INTRODUZIONE
Un
esperto internazionale sulle condizioni nei carceri, invitato ad
accompagnare in Brasile una delegazione di Amnesty International
nell’ottobre del 1999, scrisse nella sua relazione a proposito
del centro di detenzione giovanile di Sao Paolo: “Dovrei dire
molto chiaramente che non ho mai visto dei bambini tenuti in
condizioni così raccapriccianti…Secondo
il mio punto di vista quel luogo dovrebbe essere chiuso.” Pochi
giorni dopo, il 24 di ottobre, scoppiò una rivolta che scosse
perfino quelli più insensibili alle torture nel centro di
detenzione giovanile di San Paolo, la Fondazione per il Benessere
dei Minori1, FEBEM. Diciotto ore più tardi, quattro
ragazzi morirono, 58 persone vennero ferite, compresi 29 membri
dello staff FEBEM, dozzine di ragazzi scapparono ed il complesso
fu interamente distrutto.
Il
FEBEM è stato argomento di critica per decenni. Migliaia di adolescenti2
sono passati tra le unità di detenzione del FEBEM,
da quando la fondazione è stata fondata nel 1976. Durante questi
anni Amnesty International ha ricevuto denuncie di torture, di
maltrattamenti, e di crudeli, inumane e degradanti condizioni di
detenzione su centinaia di adolescenti. Un numero imprecisato di
ragazzi sono morti in circostanze violente perché il governo di
San Paolo non è riuscito a proteggerli.
Nel
decennio che ha seguito la tanto attesa pubblicazione dello Statuto
del Bambino e dell’Adolescente del Brasile, l’ECA3,
i pubblici ministeri, le associazioni di base, le
commissioni parlamentari di inchiesta, i consigli di stato sui
diritti umani, i consigli di guardia,
le unioni dello staff del FEBEM e le organizzazioni per i
diritti umani hanno consegnato alle autorità di San Paolo
rapporti dettagliati, denunciando le condizioni inumani e
degradanti presenti nelle unità di detenzione del FEBEM.
Tutti
hanno provveduto a formulare delle raccomandazioni dettagliate con
lo scopo di porre fine a decenni di violenza, rivolte a fughe e di
adeguare tali metodi di detenzione
repressivi e datati alla Costituzione del Brasile ed alla
legislazione riguardante bambini ed adolescenti.
Le
autorità di San Paolo hanno costantemente evitato di adempiere i
loro obblighi e di adeguare il sistema di detenzione giovanile in
linea con le leggi, abbandonando sia i detenuti che lo staff del
FEBEM a lottare in situazioni di violenza e caos.
In
settembre e ottobre del 1999, il FEBEM ha sperimentato la peggiore
crisi della sua storia. Una serie di rivolte provocate da un
sovraffollamento di quasi cinque volte la capacità della
struttura e da torture e trattamenti curativi, è culminato il 24
ottobre con la presa in ostaggio e l’assalto dei guardiani (monitores)
e con l’uccisione di quattro detenuti. Come risultato della
violenza senza precedenti e della distruzione del complesso
causata dai ribelli, il governo di San Paolo ha attuato una serie
di trasferimenti per un largo numero di adolescenti in prigioni
per adulti ed in unità FEBEM costruite frettolosamente ed
inappropriatemente. Amnesty International ha ricevuto denuncie di
torture e di trattamenti curativi subiti da
molti adolescenti per opera della polizia, delle guardie
carcerarie e dei guardiani (monitores).
Amnesty
International ha visitato diversi centri di detenzione giovanile
in tutto il Brasile ed ha intervistato membri del governo,
avvocati, giudici, staff dei centri di detenzione, commissioni per
i diritti umani e organizzazioni non governative. Una delegazione
di Amnesty Internazionale ha visitato il complesso FEBES
di Imigrantes nel marzo 1998 e nell’ottobre del 1999,
poco prima della ribellione
più importante. In quest’ultima occasione la delegazione fu
accompagnata da un esperto delegato – Dr. Roy King, Professore
di Criminologia all’Università del Galles.
Il
rapporto di Amnesty International pubblicato nel giugno del 1999,
“Nessuno qui può dormire sicuro” – Violazioni dei diritti
umani dei detenuti, AI Index AMR 19/09/99, fornisce una vista
d’insieme sulle violazioni dei diritti umani sia degli adulti
che dei giovani in tutto il Brasile e delle carenze strutturali
che le perpetuano. Questo documento offre uno sguardo da vicino
all’attuale crisi nei centri di detenzione di San Paolo ed
esamina le mancanze del FEBEM e del governo di San Paolo nel
prevenire la crisi, nonostante ci fossero evidenze
sull’illegalità e l’insostenibilità del sistema. Ciò fa
riferimento ai due complessi di detenzione giovanile della
capitale San Paolo, Imigrantes e Tatuapè, nel quale la crisi
iniziò; essi figuravano tra i centri nei quali gli adolescenti
vennero stati trasferiti a partire dall’ottobre 1999.
Fino
ad ora le autorità di San Paolo non sono state capaci di tenere
la crisi sotto controllo.
Piuttosto
che riconoscere e gestire le violazioni dei diritti umani alla base della spirale di violenza
e distruzione nelle unità FEBEM, le autorità hanno sfruttato il
contesto della legittimazione della violenza e del crimine in
ambito pubblico ed hanno caratterizzato le crisi semplicemente
come una questione di pubblica sicurezza.
I
provvedimenti adottati dalle autorità nei confronti del circolo
vizioso di torture e ribellionisi sono concentrati quasi
interamente sul contenimento dei detenuti in prigioni di massima
sicurezza.
Il
pubblico ministero, responsabile
dell’applicazione dell’ECA, ha presentato due azioni
civili e nove petizioni contro il FEBEM ed il governo di San
Paolo, denunciando la non legalità delle strutture nelle quali
vennero trasferiti gli adolescenti ed i continui fallimenti nel
garantire i diritti umani basilari e le condizioni socio-educative
stipulate dall’ECA. Per ognuno di
questi casi la Corte Giovanile in qualità di corte
concedente, ha obbligato le autorità a rispettare l’ECA. FEBEM
e governo di San Paolo sono andati in appello e nella prima azione
civile la Corte Statale di Appello ha sospeso la decisione della
Corte Giovanile. Amnesty International, dal canto suo, ritiene che
la Corte Statale d’Appello, sostenendo l’argomentazione del
governo secondo il quale il fatto è semplicemente ascrivibile ad
una questione di pubblica sicurezza, sia complice nel permettere
la perpetuazione di gravi violazioni dei diritti umani su un gran
numero di ragazzi. Non è chiaro quali standards vengano applicati dalla Corte Statale d’Appello nel
raggirare i regolamenti della corte inferiore basati su
dettagliate petizioni che invocano la Costituzione Brasiliana, la
legislazione nazionale e gli standards internazionali sui diritti
umani.
Nel
novembre del 1999 il governo di San Paolo lanciò un pacchetto di
ristrutturazione per il FEBEM. Tuttavia i trasferimenti attuali ed
i commenti dei media sono in contraddizione con la politica
ufficiale. Le dichiarazioni del governo hanno provato a spostare
il dramma su tutti e nessuno, accusando pubblicamente i giudici,
gli attivisti sui diritti umani e lo staff del FEBEM per le crisi;
inoltre, il governo
ha cercato di infangare i pubblici ministeri ed i difensori dei diritti umani accusandoli di incitare alla riot
i membri del FEBEM. Amnesty International è particolarmente
convinta che questa
diffamante campagna aumenti il rischio per i difensori dei diritti
umani, alcuni dei quali sono già stati oggetto di intimidazioni e
omicidi.
La
crisi di San Paolo mette in luce il fallimento in tutto il Brasile
nell’applicazione degli standards brasiliani ed internazionali
sul benessere dei bambini nelle strutture di detenzione.
Negli ultimi anni Amnesty International ha documentato violazioni
routinarie dei diritti umani contro i detenuti in diversi stati
del paese.
1.
LA DETENZIONE GIOVANILE IN BRASILE
Lo
Statuto dei Bambini e degli Adolescenti, ECA, pubblicato 10 anni
fa4, approva gli articoli 227 e 228 della Costituzione
ed allinea la legislazione Brasiliana sui bambini a quella
internazionale5. La sua premessa fondamentale e che gli
adolescenti sono in un’età di sviluppo della persona e che
quando violano le leggi, meritino una particolare attenzione con
lo scopo di farli rientrare nella società. I giovani delinquenti
sono definiti dall’ECA come bambini compresi tra i 12 ed i 17
anni che abbiano commesso qualsiasi atto criminale secondo il
codice penale degli adulti. I bambini non vengono sottoposti ad
una sentenza criminale, ma piuttosto ad uno dei tipi di
provvedimenti correttivi socio-educativi: ammonimenti, riparazione
dei danni, servizi in comunità, sospensione condizionale della
pena, rilascio giornaliero e detenzione.
L’ECA
è molto chiaro nel dichiarare che le autorità debbano evitare di
privare i bambini della loro libertà, a meno che non vi siano
appropriate alternative. Tuttavia, alla luce dei fatti e a parità
di crimine, i giovani delinquenti brasiliani hanno una probabilità
più alta degli adulti di essere sottoposti a custodia cautelare.
Inoltre, i giovani rinchiusi per la prima volta hanno una
probabilità più alta degli adulti di essere detenuti durante il
periodo di attesa della decisione della corte. I bambini possono
essere detenuti solo provvisoriamente in attesa per 45 giorni di
un colloquio con la Corte, ma tale limito viene spesso
oltrepassato. I detenuti provvisori dovrebbero essere separati da
quelli che hanno subito una sentenza, ma questo accade raramente.
L’ECA richiede inoltre che i bambini detenuti debbano essere
raggruppati a seconda dell’età, della serietà del crimine o
dello stato di accusa.
Questa richiesta è solitamente ignorata.
Per
garantire ai detenuti i diritti umani minimi quali condizioni di
vita adeguate e cure mediche, la legislazione prevede che essi
vengano trattati individualmente onde favorire la loro
riabilitazione ed il loro rientro nella società civile. Ciò deve
includere anche un’educazione di base ed una preparazione al
mondo del lavoro.
Il
bambino dovrebbe essere detenuto nello stesso luogo dove vive la
sua famiglia, o più vicino possibile ad essa.
L’ECA
è una parte di legislazione controversa considerata da molti
brasiliani come promotrice di delinquenza in quanto troppo
clemente nei confronti dei giovani criminali. Il Brasile soffre di
un alto e apparentemente crescente livello di crimini violenti. La
paura di crimini violenti è una questione importante per molti
brasiliani e, di conseguenza, c’è una generalizzata tolleranza
nei confronti delle violazioni dei diritti umani contro chi è
sospettato di tali atti. Le torture ed i maltrattamenti e perfino
le uccisioni di sospetti criminali sono spesso visti dalle autorità
e da taluni media come un male necessario6. I detenuti
del FEBEM sono visti dalla gente comune come criminali violenti
pericolosi per la società. In realtà, meno del 10% dei giovani
detenuti ha commesso crimini come omicidi o violenze carnali. La
grande maggioranza è stata accusata di rapina. Il 60% sono
neo-detenuti.
