Un altro  Natale è Possibile

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 Per riflettere insieme sul Natale

- Auguri di Buon Natale per voi da tutto lo staff del sito
- La lettera di Filippo dall'Honduras: "Da questo angolo di mondo viene il mio augurio per questa festa dell’Incarnazione Nascente"
- Il paradosso del Natale in carcere
- Messaggio di auguri di p. Alex Zanotelli: Un altro Natale è possibile
- Non c'era posto per loro: perchè non lasciare la culla vuota
- Natale 2002: "Pace in terra alle persone che Dio ama", di p. Giorgio
- Donare umanità: un gesto-proposta dei giovani del GIM
- IL PRESEPE DI VENEGONO

Ci sembrava di “toccare il Natale con un dito”: Giubileo degli oppressi, il Forum Sociale Europeo a Firenze, la carica del GIM e dei testimoni…

Invece scopriamo che spesso siamo lì a rincorrerlo affannosamente: questi tempi di fragilità, le contraddizioni anche nostre, la debolezza di chi si mette in gioco senza risparmiarsi…

Dai cieli dell’utopia alla polvere della storia –diceva uno slogan recentemente. Ma il Natale rimane lì, ad attenderci, non si sposta.

 

Ci mettiamo a correre senza indugio, come i pastori, oppure solo obbediamo e ci spostiamo agli ordini del decreto di un uomo-dio, Cesare Augusto?

Il Vangelo di questi giorni (Lc 2) è un continuo movimento, ciascuno si muove per qualcosa. Giuseppe e Maria per obbedienza al sistema del censimento. I pastori per passione, alla ricerca del segno di luce annunciato dall’angelo.

Anche noi siamo sempre più in frenetico movimento, ma per che cosa?

Cosa anima ogni giorno il nostro muoverci? Dove e per chi si spendono le nostre energie, tutto?

 

Doveva arrivare proprio adesso, questo Natale: nel cuore della notte di un Dio che sembra tacere. Viene per far nuove tutte le cose!

E, come al solito, parte dai pastori: i più piccoli, i più insignificanti.

Coraggio, dunque: prendiamo in mano la polvere della storia dei nostri piccoli giorni, alziamo la testa verso i cieli dell’utopia, ripartiamo dalla nostra fragilità, solo insieme a quella di tutti gli altri: ci sarà la Pace, se i poveri lo vorranno.

 

                       

Questo messaggio GIM di Natale nasce dalle provocazioni di Filippo, in Honduras come casco bianco, di Lorenzo, Diego e Filo, che partono dal carcere per illuminare un nuovo Natale, di tanti gimmini-e che sanno vivere questo momento con una carica spirituale grande e una forte passione per i poveri. 

Grazie a tutti, e… camminiamo insieme sulla strada di Gesù.

 

p. Dàrio e fr. Claudio - GIM Padova

p. Mosè e p. Manuel - GIM Bologna

 

20 dicembre 2002,

Comunità Guadalupe Carney,

Trujillo, Colón

Honduras,

Abya Yala

 

“La vita di ognuno è un’attesa

Il presente non basta a nessuno.

In un primo momento

Pare che ci manchi qualcosa,

Più tardi ci accorgiamo che ci manca Qualcuno

E lo attendiamo.”

(don Primo Mazzolari)

 

Cosa è Natale?

Me lo chiedo seduto qui nella champa, illuminato dal primo caldo sole del mattino, immerso nel verde lussureggiante di un bosco di palme.

La giornata è iniziata quando ancora era buio per i campesinos della Comunità Guadalupe Carney: 600 famiglie accumunate dal sogno di possedere un giorno quella terra che spetta loro di diritto in base alle leggi della Riforma Agraria, ma che è ancora tra gli artigli di alcuni latifondosti. Uomini e donne, vecchi e bambini si alzano ogni mattina per lavorare in una terra dove per loro non sembra esserci posto, gravidi di una promessa che cresce nel loro cuore da ormai due anni.

 

Natale è attesa

della realizzazione di un annuncio di libertà e giustizia che si perde nella memoria. Un’attesa lunga e difficile tra le cui crepe filtra il dubbio e la paura.

Ed il sogno può tramutarsi in un’ansia sfiduciata.

