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RIFLESSIONE. LUCIANO BENINI: DALLA STRAGE NEGLI USA A UNA NUOVA
CONVIVENZA MONDIALE
[Luciano Benini e' presidente del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), uno dei principali movimenti nonviolenti]
Di fronte alla strage disumana compiuta negli Stati Uniti l'orrore e
l'indignazione sono i sentimenti che immediatamente prevalgono in ognuno di
noi, accanto alla piu' ferma condanna per atti che non possono trovare
alcuna giustificazione. Questi crimini colpiscono l'umanita' intera perche'
lacerano e feriscono la natura umana che c'e' in ciascuno di noi.
Ora, a qualche giorno di distanza da avvenimenti tanto tragici, occorre
saper riflettere sulle cause che possono portare a gesti tanto disperati e
gravi, perche' poi le risposte che la comunita' internazionale dovra' porre
in essere dipenderanno proprio dall'analisi che sapremo fare.
Se, come purtroppo la maggior parte dei politici, dei giornalisti e delle
persone di potere hanno affermato in questi giorni, si cerchera' di spiegare
tutto col fanatismo religioso, con la lotta fra il bene e il male, con lo
scontro fra la civilta' da una parte e la barbarie dall'altra, allora
sembrera' normale una risposta militare e violenta, sembrera' normale
restringere le liberta' individuali in nome della sicurezza, sembrera'
normale vedere in ogni mediorientale un possibile terrorista, sembrera'
normale reprimere ogni forma di dissenso e di critica al sistema occidentale
in nome della necessita' di far fronte comune contro il nemico esterno. In
questa logica si spiega l'irresponsabile e ridicola proposta, avanzata da un
personaggio inquietante come Cossiga, di celebrare subito un nuovo incontro
dei G8 in Italia, proposta purtroppo fatta propria dal presidente Berlusconi
ma per fortuna accantonata subito dagli stessi Stati Uniti.
L'analisi di quanto avvenuto in questi giorni mi pare debba essere molto
piu' profonda.
E' certamente giusto cercare di individuare i colpevoli di questa tremenda
strage e renderli incapaci di nuocere ancora: questo deve essere fatto, e
con urgenza. Ma occorre anche cercare di capire il loro scopo e la molla che
li ha spinti ad agire cosi'. Capire non significa giustificare: non c'e'
giustificazione alcuna per la violenza omicida e premeditata. Ma non basta
annientare chi l'ha progettata e messa in atto, se non si estirpa del tutto
il seme dell'odio. Che qualcuno abbia potuto far festa per questa strage e'
un pensiero che ci fa inorridire, ma e' l'inquietante segnale di un mondo
diviso: percio' occorre cercar di capire, ascoltando tutti, soprattutto
coloro che sono o si sentono vittime dello strapotere simboleggiato dagli
obiettivi che sono stati colpiti, Manhattan e quindi il potere economico, il
Pentagono e quindi il potere militare, la Casa Bianca, scampata dalla
strage, il potere politico.
Occorre dare all'Occidente un volto amichevole e solidale verso il resto del
mondo: una nuova e reale sicurezza non nascera' dal rafforzamento militare
della cittadella assediata, ne' dalla ferocia delle ritorsioni, ma da un
ritrovato senso della giustizia, e dall'acquisizione di strumenti non
distruttivi per la gestione dei conflitti, anche i piu' gravi, anche i piu'
tragici.
Chi compie azioni di questo genere in nome dell'Islam bestemmia Allah
esattamente come bestemmiavano i cristiani che si lanciavano in tante
"guerre sante", anche in tempi recenti.
Perche' meravigliarsi che qualcuno cerchi di guadagnarsi il paradiso
nell'aldila' con azioni terroristiche, quando il paradiso in terra promesso
dal capitalismo neoliberista, per oltre i quattro quinti dell'umanita',e'
un miraggio che si allontana, lasciando il posto ad un inferno fatto di
sfruttamento economico, disastri ambientali, collasso sociale, violenza
endemica? Perche' stupirsi se c'e' chi si addestra alla guerra santa, quando
gli anni novanta sono stati utilizzati dalle potenze occidentali per ridare
legittimita' e dignita' alla guerra come valido strumento di risoluzione
delle controversie internazionali? Queste sono le domande che dovremmo
porci, questi i temi su cui chiedere al popolo degli Stati Uniti di
riflettere, se veramente ci consideriamo loro amici. Gli Usa, e con loro
l'intero Occidente, devono imparare a guardarsi allo specchio se vogliono
veramente capire come si e' arrivati alla tragedia di questi giorni. Il
"brodo di cultura" in cui il terrorismo si e' sviluppato e' il loro stesso
sistema economico, non il movimento "anti-global" come gli ideologi di
regime stanno gia' cominciando a dire.
E' la disperazione che genera la massa critica sufficiente per una follia di
cosi' grande portata. E la disperazione e' la condizione di milioni di
poveri, di diseredati, di oppressi. Popoli devastati e depredati dal
colonialismo del Primo Mondo che forniscono braccia e consenso al
terrorismo. Popoli che hanno visto milioni di loro fratelli morire, essere
trattati come bestie. Popoli spogliati di tutto, dalle loro materie prime
alla loro cultura.
Non e' vero che di qua c'e' la civilta' e di la' c'e' la barbarie.