Nello
stato di San Paolo la responsabilità per la pianificazione e
l’esecuzione di programmi di detenzione per giovani detenuti è
delegata all’entità governativa FEBEM, in quanto previsto dalla
Legge 185 del 1973 e dal decreto 8777 del 1976. Il Segretariato
per l’Assistenza allo Sviluppo Sociale è responsabile della
supervisione del FEBEM. Questo, attualmente, è responsabile di
circa 4000 adolescenti sotto detenzione nello Stato di San Paolo.
Dalla
crisi dell’ottobre del 1999, il FEBEM ed il governo di San Paolo
hanno ripetutamente cercato di caratterizzare i giovani
delinquenti detenuti a Tatuapè e Imigrantes come violenti e
pericolosi. Tuttavia il Direttore di Imigrantes disse nel
settembre 1999 alla commissione sub-parlamentare che la grande
maggioranza (70%) degli adolescenti erano in grado di riabilitarsi
– ipotesi confermata dal Direttore di Tatuapè – e che il 25%
presentava invece difficoltà in tal senso. Sempre secondo il
Direttore, il 5% mostrava segni di sofferenza da malattia mentale.
La detenzione di bambini con malattie mentali in strutture
carcerarie è strettamente proibita dall’ECA.
LA
DETENZIONE GIOVANILE IN ALTRI STATI BRASILIANI
Lo
Stato di San Paolo non è il solo a violare i diritti umani dei
giovani delinquenti.
Amnesty
International ha documentato serie violazioni in diversi altri
stati.
Nello
stato di Rio de Janeiro i ragazzi sono rinchiusi in centri
sovraffollati, non esercitano alcuna attività e
vengono bastonati dai sorveglianti. In questi centri viene
adottato un rigido insieme di regole: i ragazzi vengono
riconosciuti per numero e non per nome; devono camminare con le
mani dietro alla schiena e, quando gli viene ordinato, devono
mettersi in fila in ordine di età. Un ragazzo intervistato da AI
ha dichiarato di essere stato portato dai sorveglianti in una
stanza e di essere stato picchiato alla testa ed allo stomaco
perché apparentemente aveva concesso ad un ragazzo più giovane
di lui di precederlo nella fila. Recentemente le organizzazioni
per i diritti umani non hanno avuto accesso alle strutture di
detenzione.
Una
delegazione internazionale di Amnesty International mentre stava
visitando il Centro di detenzione giovanile Senatore Raimundo
Parente a Manaus-Amazzonia, vide cinque ragazzi uscire da una
cella di punizione accompagnati dallo staff. La maggior parte dei
ragazzi intervistati si lamentò di essere stata rinchiusa in
queste celle vari giorni alla volta; in ogni cella c’erano fino
a 6 ragazzi senza nessun materasso. I ragazzi inoltre, hanno
descritto le punizioni in questo modo: venivano colpiti alla testa
e poi, dovevano levarsi la maglietta, correre e buttarsi per
terra.
Diversi
tra loro hanno raccontato alla delegazione di essere stati
trattenuti dalla polizia per un tempo superiore al limite legale
di 24 ore e di essere stati bastonati; i segni di tali
maltrattamenti non venivano in seguito riconosciuti al momento del
trasferimento presso stazioni speciali di polizia.
Il
centro di detenzione giovanile di Cariacica, Espìrìto Santo, non
è stato dotato di sufficiente personale ed il giorno della visita
di Amnesry International i ragazzi erano rinchiusi tutto il giorno
in cella in quanto c’era una sola persona dello staff di
servizio. Le celle apparivano umide, sporche e non dipinte; molte
non disponevano di acqua e di elettricità; gli scarichi erano
intasati. I ragazzi erano stipati in cinque in una cella con un
buco centrale come toilette. Nella maggior parte dei casi essi
presentavano problemi alla pelle; alcuni soffrivano di dengue
(un tipo di malattia simile alla malaria, ndt) e febbre.
Quando
Amnesty International si recò presso il centro di
Paratibi-Pernambuco trovò a gestirlo uno staff composto da
polizia militare, guardie di sicurezza private e dipendenti di
un’organizzazione per il benessere dei bambini. Alcuni ragazzi
si lamentavano dei maltrattamenti subiti dal direttore (un
capitano della polizia militare) e dalle guardie private le quali,
secondo i racconti, li picchiavano con bastoni.
Ufficialmente
il governo si sta impegnando in un programma di decentramento dei
grossi centri giovanili di detenzione verso strutture più
contenute diffuse in tutto il paese.
Nel
1992 nello stato di San Paolo fu codificata la richiesta legale di
detenere gli adolescenti in piccole strutture, tramite il decreto
34785 datato aprile, che impegna le autorità in questo processo
di decentramento. Eppure, al tempo della crisi dell’ottobre
1999, tale ammodernamento non decollava. Il governo si lamentava
che le municipalità erano riluttanti nei confronti dei giovani
criminali e che, su 12 centri progettati, solo uno era stato a
quel tempo edificato. Nel novembre 1999, come reazione alla
sommossa di Imigrantes, il governo di San Paolo lanciò un
programma di ristrutturazione per il FEBEM, dedicando 85 milioni
di Reais (circa 50 milioni di dollari) nella ristrutturazione di
edifici e nella costruzione di nuove unità. Attualmente in San
Paolo, tra ristrutturazioni e nuove costruzioni, ci sono 22
progetti in corso. Lo stato provvederà in seguito a ridistribuire
i 4000 giovani detenuti.
Oltre
a ciò, sono state aperte duecento inchieste interne su asserzioni
di maltrattamenti e con il licenziamento di venti guardie. Altri
670 membri del FEBEM sono stati allontanati negli ultimi dodici
mesi per altri motivi, mentre nuovo personale sta per essere
assunto ed educato.
Nel
giugno del 2000 il Segretariato ha aperto anche un dipartimento
per i reclami, anche se non è chiaro al momento quale sia il suo
ruolo e la sua indipendenza.
In
pratica le azioni ed i commenti del governo di San Paolo sembrano
essere in contraddizione con la sua politica ufficiale. Le due
unità recentemente aperte, Parelheiros e Franco da Rocha, sono
grandi complessi di massima sicurezza – parecchio diversi da
quanto promesso- e gli adolescenti vi sono stati trasferiti senza
prima averli dotati di infrastrutture per i fabbisogni base e per
attivare le misure socio educative previste dall’ECA.
Dozzine di adolescenti hanno subito anche torture e
maltrattamenti durante i trasferimenti. Amnesty International
sostiene che i direttori assegnati a Franco da Rocha, Parelheiros
e Pinheiros sono sospettati dagli adolescenti di aver partecipato
ai maltrattamenti.
Il
programma di rinnovamento ed ampliamento ha sollevato inoltre
questioni riguardanti il possibile abuso di fondi pubblici durante
la scorporazione di alcuni servizi del FEBEM. Un dipartimento del
Servizio di Pubblica Accusa sta attualmente indagando in
proposito. La rapidità con la quale i ragazzi hanno smantellato
il centro da poco chiamato Franco da Rocha ha sollevato seri dubbi
sulla qualità e sul progetto dello stabile in questione.
Gli
avvocati-giuristi dell’infanzia
hanno richiesto un ampliamento degli investimenti per i progetti
che consentirebbero alle corti di applicare sentenze non
cautelari. Al momento le misure non cautelari e quelle
socio-educative tracciate dall’ECA non sono finanziate a
sufficienza. Basti pensare che novanta adolescenti in libertà
vigilata avranno a disposizione un solo incaricato che li segua.
2.
UNA CULTURA DI VIOLENZA E DI UMILIAZIONE
In
assenza di una adeguata preparazione e di un supporto allo staff
del FEBEM, la cultura predominante è quella della tortura, dei
maltrattamenti e delle punizioni arbitrarie praticate dalle
guardie. La mancanza di formazione è cronica; inoltre il
personale è sottodimensionato rispetto al numero dei detenuti.
Quelli che sono stati presi in ostaggio dai detenuti o che sono
stati attaccati dagli stessi, hanno fatto ritorno nelle stesse
unità nel giro di alcuni giorni senza ricevere nessuna formazione
e nessun supporto dal FEBEM. Alcune guardie sono state ferite
gravemente durante le rivolte. Amnesty International non è al
corrente di guardie perite per opera dei carcerati.
Non
esistono regole chiare e regolamenti né per le guardie né per i
reclusi. Le punizioni sono arbitrarie e spesso assegnate
deliberatamente per umiliare. Quelle collettive sono molto comuni
– se un ragazzo disattende una regola, molti sono quelli uniti.
Ciò causa conflitti tra gli adolescenti: chi sgarra può venire
attaccato dagli altri.
Le
punizioni includono: confisca degli spazzolini da denti (spesso è
l’unico effetto personale del detenuto ed e legato intorno al
collo con una corda); faccia al muro con le mani dietro al collo
per un tempo che può raggiungere il giorno intero;
fronte al muro, mani dietro al sedere e piedi un metro
distanti, talvolta per diverse ore – una posizione che causa
disfunzioni e vertigine e può portare allo svenimento; fare il
giro del cortile muovendosi sul sedere e correndo in circolo con
una mano che tocca il terreno.
IL
CASO DI E.A.
Il
22 marzo del 1994 E.A. era detenuto insieme con un amico dalla
polizia militare in quanto sospettato di aver rubato un orologio
da polso. Vennero portati presso una stazione di polizia e E.A.
riuscì ad allontanarsi. Secondo la dichiarazione dell’amico, 15
minuti più tardi venne riportato alla stazione dalla polizia
militare che lo deteneva originariamente. L’amico si lamenta che
E.A. mostrava chiari segni di violenza. Rigurgitava sangue con la
tosse ed un dito della mano destra pareva essere rotto. E.A. venne
in seguito portato dalla polizia presso il centro FEBEM di
Imigrantes.
Secondo
la versione dell’amico, che lo rivide la sera dopo, E.A. era
dolorante e chiese di entrare in infermeria. Circa mezz’ora più
tardi, E.A. ritornò alla sua cella e disse all’amico di essere
stato nuovamente picchiato dalle guardie e di non aver beneficiato
di nessuna cura medica. Sua
madre lo visitò il 27 di marzo e dichiarò che suo figlio era
molto ammalato. Disse che aveva lividi sulle braccia, ginocchi
torace e basso addome. E.A. spiegò alla madre che urinava sangue,
rigurgitava sangue quando tossiva e non era capace di inghiottire cibo.
La madre insistette perché venisse trasferito in un ospedale, ma
le guardie non le permisero di fare il viaggio con lui, dicendo
che “le madri non potevano viaggiare sulle auto
dell’organizzazione”. La madre fece ritorno a casa dove, in la
serata, venne avvisata da un impiegato del FEBEM che suo figlio
era morto in ospedale probabilmente per AIDS. Quando tentò di
reclamare il suo corpo, la donna, sconvolta dal dolore, fu mandata
in quattro posti diversi della città prima di recuperarlo.
Gli
adolescenti vengono picchiati frequentemente, non di rado di
notte. Alcune guardie a questo scopo, tengono nascoste barre di
ferro e bastoni. Dopo i pestaggi gli adolescenti vengono spesso
forzati a farsi docce fredde per ridurre l’evidenza dei lividi.
Subiscono questi trattamenti per aver parlato durante tempi di
silenzio (ad esempio prima, durante e dopo i pasti oppure dopo lo
spegnimento della luce), per essersi mossi durante le ore di
televisione (devono guardare lo stesso canale della tv seduti
sulle loro mani per diverse ore). Le guardie li offendono
verbalmente, insultandoli sul loro stato di reclusi ed emarginati
e chiamando in causa le madri.
