Voci sulla legge Fini-Bossi

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 Riflessione sulla situazione del fenomeno migratorio in Italia anche alla luce della legge Fini Bossi

- Nessun essere umano è clandestino
- Voci sulla legge Fini Bossi; l'opinione di Monsignor Nogaro, Alex Zanotelli, Don Ciotti, Marco Revelli, Sebastiano Dho (vescovo di Alba)
- Considerazioni della CARITAS sul Disegno Di Legge in materia di immigrazione e asilo, approvato dal Consiglio dei Ministri (formato .pdf)
- Non sono pericolosi, sono in pericolo: per costruire una rete di protezione e solidarietà intorno ai migranti
- Documenti  e link per approfondire

 

NESSUN ESSERE UMANO E’ CLANDESTINO

 

COSTRUIAMO UNA RETE DI PROTEZIONE E DI SOLIDARIETA’ 

INTORNO AI MIGRANTI

 

 Secondo le disposizioni governative, è soltanto il datore di lavoro che può richiedere la regolarizzazione del lavoratore o della lavoratrice alle sue dipendenze: il migrante non può chiedere per sé  la regolarizzazione dichiarando la propria attività.

 Già questo fatto esclude dalla possibilità di uscire dalla clandestinità tutti i migranti che il datore di lavoro non vuole far emergere. Molti altri resteranno esclusi perché la realtà del lavoro migrante è molto diversa da quella, assai semplificata, prevista dalla legge Bossi-Fini.

 Molti immigrati lavorano sotto altro nome. Altri non hanno lavorato continuativamente per i tre mesi precedenti l’entrata in vigore della legge, magari perché erano tornati a casa per  agosto.

Altri ancora hanno un datore di lavoro che non è in grado di fornire garanzie sull’alloggio, come richiesto dalla legge. Molti sono stati espulsi una o più volte dal territorio italiano, espulsioni che possono essere revocate a discrezione delle prefetture. Altri sono stati denunciati per reati tipicamente prodotti dalla clandestinità (ad esempio quelli connessi con la vendita di merce contraffatta). Altri ancora sono entrati in Italia dopo il 10 giugno 2002 e quindi non rientrano tra i “sanabili”.

 

Tutte queste persone saranno le prime vittime della Bossi-Fini e della grande caccia al clandestino che inizierà alla fine della sanatoria. Persone destinate a passare la vita nascondendosi, cercando di rendersi invisibili, magari continuando a lavorare in nero!

 Persone senza nessun diritto, nemmeno quello di andare per la strada o di rivendicare la possibilità  di una vita dignitosa, di una casa, di un’istruzione.

    

Gli  italiani, popolo di migranti, staranno a guardare? 

Noi speriamo e crediamo di no.  

 

 Crediamo che una società civile, di fatto e non solo di nome, dovrebbe stringersi attorno a chiunque rischia la deportazione o il carcere solo per la colpa di non essere nato qui, ma di esserci arrivato spinto, nella maggior parte dei casi, dalla necessità.

 Alcune voci si sono  levate, da diversi  settori della società italiana, proponendo l’obiezione di coscienza, il rifiuto, la disobbedienza e il boicottaggio delle norme razziste della legge Bossi – Fini : è compito di ciascuno di noi impedire che questi appelli  cadano nel vuoto, e  trasformarli in iniziative concrete e diffuse.  

 Le persone che ci  vengono descritte come “nemici” sono i nostri vicini di casa, i genitori dei compagni di scuola dei nostri figli, i nostri colleghi di lavoro, i nostri amici ..  

 

 Per rompere fattivamente l’isolamento intorno ai migranti e per rendere più difficile il verificarsi 

di palesi ingiustizie a loro danno proponiamo di creare una rete di sostegno e di dare il via ad una campagna di “gemellaggio” con i migranti attraverso la quale le persone possano 

entrare in contatto, conoscersi e, all’occorrenza, darsi una mano.  