 

Nel 1999, dopo che l’uragano Mitch aveva sconvolto il paese nell’ottobre dell’anno precedente, la società civile honduregna si stava riorganizzando. In tale contesto si formò il Movimento Campesino dell’Aguan (MCA), composto da 45 Empresas Asociativas Campesinas (EAC) appartenenti a tre organizzazioni nazionali (CNTC, ANACH e ACAN) con lo scopo di recuperare i 5724,92 ettari di terra destinata a Riforma Agraria che negli anni ottanta erano occupati dal CREM (Centro Regional de Enternamento Militar) in cui militari statunitensi addestravano le truppe salvadoregne e della Contra nicaraguense per la guerriglia anti-rivoluzionaria. Queste terre furono acquistate dello Stato honduregno nel 1991, diventando terre fiscali e quindi destinate a Riforma Agraria, e successivamente cedute all’Istituto Nacional Agrario (INA), l’ente governativo che cura e promuove il processo di tale Riforma.

 

Alla mezzanotte del 14 maggio 2002, sessanta camion carichi di uomini, donne, bambini ed anziani, tutti contadini senza terra provenienti da diverse regioni del paese, entrarono nelle terre del CREM sotto una pioggia battente ed il fuoco delle mitragliatrici degli allevatori che le occupavano illegalmente e ne presero possesso.

Alla comunità nata quella notte venne dato il nome di Guadalupe Carney, un padre gesuita nord-americano convertito dai poveri e martire desaparecido.

 

Nei giorni e mesi successivi molte persone si unirono alla comunità, magari dopo aver visto la lunga fila di camion entrare nella notte. Molte altre uscirono, stremate dalle condizioni di estrema povertà in cui le famiglie furono costrette a vivere nelle terre appena recuperate.

Il clima di violenza e di minacce generato dei terratenienti ha mietuto molte vittime e ha determinato l’esilio forzato di padre Pedro Marquetti, gesuita spagnolo, che come direttore della Caritas di Trujillo ha accompagnato la crescita dell’MCA e la cui voce al fianco dei campesinos infastidiva i potenti locali.

Da quei giorni di maggio, il Movimento è impegnato nel processo di titolazione delle terre recuperate: titolare significa vedere riconosciuto ufficialmente il possesso delle terre e poter quindi iniziare tutta una serie di interventi e progetti che facciano fruttare i terreni e permettere quindi alle famiglie di vivere dignitosamente del loro lavoro.

 

In questa terra lottare non significa usare la forza per conquistare qualcosa, ma resistere per vedere riconosciuti i propri diritti fondamentali, quei bisogni elementari di cui ogni essere umano necessita per vivere. Vita e lotta, lucha y vida, si intrecciano e si fondono nell’esistenza di questa gente abituata a lavorare la terra e che sa bene che piantare il seme non basta, ma occorre vigilare e scacciare i corvi che vogliono divorarlo.

 

Nel 1991, anno in cui il governo acquistò le terre del CREM, la municipalità di Trujillo vendette in brevisimo tempo quelle stesse terre a 18 compratori, che poi le rivendettero a prezzi irrisori ad una ottantina di allevatori. Questa azione, attuata grazie ad un articolo della costituzione successivamente riformato, è illegale poiché i terreni del CREM sono fiscali e dunque non vendibili dalla municipalità in quanto destinati a Riforma Agraria. Nonostante ciò gli allevatori, obbligati per legge ad abbandonare le terre, ora reclamano un’indenizzazione per un valore complessivo di 30 milioni di Lempiras, più di 2 milioni di euro.

In questa assurda situazione il Movimento è rimasto unito e per far pressione sul governo affiché metta a disposizione i soldi per il pagamento degli indenizzi, il 26 giugno 2001 i campesinos bloccarono la strada che collega le principali città della regione di Colón allo sbocco sul mare presso Puerto Castillo, vicino a Trujillo. Questa azione pacifica non ottenne alcuna risposta dalle autorità governative, ma in compenso, il giorno seguente, le squadre speciali della polizia di Bonito-oriental, Tocoa, la Ceiba e Trujillo chiamate Cobras, posero fine alla manifestazione con una violenta repressione che rese necessario il ricovero ospedaliero di undici persone gravemente ferite dalle raffiche di mitragliatrice sparate sulla folla che ancora oggi portano sui loro corpi i segni di quella terribile giornata; due donne abortirono a causa delle persosse ricevute e dei gas tossici delle bombe lacrimogene.