Gli
adolescenti fanno loro i codici violenti di comportamento dei
centri. Molti provengono da ambienti di spaccio di droga nei quali
lo status è connesso all’aggressione e porta la loro gang ad
essere loro rivale.
La legge dice che gli adolescenti devono essere raggruppati a
seconda della serietà del crimine, dell’età e della stazza
fisica, ma ciò non viene attuato. Ne risulta che i ragazzi
fisicamente più deboli e miti vengono esposti e all’influenza
ed alla vittimizzazione di una minoranza ovviamente
pericolosa. I ragazzi che rifiutano o che sono riluttanti
nel prendere parte
alle rivolte sono soggetti ad intimidazioni e possono essere in
seguito “ritrattati”. Quelli che hanno commesso rapine vengono
bollati come se avessero cooperato con la polizia o con lo staff
del FEBEM. Tali ragazzi vengono uccisi e sono generalmente tenuti
in celle di sicurezza situate in ali separate del carcere. Durante
le rivolte essi sono particolarmente a rischio. Anche le guardie
vengono uccise, specialmente quelle conosciute come autrici dei
pestaggi; frequentemente vengono prese in ostaggio.
Il
governo di San Paolo, alla luce di quanto emerso da inchieste
interne ai centri, ha provveduto al licenziamento di 20 membri
dello staff FEBEM ritenuti responsabili di maltrattamenti. Il
Servizio Pubblico di Accusa sta conducendo proprie inchieste su 62
casi di torture e maltrattamenti- ognuno dei quali con vittime e
responsabili. L’ente reclama che un numero significativo di
guardie sotto inchiesta rimangono al lavoro nei centri del FEBEM.
Amnesty
International ha accolto con approvazione l’impegno del governo
di San Paolo nell’ eliminare la pratica della tortura e del
maltrattamento presso gli staff del FEBEM; nonostante ciò, le
denunce di pestaggi arrivano con un ritmo quasi settimanale,
indicando che esiste ancora una tolleranza semi-ufficiale nel
FEBEM.
3.
DODICI MESI DI CAOS
CASO
L.S. (15 ANNI)
L.S.
era detenuto a Imigrantes in una ala a parte per prigionieri
malati. Secondo lo staff si trovava lì a causa di una distorsione
alla caviglia, ma sia lui che il padre reclamavano che il motivo
era da imputare a danni fisici subiti dopo un pestaggio delle
guardie. Il mattino dell’8 luglio 1998 si lamentò di dolore
intenso, mancanza di respiro e nausea e si appellò diverse volte
allo staff per ricevere aiuto. Nessuno corse in suo aiuto e lui
morì quella stessa notte.
L’autopsia
concluse che la morte era naturale e non menzionò la presenza di
lividi sul corpo. In seguito vi fu una riesumazione del suo corpo
ed un esame indipendente condotto da quattro patologi di medicina
legale stabilì che la morte era dovuta ad avvelenamento da
cocaina. Fu aperta un’indagine per crimine sull’errore della
prima autopsia e su come L.S. potesse avere accesso a tale
sostanza.
Fino
al giungo del 1999 le strutture del FEBEM erano come polveriere
pronte ad esplodere. Sovraffollamento, condizioni di vita
raccapriccianti, punizioni crudeli e pestaggi rendevano la
situazione insostenibile. Imigrantes, costruita per 364 detenuti,
ne ospitava 1648 – quasi cinque volte la sua capacità
originaria. A Tatuapè la situazione era leggermente meno grave,
con 1460 ragazzi in
una struttura che poteva ospitarne 800.
L’affollamento
di Imigrantes e Tatuapè era tale che nei dormitori da due metri
per tre dormivano fino a 25 ragazzi con tre o quattro ragazzi per
materasso. In queste condizioni i detenuti si riversavano nei
corridoi e nei bagni, oppure dormivano in piedi. Non venivano
fornite le lenzuola e le coperte non venivano lavate. Diversi
adolescenti hanno detto che quando le lenzuola erano sporche di
urina, semplicemente le prendevano e le stendevano ad asciugare
per poi riutilizzarle. Ogni dieci
ragazzi veniva consegnata una saponetta al mese. Molti tra
loro evitavano di utilizzarla per il pericolo di scabbia ed altre
malattie della pelle. In agosto vi fu una visita ispettiva
epidemiologica: fu rilevata una alta incidenza di scabbia (103 su
337 in una ala del carcere). Ogni ala era dotata di 8-10 docce
ogni 350 detenuti; vi erano lunghe code ed una doccia durava al
massimo un minuto. Non c’erano attività organizzate, se si
esclude la televisione ed il calcio che venivano gestite a turni;
quelli che non giocavano, dovevano rimanere seduti. Una
delegazione di Amnesty International ha visitato Imigrantes
nell’ottobre del 1999 ed ha toccato con mano questa orribile
realtà, concludendo che detenere
ragazzi sotto condizioni inumane, crudeli e degradanti equivaleva
a torturare e maltrattare sé stessa.
La
situazione era peggiorata dall’ultima visita di Amnesty nelmarzo
1998.
Un
assurdamente basso numero di guardie doveva assistere un enorme
numero di adolescenti: da 10 a 15 guardie per 350 detenuti. Il
presidente dell’unione delle guardie del FEBEM descrisse in
seguito la situazione come un inferno e ammise che la tensione del
lavoro spesso sfociava in atti violenti da parte delle guardie e
che vi era una elevata presenza di problemi psicologici negli
staff. Un rappresentante di tale unione raccontò durante una
visita di Amnesty ad
Imigrantes nell’ottobre 1999, che la violenza è
istituzionalizzata nel FEBEM e che le guardie venivano allontanate
solo in casi estremi o, viceversa, allorquando si rifiutavano di
cooperare con un regime nel quale un certo livello di violenza era
tollerato.
Un’ispezione
giudiziaria di Imigrantes ordinata dalla Corte giovanile in data
23 agosto 1999, udì lamentele da 70 adolescenti. Essi vennero
picchiati dopo che altri ragazzi tentarono di far partire una
rivolta nella notte del 21 agosto. Diversi tra loro mostrarono i
segni di tali atti. In seguito, in un’altra ispezione in altre
ali del carcere, venne ritrovato un armadio con all’interno
bastoni, canne, pezzi di legno avvolti in asciugamani e coperte
arrotolate alle quali erano legate corde: tutto ciò veniva
presumibilmente utilizzato dalle guardie per picchiare gli ospiti.
Gli
adolescenti riferirono di essere stati costretti a mettersi in
pancia all’aria mentre le guardie gli correvano
a fianco sferzandoli con calci e pugni.
M.S.
fu ferito alla testa con una barra di ferro e furono necessari sei
punti per suturare la ferita.
F.B.
riferì che appena si accorse di aver udito chiasso nel dormitorio
vicino, si spogliò immediatamente e si mise seduto con le mani
dietro al collo – così devono fare i ragazzi durante gli eventi
chiassosi. Lui ed i suoi compagni vennero poi picchiati.
Successivamente vennero lasciati seduti nudi e senza cibo fino
alle 19:00 del giorno seguente, allorquando dovettero sottoporsi
ad una doccia fredda per ridurre la visibilità dei lividi.
R.Z.
asseriva che i ragazzi furono costretti a dormire in un
bagno in presenza di acque di scarico: una guardia infatti, aveva
strappato un lavandino dal muro e lo aveva tirato ai ragazzi. R.C.
raccontava che dopo i pestaggi fu minacciato di stare zitto da una
delle guardie e che questa, dopo una visita ispettiva, gli intimò
che “il giudice se ne va, ma io rimango e quando si sarà girato
io ti vi) pesterò fino alla fine”.
IL
CASO DI R.S.
Alla
vigilia di Natale del 1998 – sempre tempo di tensioni nei centri
di detenzione giovanile – alcuni ragazzi tentarono la fuga da
Tatuapè rinchiudendo le guardie in una stanza, dopo che queste
gli sequestrarono la TV. Le guardie riuscirono ad uscire dalla
stanza e a bloccare i fuggitivi prima che uscissero dal carcere.
Amnesty International raccolse informazioni dai ragazzi non
coinvolti nel tentativo di fuga e venne a sapere che un gran
numero di reclusi, quando vennero a sapere quello che stava
succedendo, tentarono di barricarsi nelle loro stanze con armadi
per evitare rappresaglie. Dissero che per tirarli fuori, le
guardie applicarono il fuoco alle porte. R.S. morì bruciato ed
altri ragazzi subirono seri danni fisici. Alcune guardie sono
attualmente indagate per omicidio.
Nella
notte dell’11 settembre 1999 vi fu una rivolta nell’ala D di
Imigrantes: venne dato fuoco ad una parte dell’ala ed alcune
guardie vennero prese in ostaggio. I pubblici ministeri, presenti
in quei momenti, provarono a negoziare il rilascio degli ostaggi.
Nel mentre, TV Globo, un canale nazionale, mandò una squadra a
filmare l’avvenimento da un elicottero. Essi filmarono dozzine
di ragazzi in un’altra ala, l’ala B, nel cortile centrale
mentre scappavano dai loro dormitori poiché inseguiti dalle
guardie munite di bastoni; alcune di loro erano incappucciate.
I
ragazzi allora si tolsero i vestiti e si rannicchiarono insieme in
un angolo del cortile, sedendo con le mani dietro al collo. La
guardie furono riprese mentre correvano verso di loro e gli davano
calci, pugni e bastonate.
IL
CASO DI A.O. (17 ANNI)
Durante
la sua ultima visita a Imigrantes la sorella di A.O. lo trovò in
pianto e terrificato; le chiese di fare qualcosa per trasferirlo
in un’altra ala. Quando si dissero arrivederci, lui le
disse:”Se ci sarà un’altra rivolta, non mi vedrai più”. La
sorella cercò immediatamente un assistente sociale. Questi la
rassicurò che non c’era di che preoccuparsi. Non molto dopo, il
ragazzo morì.
A.O.
, un epilettico, veniva da una famiglia povera e diventò un
tossico-dipendente. Era la seconda volta che entrava in una
struttura del FEBEM. Accusato di rapina, fu rilasciato su ordine
giudiziario e messo in libertà vigilata, ma fu provvisoriamente
reinternato in quanto fu trovato dalla polizia insieme ad un
gruppo di ragazzi muniti di fucile. A.O. era talvolta seriamente
depresso. Gli assistenti che seguivano il suo caso erano molto
preoccupati del suo stato mentale e fisico da quando non mangiava
più. Per questo richiesero di posticipare il suo interrogatorio,
ma non ricevettero alcuna risposta. A.O. fu uno dei quatto ragazzi
torturati ed uccisi da altri detenuti il 25 ottobre del 1999. Due
giorni dopo, quando fu l’ora della sua udienza, il giudice non
era nemmeno stato informato della sa morte.
I
pubblici ministeri se ne andarono dalla prigione di buon mattino e
vi ritornarono solo poche ore più tardi. Durante la loro assenza
circa 650 ragazzi – principalmente dall’ala B- scapparono. Il
fatto che un così elevato numero di detenuti, visti per
l’ultima volta riuniti e nudi, possa essere scappato in un così
breve tempo fa sospettare che le guardie abbiano facilitato le
fughe per evitare che i ragazzi testimoniassero contro di loro.
