1)
All'inizio del nuovo anno ci viene incontro la parola del
Signore riportata dalla prima lettura. È la benedizione
insegnata da Dio a Mosé (cfr Nm 6,22-27) e ci giunge, quindi,
da distanza di secoli, confortando il nostro cuore e donandoci
speranza.
La
benedizione è composta di tre parti e per tre volte viene
invocato il Nome del Signore, il nome del Dio grande e
misericordioso. Nella triplice benedizione del Nome, sono espressi
due auspici: il Signore benedica e protegga, il Signore faccia
splendere il suo volto e sia propizio, il Signore rivolga su di te
il suo volto e ti conceda pace.
Ed
ha questa caratteristica: è rivolta con il "tu". Non si
sparge ad abbracciare in un solo gesto la comunità, ma si dirige
ad ognuno, investe la vita del singolo che è lì in ascolto.
Ascoltiamola così, riceviamola come dono personale. Tramutiamola
in preghiera: Guarda propizio su ciascuno di noi, Singore,
proteggici, concedici pace!
2)
Ed è proprio in questo primo giorno dell'anno, che ci
siamo qui radunati come espressione della Chiesa di
Concordia-Pordenone, in comunione con tutti gli uomini e le donne
di buona volontà, a pregare per la pace nostra e dell'umanità
intera. Lasciamoci ispirare brevemente dalla parola del Vangelo, là
dove si dice che "Maria conservava tutte queste cose,
meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19). Maria considera i fatti
accaduti nei giorni della nascita del suo Figlio, richiamandoli
uno per uno, per paragonarli tra loro, per coglierne il senso, per
cercare di vedere l'insieme. Lei si chiede: come, a partire da
questi eventi, Dio salva? Come Dio ama, come si rende presente al
suo popolo?
Anche
noi all'inizio del nuovo anno riandiamo con la memoria a quello
appena trascorso, ricordando i fatti, le situazioni che abbiamo
vissuto personalmente e collettivamente, nel desiderio di capirne
il significato profondo, salvifico. Ci sono certamente tanti
motivi per i quali benedire Dio, ma istintivamente restano più in
evidenza gli eventi e le situazioni di sofferenza, gli insuccessi,
in modo particolare i fatti tragici che hanno appesantito il
carico di barbarie nel mondo. È stato un anno nel quale si è
versato ancora tanto sangue. L'elenco dei luoghi e degli episodi
tragici sarebbe lungo. E ci sono segni che questo elenco continuerà
ad allungarsi. Non finirà facilmente il terrorismo, né si
eliminerà l'endemica situazione di miseria di tante persone, di
tanti popoli. I preparativi insistenti di guerra pare vadano
crescendo e ci tengono con il fiato sospeso. D'altra parte se è
doveroso non cancellare l'evidenza di questo cumulo di male, è
necessario soprattutto non lasciarci sopraffare dalla
ineluttabilità del male.
Proprio
per questo siamo qui a pregare, e a pregare per la pace.
3)
Pregare per la pace è - direbbe Mons. Tonino Bello -
"svegliare l'aurora". È aver fiducia, nonostante tutto,
nel futuro. Svegliare l'aurora dentro di noi, e attorno a noi.
Così
fece Giovanni XXIII, 40 anni fa, con l'enciclica "Pacem
in terris". Allora la strada verso un mondo di pace,
di giustizia e di libertà sembrava bloccata. Da "spirito
illuminato" qual era, Giovanni XXIII guardando al presente e
al futuro con gli occhi della fede e della ragione umana,
intravide e interpretò le spinte profonde che già erano
all'opera nella storia. Malgrado le guerre e le minacce di guerre,
c'era qualcos'altro che egli colse "come il promettente
inizio di una rivoluzione spirituale". Rivoluzione
spirituale che avrebbe avuto anche profonde conseguenze pubbliche
e politiche. Rivoluzione diventata sensibilità ai valori della
verità, della giustizia, dell'amore e della libertà, che
irresistibilmente fece crescere quei movimenti che, in ogni parte
del mondo, contribuirono al rovesciamento di situazioni di potere
e di ingiustizia che sembravano granitici. Una nuova coscienza
della dignità dell'uomo e dei suoi inviolabili diritti prese
forza, con frutti benefici.