Quando gli Stati Uniti bruciavano vivi col Napalm migliaia di bambini
vietnamiti colpevoli solo di vivere in un paese comunista, dove era la
civilta' e dove la barbarie?
Quando gli Stati Uniti organizzavano le scuole di tortura e repressione per
i militari golpisti latino-americani, che poi puntualmente mettevano in
pratica gli insegnamenti ricevuti uccidendo, facendo sparire e torturando
centinaia di migliaia di donne, bambini, anziani, dove era la civilta' e
dove la barbarie?
Quando i bombardamenti della Nato, Italia compresa, uccidevano 100-200 mila
iracheni colpevoli solamente di avere come capo un dittatore che solo pochi
anni prima era sostenuto politicamente, economicamente e militarmente dalla
Nato stessa perche' difendeva gli interessi occidentali contro il fanatismo
musulmano di Khomeini, dove era la civilta' e dove la barbarie?
Quando piu' di mezzo milione di bambini iracheni venivano uccisi in dieci
anni dall'embargo proclamato dai paesi occidentali, dove era la civilta' e
dove la barbarie?
Quando la Nato giocava al tiro al bersaglio da 10 mila metri di altezza
uccidendo a migliaia serbi e kossovari e spegnendo la speranza che dieci
anni di resistenza nonviolenta aveva alimentato, dove era la civilta' e dove
la barbarie?
Quando da piu' di 50 anni quattro milioni di palestinesi sono costretti a
vivere nei campi profughi perche' cacciati dalla loro terra senza che
nessuno muova un dito, mentre per molto meno (Kuwait, Kossovo) si e' messo a
disposizione l'intero apparato bellico delle potenze occidentali, dov'e' la
civilta' e dove la barbarie?
Quando decine di migliaia di kurdi sono uccisi, torturati, imprigionati
senza che la Nato muova un dito solo perche' il governo che uccide, tortura,
imprigiona, quello turco, fa parte della Nato stessa, dov'e' la civilta' e
dove la barbarie?
Quando ogni giorno 100 mila persone muoiono di fame, malattie, guerre spesso
causate dalle politiche neoliberiste occidentali che la globalizzazione
vorrebbe estendere all'intera pianeta, quando con il consenso dei governi
occidentali gli aggiustamenti strutturali del Fondo Monetario Internazionale
e le politiche monetarie e commerciali della Banca Mondiale e
dell'Organizzazione Mondiale del Commercio costringono alla miseria e alla
disperazione milioni di persone, dov'e' la civilta' e dove la barbarie?
Quando otto paesi al mondo pretendono di decidere le sorti del resto
dell'umanita' e con il loro braccio armato, la Nato, si arrogano il diritto
di decidere quando e contro chi e' giusto bombardare, togliendo forza e
legittimita' all'unico organismo internazionale che ce l'ha, l'Onu, dov'e'
la civilta' e dove la barbarie?
Quando l'altra sera anch'io partecipavo alla fiaccolata per esprimere
l'orrore e lo sdegno per la strage, camminavo non solo per le migliaia di
vittime provocate in questi giorni dal terrorismo negli Stati Uniti ma anche
per i palestinesi, per i kurdi, per gli africani, per i popoli
latino-americani, per tutti i popoli e le persone della terra che sono
privati della dignita' di esseri umani. La vita di un palestinese, di un
kurdo, di un iracheno, di un africano o di un latino-americano ha lo stesso
valore di quella di uno statunitense. Occorre allora avere la forza di
indignarsi sempre di fronte alla barbarie, perche' civilta' e barbarie sono
in ogni popolo e in ognuno di noi. Quando prevale la nonviolenza, la
giustizia, la convivenza, la solidarieta', e' la civilta' che prevale,
quando la parola e' alla repressione, alle armi, alla violenza, e' la
barbarie che prevale.
C'e' infine un aspetto che fa riflettere in questa vicenda: il gigantesco
sistema militare che e' stato messo in piedi in 50 anni dalla Nato, basato
su migliaia di testate nucleari, carriarmati, armamenti chimici e
batteriologici, bombardieri e cannoni, e' stato messo in ginocchio e
ridicolizzato non da un attacco nucleare di una superpotenza ma da alcuni
coltellini da boy-scout.
Se anche solo una piccolissima parte delle risorse economiche e di persone
che sono state sprecate in questi anni fosse stata impiegata per consentire
a tutti di disporre di acqua, cibo, casa, salute e lavoro, gran parte dei
problemi dell'umanita' sarebbero stati risolti e la sicurezza del mondo
sarebbe molto maggiore di quanto sia oggi. Ridicolo ci appare oggi il
progetto di "Scudo stellare": speriamo che almeno quanto avvenuto serva per
accantonarlo definitivamente.
Occorre allora affermare con chiarezza che chiunque ancora oggi propugni la
tesi che possa esistere una "violenza giusta" e' esso stesso complice degli
assassini, e mette in pericolo il futuro dell'umanita', che chiunque non
abbia capito che l'uccidere anche un solo essere umano equivale ad affermare
la liceita' di ucciderci tutti, costui coopera alla fine del mondo.
E mentre condanniamo senza appello la strage dell'11 settembre, condanniamo
ugualmente ogni proposito di vendetta o pretesa di fare giustizia con le
armi da parte del governo degli Stati Uniti e dei suoi alleati. L'indagine
ed il giudizio sui responsabili di un tale crimine internazionale che
offende tutta l'umanita' compete all'ONU nelle sue legittime istituzioni.