Quaranta guardie vennero identificate tramite le riprese e sono
attualmente sotto inchiesta. Quattordici furono licenziate dal
FEBEM nel giugno 2000 in ottemperanza alle proprie procedure
disciplinari. Dopo la rivolta dell’11 settembre, circa 1000
ragazzi fuggirono in un periodo di due settimane con dodici
incidenti. Quelli ricatturati riferirono di essere stati picchiati
dalla polizia.
Il
problema venne risollevato in ottobre, quando per protestare
contro le condizioni di lavoro ed il licenziamento di 19 guardie
(alcune delle quali accusate di maltrattamenti testimomniati dai
filmati), lo staff dell’unione del FEBEM, Sintraemfa, il 21
ottobre annunciò che le guardie avrebbero scioperato. Le
famiglie, che erano state informate da Sintraemfa dello sciopero e
dell’intervento delle truppe della polizia militare per
mantenere la sicurezza, passarono l’informazione ai loro
adolescenti nel carcere, innescando la peggior rivolta nella
storia del FEBEM.
Il
24 ottobre una rivolta si diffuse nell’intero complesso.
Diciotto ore più tardi, quattro ragazzi morirono, 58 furono
feriti e tra questi 29 membri dello staff, dozzine di ragazzi
scapparono e la struttura di Imigrantes fu completamente
distrutta. Nella rivolta vennero tenute in ostaggio e pestati
circa 16 guardie. Alcuni reclusi vennero torturati e quattro di
loro vennero uccisi con una brutalità che scioccò perfino chi
lavorò per anni nel sistema. I brasiliani furono scossi dalle
immagini di ragazzi con T-shirts avvolte intorno alla testa per
nascondersi le facce, completamente fuori di testa, mentre
maltrattavano e torturavano le guardie ed altri carcerati per le
telecamere. I genitori che in ansia attendevano all’esterno, nel
viale del complesso, furono
colpiti da pallottole di gomma sparate dalle truppe di polizia.
I
quattro ragazzi che persero la vita erano reclusi sotto condizioni
di sicurezza ed avevano subirono una violenza senza precedenti per
mano di altri carcerati. Un ragazzo presentava un occhio perforato
con uno stiletto. Successivamente i
detenuti bruciarono
i corpi di due delle vittime e, in un gesto di barbarità
scioccante, strapparono una testa ed una gamba dal corpo
carbonizzato di un ragazzo e le lanciarono contro un muro: esse
caddero ai piedi di un pubblico ministero che stava negoziando il
rilascio degli ostaggi.
Gli
ostaggi vennero finalmente rilasciati dopo che i rivoltosi
negoziarono ed ottennero un certo numero di trasferimenti da
Imigrantes. Ventitre furono in seguito trasferiti a Ribeirão
Preto, una città nel territorio interno di San Paolo; altri
ventuno a Raposo Tavares, dove le condizioni sono decisamente
migliori. Diverse tra le guardie rilasciate dovettero ricorrere
alle cure mediche. Una di esse era stata gettata giù da un muro
di cinque metri. Un’altra subì concussioni dopo essere stata
picchiata da un ragazzo. Una terza presentava un gomito
fratturato.
All’indomani
della rivolta, centinaia di ragazzi si ritrovarono in condizioni
perfino peggiori di prima e giravano voci di maltrattamenti da
parte delle truppe di polizia.
I
genitori riferirono che un certo numero di reclusi fu costretto
dalla polizia a bere urina come rappresaglia per la rivolta.
L’opinione
pubblica fu comprensibilmente terrificata da tali violenze. Una
paura di crimini violenti già diffusa dapprima, fu esacerbata
dalle ondate di fuga. Il governo di San Paolo la alimentò quando,
in seguito alle rivolte ed alle fughe di settembre, il Pubblico
Ministero annunciò che i tassi di criminalità erano saliti del
10%. La polizia appoggiò pienamente tale dichiarazione.
TRASFERIMENTI
DI EMERGENZA E TRASFERIMENTI A NUOVE UNITA’
“Le
cose andranno avanti come hanno sempre fatto. Non c’è modo di
tenerle sotto controllo, se non come stiamo facendo noi adesso.”
Dr. Mario Covas, Governatore di San Paolo
Poco
dopo la rivolta, le autorità attuarono un gran numero di
trasferimenti da Imigrantes e Tatuapè verso istituti penali per
adulti. Inoltre si imbarcarono in una frettolosa costruzione e
riforma dei grandi complessi di detenzione. Entrambi le misure
sono in contrasto con l’ECA.
Il
governo di San Paolo si è focalizzato quasi interamente sulla
sicurezza, aumentando l’altezza dei muri di cinta, costruendo
nuovi viali ed installando telecamere. Le autorità hanno
sostenuto che tutti gli adolescenti trasferiti sono estremamente
pericolosi, ma Amnesty International ha ricevuto dichiarazioni che
in effetti, non esistono criteri selettivi sui trasferimenti a che
i ragazzi sono stati trasferiti senza che la loro condizione
venisse valutata e senza essere informati del cambiamento
imminente.
Il
governo ha sostenuto che queste sono misure temporanee di
emergenza, ma al momento della stesura di questo documento, otto
mesi dopo la crisi di ottobre, centinaia di ragazzi hanno
dichiarato di subire torture e maltrattamenti dalle guardie del
FEBEM, dalle guardie carcerarie e dalla polizia militare. Essi
vengono reclusi in condizioni di estrema povertà, senza le cure
mediche necessarie e senza attività educative e ricreative.
Gli
adolescenti non sono stati separati a seconda dell’età, della
gravità del crimine o della stazza fisica. I trasferimenti sono
stati così caotici che i registri dei ragazzi non hanno seguito i
loro spostamenti nelle nuove unità.
Per
alcuni dei trasferiti che stavano già scontando sentenze e
ricevendo una certa formazione e assistenza finanziaria, il
movimento ha significato un considerevole deterioramento nelle
condizioni di detenzione. Gli avvocati dell’infanzia hanno
protestato perché i fondi sono stati destinati
all’installazione di strutture di sicurezza e non alla
costruzione di unità di detenzione di dimensione ridotte.
Il
Pubblico Ministero ha sostenuto due azioni civili e nove petizioni
contro il FEBEM e il governo di San Paolo basate sull’illegalità
delle strutture presso le quali sono stati trasferiti gli
adolescenti e sui continui fallimenti nel garantire i diritti
umani basilari e nell’attuare la convenzione socio-educativa
dell’ECA. La Corte Giovanile ha emanato degli ordini, obbligando
le autorità a conformarsi all’ECA. Il FEBEM ed il governo di
San Paolo sono ricorsi in appello e nella
prima azione civile, la Corte Statale di Appello ha sospeso
le decisioni della Corte Giovanile. Amnesty International è
convinta che sostenere il parere del governo, secondo il quale la
materia è unicamente riconducibile a questioni di sicurezza, la
Corte Statale di Appello è complice nel permettere che possano
andare avanti tali gravi violazioni dei diritti umani su un gran
numero di ragazzi.
IL
CENTRO DI OSSERVAZIONE DELLA CRIMINALITA’
Immediatamente
dopo la rivolta 130 ragazzi, molti dei quali non ancora
diciottenni, vennero trasferiti in questo centro che fa parte del
sistema carcerario per adulti. I Pubblici ministeri protestarono e
sostennero una azione contro il FEBEM ed il governo di San Paolo
perché gli adolescenti venissero urgentemente spostati da quel
luogo. La Corte Giovanile, durante una visita ispettiva al centro,
prese atto che le condizioni di detenzione erano buone e che
niente poteva far pensare che vi fossero violazioni dei diritti
umani. Tuttavia dissero anche che la situazione non era proprio
ideale, sebbene vi fossero condizioni di emergenza e ordinò che i
ragazzi venissero trasferiti in altre sedi entro 15 giorni. Il
FEBEM insieme al governo di San Paolo fecero appello contro questa
decisione. L’appello fu sostenuto dalla Corte Statale
d’Appello e la decisione della Corte
Giovanile fu sospesa in quanto l’appello tendeva
“esclusivamente ad evitare rischi di danneggiamenti all’ordine
pubblico, alla sicurezza, alla salute ed alle finanze”.
In
gennaio una ispezione del Pubblico Ministero trovò che 120
ragazzi erano rinchiusi nelle loro celle per diverse ore del
giorno e che, per il resto della giornata, avevano come uniche
attività il calcio e la tv. Uno di essi reclamò di stare al
FEBEM da due anni senza essere mai stato registrato in un corso
formativo o professionale. Il direttore dell’unità riferì che
la presenza dei ragazzi creava un clima di tensione tra i
prigionieri adulti, in quanto andavano ad occupare le celle
normalmente utilizzate per la valutazione dei prigionieri e la
rivisitazione delle loro sentenze al fine di evitare loro i
trasferimenti. Quando le guardie non erano presenti, i prigionieri
venivano seguiti da agenti carcerari ed i ragazzi si lamentavano
di aver subito minacce dalle guardie che facevano il turno di
notte. Il 18 novembre1999, A.S. fu picchiato da tre di queste
guardie con pezzi di ferro. Durante il pestaggio le guardie
immersero la sua testa in un lavandino investendola poi con un
gran flusso d’acqua. Tali guardie adesso sotto procedura
disciplinare e sotto inchiesta per tortura.
Il
Pubblico Ministero presentò un’altra petizione contro il FEBEM
ed il Governo di San Paolo. Venne fatto notare che i ragazzi
sarebbero rimasti al COC per almeno un anno e ciò avrebbe
richiesto l’installazione di unità e di uno staff educativo, di
assistenza sociale e psicologica, di cure mediche, di un aumento
delle guardie nonché della separazione degli adolescenti a
seconda dell’età, della stazza e della gravità del crimine.
Ancora una volta, la Corte di Appello Statale sospese l’ordine
della Corte Giovanile di intervenire in proposito.
IL
CARCERE DI SANTO ANDRE’
Il
caso di F.S. di 17 anni.
F.S.
fu maltrattato dalle guardie e dalla polizia quando fu trasferito
da Tatuapè a Santo Andrè. Mentre ricostruiva la sua
testimonianza ad un Pubblico Ministero, raccontò che lui era
malvisto dagli altri ragazzi perché provò ad aderire alle regole
e ad obbedire alle guardie. Ciò gli causò conseguenze terribili.
Il 26 novembre 1999 fu rapito dai compagni di cella. F.S. si
lamentò perché, sebbene il tutto cassò dopo un’ora, le
guardie non intervenirono. F.S., padre di un bambino, disse ai Pubblici Ministeri che
aveva la sensazione che la rapina gli rendesse difficile
affrontare la sua famiglia. Fu trasferito in un’altra unità e
ricevette cure psichiatriche, ma scappò mentre veniva portato in
ospedale per il trattamento di un’ernia. Le autorità ebbero sue
notizie solo il 23 marzo 2000, quando F.S. morì in seguito ad una
ferita da fucile alla testa.
Il
24 novembre 1999, 405 ragazzi furono trasferiti dalle truppe
antirivolta della polizia militare da Tatuapè alla prigione di
Santo Andrè. I rappresentanti del consiglio locale delle guardie,
mandati ufficialmente per monitorare l’applicazione dell’ECA,
ispezionarono i nuovi arrivati. Notarono che la polizia militare
abusava verbalmente dei ragazzi e che offriva loro acqua senza però
portarla loro e facendo invece un gran baccano bevendo loro
stessi. Il giorno seguente la polizia tentò di impedire
l’accesso all’area dove le guardie dovevano cercare i ragazzi,
ma in seguito gli ispettori poterono entrarvi e videro che i
ragazzi erano costretti a nascondersi nudi durante questo ricerca.