Dopo questi tragici eventi l’azione politica dell’MCA continuò ed il 22 gennaio 2002 il Congresso Nazionale rese attivo il decreto 92-2001 mediante il quale il governo trasferì definitivamente all’INA i 30 milioni per il pagamento degli indennizzi.

 

I campesinos, a cui la terra spetta di diritto, hanno dunque lottato pacificamente e subendo violenza perchè venissero pagate delle persone che avevano illegalmente comprato e occupato i terreni.

Adesso molto dipende all’INA, a cui spetta il compito di gestire i soldi degli indennizzi affichè le terre siano definitivamente liberate ed essere poi titolate alle Empresas del Movimento. Questo processo di saneamento procede però a rilento ed in modo poco trasparente: spesso gli indennizzi sono gonfiati o vengono contestati dai terratenienti; i pagamenti vengono eseguiti direttamente dagli uffici dell’INA a Tegucigalpa agli occupanti, senza un effettivo controllo da parte degli uffici regionali coinvolti e dell’MCA. Manca inoltre tutto il supporto formativo e creditizio che l’INA deve garantire ai beneficiari della Riforma Agraria.

Tutto questo è il frutto acerbo di un sistematico sabotaggio della Riforma Agraria attuato dalle molte forze politiche ed economiche che ad essa storicamente si oppongono. Il governo del presidente Maduro ha cancellato la Riforma Agraria del suo programma. Hilberto Gonzales, l’attuale responsabile dell’ufficio dell’INA nella regione di Colón, dove si trovano le terre dell’MCA è l’ex presidente della associazione degli allevatori di Sabà, coinvolti nella disputa per i terreni del CREM.

 

In questo orizzonte desolante, gli Erode di turno giocano con le vite altrui e le loro spade affilate aprono squarci nel delicato tessuto del Movimento.

Da qualche mese circola la voce secondo cui alcune Emprezas, le cui terre sono state sanificate, vogliano titolare senza aspettare che tutti i terreni siano stati recuperati e pagati, violando così gli accordi interni all’MCA. Questa azione solitaria e opportunista, dettata dagli interessi di pochi che, dentro e fuori l’MCA, sfruttano la frustazione dei campesinos, rischia di compromettere tutto il processo di recuperazione: titolare adesso che molte terre sono ancora da recuperare significa rinunciare ai diritti sulle terre mancanti a totale beneficio dei terratenienti e degli allevatori.

Tutto questo accresce nella gente la sfiducia nelle effettive possibilità di ottenere ciò per cui si è tanto lottato e patito.

Eppure molti non ci stanno e continuano a guardare avanti con speranza.

 

Natale è seguire una stella

È alzare lo sguardo e afferrare i segni di speranza; partire spinti dall’utopia, disposti ad attraversare il deserto e le difficoltà, senza lasciarsi impaurire dagli sciacalli paurosi e bugiardi. Nella comunità ci sono ancora donne e uomini che non hanno smesso di sognare e ancora lottano senza violenza, decisi e sorridenti, creando ogni giorno nuovi sentieri tra le dune sabbiose dell’ingiustizia, perché alla fine tutti possano vivere la Pace in questa terra.

Sono persone semplici: uomini e donne con la pelle bruciata dal sole, dagli occhi luminosi e limpidi che scrutano penetranti; mani segnate dalle cicatrici del lavoro e spalle forti abituate a sopportare il peso di una vita precaria.

Partecipo a molte riunioni in cui questa gente a lume di candela, magari dopo tante ore di lavoro, hanno ancora la forza di parlare e discutere, di indignarsi e sorridere ed alla fine trovare nuovo slancio e nuove proposte da attuare.

In questo mese ha iniziato a lavorare un nuovo gruppo di azione politica, per riunificare le forze e rianimare l’impegno: molta strada rimane ancora da fare, ma camminando insieme si sconfigge la paura.

 

Può sembrare una battaglia impari, un grido nel deserto.

