"La nostra Marcia", di Frei Betto, domenicano brasiliano, teologo e scrittore (tratto da il Manifesto del 16/10/01) |
||
Domenica
ho partecipato alla 41 marcia per la pace da Perugina ad Assisi. E’ stata una
marcia di tutti i popoli, dal
momento che lì mi sono trovato al fianco di palestinesi, haitiani, brasiliani,
donne afghane, curdi, africani e asiatici. Ritmicamente le
persone applaudivano in una manifestavano esplicita di chi vuole non
solo la pane, ma soprattutto la fine della guerra. Inutile che i gruppi crisitiani pretendessero una marcia
apolitica sotto il sole. Lo stesso Gesù non è morto di epatite in un letto, ma dopo
due processi polici, dal momento che il suo
messaggio spirituale aveva profonde -e scomode – ripercussioni
politiche. Nella marcia tutte le realtà
sociali presenti sono unite si
sono unite in un solo partito politico: il Partito della Vita, contro le forze
della morte. Parlare di pace in questo momento significa pronuncciarsi contro
il terrorismo dal volto invisibile e il terrorismo di stato. L’odioso
attentatno dell’11 settembre va
esclusivamente a vantaggio di un settore della società: l’estrema destra.
Umiliata nella sua vulnerabilità, la Casa bianca ha reagìto con la
stessa moneta, scegliendo la legge
del taglione. Ma, nella guerra dell’occhio per occhio entrambi i
contendenti finiscono sempre ciechi. E,
per la prima volta nella storia, un
impero muove guerra contro un uomo, senza curarsi tuttavia dei sacrifici
che questo significa per il popolo afgano. Gli
Stati Uniti non hanno
imparato nulla dalla propria storia. Persero in Corea, furono sconfitti in
Vietnam, lasciarono l’Iraq senza aver rovesciato Saddam Hussein. Adesso si
impantanano in Afghanistan dove hanno speso nei
soli due primi giorni di bombardamento, 22 milioni di dollari. Una somma che
equivale al Pil del paese attaccato. La marcia per la Pace è stata un appello
alla non-violenza attiva. Una pressione perché la diplomazia prevalga sul
furore bellico, il dialogo sull’odio, i negoziati sugli
attacchi. E’ stata anche la prima a grande manifestazione contro
l’attuale modello di globalizzazione — che sarebbe più esatto
chiamare globo-colonizzazione - dopo Genova e dopo la distruzione del
World Trade Center. Riassestati
i rapporti di forza fra l’Est e l’Ovest con la fine della Guerra fredda,
resta ora da impiantare la giustizia fra il Nord e il Sud. La pace sarà reale solo quando sarà
figlia della giustizia, dicevano i cartelli affissi nelle vie di Perugina. Per
il prossimo gennaio i combattenti
per la pace del manda hanno già un appuntamento marcato nel
secondo Forum Social Mundial a
Porto Alegre. in Brasile. La marcia continua.
|
||