Che cosa è la nonviolenza

  di LANZA DEL VASTO,Lettera-Testamento

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Chi è Lanza del Vasto?

 

RIFLESSIONI SULLA NON VIOLENZA

 

1. Cos’e la nonviolenza

 

Semplicità sottile

La nonviolenza è cosa semplice, ma sottile. Diffile da applicare, addirittura da afferrare, che è del tutto estranea alle abitudini comuni. Ma la difficoltà diviene insormontabile quando si è convinti di averla colta a pieno, quando pare evidente che essa consista nel rifiutare qualsiasi scontro e nel tenersi prudentemente al riparo dalle botte.

Noi, ci sforzeremo, in tre definizioni, di individuare le sue caratteristiche essenziali:

1)      Nonviolenza: Soluzione dei conflitti

2)      Nonviolenza: Forza della Giustizia

3)      Nonviolenza: Leva della Conversione.

 

1.      La soluzione dei conflitti:      La prima cosa che colpisce in questa prima definizione è che si può parlare di nonviolenza solo ove vi sia conflitto, che non si può chiamare nonviolento colui che si mette al riparo mentre il mondo brucia. Colui che se ne vive tranquillo magari è nonviolento, però non ne sa nulla. Lo si saprà il giorno in cui scoppia un conflitto e in cui lo si vedrà risolvere il conflitto, senza ricorrere alla costrizione o all’astuzia. Perchè non violenza è dire alla violenza: no! Alla violenza e soprattutto alle sue forme più virulente che sono I’ingiustizia, I’abuso e la menzogna. Ora, di fronte al conflitto, quali sono gli atteggiamenti possibili?

1.Noi ne vediamo quattro, di primo acchito.

1.Il primo è di stornare la testa ed eludere la questione, soprattutto se non siamo attaccati direttamente per sopportare i mali altrui.

1.Tutto sommato, questa faccenda non ci riguarda. Rimaniamo neutrali e del resto non rimaniamo nemmeno, svicoliamo discretamente.

1.II secondo atteggiamento è di lanciarsi coraggiosamente nella bagarre, rendere colpo per colpo, e due per uno se ci riesce.

1.II terzo è di alzare i tacchi è girare I’angolo al più presto.

1.ll quarto è di alzare le mani, cadere in ginocchio, implorare grazia, invocare la clemenza di Augusto, in poche parole: capitolare.

1.Voi vedete un quinto atteggiamento possibile?

 

2.      La nonviolenza forza della giustizia .

Poiché se siete difensore della Giustizia, e voglio credere che lo siate e sono almeno sicuro che volete esserlo, è meglio che vi chiediate se esiste una forza della Giustizia. Non sbagliatevi: dico proprio una forza della Giustizia e non una forza applicata in difesa della giustizia e giustificata per questa ragione. Nemmeno parlo della forza che viene ai combattenti dalla convinzione di essere dalla parte dei giusti. lo parlo di una forza inerente alla Giustizia stessa, di quella ”forza di costrizione” che ho già dimostrato A piu B, voglio dire due piu due.

3.      Da dove viene questa forza, i suoi effetti infallibili.

Ecco qua: perché due più due faccia quattro è necessario che uno sia uguale a uno.

Assioma comunque alla Giustizia e alle Matematiche. II male non è un male, bensì un bene parziale preso per il bene totale, un bene immediato preso per il bene eterno.

II contrario della giustizia non è l’ingiustizia, bensì la Parzialità (...). Chi è dunque il cattivo? Chi è quello che mi strappa i miei averi, che calpesta i miei diritti, che vuole la mia morte o quella dei miei cari?

Quell’essere, quel tanghero, quell’impudente, quello schifoso, quel traditore, quell’ipocrita, quel sacripante, quel freddo calcolatore, quel furfante, quella canaglia, insomma il mio nemico! Chi è costui? E' un uomo che si sbaglia. Questa constatazione è di grande importanza, e su di lei che poggiano le fondamenta della nonviolenza.

Ø       La prima conseguenza che si deduce da questa constatazione è che mi ritrovo dispensato dal doverlo odiare. In effetti sarebbe vano, ridicolo, inopportuno e assolutamente ingiusto odiare un uomo perché si sbaglia.

Ø        La seconda conseguenza e che io ho il dovere elementare e pressante di fargli aprire gli occhi.

ØChe c’è di più naturale, del resto? Non è forse quel che facciamo tutti, spontaneamente, quando sentiamo qualcuno affermare qualcosa di sbagliato, anche quando non è a noi che si rivolge, anche quando ciò non ci riguarda? E abbiamo ragione, perché la verità importa sempre, importa per se stessi, importa per tutti, e grazie a lei che viviamo ed esistiamo.

ØMa quanto più ci importa qui correggere il malinteso, causa del conflitto e di ogni male!

