Milano

8 settembre 2002

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ARCHIVIO della TAPPA

Milano: porte aperte alle persone e alla pace articolo di Raffello Zordan

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Presentazione della Realtà Milanese

Milano, città scomposta

La città scomposta: con questo titolo una pubblicazione della Caritas Ambrosiana sottolinea la dimensione di frammentazione, di separatezza, di incomunicabilità tra le parti che caratterizza Milano se la si guarda, come recita il sottotitolo, dal punto di vista degli “ultimi della fila”.

Il dato essenziale che leggiamo quotidianamente è che accanto a una povertà di risorse, indiscussa e da colmare, le fasce più deboli della popolazione vivono anche una condizione di separatezza, di distanza, di marginalità che le spinge sempre più verso l’esclusione sociale.

Le esemplificazioni possibili a questo riguardo sono numerose.

Pensiamo ad esempio ai senza dimora, sempre più anche giovani, non solo uomini, sempre più soli, la cui lotta è anche di matrice culturale, volta a dover giustificare una condizione esistenziale che la collettività rifiuta perché cozza con il modello di vita vincente dell’adulto efficiente, produttivo, sufficiente a se stesso, integrato. Si tratta prevalentemente di persone di età compresa tra i 35 e i 49 anni, con situazioni diffuse di solitudine affettiva e relazionale. Spesso, infatti, è proprio l’insorgere  di eventi negativi a livello familiare ad aprire la strada alla rottura di quell’ombrello protettivo che solitamente viene garantito dalla famiglia stessa.

Accanto ai senza dimora c’è poi una ben più larga fascia di popolazione debole - in primo luogo gli immigrati ma non soltanto loro - che vive una pesante condizione di disagio abitativo, dalle sistemazioni temporanee in dormitori e Centri di accoglienza alle situazioni di alloggio improprio o precario. Secondo una stima dell’associazione Ares, presentata nel rapporto Il colore delle case 2000 “il 30% circa degli immigrati sarebbe riuscito a trovare un normale alloggio, un altro 30% abiterebbe in condizioni di precarietà e sovraffollamento, il restante 40% sarebbe disperso in mille rivoli senza fissa dimora”. Altri dati della ricerca mettono in evidenza, oltre alla generalizzata difficoltà dei proprietari ad affittare agli immigrati, i costi aggiuntivi pretesi agli stranieri, il ricorso ad un patrimonio abitativo ormai da tempo fuori mercato, la carenza, insieme alle case d’abitazione, di realtà di prima e seconda accoglienza.

Ancora, pensiamo agli anziani, soprattutto se soli o non-autosufficienti, la cui presenza a livello cittadino ha fatto registrare un indice di vecchiaia che si moltiplica col tempo. L’aspetto più drammatico, e in parte sconosciuto, è quello delle conseguenze, in termini di qualità della vita, di un percorso di progressiva non autosufficienza. Considerando la cerchia dei loro familiari (la loro famiglia base è composta in media da poco meno di 3 componenti cui si aggiungono altri quattro parenti non conviventi) il rapporto tra anziani non autosufficienti e popolazione milanese che deve confrontarsi quotidianamente con la non autosufficienza oscilla tra valori di 1/6 e 1/4. E’ allora l’evoluzione strutturale del panorama delle necessità che richiede una sostanziale rifondazione della rete dei servizi.

Complessivamente tendono ad allargarsi a macchia d’olio quelle che definiremmo situazioni a rischio di esclusione sociale. Essere “poveri” a Milano, allora, non significa più semplicemente perdere le risorse materiali per vivere, qualunque possa esserne la ragione o l’evento scatenante; essere “poveri” significa anche scoprire che, davanti a una o più situazioni drammatiche e imprevedibili (una malattia grave, un handicap, un anziano non-autosufficiente, la perdita di lavoro, un affitto che diventa insostenibile) non si dispone dei supporti necessari per farvi fronte. Un evento grave, ma di per sé non straordinario, può rendere manifesto un contesto individuale e socio-relazionale arido, al limite inesistente, sicuramente insufficiente per sostenere il nucleo familiare o la persona in difficoltà. La conseguente multidimensionalità del fenomeno “povertà”, è data in realtà da un processo di esclusione sociale che si innesca con l’evento scatenante e che trova terreno fertile in una diffusa disattenzione delle istituzioni e/o dei vari soggetti che indirettamente allontanano dalle risorse, talvolta anche materiali, ma soprattutto dalla possibilità di acquisire capacità, di agire, di esercitare e veder riconosciuti i propri diritti.

In questo quadro diventa decisiva una politica di sostegno a favore della famiglia che sappia accompagnare e integrare le sue potenzialità e le sue risorse in un’ottica realmente comunitaria e di condivisione e non si riduca alla semplice ‘delega’ giustificata tutt’al più da una ricompensa economica. La famiglia, oggi più che mai, mantiene il proprio ruolo centrale di crescita, sviluppo, accoglienza, e cura della persone ma ha bisogno di collocarsi in un tessuto di appartenenza più ampio del proprio nucleo, che le garantisca supporto e risposte concrete di aiuto, di vicinanza nella gestione della quotidianità. Ciò assume il carattere della necessità imprescindibile quando la famiglia deve affrontare situazioni di bisogno specifiche (dalla cura di un anziano alla presenza di un disabile, alle famiglie monogenitoriali).

Città scomposta a livello sociale, dunque. Ma anche a livello di organizzazione dello spazio urbano. A fronte di un centro vitale, all’avanguardia, sempre più produttivo e luminoso, anche se sempre più disabitato, le periferie continuano ad essere per lo più quartieri-dormitorio, vuoti di segni e riferimenti culturali, contenitori di una quotidianità spenta. Eppure molti di quelli che durante il giorno lavorano e vivono il centro hanno poi nelle periferie la loro casa, le scuole, le strade o i “muretti” dei propri figli. E’ paradossalmente proprio nelle periferie, laddove non si investe in termini di cultura, di educazione, di socializzazione, di qualità della vita, di salute, che si svolge la vita normale di buona parte dei milanesi.

Adesioni

 

cco alcune delle associazioni che collaborano alla preparazione della tappa milanese:

 

Centro Missionario Diocesano,

Mani Tese,

Pax Christi,

Emergency,

Centro Dom Helder Camara

 

Per informazioni:
sr. Bruna Barollo
suorbruna@hotmail.com