Su
L'Arena, il quotidiano di Verona e provincia, è uscito un articolo su
una conferenza alla quale ho portato la mia testimonianza (anche se
hanno confuso la Costa d'Avorio col Sudan!). E' un'intrusione
nell'informazione generalista che spero serva a mettere la pulce
nell'orecchio a chi non ha mai avuto modo di affrontare o conoscere i
temi che ci stanno a cuore. Ve lo allego. Anche questo è un frutto del GIM,
e senza allargarmi troppo, anche del Comboni.
«La globalizzazione?
Dipende anche dalle nostre scelte»
Conferenza di
Michele Perazzani, giovane assistente sociale attivo nel volontariato
«La globalizzazione è come un coltello: può
servire per tagliare il pane e dividerlo fra chi ha fame, o per ferire
e uccidere per averlo tutto per sé. Non è una realtà né buona né
cattiva in se stessa; purtroppo, però, per i Paesi poveri la
globalizzazione è un coltello puntato contro»: con questa immagine,
Michele Perazzani, un giovane assistente sociale veronese, attivo nel
volontariato e legato ai missionari Stimatini, che ha conosciuto la
tragica realtà delle popolazioni dell'Africa più dimenticata del Sud
Sudan, ha introdotto la conferenza sulla «Globalizzazione vista dal
Terzo mondo», nel corso di un incontro organizzato dal gruppo
missionario di Quinzano, che si è tenuto alla Casa della Comunità.
«Noi apparteniamo a quel 20 per cento di popolazione che dispone e
consuma l'80 per cento delle risorse mondiali: è nostro dovere
aiutare le popolazioni più povere, ma credere di riuscire a portare
tutto il mondo ai nostri livelli di vita è impossibile; siamo noi che
dobbiamo rinunciare a qualche nostro privilegio», ha spiegato
Perazzani. Ma che cosa è possibile fare a livello personale, di
piccola comunità, sensibile ai bisogni del Terzo mondo?, si è
sentito chiedere Perazzani dal pubblico di Quinzano. Il giovane
volontario non ha dubbi e ha indicato una serie di comportamenti e di
iniziative che ognuno può attuare nella propria vita, per fare in
modo che la globalizzazione non sia quel coltello che ferisce e uccide
i più poveri: «Innanzitutto dobbiamo informarci dei prodotti che
comperiamo; da dove vengono, chi li produce, quali sono le condizioni
dei lavoratori che li realizzano».
Difficile? «Solo un po'», ha assicurato il volontario veronese, «oggi
esistono vari canali informativi, c'è tanta stampa alternativa, c'è
internet, e anche i maggiori quotidiani ed alcune trasmissioni
televisive propongono sempre più spesso informazioni e servizi su
queste tematiche».
Ma Perazzani ha insistito soprattutto su un altro aspetto: bisogna
cambiare il proprio stile di vita, condurre una vita più sobria,
rinunciare al superfluo. E ha ricordato di come tanta agricoltura del
Terzo mondo è stata distrutta per favorire coltivazioni di cotone,
per soddisfare le nostre mode che cambiano ogni sei mesi: un nuovo
modello di jeans ha significato per esempio in Burkina Faso
trasformare in coltivazioni di cotone tante piantagioni di manioca.
Così la gente di quel Paese africano muore di fame, ma le
multinazionali sono servite.
Le politiche agrarie di tanti Paesi poveri sono tese a produrre quello
che noi comperiamo, non il cibo per la loro gente. Perazzani ha poi
parlato del consumo critico: «Quando andiamo a fare la spesa noi
siamo sempre attenti al rapporto qualità/prezzo. Ebbene, oltre a
queste voci dovremmo cominciare ad inserirne altre due: la qualità
ambientale e quella umana. Dobbiamo cominciare a domandarci se
l'oggetto che acquistiamo è stato prodotto rispettando l'ambiente e
se soprattutto è stata salvaguardata la dignità umana del
lavoratore».
Il volontario veronese ha ricordato le varie «Guide al consumo
critico», che sono state pubblicate di recente nelle numerose
campagne di sensibilizzazione. Grandi multinazionali hanno tolto gli
appalti, quando sono venute a conoscenza di inquinamenti e
sfruttamenti e questo grazie alla mobilitazione di tanti europei che
hanno denunciato queste situazioni. Perazzani ha ricordato la realtà
della Birmania dove alcune multinazionali del settore
dell'abbigliamento sportivo, quando hanno saputo che veniva favorita
una delle più terribili dittature al mondo, hanno dirottato altrove i
loro appalti.
Altro strumento è il commercio equo e solidale che ormai, anche a
Verona, vanta una notevole rete di centri di vendita: «Qui è
possibile acquistare prodotti realizzati in cooperative e realtà
economiche che pagano in modo giusto i propri dipendenti, che
rispettano l'ambiente e che tutelano le persone. Attraverso il
commercio equo e solidale», ha ricordato ancora Perazzani, «ha preso
il via il grande progetto della Banca etica, che finanzia
anticipatamente alcune iniziative di produzione e di commercio nei
Paesi poveri. La Banca etica per statuto non finanzia chi commercia in
armi, chi sfrutta i lavoratori poveri, chi non tutela l'ambiente».
«È una realtà», ha precisato Perazzani, «che si sta sviluppando
sempre di più. Qui a Verona non è stato aperto uno sportello (come
è avvenuto a Padova ed a Rovereto), ma attraverso la cooperativa La
Rondine, nel negozio di via Pallone, è possibile diventare soci,
contattare un promotore finanziario e aprire un conto corrente. Da
qualsiasi sportello delle altre banche si possono poi depositare
soldi, facendo bonifici».
L'ultimo tema toccato dal volontario veronese è quanto mai nuovo: il
turismo responsabile. «Sappiamo bene che tanti paradisi delle nostre
vacanze all'estero mostrano, fuori del villaggio, realtà di
gravissima miseria. Ed i soldi delle nostre vacanze quasi sempre
ritornano in Europa, visto che il maggior guadagno è degli
organizzatori, che sono tutti occidentali. La popolazione del luogo ne
beneficia pochissimo: deve accontentarsi di pochi soldi, anche se è
quella che lavora di più per renderci piacevole la vacanza. Ebbene,
il turismo responsabile sta proponendo pacchetti-vacanza che
favoriscono le popolazioni locali: è un turismo che si propone di
aiutare quella gente. Dunque, anche nella scelta delle vacanze
possiamo cominciare ad incidere nelle scelte globali».
Emma Cerpelloni
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Michele
non è un consacrato, è un giovane
come noi che dopo aver frequentato il GIM
ha scelto di approfondire il suo "cammino",
partecipando ad un' esperienza estiva in missione nella
Costa d'Avorio. |
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