 

 L’impegno di ciascuno può essere diverso: dalla semplice telefonata periodica “di controllo” per verificare che non sia successo nulla di grave ed eventualmente agire nelle “emergenze”, al sostegno economico  per sopravvivere nella fase della clandestinità, o per affrontare spese legali, sanitarie, ecc.,  dall’assistenza nel disbrigo di qualche pratica all’aiuto nella ricerca di una casa ,  da un corso di italiano all’aiuto nella ricerca di un lavoro.  

Durante la fase della sanatoria può significare il favorire in ogni modo la regolarizzazione 

di un migrante, sostenendolo e facendo in modo che riesca a  rientrare

 fra quelli che hanno i requisiti necessari per regolarizzarsi.  

 La rete di sostegno può essere una realtà condivisa da gruppi, associazioni, singoli, professionisti come avvocati, medici ecc. che si rendono disponibili ad agire sia in tempi stretti che su tempi più lunghi. Una rete che informi e sia informata, che si metta in azione nei modi più opportuni, che si configuri  anche  come  “rete d’urgenza”, capace di intervenire con la massima tempestività nei casi in cui si renda necessario (ad esempio di fronte ad espulsioni con esecuzione immediata).   

 E’ facile prevedere che, alla fine del periodo  stabilito per le sanatorie, assisteremo ad una raffica di espulsioni di coloro che saranno rimasti fuori  dai meccanismi della regolarizzazione, oltre sicuramente  ad un aumento delle incarcerazioni di chi, dopo essere stato espulso, non avrà provveduto ad andarsene entro i 5 giorni stabiliti (pene da 6 mesi a un anno)

 Proponiamo di mettere in campo forme di presenza (anche la semplice presenza fisica è utilissima), di sit-in, di resistenza passiva   davanti alle questure quando si viene a conoscenza della presenza di migranti da espellere.

 Crediamo che queste “procedure” di incarcerazione, espulsione, riduzioni dei diritti fondamentali delle persone non debbano essere vissute come “normalità”: normalità deve essere la contestazione di tutto questo, il cercare di ostacolare, nelle forme che ognuno si sentirà di adottare, queste operazioni che non fanno parte di una società civile.  

 

 CI  SERVE IL CONTRIBUTO DI TUTTI,  ABBIAMO BISOGNO CHE LA RETE SI ALLARGHI, 

CHE LE SUE MAGLIE SI INFITTISCANO.

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Monsignor Nogaro  

(Vescovo di Caserta)  

  In questo momento tutti i cittadini con un barlume di coscienza civile, cattolici e non, devono sollevarsi. Se questa legge venisse approvata, significa che il nostro paese non ha capito nulla del valore della vita e dell'umanità. Un fatto davvero allucinante. Prego e spero che questo non accada”. (02.06/02)

 

 “Non è possibile che un uomo sia condannato, o perseguitato per principio, solo perché è alla ricerca di una speranza di vita. L'accoglienza non deve mai essere negata”

 “L'uomo è la sede di tutti i diritti: invece l'immigrato è considerato un uomo di serie B e ridotto alla stregua di merce”….” La “clandestinità” diviene reato in sé, e compiono un reato anche quei soggetti che appoggiano i clandestini, come tantissime associazioni di volontariato, cattoliche e non, che assistono gli immigrati”.

 "Aprirò le chiese per accogliere i clandestini" (01.06/02)

Penso che dovrebbero sospendere l’approvazione di una legge che conculca i diritti della persona umana.

 E se verrà approvata, non resta che la disobbedienza civile

Bisogna aiutare i clandestini e autodenunciarsi. 

Se necessario, bisogna aprire le chiese per ospitare gli immigrati”. 

A parlare così, senza peli sulla lingua è il vescovo di Caserta, monsignor Raffaele Nogaro, un prelato da sempre al fianco degli immigrati e che non nasconde il proprio disappunto per come è stata concepita la legge sull’immigrazione. Martedì prossimo, probabilmente il varo definitivo alla Camera di un provvedimento che suscita perplessità non solo tra i cattolici. E il vescovo invita tutti a prepararsi per attuare anche "gesti estremi" di disobbedienza civile. “Già avevo perplessità sulla Turco-Napolitano – afferma Nogaro - ma questa legge così concepita, limita la libertà delle persone….