Ø       La terza conseguenza è che ho davanti a me il mio compito e la mia battaglia come una pianta disegnata: devo far cadere una dopo l'altra le giustificazioni del mio nemico, le giustificazioni che lo difendono, che l’accerchiano e che l’accecano, fino a metterlo, solo e nudo, di fronte al suo stesso giudizio. La Verità avrà ragione di lui. Avrò trovato la soluzione del conflitto.

Ø

Ø2. La nonviolenza è la forza della verità

Bisogna chiamare con il loro nome i massacri di uomini e di donne, quale che sia la loro appartenenza etnica, età e condizione. Bisogna qualificare con precisione tutti gli atti di oppressione, di sfruttamento dell’uomo sull’uomo, dell’uomo da parte dello stato, di un popolo su un altro popolo.

Bisogna fare tutto questo non per tacitare la nostra coscienza ne per stigmatizzare questa persona o quel paese, ma per contribuire a un cambiamento negli spiriti e restituire alla pace le sue possibilità. Si può evidentemente scegliere l’obiezione di coscienza, che non è illegale; o scrivere alle autorità la nostra disapprovazione e avvertire che non obbediremo in caso di conflitto. Per coloro che ne sentono la necessità interiore e ne accettano i rischi, c’è la restituzione dei documenti militari (congedi, ecc.). Non aspettiamoci che siano le istanze internazionali o i governi a fare i primi passi. (...). Ma noi abbiamo coscienza che non ci si può accontentare di questo atteggiamento di rifiuto di un sistema di difesa. Occorre insistere pure sulle altre quattro condizioni che rendono questo rifiuto veramente nonviolento:

1.      Ricerca e impegno attivo in una forma di difesa popolare nonviolenta;

2.      Rispetto dell'avversario: non soltanto della sua vita, della sua dignità e libertà, ma anche riconoscimento delle sue qualità, della parte di verità che c’è in lui e parallelamente presa di coscienza della nostra responsabilità;

3.      Impegno personale in una via di semplicità, poiché il nostro superconsumo di paese ricco e i nostri privilegi sono una fonte permanente di violenza nei confronti dei paesi o delle classi più povere;

4.      Tutto questo deve essere condotto a viso aperto, senza frodi o menzogne e senza sfuggire le eventuali sanzioni penali, perché la nonviolenza è la forza della verità.

LANZA DEL VASTO, Lettera-Testamento

 

PER SAPERNE DI PIU

a) Scritti di Lanza del Vasto

-          Giuda, Jaca Book, Milano 1975.

-           Pellegrinaggio alle sorgenti, Jaka Book, Milano 1978

-          Che cos’e la non violenza, Jaca Book, Milano 1979

-          Il canzoniere del peregrin d’amore, Jaca Book, Milano 1980

-          Vinoba o il nuovo pellegrinaggio, Jaca Book, Milano 1980

-          Per evitare la fine del mondo, Jaca Book, Milano 1981

-          In fuoco e spirito. Commento ai vangeli della nascita, La Meridiana, Molfetta, Milano 1991

-          Principi e precetti del ritorno all’evidenza, Gribaudi, Torino, 1988

-          L’Arca aveva ana vigna per vela, Jaca Book, Milano 1995

-          Lezioni di vita, LEF, Firenze 1987

-          Introduzione alla vita interiore, Jaca Book, Milano 1989

b) Scritti su Lanza del Vasto

Drago A., Atti di vita interiore, ovvero l’approfondimento nonviolento del nostro patrimonio di fede, Ed. Qualevita, Torre dei Nolfi (AQ) 1996

tratto da peacelink.it
(per conoscere Lanza del Vasto clicca qui link esterno al sito: per consultare questa pagina bisogna essere in linea)

LANZA DEL VASTO (1901-1981)

Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto nasce nel 1901 da madre belga e padre siciliano di famiglia nobile. Compie studi classici a Parigi, e si laurea in filosofia all'Univesità di Pisa. Anziché intraprendere una carriera, si dedica alla poesia, allo studio, alla pittura, alla musica. Viaggia per l'Europa, l'India, la Terra Santa, alla ricerca di una via d'uscita dalla guerra, dall'ingiustizia, dalla miseria.
In India nel 1937 visita a lungo Gandhi, di cui da allora in poi si considera discepolo, e da cui riceve il nome di Shantidas, "servitore della pace". Al ritorno in Europa si prefigge di diffondervi la non violenza di stampo gandhiano, che lui riformula in termini cristiani.
Si stabilisce in Francia, dove sposa una musicista, e insieme a lei fonda la prima comunità dell' Arche, un ordine patriarcale, non violento, rurale, ecumenico, che si sviluppa fino a raggiungere migliaia di aderenti e svariate comunità in Europa e altrove. Muore in Spagna nel 1981.
Tra i suoi libri: Pellegrinaggio alle sorgenti; Introduzione alla vita interiore; Che cos'è la non violenza; Il canzoniere del peregrin d'amore; Vinoba, o il nuovo pellegrinaggio; L'arca aveva una vigna per vela; Per evitare la fine del