Un
gran numero di adolescenti sostiene che quando entrarono nel
carcere gli furono impartite le regole della casa: furono
costretti a correre tra due file di guardie mentre queste li
picchiavano con stanghe di ferro e bastoni. Inoltre, li
obbligarono a sedersi per terra e li fecero spogliare della
biancheria, poi con le mani sotto le gambe, gli davano calci e li
colpivano alla testa.
Successivamente
li mandarono sotto una doccia fredda per ridurre l’apparenza dei
lividi.
A.R.
dichiarò che dopo essere ritornato nella sua cella, una delle
guardie lo provocò dando della prostituta a sua madre. Quando
protestò la guardia lo condusse nel bagno e lo picchiò.
Dagli
esami effettuati su 95 ragazzi due giorni dopo il loro arrivo,
emerse che solo 16 di
loro non recavano contusioni.
Nella
riunione del 22 novembre, con presenti rappresentanti del governo
di San Paolo e del FEBEM, i difensori dei ragazzi sostennero che,
sebbene la prigione pubblica fosse inadeguata rispetto al
programma socio-educativo dell’ECA,
il carcere verrebbe gestito al di sotto delle sue
potenzialità, in quanto l’assistenza educativa e sociale
potrebbe essere impostata correttamente attraverso regole ben
precise. Tuttavia
divenne subito chiaro che tali promesse non sarebbero state
mantenute. Il 6 dicembre un’ispezione giudiziaria constatò che
i ragazzi non avevano l’accesso agli psicologi ed agli
assistenti sociali. Inoltre rilevarono che gli avvocati difensori
non potevano accedere a quasi il 90% dei casi, poiché i loro
dossier non erano stati trasferiti nella nuova sede. 34 ragazzi
tenuti sotto sicurezza, dovevano vivere in una cella di dodici
metri quadrati.
La
mancanza di personale era sorprendente: otto-dieci guardie per 300
detenuti.
Il
rapporto dell’ispezione giudiziaria concluse che:
“E’
evidente che nella struttura non vi è alcun programma
socio-educativo e che mancano perfino le infrastrutture base per
detenere adolescenti. Siccome lo staff è sottodimensionato e gli
adolescenti non seguono alcuna attività, il disordine regna ed in
controllo di una gran parte degli edifici sono controllati dai
detenuti stessi.
La
tensione degli adolescenti è nell’aria e la condizione di
rischio ed inattività che stanno sperimentando richiama ad
urgenti trasferimenti in strutture adeguate.
I
Pubblici Ministeri presentarono una petizione contro il FEBEM ed
il governo di San Paolo per invocare sia sospensione dei futuri
trasferimenti a Santo Andrè sia un periodo di trenta giorni
nel quale spostare gli adolescenti in appropriate unità.
Ancora una volta la Corte Statale di Appello sospese il tutto.
Un’altra petizione invocava che, nel caso gli adolescenti
avessero dovuto rimanere là, potessero usufruire delle cure
mediche adeguate e dei supporti educativi: anche questa fece la
stessa fine.
3.4
LA PRIGIONE DI PINHEIROS
Un’altra
unità di emergenza fu arrangiata a Pinheiros per ospitare i
detenuti trasferiti da Imigrantes.
Il
19 novembre 1999 i Pubblici Ministeri ispezionarono la struttura
dopo aver ricevuto denunce di maltrattamenti da un gruppo che
lavorava sui diritti dei bambini. Secondo F.A. le guardie
chiamarono le truppe anti-rivolta
dopo il pranzo del 15 novembre, quando i ragazzi rinchiusi
subito dopo il loro arrivo, reclamarono di uscire nel cortile
battendo sulle sbarre delle celle. Quando le truppe se ne
andarono, le guardie invasero le celle picchiando i ragazzi con
bastoni e barre di ferro. Una guardia che indossava scarponi con
la suola di legno, è sospettata di aver dato calci in testa,
nello stomaco e nella schiena a diversi ragazzi. Successivamente
ai pestaggi, le guardie sono sospettate di aver preso tutti i
vestiti dei ragazzi, i materassi ed i pigiami, lasciandoli a
dormire nudi sul cemento senza cena.
Un’ispezione
giudiziaria effettuata il 14 dicembre rinvenne insufficienti
livelli di igiene; l’acqua mancava dal giorno precedente ed i
detenuti non poterono lavarsi e bere per due giorni. Gli ispettori
notarono inoltre che i ragazzi non erano stati raggruppati per età,
dimensione fisica o gravità del crimina e che, ancora peggio,
quelli minacciati di morte da altri detenuti venivano rinchiusi
insieme ad essi. I ragazzi rimanevano in cella tutto il giorno. Le
condizioni di lavoro degli psicologi e degli assistenti sociali
erano inappropriate per la natura stessa del loro lavoro – tutti
e otto lavoravano in un’unica stanza senza la minima privacy per
i ragazzi.
L’ispezione
portò a dire che:
“Trasferendo
gli adolescenti in questo luogo, essi subiranno crudeltà e non
verranno rispettati, infrangendo i
diritti umani universali e l’ECA. Abbiamo notato che
anche lo staff è soggetto alle stesse violazioni, in quanto le
attuali condizioni di lavoro risultano diverse dalle precedenti e
non vi è stata alcuna preparazione al cambiamento.”
Una
petizione per il trasferimento dei ragazzi in altre unità, fu
ancora una volta raggirata dalla Corte Statale di Appello, cosi
come la successiva che invocava l’adeguamento di Pinheiros
all’ECA in cso i ragazzi dovessero rimanere in quel luogo per un
lungo periodo.
3.5
IL COMPLESSO DI TATUAPE’
Le
violazioni dei diritti umani continuano tuttora a Tatuapè. In
seguito ad una rivolta nell’unità terapeutica di riferimento (URT),
il 19 febbraio i pubblici ministeri intrapresero una ispezione. I
detenuti reclamarono che l’unità era utilizzata per le
punizioni e che la rivoltà fu causata da maltrattamenti e torture
subite in quel luogo. L’unità fu chiamata dai ragazzi “dongione”.
I pubblici ministeri trovarono al loro arrivo i ragazzi in
mutande, rinchiusi a gruppi di 4-5 in celle minuscole dotate di un
solo letto. Potevano uscire da esse solo mezz’ora al giorno. Uno
dei ragazzi, M.N. asserisce quando arrivo nell’URT in dicembre
del 1999, fu picchiato dalle guardie e piazzato in una cella con
una porta di ferro molto consistente e senza alcuna finestra.
Rimase lì da solo per più di 31 giorni, potendo uscire solamente
per prendersi il cibo.
I
ragazzi dissero che i maltrattamenti proseguirono per mesi. I
pestaggi venivano attuati principalmente di notte da un gruppo di
guardie provenienti da diverse unità del complesso chiamate “ninjas”.
I membri di tale gruppo vestono interamente in nero ed oscurano le
loro facce con dei passamontagna.
A.S.
afferma che la notte del 22 ottobre l’unità fu invasa dai
“ninjas” in rappresaglia per alcuni atti indisciplinati
compiuti da alcuni ragazzi durante il giorno. I ragazzi dovettero
strapparsi le mutande e fare i canguri, saltando tre volte per
vedere se qualcosa uscisse dalla loro biancheria. Poi
lui ed altri dieci vennero chiamati fuori e gli fu ordinato
di alzare una gamba mentre erano in fila. Uno di loro si rifiutò
e venne malmenato. Vennero in seguito fatti ritornare alle unità
in fila con le loro schiene contro il muro; nel mentre le guardie
li picchiavano allo stomaco. Successivamente gli fu ordinato di
stare sotto la doccia freddo per mezz’ora. Secondo il racconto
di S.J., il giorno seguente quei ragazzi non poterono utilizzare i
bagni. Uno di loro sferzò rumorosamente sulla porta pr andare in
bagno, e venne pestato dalle guardie.
Il
direttore dell’unità disse che i detenuti vennero trasferiti in
quanto le guardie sostennero che fossero fonte di guai ed
incitatori di rivolte. I ragazzi, per contro, dichiararono di non
essere stati informati sul perché del trasferimento né sulla sua
durata né sul loro destino in seguito.
La
decisione da parte della Corte Giovanile di ordinare la chiusura
dell’unità e lo spostamento degli adolescenti in strutture
appropriate venne sospesa dalla Corte Statela d’Appello.
Nel
maggio del 2000 il
complesso di Tatuapè, ancora sofferente di forte sovraffollamento
con un totale di 1200 carcerati, si ritrovò nuovamente in
rivolta e le truppe anti-rivolta furono chiamate per domare la
situazione. Alcuni ragazzi scapparono e la polizia sostenne che fu
lo staff del FEBEM a lasciarli andare. Il direttore del FEBEM ed
il segretario dell’Assistenza allo Sviluppo Sociale entrarono in
guerra con lo staff, accusandone i membri di aver provocato ansia
e collera tra i ragazzi tramite voci di corridoio riguardanti
trasferimenti a Parelheiros, in quanto lo staff stesso non voleva
essere spostato in quella sede. L’unione degli staff del FEBEM,
Sintraemfa, dal canto suo, accusò il presidente del FEBEM ed il
segretario di perpetuare l’instabilità
di Tatuapè con lo scopo di giustificare i trasferimenti a
Paralheiros.
Quando
questo documento stava andando in stampa, Amnesty International
ricevette informazioni che l’undici giugno vi era stata una
rivolta nella quale una guardia femminile fu gettata da un tetto
dai detenuti: essa accusò la rottura di ambedue le gambe.
3.6
IL CENTRO DI DETENZIONE FRANCO DA ROCHA
Nel
novembre 1999 in seguito alla distruzione del complesso di
Imigrantes, il governo di San Paolo iniziò la costruzione di un
nuovo complesso in Franco da Rocha. Esso era destinato ad ospitare
960 adolescenti. Nel maggio 2000 il FEBEM iniziò a trasferirvi
adolescenti sebbene l’opera non fosse ancora terminata e non vi
fossero state installate le infrastrutture e lo staff necessario
per fornire i bisogni basilari, l’educazione, la ricreazione e
l’accompagnamento dei casi. A dispetto del cospicuo costo per
sicurezza e sorveglianza,
dopo due settimane dall’insediamento
un’inondazione di rivolte proruppe nel carcere. Torture,
maltrattamenti e inadeguate condizioni di detenzione furono i
moventi. Durante le rivolte, i ragazzi smantellarono letti e
fecero buchi nei muri tra una cella e l’altra, sollevando dubbi
circa la qualità della costruzione. Alcuni detenuti scapparono
semplicemente arrampicandosi su un recinto e raggiungendo poi un
tetto.
Da
quando ci fu il primo trasferimento, gli adolescenti subirono
maltrattamenti dallo staff del FEBEMe dalla polizia. Il 4 maggio
dissero ai pubblici ministeri che al loro arrivo dovettero correre
tra due file di guardie mentre queste li picchiavano. Il 3 di
maggio delle guardie invasero l’ala G pestando 12 ragazzi. 28
dei 36 residenti nell’ala G presentavano lividi principalmente
sulla schiena. Non vi erano nemmeno saponi, spazzolini e lenzuola
per i ricambi. Una ispezione giudiziaria mise in evidenza che i
reclusi erano bloccati nelle loro celle anche per diversi giorni e
soffrivano d’ansia in quanto non ricevevano alcuna informazione
né sui loro futuri movimenti né sulle loro procedure legali. Gli
assistenti sociali e gli psicologi tentarono di lavorare con
informazioni non complete su chi doveva partire e chi
poteva rimanere. I detenuti non venivano separati per età o
gravità di crimine commesso.