La Bossi-Fini è una legge che è “sovversiva” da questo punto di vista”.

 Per me vale sempre il principio che la libertà della persona viene ancor prima della Fede di ognuno di noi. 

Perché senza libertà non ci può essere fede”.

 

“Non possiamo accettare forme di esaltazione del ricco e di pestaggio del povero. Questo é come se si volessero difendere i ricchi contro i poveri: é l’antisolidarietà. E’ come voler difendere quelli che camminano bene contro quelli che zoppicano.”

 

Marco Revelli 

(Economista e sociologo, docente all’università di Torino)  

“Ho letto e riletto più volte il testo della Bossi-Fini, con la volontà esplicita di farmi del male. Ho voluto che quel testo mi entrasse ben dentro, con un senso crescente prima di disagio, poi di rabbia, infine di vergogna. Perché lì, in quegli atti ufficiali, in quelle pagine con nell’intestazione il simbolo della “nostra” repubblica è contenuto, in linguaggio neppure tanto burocratico, ben chiaro nero su bianco, l’attestato della nostra inadeguatezza civile. (…)

Il decreto legge è un monumento di egoismo nazionale e sociale. 

Il segno di quanto quella “guerra contro i poveri” che si va combattendo silenziosamente nel mondo, sia penetrata tra le pieghe della nostra democrazia, inquinandola profondamente

In questa legge la logica dei rapporti servili compare  inserita  nella modernità contrattuale.”

 

ALEX  ZANOTELLI 

(Missionario Comboniano)

“Mi vergogno di essere italiano!” (11.07.02)

"Non mi sarei mai aspettato di ritornare in Italia dopo 12 anni ed essere accolto con una legge come la Bossi-Fini." Comincia così l'editoriale che padre Alex Zanotelli, missionario comboniano, scrive sul numero di luglio-agosto di "Mosaico di pace" (la rivista promossa da Pax Christi Italia di cui Zanotelli è direttore responsabile) dedicandolo alla nuova legge sull'immigrazione, approvata definitivamente oggi dal Senato.

Una legge che, senza mezzi termini, Zanotelli definisce anti-cristiana.

"Quello che preoccupa di più della Bossi-Fini" scrive Zanotelli "è che mette fra parentesi la persona: quello che interessa è che l’immigrato lavori, non che esista come essere umano con una propria cultura o come cittadino. In questo senso la legge Fini-Bossi avalla una mentalità secondo la quale l’immigrato deve essere una merce da utilizzare. L’immigrato è legalmente riconosciuto fintanto che serve al capitale e poi può essere respinto al mittente."

 "Penso che come credenti e come uomini non ci rimanga che il rifiuto di una tale legislazione. 

È un insulto sia alla nostra umanità come alla fede cristiana. Per questo spero che al più presto la chiesa ufficiale italiana possa esprimere il proprio rifiuto sdegnato per questo pezzo di legislazione”.

 

Infine un appello alla Chiesa italiana: "Vorrei chiedere a questa nostra Chiesa italiana il coraggio di far partire un movimento come il sanctuary movement (il movimento per il diritto di asilo). Questa esperienza nasce negli USA negli anni ’80 per aiutare gli immigrati provenienti dal Salvador, Guatemala, Nicaragua, che, restituiti ai loro governi, avrebbero dovuto affrontare la prigione o la morte. Le comunità ecumeniche di resistenza forti della tradizione biblica del diritto di asilo (santuario) si facevano carico di determinati soggetti a rischio.

Se la polizia minacciava di arrestarli, tutta la comunità faceva quadrato attorno ad essi ed iniziava il cammino di difesa in corte …”

Don Ciotti 

(Fondatore del Gruppo Abele  e  presidente di Libera)

“Sui muri delle scuole dovrebbero appendere le foto degli immigrati  morti affogati. Sono questi poveri cristi il vero  crocefisso … per la Bossi-Fini provo vergogna. Vergogna e inquietudine. I lavoratori migranti sartanno merce. Merce destinata a scadere. Alla prima rivendicazione di diritti sindacali sei fuori”

-          Ciò vuol dire che non rispetterete le norme della Bossi-Fini?