Il
nostro Papa Giovanni Paolo II ci esorta a prendere l'esempio dal
Beato Giovanni XXIII, "persona che non temeva il
futuro". "È questa l'eredità che egli ci ha lasciato.
Guardando a lui, in questa Giornata Mondiale della Pace, siamo
invitati ad impegnarci in quei medesimi sentimenti che furono
suoi: fiducia in Dio misericordioso e compassionevole, che ci
chiama alla fratellanza; fiducia negli uomini e nelle donne del
nostro come di ogni altro tempo, a motivo dell'immagine di Dio
impressa ugualmente sugli animi di tutti. È
partendo da questi sentimenti che si può sperare di
costruire un mondo di pace sulla terra" (Messaggio, 10).
4)
Ma che cosa vuol dire "impegnarci in questi
sentimenti"? Mons. Tonino Bello ci risponderebbe: "Non
riduceteli a un rito celebrativo". Cioè, la pace non
basta "recitarla". "Se la Giornata della Pace, se
la preghiera per la pace non ci scomoda, se non ci fa stare sulle
spine, se non ci sollecita a scelte che costano, se non ci procura
il sorriso di qualche benpensante, sarà solo l'occasione per una
risciacquata di nuove emozioni".
Concretamente
il messaggio del papa ci suggerisce di coltivare un'adeguata
cultura e spiritualità della pace, perché essa non è tanto
questione di strutture, pur necessarie, ma di persone. Ricordo
un intervento di P. David Maria Turoldo a Sacile
(fine gennaio 1991 - "guerra del Golfo"). Diceva: "I
cambi di cultura sono lenti e difficili. Ma noi siamo chiamati a
conquistare la pace. Non c'è mai una violenza che uccida la
violenza". A realizzare questo cambiamento di cultura
sono chiamati tutti gli uomini e le donne di buona volontà, con i
loro innumerevoli gesti di pace. Nel chiedere concreti gesti di
pace il Papa domanda a tutti un efficace contributo personale e
comunitario alla pace. Nella prospettiva cristiana, la realizzazione
della pace, infatti, non riguarda solamente le istituzioni
nazionali o internazionali,
ma è anche la responsabilità di ogni donna e di ogni uomo, in
modo personale. Ognuno di noi, nel proprio ambiente
professionale, deve pertanto sentire il grave dovere di
incrementare la pace con scelte e gesti personali di pace. Anche
le religioni, nello spirito di Assisi, sono invitate a
concentrarsi su ciò che è loro proprio: "l'apertura a Dio,
l'insegnamento di una fratellanza universale e la promozione di
una cultura di solidarietà" (n. 9). All'inizio di questo
nuovo anno Papa Giovanni Paolo II riprendendo la Pacem
in terris del suo predecessore ci vuole tutti presi da
quell'"ufficio nobilissimo" della pace, anche se
"immenso, e di ricomporre i rapporti della convivenza
nella verità, nella giustizia, nell'amore, nella libertà" (n.
10).
Il
Santo padre chiede poi che il 40° anniversario della Pacem
in terris sia per tutte le comunità ecclesiali un'occasione
propizia per organizzare adeguate celebrazioni e iniziative, che
consentano una crescita della consapevolezza circa l'improrogabile
necessità di realizzare la pace. La nostra Chiesa locale risponde
a questa richiesta con una serie di appuntamenti che verranno
fatti conoscere e che raccomando fin da ora all'attenzione di
tutti. Intanto continuiamo la nostra preghiera affidandoci
all'intercessione di Maria, Madre di Dio, Regina della Pace, per
essere ciascuno di noi sempre più credibile, umile e tenace
testimone di pace.
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