Gli
infermieri si pronunciarono come segue sulla salute mentale dei
ragazzi:
“J.S.
soffriva di tremore, si sentiva debole, perse la coscienza per
alcuni minuti ed era impaurito e nervoso. Aveva urgente bisogno di
uno psicologo.”
“Nelle
facce degli intervistati e nelle mani tremanti di alcuni di loro,
potemmo osservare i danni emotivi che questo ambiente provoca.”
Il
Pubblico Ministero richiese un ordine della corte col quale
reclamare per un miglioramento delle infrastrutture e dello staff.
Vennero anche richieste le dimissioni del direttore dell’unità,
un uomo sospettato da molti adolescenti di aver direttamente
partecipato ai maltrattamenti. La Corte Giovanile accordò
l’ordine. Il 9 giugno la Corte Statale di Appello sospese
l’ordine. In seguito il FEBEM annunciò che non avrebbe aperto
una nuova inchiesta sulla presunta partecipazione del direttore ai
maltrattamenti, in quanto la precedente inchiesta interna non mise
in evidenza alcuna prova contro di lui.
3.7
PARELHEIROS PRISON
“L’istituzione
è un disastro. E’ un errore pensare che l’istituzione sia la
soluzione, è costosa per la società e non risolve i problemi dei
bambini”
Martha Godinho, Ex-Segretario dell’Assistenza allo
Sviluppo Sociale
Durante
i primi dieci anni dell’ECA i pubblici ministeri, le
associazioni, le commissioni parlamentari di inchiesta, i consigli
di stato per i diritti umani, i consigli di tutela e le
organizzazioni per i diritti umani, intrapresero innumerevoli
visite ispettive e consegnarono alle autorità di San Paolo
numerosi rapporti dettagliati, denunciando le condizioni disumane
e disumanizzanti dei centri FEBEM.
Tre
sono le istituzioni che hanno il potere di applicare e monitorare
l’ECA e intraprendere visite ispettive a sorpresa in ogni
momento ed in strutture chiuse: i Pubblici Ministeri, i consigli
di tutela ed i consigli giudiziari eletti su base locale. Anche i
deputati federali possono effettuare ispezioni. I meccanismi per
l’applicazione dell’ECA includono l’elezione di consigli a
livello federale, statale e municipale composti da rappresentanti
della società civile e del governo. Questi potranno prendere
decisioni sulle politiche giovanili nella loro giurisdizione e
sulla ripartizione dei fondi. A livello municipale hanno un ruolo
di tipo gestionale: annualmente ispezionano le istituzioni che
ospitano bambini per verificare che rispettino le direttive
dell’ECA e per dare loro l’autorizzazione ad andare avanti.
A
San Paolo tale autorizzazione non è stata concessa. Il Consiglio
Comunale per i Diritti dei Bambini e degli Adolescenti di San
Paolo, CMDCA, ha ritirato la registrazione al programma di
detenzione del FEBEM. Il Consiglio di Stato per i Diritti dei
Bambini e degli Adolescenti, CONDECA, ha inviato una serie di
raccomandazioni alle autorità, tramite una risoluzione basata
sull’ “innegabile inefficienza dei programmi
socio-educativi”.
In
San Paolo tutte queste istituzioni
hanno verificato che il FEBEM stava violando non solo l’ECA,
ma anche i più basilari diritti umani degli adolescenti. Tutte
quante hanno enfatizzato l’esigenza di investire sul personale e
sulla sua formazione e di decentralizzare i grossi centri di
detenzione in piccole unità più gestibili. Hanno poi screditato
il modo nel quale il governo di San Paolo sta gestendo il FEBEM.
Il governo tuttora ignora costantemente queste denunce ed, in
effetti, si è piazzato al di sopra della legge.
4.1
BREVE CRONISTORIA DI UNA CRISI ANNUNCIATA
13
luglio 1990: Con
unanime consenso e
sulla base degli standards internazionali, viene creato l’ECA;
ciò viene percepito come un’importante passo in avanti per i
diritti umani in Brasile.
14
ottobre 1992: Il
Pubblico Ministero porta avanti un’azione civile contro il FEBEM
ed il governo di San Paolo sulla base dei suoi fallimenti
nell’adempimento alle regole dell’ECA nel complesso di Tatuapè
– UAP-1. Le visite dei P.M. e della Commissione per i Diritti
Umani delle Associazioni di Base
trovano un grave sovraffollamento. Notano poi che il
numero degli assistenti sociali, degli psicologi e delle guardie
è insufficiente per seguire i prigionieri.
Gli
adolescenti dichiararono di aver dovuto fare la coda per un’ora
o più per usare le docce ed i bagni. Non era presente il dottore
e tutti i trattamenti medici venivano effettuati da un infermiere
ausiliario. In un documento consegnato al Direttore di Tatuapè,
il Coordinatore di UAP-1 rese noto che era impossibile
“mantenere questo livello di affollamento”.
L’azione
richiese la determinazione di un tempo limite nel quale il FEBEM
avrebbe dovuto prendere provvedimenti per risolvere il problema
del sovraffollamento e della carenza di personale.
Ottobre
1992:
Una rivolta distrusse parte di Tatuapè. Gli adolescenti
vennero trasferiti nel complesso di Imigrantes, il quale doveva
ospitarli temporaneamente.
30
Marzo 1993: Almeno 40
adolescenti furono picchiati ed accusarono altre forme di
maltrattamento da parte delle guardie, della polizia militare e da
membri di compagnie private di vigilanza sotto contratto col
FEBEM, al termine di una rivolta
domata. Sei ragazzi finirono in ospedale. L’operazione
era sotto il controllo di un capo della sicurezza che era allora
già sotto inchiesta per presunti pestaggi e maltrattamenti dei
detenuti nel 1991. Una inchiesta su questo caso è stata in
seguito archiviata.
18
Agosto 1995: La Corte
Giovanile sostiene la petizione del Pubblico Ministero ed ordina
al FEBEM ed al governo di San Paolo di prendere una serie di
misure per migliorare le condizioni nelle unità di detenzione.
In
una sentenza di 68 pagine il giudice condanna
le croniche e spaventose carenze di personale a Imigrantes,
e rileva che il governo dello stato è negligente nel “negare
senza alcuna giustificazione i fondi al FEBEM, che adesso si trova
in una situazione di insostenibile e caotica precarietà che lo
sta portando al tracollo”
Successivamente,
FEBEM e governo di San Paolo si appellano contro questa decisione.
L'appello viene respinto dalla Corte Statale di Appello nel 1997.
Ulteriori appelli a livello federale sono attualmente pendenti
alla Corte Federale Suprema ed alla Corte Suprema di Giustizia.
16
Settembre 1997: Viene istituita una Commissione Statale di
Inchiesta composta da membri di differenti partiti. I suoi scopi
sono quelli di investigare sulle cause che generano fughe
giornaliere dai carceri di Imigrantes e Tatuapè, sulle
irregolarità amministrative presenti nei contratti relativi al
personale e sulle pratiche mediche illegali all’interno del
FEBEM.
5
Novembre 1997: Una rivolta di massa scoppia nel FEBEM e viene
placata dalla squadra anti-rivolta della polizia militare. I
ragazzi vengono disposti in fila, nudi con la biancheria a parte,
e vengono lasciati per ore sotto il sole cocente senza cibo né
acqua. I ragazzi sostengono inoltre che la polizia militare
picchio i fuggitivi bloccati.
21
Marzo 1998: Una delegazione di Amnesty International in visita ad
Imigrantes notifica crudeltà e condizioni di detenzione inumane e
degradanti: grave sovraffollamento; mancanza di separazione tra
gli adolescenti con diverse pene, sentenze pendenti, età, stazza
fisica o gravità del crimine commesso; una totale assenza di
attività per i ragazzi; una grave ignoranza dei ragazzi circa il
progredire dei loro stessi casi;
un’igiene insoddisfacente. La delegazione ascolta anche
dei ragazzi e viene a sapere di pestaggi operati dalle guardie con
bastoni e barre di ferro. I delegati di Amnesty International
trovano tali arnesi nascosti all’esterno dei cancelli: ciò
sembra confermare la versione dei ragazzi.
2
Marzo 1999: Il rapporto della Commissione Parlamentare di
Inchiesta sul FEBEM rileva le “urgenti e tralasciate necessità
di cambiare il FEBEM” adeguandolo alle direttive dell’ECA;
emette inoltre delle raccomandazioni. Successivamente la
raccomandazione di destituire il presidente del FEBEM fu rivista
in un’altra versione del rapporto, a causa di pareri discordanti
all’interno della commissione.
23
Giugno 1999: Amnesty International pubblica il rapporto:
“Brasile: nessuno qui dorme sonni tranquilli: violazioni dei
diritti umani dei detenuti, AMR 19/09/99, la quale include
informazioni sulle violazioni dei diritti umani contro i giovani
detenuti in tutto il Brasile, comprendendo anche Imigrantes e
Tatuapè.
30
Agosto 1999: Il Pubblico Ministero porta avanti una petizione
contro il FEBEM ed il governo di San Paolo a proposito dei
fallimenti nell’applicazione dell’ECA a Imigrantes, basata
sulle relazioni tecniche consegnate dal Dipartimento di Controllo
degli Edifici, CONTRU, da ispettori della sicurezza e della sanità,
dai vigili del fuoco, dagli ispettori epidemiologici e dagli
esperti del P.M. Tali reports descrivono una situazione di
completo decadimento per quanto riguarda sanità e sicurezza. Il
P.M. invoca interventi di miglioramento per le strutture e gli
edifici in linea con quanto consigliato dal CONTRU e dai vigili
del fuoco; che il numero delle guardie venga commisurato al numero
di detenuti; che vengano forniti i materiali per l’igiene dei
ragazzi; che vengano assunto personale per l’accompagnamento e
l’educazione dei ragazzi. Viene inoltre documentato un incidente
con maltrattamenti su 70 ragazzi.
30
Agosto 1999: La Corte Giovanile
sostiene la petizione del P.M. e definisce un limite
temporale entro il quale FEBEM e governo debbono provvedere
all’adeguamento.
3
Settembre 1999: La Corte Statale di Appello accoglie il ricorso di
FEBEM e governo e sospende la decisione della Corte Giovanile.
11
Settembre 1999: Una rivolta ad Imigrantes accende l’attuale
crisi.
5.
SCREDITAMENTO DEI DIFENSORI DEI DIRITTI UMANI
Amnesty
International è particolarmente convinta che le dichiarazioni
pubbliche abbiano mirato ad insidiare i difensori dei diritti
umani e gli avvocati dell’infanzia. Il 15 maggio del 2000 al
reggente della Commissione per i Diritti Umani dell’Assemblea
Legislativa, Renato Simoes e ad un rappresentante del Consiglio di
Stato per i Diritti Umani, CONDEPE, Padre Julio Lancelotti, fu
illegalmente impedito
di entrare in Franco da Rocha, dopo una conversazione telefonica
tra il presidente del FEBEM ed il direttore dell’unità.