Ma questo grido ha partorito un  bambino

 

“Il tardivo figlio invita

al compimento delle profezie

e il seno di Elisabetta  diventa bocca

insieme alla muta fede di Zaccaria

Vergine madre, serva e liberatrice,

la più grande di tutte le donne,

tu hai posto il cielo tra la razione quotidiana

delle nostre amarezze e dei nostri piaceri.

Metti in allarme la montagna di Giuda,

Gravida di cammini, che non sa

Che con te procede la Via

E come sarà umano inseguire

questa tenerezza che è nel tuo ventre,

feto di sogno e di sangue, nostro Dio”

 

(Pedro Casaldaliga, vescovo di São Felix do Araguia, MT, Brasile)

 

Natale è un bambino che nasce

Umiliato ai margini della città, il suo vagito richiama tutti coloro che vegliano nella notte.

La speranza abita i cuori di chi sa cogliere i segni del cambiamento e si tramuta nella danza alla vita di un intero popolo.

Dio ha scelto di incarnarsi in un bambino indifeso, emargianto, perseguitato ed ora riposa tra le braccia di una giovane donna che ha saputo accogliere la speranza .

La sua bocca sarà strumento di liberazione, inviterà i poveri a prendere il largo, a gettare le reti anche quando sembra una follia, ma per adesso succhia il latte di sua madre, nascosto in una stalla.

Un giorno camminerà ed inviterà tanti ad alzarsi per seguirlo, ora solo alcuni pellegrini vegliano con lui, fermi davanti ad una mangiatoia.

 

Sono qui da un mese, troppo poco per capire, ma mi sembra a volte di sentire la brezza leggera del cambiamento che accarezza le guancie di questa gente e le invita al sorriso.

Poca poesia e tanto sudore, a volte senza capire i comportamenti e le situazioni tanto lontane da quelle che io ho sempre vissuto.

L’oppressore è potente, si vorrebbe reagire, combattere... ma per adesso rimaniamo qui, nella notte, a prenderci cura di un bambino appena nato, folle speranza di chi sa che il buio passerà e “verrà a visitarci dall’alto un solo che sorge, per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della Pace” (Lc 1, 78-79).

Io non so se sono nel posto giusto, se saprò dare qualcosa a questa gente, se riuscirò a camminare con il passo di questi uomini e di queste donne, che mi stanno insegnando a costruire il futuro giorno per giorno. Sento però l’importanza di accompagnare questa marcia, condividendo dal di dentro le difficoltà e le ansie, lo slancio e la gioia in una realtà che sempre

cambia.

 

Da questo angolo di mondo viene il mio augurio per questa festa dell’Incarnazione Nascente

Perché non ci lasciamo abbattere dal non vedere esaudite le nostre piccole attese, ma lasciamo spazio al Sogno più grande.

Perché sappiamo alzare la testa e trovare il coraggio di seguire la stella che conduce all’utopia che è diventata carne per sempre, per poter soffrire e gioire con noi.

Perché le nostre parole inutili non spengano la delicata fiamma della speranza.

Perché la nostra indignazione, la nostra rabbia di fronte all’ingiustizia, siano capaci di cullare la vita che nasce.

 

“Ci sarà la Pace, se i poveri lo vorranno.”

(don Tonino Bello)

 

 

que le baya bien,

 

filippo

 

 

 

Il paradosso del Natale in Carcere

 

Sembra un paradosso ma è semplicemente realtà. Dire Natale in carcere è lo stesso che dire di Dio che è nato in una mangiatoia.

Quel Dio, di cui noi scriviamo sempre in maiuscolo è nato nella puzza di una stalla.

Se crediamo a questo – scandalo di ogni tempo – il Natale lo si trova soprattutto nel disgusto di un carcere dove trovare senso per  vivere si può farlo solo cercando un perché ad ogni cosa, anche alle più piccole.

Il paradosso di questo Natale allora lo abbiamo incontrato soprattutto in carcere nel domandare a Lorenzo, ragazzo rumeno : “ Come va?” e ci siamo sentiti rispondere con un gran sorriso in volto e un sacco di naturalezza, “ Male grazie”

Il paradosso: l’onesta di un delinquente!