“Io rispetto il vangelo. Saremo giudicati per come riusciremo ad accogliere questa gente. Io, per parte mia, non chiedo certo documenti. (…).

 

Sebastiano Dho 

(Vescovo di Alba)  

 Se non possiamo meravigliarci troppo del fatto che nell'ambito della società italiana determinate forze politiche seguano logiche utilitariste e perciò materialiste (non esiste solo il materialismo ideologico ma pure quello pratico, specie da noi) nell'impostare il sociale, dovremmo stupirci però, anzi preoccuparci della mancanza di una forte e adeguata reazione da parte di noi credenti di fronte a queste leggi soprattutto quelle che rischiano di diventare lesive della dignità della persona.

Grazie a Dio molte realtà ecclesiali hanno reagito da tempo, però la base dei nostri bravi praticanti sembra largamente assente, indifferente, quando non addirittura d'accordo con queste scelte. Pare che la preoccupazione più seria sia quella della tutela del proprio benessere, non importa se questa comporta ancora una volta il porre le cose prima delle persone.

Certo gli extracomunitari anche da noi vanno bene per vendemmiare, soprattutto per badare ai vecchi e malati che, data la gravissima denatalità italiana, aumenteranno sempre di più, ma poi basta: che vogliono ancora? Il tutto coniugato, forse anche con una certa buona fede o almeno mancata avvertenza, con la pratica religiosa, senza coglierne l'incompatibilità evangelica.

Ma non si tratta solamente di incoerenza da parte dei fedeli: Una grande responsabilità di questa coscienza distorta ricade certamente su noi pastori che, se non altro, dovremmo al riguardo alzare di più la voce, senza timore di scontentare qualcuno in alto e in basso.”

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NON SONO PERICOLOSI, SONO IN PERICOLO !!!!

PER COSTRUIRE UNA RETE  DI PROTEZIONE E SOLIDARIETA’ INTORNO AI MIGRANTI

 Da dove si potrebbe partire per dare un’idea  delle  condizioni dei migranti nel nostro paese?

 Non c’è che l’imbarazzo della scelta, tra i mille episodi inqualificabili di razzismo, le leggi che introducono apertamente due tipi diversi di diritto, quello per i “locali” e quello per gli “extracomunitari”, il nostro mare diventato un cimitero per migliaia e migliaia di migranti che pensavano di potersi aggregare alla parte di mondo dove non si soffre la fame, le condizioni di vita cosi’ radicalmente diverse da balenare agli occhi anche dei più distratti, con le baraccopoli, le tendopoli e i ghetti che risorgono nelle periferie di molte nostre città.

 Ma forse è più efficace e più chiarificatore affidarsi al linguaggio tecnico e scarno usato, ad esempio, nelle “istruzioni” fornite in questo caso da “il Sole 24 ore”  per l’applicazione della nuova legge Bossi-Fini sull’immigrazione, che dice tutto sul ruolo e sulla considerazione attribuita ai migranti all’interno della società e nel mondo del lavoro. Citiamo solo una frase su uno dei tanti argomenti presi in esame: in merito all’assegnazione degli alloggi, si legge che “ per favorire la reperibilità dell’alloggio da parte dell’impresa che ha intenzione di assumere e regolarizzare il lavoratore exracomunitario, Confedilizia ha predisposto un apposito contratto di locazione (...):  per quanto riguarda il contratto di alloggio, è un contratto atipico strettamente connesso al rapporto di lavoro nel senso che la perdita del posto di lavoro, per dimissioni o licenziamento, comporta l’immediata risoluzione anche del contratto”.