Poterono accedere all’unità solamente dopo aver telefonato al
Segretario per l’Assistenza allo Sviluppo Sociale. Dopo che se
ne andarono, nel carcere scoppiò una rivolta. Il governatore
accusò pubblicamente Renato Simoes e Padre Julio Lancellotti
di aver incitato la rivolta. Incolpò poi il P.M. Dr. Ebenèzer
Salgado Soares, sebbene lui non si fosse recato all’unità.
Queste
insinuazioni incrementano il rischio per i difensori dei diritti
umani. Anche membri di organizzazioni non governative che seguono
i casi di adolescenti, sono già stati vittime di minacce ed
intimidazioni. Padre Julio Lancellotti e Valdênia Aparecida
Paulino hanno ricevuto minacce telefoniche anonime in relazione al
loro lavoro in favore dei detenuti del FEBEM. Anche lo staff del
FEBEM ha seguito questa linea, agendo in maniera intimidatoria nei
loro confronti e nei confronti di altri difensori: impedirono il
loro accesso alle unità, oppure, una volta entrati, bloccandoli
nei cortili delle prigioni con gli adolescenti, nel tentativo di
provocare questi ultimi a prenderli in ostaggio.
Il
governo di San Paolo ha pubblicamente criticato i P.M. per aver
distribuito ai media fotografie e video circa le condizioni
raccapriccianti nei carceri e le torture.
CONCLUSIONI
E RACCOMANDAZIONI
“Non
sono le guardie che distruggono le cose. Non è neanche la
polizia. Loro giunsero [in Franco da Rocha] la scorsa settimana e
si sono già verificate due ribellioni. Ma contro che cosa? Non si
sono mai sentite lamentele sul cibo nel centro FEBEM. Non ho mai
letto alcun lamento sul cibo. Ma allora, perché cosa si
lamentano?”
Dr.
Mario Covas, Governatore
di San Paolo
Amnesty
International riconosce che gli adolescenti sotto detenzione nelle
unità FEBEM possono aver commesso crimini gravi, che alcuni tra
loro possono rappresentare un pericolo per la società e che le
autorità di San Paolo hanno il dovere di proteggere la
popolazione dalla criminalità violenta.
Amnesty
Intenational riconosce inoltre le enormi difficoltà che devono
affrontare tali
autorità nel tentativo di risolvere problemi istituzionali
trincerati per decenni dalla negligenza di diversi governi ed
ammette che non sia possibile ritrovare una soluzione definitiva
in tempo breve.
Tuttavia,
Amnesty International ha ravvisato un rifiuto sbalorditivo da parte del governo di
San Paolo nel riconoscere le continue torture, maltrattamenti e
crudeltà e ritiene che i fallimenti del governo stesso in questo
campo consentano una continuazione delle violazioni dei diritti
umani su migliaia di detenuti.
Il
trasferimento di centinaia di adolescenti in complessi di massima
sicurezza, le ripetute comunicazioni di torture e maltrattamenti
da parte della polizia e delle guardie gli insuccessi nel fornire
adeguate infrastrutture per la custodia e la riabilitazione dei
giovani delinquenti, pone il governo di San Paolo in una evidente
contrapposizione tra quanto dichiara e quanto applica in pratica.
Nonostante il programma di cambiamenti pubblicato lo scorso
novembre, le dichiarazioni alla stampa da parte del governatore,
del Segretario per l’Assistenza allo Sviluppo Sociale e del
Presidente del FEBEM, rivelano un vuoto politico ed una mancanza
di volontà politica nell’attuare le riforme nei centri
giovanili di detenzione. Hanno tentato di spostare la
responsabilità della crisi sulla corte, sui P.M. sugli attivisti
per i diritti umani dei bambini, sui parlamentari
dell’opposizione e sullo staff del FEBEM. Amnesty International
è particolarmente convinta che queste mosse possano incrementare
il rischio di minacce ed intimidazioni per chi difende i diritti
dei bambini.
Il
governo di San Paolo, nel tentativo di allontanare l’attenzione
dalle torture e dai meltrattamenti, ha altresì tentato di
accentuare oltre il reale che i detenuti nei centri FEBEM sono un
pericolo per la società, in modo tale da assecondare la paura
della gente nei confronti della criminalità violenta. E’ stato
detto che non ci sono problemi con il FEBEM in sé e che nella
maggior parte delle unità la situazione non è problematica, che
solamente tre centri sono in crisi e che ciò riflette la natura
aggressiva e pericolosa dei detenuti. Amnesty International non è
al corrente di dichiarazioni che riconoscano a governi successivi
di aver fallito nel compito
di prendersi cura di migliaia di adolescenti.
Amnesty
International pensa che il governo di San Paolo abbia raggirato la
legislazione sulla protezione dei bambini e degli adolescenti e
che abbia ignorato le istituzioni inviate a verificare
l’applicazione di tali leggi: la Corte Giovanile, il Pubblico
Ministero ed il consiglio per la tutela. L’organizzazione
inoltre, ritiene che la Corte Statale di Appello abbia supportato
il governo allorquando questo si è rifiutò di applicare l’ECA
in taluni centri del FEBEM, consentendo violazioni dei diritti
umani di base.
I
piani di nuove costruzioni non potranno fermare il circolo vizioso
di violenza all’interno dei centri FEBEM. Il problema della
sicurezza pubblica ha oscurato la carenza cronica di personale e
la mancanza di formazione e di supporto al personale stesso, nonché
la tolleranza generalizzata nei confronti di torture e
maltrattamenti ai detenuti. Il governo di San Paolo dovrebbe
urgentemente intervenire sulle cause che provocano tali violazioni
dei diritti umani.
Tali
problematiche sono quelle di tutto il Brasile. Sono dieci anni che
esiste l’ECA, ma in gran parte del paese sono rimaste solo su
carta. Il Governo Federale è responsabile per l’applicazione di
questa importante legislazione nella federazione.
INDICAZIONI
AL GOVERNO DI SAN PAOLO
Il
governo dovrebbe intraprendere urgentemente una approfondita
rivisitazione della sua politica con particolare riguardo alla
detenzione giovanile ed alle gravi violazioni dei diritti umani di
base su centinaia di adolescenti. Una revisione della politica
dovrebbe tendere ad un totale adeguamento alle linee dell’ECA.
Allo
staff del FEBEM
·
Il personale del FEBEM, gli ufficiali di polizia e
le guardie carcerarie implicate in atti di tortura o
maltrattamento nei confronti dei detenuti, dovrebbero essere
sospese immediatamente dal lavoro per tutta la durata della
relativa inchiesta. Il personale ritenuto responsabile di tali
atti dovrebbe venire giudicato da un tribunale.
·
Si rendono necessari urgenti investimenti sul
personale e sulle guardie: nuove assunzioni, programmi di
formazione specifici e supporto per il personale vittima di
aggressioni.
·
E’ opportuno che venga redatto un regolamento
chiaro sulle regole a cui i detenuti devono attenersi e che questo
sia disponibile anche per lo staff.
Polizia
e guardie carcerarie
·
Se vi sono dei sospetti di torture e maltrattamenti
durante i trasferimenti, questi vanno indagati subito.
·
I poliziotti e le guardie implicate in tali fatti
debbono essere sospesi dal lavoro per tutta la durata
dell’inchiesta.
·
Quelli trovati colpevoli debbono essere processati.
Centri
di detenzione del FEBEM
·
Urgono
provvedimenti immediati per porre fine al sovraffollamento ed alle
carenze igieniche
·
Le unità FEBEM dovrebbero essere dotate di
infermeria e ambulatorio dentistico
·
Il programma di decentralizzazione del sistema di
detenzione giovanile del FEBEM dovrebbe essere completato senza
ulteriori ritardi
·
Il trasferimento degli adolescenti negli istituti
per adulti ed in strutture non propriamente equipaggiate per loro
dovrebbe terminare
Adolescenti
in detenzione
·
I detenuti con sentenze pendenti dovrebbero essere
tenuti separati da quelli dichiarati colpevoli
·
I detenuti dovrebbero essere separati per età, gravità del crimine e taglia fisica,
nonché in base al loro stato giuridico (sia esso provvisorio o
definito)
·
I detenuti dovrebbero avere libero accesso circa lo
stato di avanzamento dei loro procedimenti giuridici.
·
Gli adolescenti con problemi mentali non dovrebbero
essere rinchiusi nei centri di detenzione giovanile.
Misure
socio-educative.
·
Il governo di San Paolo dovrebbe disporre delle
risorse per il reclutamento e la preparazione di un sufficiente
numero di insegnanti, istruttori,
assistenti sociali e psicologi in grado di fornire
agli adolescenti trattamenti individualizzati per favorire
il loro reinserimento nella società.
·
Il governo dovrebbe farsi promotore di
programmi per l’applicazione delle pene non cautelari, in
modo tale da lasciare ai P.M. ed alle corti la possibilità di
applicare sentenze diversificate.
·
Il governo dovrebbe proporre soluzioni alternative
alla detenzione per i ragazzi in attesa di sentenze.
I
difensori dei diritti dei bambini
·
Ai rappresentanti ufficialmente inviati a monitorare
i centri di detenzione, dovrebbe essere dato libero accesso negli
stessi senza paura di ostruzionismi ed intimidazioni.
·
Allorquando insorgano sospetti di minacce ed
intimidazioni, si rendono necessarie inchieste in proposito e, in
presenza di colpevoli, si deve applicare quanto la giustizia
prevede in merito.
·
Le dichiarazioni ufficiali del dovrebbero cessare
quanto prima, in quanto mirano a screditare il lavoro dei
difensori dei diritti e li pongono in situazioni di rischio.
INDICAZIONI
PER IL GOVERNO FEDERALE
·
Il Governo Federale dovrebbe immediatamente rivedere
l’applicazione dell’ECA e rivisitare le sue negligenze nel
proteggere i giovani detenuti dalle violazioni dei diritti umani.
APPENDIX
Statuto
dei Bambini e degli Adolescenti
Le
infrazioni
Capitolo
I
Condizioni
generali
Art.
103
|
Infrazione
è considerato un atto descritto come crimine o misfatto
|
Art.
104
|
Per
quanto contenuto in questa legge, i minori di anni 18 non
son penalmente perseguibili
|
Comma
|
Visti
gli intenti di questa legge, l’età degli adolescenti va
considerata alla data del fatto perseguibile.
|
Art.
105
|
Le
misure specificate nell’art. 101 corrisponderanno alle
infrazioni praticate da un bambino.
|
|
|
Capitolo
2
|
Diritti
individuali
|
|
|
Art.
106
|
Gli
adolescenti non verranno privati della loro libertà, a meno
che non vengano trovati in flagrante oppure vi sia un ordine
scritto e appropriato dell’autorità giudiziaria
competente.
|
Comma
|
Gli
adolescenti hanno il diritto di identificare le persone che
li hanno arrestai e dovrebbero essere informati in
proposito.
|
Art.
107
|
L’arresto
di un adolescente ed il luogo nel quale viene inviato vanno
notificati immediatamente all’autorità giudiziaria
competente ed alla famiglia o a chi da lui indicato.
|
Comma
|
La
possibilità del rilascio immediato sarà esaminata al
momento e sarà soggetta a responsabilità punibili.
|
Art.
108
|
Il
trattenimento antecedente alla sentenza può durare al
massimo 45 giorni.
|
Comma
|
La
decisione dovrebbe essere basata su prove certe, siano esse
materiali e non, e la necessità della misura adottata
dovrebbe essere dimostrabile.
|
Art.