Questa è la franchezza di chi non ha nulla da perdere, ed è capitato diverse volte di incontrare in carcere uomini di grande fede, la fede dei semplici, degli oppressi, a cui nulla rimane se non cercare e chiedere forza in Dio.

Natale in carcere significa anche far crollare i muri che separano questo mondo dall’indifferenza di chi sta fuori. Scoprire che dietro alle mura di un carcere pulsano vite e storie di uomini come noi, vite che ci parlano di emarginazione, droga, progetti migratori falliti, ma anche di amore, perdono, speranza, famiglia.

Siamo testimoni, perché ce lo hanno insegnato i carcerati, che è possibile anche lì celebrare e far festa…che Natale puo’ essere anche lì, soprattutto lì, proprio lì, perché il Signore nasce dietro le sbarre di nuovo!

 Lo celebriamo con un gruppetto nell’Eucarestia, leggiamo e meditiamo insieme il Vangelo nel tempo di Avvento. Insieme abbiamo cantato, italiani e stranieri, cristiani e musulmani: la musica, i sorrisi, la voglia di ballare e dire sì alla vita, nonostante tutto.

La novità è scoprire la speranza dove c’è la disperazione, la possibilità nell’impossibilità. Ecco il paradosso del Natale. Sentire dentro che l’ultima parola non puo’ essere la tristezza, la morte! Ma che la vita alla fine supera tutto…

Grazie fratelli carcerati perché ci date la Gioia di incontrare Gesù che viene a LIBERARE!

 

Lorenzo, Davide, Filo

 

Un altro Natale è possibile:
ci può essere ancora un Buon Natale!

Con il Natale la vita vince nonostante tutto.
Ogni bimbo che nasce è il segno
che Dio non si è ancora stancato dell'umanità (Tagore).

Viola, la perla bianca di Anna
nata nel cuore della ricca Brianza
ha davanti a sè ottanta anni di vita (se tutto va bene)
e una dote iniziale di 25.000 euro.

Njeri, la perla nera di Rachele,
nata nella baracca di Korogocho
ha davanti a sè quaranta anni di vita (se tutto fila liscio)
e una dote inziale di soli 250 euro.

Due mondi, due bimbe,
divise da un invisibile muro di vetro.
La prima, Viola, fa parte del 20% dell'umanità
che si "pappa" l'83% delle risorse mondiali.

La seconda, Njeri, fa parte dell' oltre un miliardo di 'esuberi umani'
che devono accontentarsi dell' 1,4% delle risorse,
costretti a vivere con meno di 1 dollaro al giorno:
sono gli innocenti di cui si rinnova la strage oggi:
E Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata
perché essi non ci sono più.

Milioni di bimbi muoiono di fame, malattie, aids:
un bimbo muore di fame ogni due secondi,
11 milioni ne muoiono all'anno per malattie meno gravi di un raffreddore,
centinaia di milioni non inizieranno neanche la prima elementare.

Due mondi, due Natali.
Il nostro è il Natale dell'opulenza, delle luci, dei regali
del consumismo
degli affari.
È un business senza fine,
è uno shopping anche di domenica.

Questo sfavillio di luci natalizie
sembra un meraviglioso "acquario"
in cui guizzano costosissimi pesciolini esotici.
A scrutarlo centinaia di milioni di bimbi dal volto scuro
che guardano affascinati l'acquoso ed esotico luccichio.

Fino a quando la parete di vetro
proteggerà il banchetto degli esotici pesciolini?
Per assicurarci che la parete di vetro sia davvero infrangibile
e ci protegga eternamente da quei visi sognanti di bimbi affascinati
noi investiamo somme astronomiche in armi:
Usa ed Europa nel 2003 programmano di spendere
750 miliardi di dollari.

Un altro Natale non solo è possibile ma è urgente e necessario!
Boicottiamo il Natale dei pesciolini esotici:
il Natale dei consumi, dei regali, degli affari,
un Natale 'pagano' che ha ben poco da spartire
con quel Bimbo che nasce in una mangiatoia
alla periferia dell'impero, fuori dell'acquario
anche lui indistinguibile volto nero in mezzo agli altri volti scuri.

Diciamo no al consumismo vieppiù indotto e incentivato
e diciamo sì alla festa natalizia della famiglia allargata
a nonni, cugini, zii, nipoti
ma anche alla famiglia dell'immigrato
che lavora per noi o che ci è più vicino.