            E non c’è altro, per i migranti, che queste case offerte dai datori di lavoro: nessun intervento nemmeno per sbloccare  il mercato dell’edilizia privata, ed abrogazione anche delle già pochissime  disposizioni a favore dei migranti in materia di centri di accoglienza ed accesso all’abitazione.

            Come dire: tu non hai diritti basilari, possiamo (ma è compito del tuo padrone) anche aiutarti a sopravvivere finchè e in quanto lavori, altrimenti non c’è niente per te;  lo stato e le amministrazioni pubbliche nei tuoi confronti devono solo  premunirsi e assicurarsi che tu non crei problemi di alcun tipo con la tua condotta e con la tua presenza, se ti fai vedere troppo in giro quando hai finito di lavorare.         

            Proviamo a immaginare di vivere in un  alloggio in modo cosi’ precario che una lite col datore di lavoro, il non rispetto da parte sua magari degli accordi sulla paga, un licenziamento possa condurre  dritti sulla strada. Eppure, nella legge, per legge, nel caso dei migranti abitazione e lavoro sono legati a doppio filo, così come è legata al lavoro la possibilità di restare in Italia; se perdi il lavoro e non ne trovi un altro entro sei mesi devi andartene,  e all’interno di quest’ottica anche i genitori vecchi, che non lavorano, non hanno più la possibilità di raggiungere i figli in Italia, se non nel caso, rarissimo nel sud del mondo, che non abbiano nessun altro  figlio in patria. 

            L’attuale legislazione sui migranti è, per questi e per molti altri aspetti (i centri di detenzione, le impronte digitali, il non diritto al voto ,  le infinite limitazioni del diritto d’asilo ecc) un vero monumento all’egoismo sociale. La legge Turco-Napolitano in questo aveva aperto per moltissimi aspetti la strada, ma ora viene sancito che un contratto di lavoro è la condizione per il riconoscimento dello status di persona, che la persona esiste soltanto in funzione della sua capacità lavorativa .  E viene ribadito con ancora maggior forza il concetto che è in corso una guerra contro  i poveri, che questi poveri in arrivo vanno contrastati come si contrasterebbe un nemico, lasciando passare solo la parte che “ci serve”.

            Così risultano normali anche i morti, gli speronamenti, i naufragi,  il deferimento all’autorità giudiziaria di pescatori italiani che poco patriotticamente, non avendo recepito il messaggio che i migranti, anche quelli in pericolo di vita, sono “nemici”, accorrono nel luogo del naufragio per prestare soccorso.

             Il problema (per gli estensori delle leggi razziste) è che, dopo ormai decenni di immigrazione in Italia le persone che adesso ci vengono descritte come “nemici” sono sempre più spesso i nostri amici, vicini di casa, conoscenti, quelli che hanno i loro figli all’asilo coi nostri, quelli che lavorano con noi nella nostra stessa fabbrica: perchè, fortunatamente, nemmeno le politiche più grette, nemmeno i tentativi di differenziare  le persone per via legislativa possono fermare completamente i movimenti della storia, le trasformazioni  epocali, i cambiamenti nella vita sociale.....così una parte dei migranti è comunque riuscita negli anni ad entrare a pieno titolo nel tessuto sociale  e buona parte della società italiana non è affatto convinta che queste persone conosciute così da vicino  o i loro parenti e connazionali  che arrivano  da clandestini siano come vengono descritti; ma soprattutto, non tutti gli italiani hanno sviluppato il sentimento del sospetto e del timore verso chi non conoscono!

             Nella nostra attività sul tema dei migranti abbiamo verificato lo spessore e la diffusione della solidarietà antirazzista in un’infinita quantità di occasioni : abbiamo visto molte volte il coraggio delle risposte date da singole persone, gruppi, collettività di fronte a situazioni  di ingiustizie palesi, di accanimento, di razzismo ai danni di immigrati, e abbiamo visto tanti mettere in gioco qualcosa di sé a difesa della convinzione che di fronte al razzismo e di fronte a leggi ingiuste non si può  stare a guardare, come ci hanno dimostrato i tanti che in epoca di altre, terribili leggi razziali hanno dato retta ad una legge tutta loro e  non a quelle.

