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EX DETENUTI E RAGAZZE SQUILLO CHIEDONO DIGNITA’

    Un progetto di comunità nel cuore dello slum Korogocho di Nairobi prova che dando aiuto, coloro che sono ai margini della società possono imparare a vivere come chiunque altro.

 Proprio accanto alla proprietà di alta classe di Ngumba a Nairobi, c’è un’immensa discarica dalla quale si alza il fetore di pomodori marci schiacciati, carne e verdure. Mosche sciamano dappertutto, ma si possono vedere gli stretti sentieri tessersi al di là di essa fino alla rada boscaglia dopo la strada di asfalto fino ad un altro mondo oltre la spazzatura. Il sentiero si restringe all’avvicinarsi alle case di legno e cartone e poi svanisce in un sentiero pedonale lungo i canali di scolo e fogne che dividono i ricoveri temporanei. Nella stagione delle piogge i sentieri sono tutti fango e acqua.

Il cattivo odore di rifiuti si miscela con il fetore di fermentazione di osteria. Ubriachi barcollano dappertutto e bisogna fare attenzione a non scontrarsi con uno di loro. I mercanti hanno segnato i passaggi con le loro merci. Il giorno di mercato è spesso lungo e molti di loro hanno portato ombrelli e sgabelli anticipando le legnate del tempo e del mondo. Su questi stretti sentieri le donne cucinano pesce e patate, frittelle dolci e patate fritte in padelle all’aperto. In una parola, è tutta una confusione o se preferite la sua versione in Kikuyu, Korogocho.

Quella parola per la polizia e per molte altre persone significa anche problemi. Molti problemi. Qui, grandi e piccoli crimini sono commessi quasi con la stessa regolarità. Chi abita qui sono cittadini, lavoratori, commercianti, prostitute, predicatori, borseggiatori e criminali di primo piano rispettosi della legge. In mezzo a questo calderone sociale, una rete di auto aiuto sta assorbendo persone in una comunità  unita determinata a sollevarsi dalla povertà. La parrocchia di Kariobangi della Chiesa Cattolica con l’aiuto dei Missionari Comboniani sta attirando ex prostitute ed ex detenuti a dare un taglio netto al loro passato e vivere per qualcosa.

Iniziata nel 1992 la rete Bega Kwa Bega (spalla a spalla) di gruppi di auto aiuto, aiuta le persone ad acquisire capacità e usarle per guadagnare da vivere in un modo meno pericoloso. Intrecciano canestri e costruiscono mobili in papiro, fanno vestiti tinti a batik. Fanno perline e presepi; intagliano ornamenti e croci dal legno ed osso. Dentro una delle stanze vicino alla chiesa, Steven Njenga, 32, sta costruendo una sedia con le canne di papiro. Intorno a lui altri quattro uomini stanno costruendo  intagli di legni ed osso. Le croci, le perline e i presepi in esposizione sono abbastanza attraenti.

Sei anni fa Njenga viveva una vita da criminale. Era costantemente ubriaco, dice. Ora frequenta gli incontri degli Alcolisti Anonimi ogni mercoledì come parte del suo sforzo personale di sollevarsi dal suo triste passato. “La maggior parte di noi non ha potuto unirsi agli altri gruppi dopo aver lasciato la prigione,” dice candidamente. Erano considerati selvaggi e pericolosi così vennero insieme al gruppo di auto aiuto dei Kindugu. “Noi leggiamo la Bibbia insieme e ci aiutiamo l’un l’altro,” dice, “se uno di noi è nei guai perché a volte scivoliamo ancora nel crimine noi li aiutiamo pagando la cauzione e raccogliendo i soldi per le spese processuali.” Si aiutano l’un l’altro e le loro famiglie nei casi di malattia. Preparati da consulenti professionali, essi sono un reciproco conforto nei periodi di crisi.