109
|
Gli
adolescenti identificati per via civile non saranno soggetti
all’identificazione obbligatoria da parte della polizia,
delle entità giuridiche e di protezione, eccetto seri dubbi
che necessitino di confronti.
|
|
Capitolo
3
|
Garanzie
procedurali
|
|
|
Art.
110
|
Gli
adolescenti non verranno privati della loro libertà se non
tramite un processo legale.
|
Art.
111
|
Agli
adolescenti vengono peraltro assicurate le seguenti
garanzie:
|
|
|
I
|
Conoscenze
formali e complete sull’imputazione di un infrazione
tramite contestazione dell’accusa o mezzi equivalenti;
|
II
|
Equipollenza
nelle relazioni procedurali, col diritto di confrontare
vittime e testimoni e produrre l’evidenza necessaria per
la difesa;
|
III
|
Difesa
tecnica portata avanti da un avvocato;
|
IV
|
Assistenza
legale completa e gratuita a chi ne ha bisogno, in
ottemperanza ai termini di legge;
|
V
|
Diritto
di essere ascoltato personalmente dall’autorità
competente;
|
VI
|
Diritto
di richiedere la presenza dei propri genitori o di un tutore
in ogni momento degli atti giuridici.
|
|
|
Capitolo
4
|
Misure
socio-educative
|
Sezione
I
|
Condizioni
generali
|
|
|
Art.
112
|
Una
volta accertata l’esistenza di una infrazione, l’autorità
competente può applicare le seguenti misure
sull’adolescente:
|
I
|
Avvertimento
|
II
|
Obbligo
a riparare il danno
|
III
|
Servizio
in una comunità
|
IV
|
Libertà
assistita
|
V
|
Inclusione
in un sistema di semi-libertà
|
VI
|
Internato
in una istituzione educativa
|
VII
|
Qualsiasi
misura specificata nell’art. 101 (I-IV)
|
Comma
I
|
La
misura adottata sull’adolescente conferirà considerazione
alla sua capacità di conformarsi alla stessa, alle
circostanze ed alla gravità dell’infrazione.
|
Comma
II
|
Il
lavoro forzato non è permesso in nessun caso.
|
Comma
III
|
Gli
adolescenti portatori di malattie o di deficienze mentali
riceveranno trattamenti individualizzati e specifici in
luoghi e condizioni opportune.
|
Art.
113
|
Le
condizioni negli art. 99 e 100 si rifanno a questo capitolo.
|
Art.
114
|
L’imposizione
delle misure nei punti II e IV dell’art. 112 presuppone
l’esistenza di sufficienti prove di responsabilità e
materiali per l’infrazione, eccetto i casi di remissione
in ottemperanza all’art. 127.
|
Comma
|
L’avvertimento
può essere applicato allorquando c’è
prova materiale o sufficiente prova di responsabilità.
|
|
|
Sezione
II
|
Avvertimento
|
|
|
Art.
115
|
L’avvertimento
sarà verbale ed espressa per iscritto con firma.
|
|
|
Sezione
III
|
L’obbligo
di riparare i danni
|
|
|
Art.
116
|
Nel
caso di infrazione con effetti sul patrimonio, l’autorità
può, determinare che l’imputato provveda a riparare i
danni, a rimborsare o in alternativa a compensare la perdita
della vittima.
|
Comma
|
Se
ciò fosse chiaramente impossibile, la misura può venire
sostituita con un’altra che si adatti alla condizione.
|
|
|
Sezione
IV
|
Il
servizio in comunità
|
|
|
Art.
117
|
Esso
consiste nel portare avanti gratuitamente un compito di
interesse generale per un periodo non superiore ai sei mesi.
Viene praticato in enti di assistenza, ospedali, scuole e
istituzioni del genere, cosi come in comunità e programmi
governativi.
|
Comma
|
Il
compito verrà assegnato rispettando le attitudini del
ragazzo e dovrebbe occupare un tempo di massimo di otto ore
a settimana. Può venire svolto anche di sabato, di
domenica, nei giorni festivi e lavorativi, purché non
impedisca la frequenza scolastica o lavorativa.
|
|
|
Sezione
V
|
Libertà
assistita
|
|
|
Art.
118
|
La
libertà assistita verrà adottata quando venga considerata
la misura più adatta per monitorare, aiutare e orientare il
ragazzo.
|
Comma
1
|
L’autorità
dovrà designare una persona adeguata per seguire il caso;
l’indicazione di tale persona può derivare da un
programma di cura applicato sul ragazzo.
|
Comma
2
|
La
libertà vigilata verrà determinata per un periodo massimo
di sei mesi e può venire estesa, revocata o sostituita in
ogni momento da un’altra misura, se il consigliere,
l’Ufficio della Procura Generale e il difensore siano
stati debitamente interpellati.
|
Art.
119
|
Con
il supporto e la supervisione dell’autorità competente,
il consigliere
ha il compito di adempiere i seguenti doveri:
|
I
|
Promuovere
socialmente il ragazzo e la sua famiglia, fornendo loro
l’orientamento e, se necessario, facendoli rientrare in un
programma comunitario o governativo per l’aiuto e
l’assistenza sociale;
|
II
|
Supervisionare
l’andamento e la frequenza scolastica e, se necessario, la
sua iscrizione;
|
III
|
Implementare
le sue capacità professionali ed il suo inserimento nel
mondo del lavoro;
|
IV
|
Presentare
una relazione sul caso in studio.
|
|
|
Sezione
VI
|
|
|
Il
sistema della semilibertà
|
|
|
Art.
120
|
Il
sistema della semilibertà può essere applicato
dall’inizio come una forma di transizione verso il sistema
aperto, attuando in tal modo attività esterne,
indipendentemente dall’autorizzazione giudiziaria.
|
Comma
1
|
L’educazione
e l’istruzione professionale sono obbligatori e, quando
possibile, dovrebbero essere utilizzate a questi scopi le
risorse disponibili nella comunità.
|
Comma
2
|
La
misura non è soggetta a limitazioni di tempo e, dove
possibile, le condizioni relative all’internato.
|
|
|
Sezione
VII
|
Internato
|
|
|
Art.
121
|
In
base al principio della brevità l’internato è una misura
che priva di libertà. Può essere applicato in casi
eccezionali e particolari.
|
Comma
1
|
La
pratica di attività esterne potrà venire concessa a
discrezione dello staff tecnico, a meno non vi sia stata una
espressa e contraria delibera giudiziaria.
|
Comma
2
|
La
misura non è soggetta a specifici periodi di tempo ed il
mantenimento della stessa dovrebbe venire rivalutato almeno
ogni sei mesi, sulla base di opportune decisioni.
|
Comma
3
|
Il
periodo non può in ogni casi eccedere i tre anni.
|
Comma
4
|
Una
volta raggiunto il periodo dei tre anni, l’adolescente
dovrebbe essere rilasciato e destinato alla semilibertà o
alla libertà vigilata.
|
Comma
5
|
Il
rilascio è obbligatorio a ventuno anni.
|
Comma
6
|
In
ogni caso, la sospensione dell’internato sarà preceduta
dall’autorizzazione del giudice, dopo che l’Ufficio
della Procura Generale sia stato debitamente interpellato.
|
Art.
122
|
La
misura dell’internato può essere applicata solo quando:
|
I
|
Il
caso implichi una infrazione commessa per mezzo di gravi
minacce o di violenza verso una persona;
|
II
|
Il
caso implichi ripetizioni di altre gravi infrazioni;
|
III
|
Il
caso implichi reiterati ed ingiustificati fatti di
non-conformità alle misure imposte in precedenza.
|
Comma
1
|
Nel
caso del punto III di questo articolo, il periodo di
internato non può estendersi oltre i tre mesi.
|
Comma
2
|
Non
deve essere disposto l’internato quando si possono
applicare altre misure.
|
Art.
123
|
L’internato
si dovrebbe svolgere in un ente esclusivamente riservato ad
adolescenti, in un luogo separato da quello adibito alla
protezione, con rigorosi criteri di raggruppamento in base
all’età, alla taglia fisica, al temperamento ed alla
gravità dell’infrazione.
|
Comma
|
Durante
tale periodo, comprendendo qui anche gli internati
temporanei, le attività pedagogiche sono obbligatorie.
|
Art.
124
|
I
diritti degli adolescenti privati della libertà sono i
seguenti:
|
I
|
Avere
un colloquio personale con i rappresentanti dell’Ufficio
della Procura Generale;
|
II
|
Presentare
direttamente ricorso ad una qualsiasi autorità;
|
III
|
Incontrare
privatamente il proprio difensore;
|
IV
|
Essere
informato sullo status del suo processo tutte le volte che
lo richieda;
|
V
|
Essere
trattato con dignità e rispetto;
|
VI
|
Rimanere
internato nello stesso luogo dove abitano i parenti o nel
luogo a loro più vicino;
|
VII
|
Ricevere
visite, perlomeno settimanali;
|
VIII
|
Inviare
e ricevere corrispondenza alla famiglia ed agli amici;
|
IX
|
Poter
usufruire degli oggetti necessari alla cura e all’igiene
personale;
|
X
|
Vivere
in un alloggio pulito e in buone condizioni igieniche;
|
XI
|
Poter
studiare ed accedere all’istruzione professionale;
|
XII
|
Poter
praticare attività sportive, culturali e ricreative;
|
XIII
|
Poter
utilizzare i mass-media;
|
XIV
|
Usufruire
dei servizi religiosi a seconda della fede praticata e nei
tempi richiesti;
|
XV
|
Possedere
oggetti personali e avere a disposizione un posto sicuro
dove depositarli;
|
XVI
|
Ricevere
i suoi documenti personali essenziali per vivere nella
società al momento della partenza dalla struttura.
|
Comma
1
|
L’incomunicabilità
non è tollerata.
|
Comma
2
|
L’autorità
giudiziaria può temporaneamente sospendere le visite,
comprese quelle di parenti e tutori, qualora esistano serie
e fondate ragioni che facciano supporre tali visite
pregiudizievoli per
l’interesse del detenuto.
|
Art.
125
|
E’
un dovere dello stato farsi cura dell’integrità mentale e
fisica dell’internato e, a questo scopo, possono essere
adottate opportune misure di confinamento e sicurezza.
|
|
|
Capitolo
5
|
Remissione
|
|
|
Art.
126
|
Prima
che inizino i procedimenti giudiziari sull’infrazione, il
rappresentante dell’Ufficio della Procura Generale può,
in risposta alle circostanze e conseguenze del fatto, al
contesto sociale e personale dell’imputato e al grado di
partecipazione nell’infrazione, concedere la remissione
escludendolo dagli atti stessi.
|
Comma
|
Qualora
i procedimenti siano iniziati, la concessione della
remissione da parte dell’autorità giudiziaria comporterà
la sospensione o l’estinzione degli atti stessi.
|
Art.
127
|
La
remissione non implica necessariamente riconoscimento o
avvaloramento della responsabilità, né prevalenza di scopi
pregressi, e può
occasionalmente includere l’applicazione di una delle
misure specificate dalla legge, eccetto semilibertà ed
internato.
|
Art.
128
|
Le
misure applicate attraverso la remissione possono essere
riviste dai giudici in ogni momento, sulla base di una
espressa richiesta della parte accusata o dell’Ufficio
della Procura Generale.
|
NB:
si ringrazia Marco Tasin per la traduzione
|