 

            Anche di fronte alla nuova legge Bossi-Fini abbiamo già riscontrato la stessa disponibilità a rifiutare delle norme che entrano in conflitto con le convinzioni più profonde di molti di noi, ed è una disponibilità a larghissimo raggio, proveniente da persone con storie, frequentazioni, interessi diversi; in allegato proponiamo alcune prese di posizione, fra le molte che ci è capitato di leggere, provenienti da svariati ambiti ma contenenti  lo stesso invito ad opporsi, che vogliamo  contribuire a rendere il più largo e il più fattuale possibile.

 QUELLO CHE SI PREPARA

In quest’ottica è il datore di lavoro ( e solo lui), che, se sceglie di far emergere il lavoro nero, chiede la regolarizzazione del migrante alle sue dipendenze: il migrante non può chiedere per sè la regolarizzazione dichiarando la propria attività lavorativa.

Già questo fatto esclude dalla possibilità di regolarizzazione tutti i migranti il cui datore di lavoro non intenda farli emergere.  Molti altri sono destinati ad essere ugualmente esclusi  perchè la loro realtà di clandestini è molto diversa dalla visione semplificata sulla quale è stata costruita la legge:

-lavorano sotto altro nome;

-non hanno lavorato continuativamente nei tre mesi fissati dal decreto (magari perché, essendo compreso il mese di agosto, hanno approfittato della chiusura delle fabbriche o delle vacanze delle famiglie dove prestano servizio per tornare a casa a vedere la loro, di famiglia);

-il loro datore di lavoro non è in grado di fornire le richieste garanzie sulla messa a disposizione di un alloggio;

- hanno un decreto di espulsione per permanenza come clandestini in territorio italiano, che puo’ essere o meno revocato  a discrezione della prefettura (solo per le espulsioni per mancato rinnovo del permesso è prevista la revoca automatica)

-sono stati denunciati per reati tipicamente prodotti dalla clandestinità (ad esempio la vendita di merce contraffatta),

 Questi migranti tagliati fuori dalla possibilità di regolarizzarsi saranno le prime vittime della legge Bossi- Fini e della grande caccia al clandestino che si aprirà all’indomani dell’11 novembre.

Pensiamo ai molti, sparsi in tutta Italia, che abbiamo conosciuto nelle manifestazioni a Roma, nelle iniziative più disparate aventi a tema proprio la richiesta di diritti fra i quali la possibilità di restare in Italia e che fra poco più di un mese saranno doppiamente clandestini, più nascosti che mai, più spaventati che mai ... quanta strada a ritroso, per persone che da clandestine in molte occasioni avevano consapevolmente scelto di smettere di nascondersi, di rivendicare comunque i loro diritti di persone, in primis il diritto di esistere !  Pensiamo ai migranti che anche qui a Venezia, pur clandestini, avevano maturato la certezza di poter a ragione chiedere una casa, rivolgendosi alle istituzioni, facendosi vedere in via Sernaglia, facendo schierare pubblicamente dalla loro parte il parroco don Orlando, la FIOM, la FILCAMS, molti consigli di fabbrica, una quantità di associazioni e di forze politiche! Ai nostri amici che avevano “osato” vendere a Venezia, finiti nei centri di detenzione grazie alle proteste dei gondolieri, e che ora si trovano chissà dove...  a quelli che avevano occupato lo IUAV tutti insieme, clandestini e non .

Ci saranno anche tra di loro dei ritorni alla clandestinità più profonda, all’invisibilità?

 

Noi speriamo, per loro e per tutti i migranti, di no: ma crediamo che si potrebbe fare qualcosa di più che sperare; Crediamo che una società degna di questo nome dovrebbe stringersi attorno, nei mille modi possibili, a chiunque rischia la deportazione e il carcere  per la sola colpa di non essere nato qui, ma di esserci venuto in seguito.

 

I POSSIBILI MODI DI INTERVENTO:

 

*Obiettiamo alle norme razziste!