Diciamo no al decadente e ripetitivo tango di regali,
e diciamo sì ad un consumo critico,
al regalo fatto in casa con amore e con le proprie mani,
o a quello equo e solidale
di lavoro fatto "in dignità".

Diciamo no alla stupida pervasività televisiva
e diciamo sì alle relazioni umane in famiglia,
ritornando a raccontarci gioie e dolori
e a riprendere confidenza con l'immaginario, la fiaba
prendendo a cuore anche la bellezza del celebrare insieme
il fascino del Natale.

Diciamo no alla violenza e alla guerra e diciamolo con fierezza,
e diciamo sì alla pace e alla nonviolenza con evidenza
mettendo bandiere arcobaleno ai nostri balconi
e camminando con uno "straccetto bianco di pace".

Solo così il Natale ritornerà ad essere
la festa della vita
che farà rifiorire la speranza di un altro mondo possibile.
Coraggio, dunque,
ci può ancora essere un Buon Natale!

Alex Zanotelli

 

Leggo dal Corriere del Veneto del 20 Novembre 2002 dell'ordinanza del Comune di Vicenza che proibisce di "bivaccare, dormire o restare sdraiati sulle panchine o sui manti erbosi", avendo di mira in particolare "i numerosi stranieri che affollano i parchi ed importunano i passanti", e "restituire le aree verdi ai cittadini".

Rileggo più volte la notizia, perché credo d'aver letto male, ed invece la notizia è li, scritta nero su bianco.

Mi chiedo: ma che fastidio danno queste persone quando dopo una settimana di lavoro si incontrano per scambiare qualche parola nella lingua nativa, darsi delle informazioni a cui si può accedere solo restando in continuo contatto con i propri connazionali, ricordare qualcosa della terra o della famiglia lontana? Sparsi ai quattro angoli della provincia, privi di luoghi comuni, spesso costretti dentro angusti appartarmenti pagati a prezzo altissimo, non hanno che l'aria, il verde dei prati, l'azzurro del cielo, il calore del sole, che il Signore non nega a nessuno, ma che l'ordinanza del Comune vuole ora rendere per loro un bene raro.

Cerco anche di immaginare quali motivi possono aver spinto a questa decisione: deturpano il paesaggio artistico della nostra bella città? Mettono sotto i nostri occhi una realtà che ci ostiniamo a non voler vedere? Si comincia una campagna elettorale tesa a cercare consensi a spese dei più poveri, di coloro che non hanno nemmeno diritto di parola? Forse che tanti volti dai mille colori renderebbero meno spensierato il nostro scorrazzare per il centro nella folle rincorsa dello shopping natalizio?

A Natale, come ogni anno, si rinnova il ricordo del triste pellegrinaggio di Maria ed Giuseppe alla ricerca di un luogo ospitale ove poter dare alla luce Gesù. In quella fredda notte a loro l'umana pietà non ha riservato che una povera stalla .Agli occhi dei loro contemporanei erano solo dei "migranti". Quel pellegrinaggio si rinnova ora nella persone di tutti i migranti che affollano le nostre officine, che si prendono cura con amore dei nostri vecchi, e ai quali vogliamo negare l'ombra di un albero amico per sognare terre lontane, o una panchina presso la quale sostare per gustare momenti di calore e di amicizia. Perché non lasciare quest'anno vuota la culla di Gesù, con la scritta: "non c'era posto per loro" (Lc 2,7), in ossequio all'ordinanza del Comune di Vicenza?

- articolo apparso sulla Voce dei Berici di D.Flavio Grendene -

NATALE  2002

 

"Pace in terra alle persone che Dio ama"

 

Un amico ci scrive:

"Carissimo, in Italia il Natale si vive correndo da un negozio all'altro come forsennati, per comprare regali, cibo, cose inutili e superflue. Il bello è che nemmeno più i bambini credono che sia Gesù Bambino a portare i doni e così nemmeno questo collegamento con il vero motivo della festività è rimasto; conta solo comprare, comprare…

Lasciando perdere le speculazioni, mi limito a fare alcune riflessioni, riferite a me stesso:

· Servire ed amare Dio ed il prossimo, sono le uniche possibilità che si hanno per mantenere la propria fede.

