l'esistenza e la
contrapposizione dei blocchi non cessano di essere tuttora in
fatto reale e preoccupante che continua a condizionare il quadro
mondiale".
E
deriva infine dalla convinzione che la sola minaccia delle armi
atomiche, l'escalation della loro produzione, e ogni apparato
bellico teso a favorire la deterrenza nucleare, sono già una
colossale ingiustizia, se non proprio il preludio dell'olocausto
del mondo.
Sia
ben chiaro, quindi: qualsiasi altra collocazione geografica dei
"falchi combattenti" non alleggerirà più che tanto le
nostre preoccupazioni.
6.
La
speranza,
comunque, non ci viene meno.
Grazie
al cielo, siamo testimoni di una sempre più diffusa coscienza di
popolo che riscopre nella parola di Dio il cuore della sua
missione profetica di Pace.
Anzi,
si va allargando il consenso di coloro che perfino al di fuori del
Vangelo, indica nel
superamento dell'ideologia del nemico i presupposti della
convivenza tra i popoli.
Nell'impegno
per la giustizia, la strada privilegiata di ogni liberazione.
Nella forza delle trattative diplomatiche, la soluzione dei
conflitti armati. Nella difesa popolare nonviolenta, i cardini
della sicurezza nazionale. Nel dialogo e nella solidarietà
l'unica alternativa alla logica dei "due blocchi di
potenze armate ciascuna diffidente e timoroso del prevalere
dell'altro" (SRS,20)
E'
chiaro che dobbiamo batterci,
pregare, e protestare
perché anche "dall'altra parte" si attui presto un
disarmo parallelo. Ma sorridere in partenza sull'ingenuità di chi
diffida della logica prudenziale, basata sull'equilibrio delle
paure, significa, almeno per noi credenti, rinunciare e
scommettere sulla forza profetica del Vangelo.
7.
Non ci resta che invocare
il Signore,
"perché diriga i nostri passi sulla via della pace"
e induca i governanti, più che a sfruttare strumentalmente le
debolezze antiche della nostra storia o le lusinghe recenti della
nostra geografia, a restituirci al ruolo che ci è congeniale:
essere operatori di sintesi con le diverse civiltà.
Del
resto, per rimanere al solo campo culturale, non è questo
l'impegno ecumenico della Chiesa di Bari, divenuta da
anni centro autorevole di raccordo con tutte le Chiese di
Oriente?
E
la nostra Università non è forse l'asse più prestigioso di
collegamento e d'incontro tra le Università del Mediterraneo?
Se,
pertanto, la nostra terra a buon diritto va fiera dell'ulivo quale
simbolo della sua feracità, essa vuole andare ancora più fiera
di agitarlo quale simbolo di una vocazione di Pace che a nessuno
è lecito adulterare.
Oggi
più che mai, infatti, la Puglia è chiamata dalla storia e dalla
geografia, a protendersi nel suo mare come Arca di Pace e
non a curvarsi minacciosamente come arco di guerra.
I
vescovi della metropolia di Bari:
Mariano
Magrassi
Arcivescovo
di Bari
Giuseppe
Carata
Arcivescovo
di Trani
Giuseppe
Lanave
Vescovo
di Andria
Tarcisio
Pisani
Vescovo
di Gravina
Domenico
Padovano
Vescovo
di Conversano
Antonio
Bello
Vescovo
di Molfett
Francesco
Cacucci
Vescovo ausiliario di Bari
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