 Sono moltissime le voci che stanno proponendo l’obiezione di coscienza, il rifiuto e il boicottaggio delle norme razziste contenute nella legge Bossi-Fini. Proprio su questo vorremmo esplicitare alcune proposte, tenendo presenti nell’immediato le due diverse fasi che i migranti si troveranno di fronte :

-         la fase della “sanatoria”, quando l’obiettivo principale dovrebbe essere quello di  facilitare la regolarizzazione del maggior numero possibile di migranti,

-          la fase post-“sanatoria” (dall’11 novembre in poi) quando la legge Bossi-Fini sarà pienamente a regime anche per quanto riguarda il meccanismo delle espulsioni, quando si tratterà di tutelare il più possibile  i migranti clandestini, e , non diversamente, quelli regolari in perenne  rischio di essere ricacciati nella clandestinità, completamente nelle mani dei loro datori di lavoro e più deboli che mai nella difesa dei diritti loro e delle loro famiglie.

 

·      “Gemelliamoci” con un migrante …

 

Il gemellaggio richiede molto semplicemente il grado di impegno che ciascuno sceglie di riversarci: 

-          può essere la semplice  telefonata periodica “di controllo” per verificare che non sia successo nulla di grave ed eventualmente per mettere in moto quello che è possibile per risolvere un’emergenza

 ( magari avvisando la “rete d’urgenza” di cui parleremo più avanti …) ;

-          può essere l’accompagnamento negli uffici, in questura, o l’aiuto nello svolgimento di qualche pratica  soprattutto nella fase della regolarizzazione;

-          può essere l’aiuto  nella ricerca di una casa - impresa praticamente impossibile per un migrante, mentre alcuni di noi qualche “dritta” e qualche canale particolare possono averlo … o nella ricerca di un lavoro;

-          può essere lo stanziamento di una cifra mensile a sostegno di un migrante che abbia bisogno di sostegno economico (per sopravvivere nel periodo di clandestinità, per sostenere  le spese di un ricorso o di una vertenza, per pagare un affitto, per spese sanitarie …) 

-          puo’ essere un corso personalizzato di lingua italiana, l’aiuto in una vertenza sul lavoro o di fronte a problemi particolari,  la visita nei rispettivi luoghi di lavoro, di studio,  di divertimento …

E nel corso della “sanatoria” significa anche favorire in tutti i modi possibili la regolarizzazione  di un migrante, sostenendolo e facendo in modo che riesca a rientrare fra quelli che hanno i requisiti necessari per regolarizzarsi.

 

       Creare una “Rete d’Urgenza”

Non si tratta certo di una nostra idea: la rete d’urgenza è qualcosa che abbiamo già visto perfettamente funzionante in altre città come Torino, Milano, Lecce. Abbiamo anche sperimentato direttamente quanto possa rivelarsi utile, dato che proprio la sua esistenza ci ha consentito di assistere a distanza i migranti finiti da Venezia  nei centri di detenzione di quelle città.

Grazie a queste reti è stato possibile che delle persone potessero visitarli, dotarli di avvocati per l’assistenza legale gratuita, verificare le condizioni di detenzione, favorire la loro uscita dai centri stessi.

                Una rete d’urgenza non è altro che un insieme di singoli, gruppi, associazioni, forze politiche, avvocati, medici ( e chi più ne ha più ne metta!  ) che si rendono disponibili ad agire anche in tempi  molto stretti di fronte ad un’emergenza: una retata di polizia,  un episodio di razzismo, una situazione particolarmente difficile …una rete in grado, attraverso una catena telefonica, delle e-mail o altro di diffondere le informazioni, decidere il da farsi e mettersi in azione nei modi più opportuni.    

 ·         Fuori dalle questure, davanti alle carceri, nelle sedi delle compagnie aeree …

Abbiamo già insistito molto sulla gravità della situazione che prevediamo si verrà a creare dopo l’11  novembre per quanto riguarda i clandestini.