· la fede è l'unica fonte che ci permette di mantenere una certa originalità di pensiero e di agire, in una società ove l'unico vero scopo sono i soldi ed il successo.

· l'uso dei soldi è strettamente legato a Dio, nel senso che verremo giudicati anche in base all'impiego che ne facciamo.

A proposito di soldi, in questi giorni ho subito un tentativo di corruzione (il primo della mia carriera lavorativa). Mi sono trovato una somma in contanti in una busta inserita nel solito pacco natalizio di bottiglie e panettoni; naturalmente, senza la minima titubanza, ho rispedito tutto al mittente. Dopo un primo sentimento di tristezza, mi sono accorto di non avere mai pensato di sfruttare l'occasione; il fatto è che la ricchezza non è un obiettivo della mia vita (soprattutto se devo rinunciare ai miei principi) e quindi nemmeno una cifra molto più elevata mi avrebbe interessato.

Ora mi sento più libero di prima.”

 

Forse questa lettera può aiutarci a vivere il Natale anche in Italia.

 NATALE: è Gesù che nasce povero e tra i poveri, questo significa che la speranza, l’amore, la vita e la pace vengono da Dio, dai poveri e dalle persone di buona volontà!

            Cosa FARE ?

Inginocchiamoci davanti al presepio, al Bambino e ricordiamo ciò che diceva S.Gregorio: “Imitate la bontà divina, così nessuno sarà povero”.

Meister Eckhart, un mistico del secolo XIV, scriveva: “Che valore ha per me, se Maria ha dato alla luce il Figlio di Dio 14 secoli fa, ed io non do alla luce il Figlio di Dio nel mio tempo e nella mia cultura?” Tutti noi siamo chiamati ad essere “madri di Dio”, perché Dio ha sempre bisogno di nascere.

Come essere "madri di Dio" oggi e qui?

Il profeta Michea (6,8) ci dice: "Fare la giustizia, amare con tenerezza, camminare umilmente con il tuo Dio".

Quindi: non lavorare per la guerra, promuovere la giustizia, preparare la pace; e questo con gesti, parole, pensieri e sentimenti.

 

La comunità comboniana di Padova, assieme a tanti amici, associazioni e alla diocesi, propone due celebrazioni per aiutarci a vivere il Natale:

1.      Natale con gli immigrati: sabato 21 dicembre, ore 18:30, S. Messa e festa presso i missionari comboniani. E' un modo per sentirsi figli e figlie di Dio, fratelli e sorelle di un'unica famiglia, per creare dialogo, incontro, fraternità, amicizia; per superare le differenze e le diffidenze. Riunirci attorno all'unica mensa della Parola e del Pane, per accogliere il Dio della Vita, della Pace, dell'Amore.

2.      Natale in stazione ferroviaria: S. Messa e festa martedì 24 di dicembre, ore 22. E' un modo per domandarci "dove nasce Gesù oggi?"; un incontro con i poveri e gli ultimi e con le persone e associazioni che sono a servizio dei poveri. E' un celebrare l'essere missionari qui ed oggi, un accogliere Gesù che nasce povero e tra i poveri.

 

Oltre a queste celebrazioni i missionari comboniani propongono questi impegni, presi al termine del Giubileo degli oppressi 2 "La pace nelle nostre mani: non solo utopia":

- impegnarci per una cultura di pace: dire no alla guerra, ritirare il proprio denaro dalle banche armate, favorire una legislazione sull'immigrazione che sia più rispettosa delle persone e delle famiglie immigrate, creare una spiritualità di dialogo, di accoglienza e di giustizia.

 

Un abbraccio e una preghiera grande e bella come la festa del Natale!

 

P. GIORGIO PADOVAN

 

 

Natale, tempo di doni e di brillare di luci. 

Andiamo a vedere cosa significa donare e brillare di luce nella vita di una giovane del GIM.

Ecco la lettera di auguri di Grazia, a tutti gli amici…

Dicembre 2002

 E’ da un po’ di giorni che giro per la città, 

pensando a cosa regalarti.