Teresia Ndinda, madre di due bambini, appartiene al gruppo delle Udada. Giovani donne disoccupate ed ex prostitute costruiscono cinture, braccialetti, collane e croci da semi, argilla ed osso. Teresia è una delle 61 componenti che lavorano dal lunedì al giovedì e si incontrano il venerdì per parlare dei loro problemi. Il gruppo, formatosi nel 1992, sta crescendo rapidamente e si è dovuto dividerlo quattro anni fa. In nuovo ramo, Koch Kanga, fu sponsorizzato dall’Ambasciata americana di Nairobi per la preparazione al Centro Paa Ya Paa. Questo gruppo fa T-shirt, tovaglie legate e tinte e tinge stoffe per i clienti. “Avevo perso tutta la speranza nella vita” dice Marylene Agwesi (non è il suo vero nome). “Ero ridotta a fare le cose più degradanti per guadagnare da vivere” dice la ex prostituta. Sentì delle Udada da un’amica con cui aveva lavorato e decise di provare il gruppo. “Non sono più imbarazzata e non mi sento indifesa e isolata com’ero prima. Ho riottenuto la mia dignità.”

I membri contribuiscono con una parte dei loro guadagni a un fondo che stanno accumulando per preparare le componenti in sartoria e nel lavoro di parrucchiera. Il loro scopo ultimo, dicono, è di diventare imprenditori indipendenti. Ma non sono solo i criminali a trovare riparo e conforto nella famiglia del Bega Kwa Bega. Mary Wambui, 50, è una vedova madre di 8 figli. Si prende cura anche di 7 nipoti. Dal 1993, intreccia ceste per guadagnare da vivere. “Quando mio marito morì ebbi molti problemi. Iniziai a vendere rottami di ferro, ma il guadagno non era abbastanza. Procurarsi l’affitto e le tasse scolastiche per i bambini era veramente difficile. La maggior parte dei miei bambini non ha finito la scuola.” Quando ha sentito del Vyondo Women Group nella sua chiesa si è subito unita a loro. “Ora posso prendermi cura della mia famiglia. Il gruppo offre anche sostegno e incontri per condividere i problemi. Possiamo accudire i nostri figli nel modo giusto” aggiunge. Michael Kinyanjui, 25, si è ritirato dalla Eastleigh High School 8 anni fa. Non riusciva a trovare lavoro da molti anni quando si è unito al Karts Batik Group, uno del Bega Kwa Bega. Giovani uomini in questo gruppo fanno disegni batik su stoffe bianche usando cera fusa e acquerelli. Le loro vite sulla strada sono riflesse nei loro disegni e creazioni, ma ci sono altri temi come quelli biblici o quelli di eredità africana. Michael dice: “Ho avuto problemi con l’alcool e droga. Era facile per me essere sbandato perché non c’era lavoro. La sopravvivenza è una sfida. Ora posso aiutare me stesso.”

Ghetto Youth Batik è un gruppo molto simile al Karts. Antony Mwangi, 24, si è unito algruppo 6 anni fa quando aveva terminato la Form Four alla Don Bosco High School di Nairobi. “Sono felice del lavoro che facciamo, perché ci dà la possibilità di rispecchiare le nostre vite. Siamo in grado di vivere in modo onorevole di ciò che guadagniamo”, dice. Il presidente del Bega Kwa Bega, Josiah Njonjo dice, “I nostri prodotti sono di alta qualità. Siamo ancora molto lontani dal realizzare le nostre aspirazioni, ma aumentiamo di numero, così aumenterà anche l’esigenza di un mercato più ampio per i nostri progetti.” I gruppi lavorano solo quando hanno degli ordini. “A volte rimaniamo a casa per 2 o 4 mesi, perché non c’è lavoro. Le dure condizioni fanno tornare alcuni di noi verso il crimine,” ci spiega. “Sono convinto che con un mercato più ampio, noi possiamo cambiare noi stessi e la nostra comunità,” dice Njonjo. Il coordinatore dei progetti Ignatius Mayero dice: “Noi siamo pronti e abbiamo la buona volontà per tirarci fuori dalla povertà se abbiamo le basi materiali.”

 

Special Report - DAILY NATION, TUESDAY, APRIL 25, 2000  p.8