                E’ facile prevedere una raffica di espulsioni di coloro che saranno rimasti fuori dai meccanismi della regolarizzazione e un enorme aumento delle incarcerazioni, perchè per gli espulsi che non avranno ottemperato all’intimazione di andarsene entro 5 giorni  è previsto il carcere da 6 mesi a un anno. Per questo è facilissimo prevedere anche un aumento spropositato della percentuale di migranti nella popolazione carceraria: persone che saranno usate per “fare statistica” quando si tratterà di dimostrare che i migranti delinquono, ma che in realtà hanno commesso il solo reato di non voler ritornare “a casa loro”.

Come forma di obiezione a questi tristissimi riti che vedremo ripetersi, crediamo che sarebbe necessario essere in grado di mettere in campo abbastanza in fretta forme di presidio  (anche la  semplice  presenza è una utilissima forma di denuncia), o di sit-in, o di resistenza passiva davanti alle Questure, quando verremo a sapere che vi sono stati portati dei migranti da espellere: abbiamo già visto la scena quest’estate: i migranti -per noi tante volte i nostri amici, con una faccia, con giornate condivise ..  uno strazio!!! – vengono caricati, 50-60 alla volta,   nei pulman della polizia verso un centro di detenzione, e da lì  forse verso “casa”.

Crediamo  si debba impedire che scene del genere diventino “normalità”:  normalità deve essere invece la contestazione di tutto questo, il cercare di ostacolare, di interdire nelle forme che ognuno di noi si sentirà di mettere in campo queste procedure che non fanno parte di una società civile.  Anche le compagnie aeree  che riportano i migranti nei paesi d’origine, nonchè le carceri che si riempiranno di migranti   possono diventare luoghi di iniziative, dal volantinaggio di sensibilizzazione al presidio, alla festa fuori delle mura dei luoghi di detenzione.

     Un “Sanctuary movement” anche qui?

 Lasciamo la parola ad Alex Zanotelli

perché la sua proposta può essere immediatamente raccolta anche da noi.

“ Quello che preoccupa di più della Bossi-Fini è che mette fra parentesi la persona: quello che interessa è che l’immigrato lavori, non che esista come essere umano con una propria cultura o come cittadino.(…). Penso che come credenti  e come uomini non ci rimanga che il rifiuto di una tale legislazione”. E la sua proposta per praticare il rifiuto è di far partire anche in Italia un movimento come il “Sanctuary movement”

 (il movimento per il diritto di asilo).

Questa esperienza nasce  negli USA negli anni ’80 per sostenere gli immigrati provenienti da Salvador, Guatemala, Nicaragua che,  restituiti ai loro governi, avrebbero dovuto affrontare la prigione o la morte.  Le comunità si facevano carico di determinati soggetti a rischio; se la polizia minacciava di arrestarli, tutta la comunità faceva quadrato attorno  ad essi ed iniziava il cammino di difesa in corte.

“E’ solo un suggerimento”, conclude Zanotelli: un suggerimento che secondo noi vale la pena di raccogliere e di ampliare, mettendolo tra i compiti possibili della nostra rete d’urgenza.

E aggiungendo alle chiese, come luoghi dove offrire rifugio ai migranti in caso di emergenza, quando corrono il rischio di espulsione, anche i luoghi che ognuno di noi può mettere a disposizione chiedendo alla comunità di fare quadrato in caso di necessità: sedi di partito, sedi di gruppi e associazioni, sedi sindacali, case.

 

Queste sono alcune prime e purtroppo ancora confuse proposte e riflessioni. Resta tutto il capitolo sul lavoro migrante,  la problematica sulla casa, sul diritto d’asilo, e l’approfondimento del capitolo regolarizzazioni …

La riflessione non rimarrà interrotta, intendiamo proseguirla con quanti saranno interessati e vorranno in qualche modo partecipare alla rete che stiamo cercando di costruire. Intanto aspettiamo la vostra adesione a questa prima parte di cammino insieme …

 Un saluto e buon lavoro a tutti!

 RETE ANTIRAZZISTA / VENEZIA

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