Qualcosa di utile, bello ‘equo’, che ti faccia pensare…

… ogni giorno la stessa scena: accanto alle vetrine, delle persone,

acciaccate a terra, negli angoli.

Noi ‘uomini’ passiamo e possiamo scegliere

se guardare i manichini o incrociare il loro sguardo e sorridere.

Noi possiamo ‘sceglierla’ la povertà.

Il nostro Dio ha scelto la povertà.

Allora ho pensato che quest’anno i soldi 

che dovevano andare ai commercianti della città

andranno in missione.

Però non potevo coinvolgere anche te nei miei sogni.

Allora ho scelto di donarti qualcosa di mio.

Così è davvero un dono.

Sono le cose che formavano il mio ‘altare’ in camera.

Ogni volta che guarderai questo dono, 

ti chiedo di ricordare gli uomini e le donne

che hanno scelto la povertà,

che hanno scelto di camminare a piedi scalzi nei

‘sotterranei della storia’

al passo con gli ultimi.

 

    Un abbraccio e un sorriso,

Grazia

 

      

                                                                                                      Venegono Superiore  Natale 2002

 

    OGGETTO:                Presepio dei Missionari Comboniani      

“Vi do la mia pace”

 

Da oltre 50 anni siamo impegnati nell’allestire un presepio che stimoli, che faccia riflettere, che cerci di lanciare un messaggio forte, per scuotere dall’indifferenza le coscienze omologate alla “cultura dominante”.

Quest’anno abbiamo cercato di mettere in relazione il messaggio del coro angelico alla nascita del Salvatore “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama, con molte situazioni attuali, dove la guerra e la violenza, i soprusi e le ingiustizie, vengono taciute dai media.

 

Che cosa succede nel mondo? E’ vero che dobbiamo difenderci per restare in pace? Pace è assenza di guerra o giusta distribuzione dei beni? E’ un problema di difesa dell’accumulo di risorse per il potere o la costruzione di una società dove i diritti fondamentali di ogni persona sono rispettati e difesi? Noi pensiamo che oppressioni ed esclusioni su scala planetaria sono il frutto avvelenato di un ordine economico-politico profondamente ingiusto e violento.

Vogliamo rilanciare con più forza l'impegno per la pace e come missionari sentiamo la necessità e l'urgenza di annunciare un Vangelo di pace, giustizia e riconciliazione. L’evento di Assisi, le molte iniziative per la pace … confermano il desiderio di costruire un mondo diverso.

 

Dalla bocca stessa di Gesù uscirono le parole “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” . Come viverle, oggi, nel Sudafrica del dopo apartheid; nel Congo investito da una guerra dimenticata;                nel Brasile dei Sem Terra. Abbiamo pensato a 3 situazioni come specchio di molte altre realtà del mondo.

Presentate, quest’anno, in una forma completamente nuova: il presepio sarà un musical, con testi e musiche originali, composti dai novizi comboniani.

 

Vogliamo interrogarci con voi sulle strade da intraprendere per una nuova convivenza globale, ove ognuno possa godere del dono della pace; e ne possa diventare artefice a partire da uno sguardo più obiettivo, da una prospettiva più ampia a livello mondiale.

Essere pienamente cristiani è essere costruttori di pace. Ed essere costruttori di pace significa promuovere la giustizia, presupposto della pace. Siamo convinti che a questo riguardo i cattolici debbano esprimersi con maggior coraggio e debbano contribuire a scuotere l'opinione pubblica.

Vi invitiamo perciò a partecipare, offrendovi la possibilità di approfondire il tema attraverso la mostra a pannelli, che seguirà la rappresentazione del presepio, dal titolo:   

                                              

                                     “La Pace nelle nostre mani”

 

Troverete inoltre una vasta esposizione di testi su queste tematiche, la competenza di alcune associazioni specializzate ed un mercatino di artigianato missionario.

 

Vi aspettiamo dal 25 Dicembre 2002 al 31 Gennaio 2003.

Giorni festivi e vacanze scolastiche                               ore   14.00 – 18.00

Giorni feriali (lunedì escluso)                                    ore   14.30 – 16.30

Martedì e Venerdì (solo su prenotazione)               ore     9.30 – 11.30

 

                      Cordiali saluti                                                                       i  Missionari  Comboniani