Carissimi
Fratelli e Sorelle!
1.
La missione evangelizzatrice della Chiesa è
essenzialmente l'annuncio dell'amore, della misericordia e
del perdono di Dio, rivelati agli uomini mediante la
vita, la morte e la risurrezione di Gesù Cristo, nostro
Signore. E' la proclamazione della lieta notizia che Dio ci
ama e ci vuole tutti uniti nel suo amore misericordioso,
perdonandoci e chiedendoci di perdonare a nostra volta agli
altri anche le offese più gravi. E' questa la Parola della
riconciliazione, che ci è stata affidata perché, come
afferma san Paolo, "è stato Dio infatti a
riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli
uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della
riconciliazione" (2 Cor 5, 19). Sono questi
l'eco e il richiamo al supremo anelito del cuore di Cristo
sulla croce: "Padre, perdonali, perché non sanno
quello che fanno" (Lc 23, 34).
Ecco
dunque una sintesi dei contenuti fondamentali della Giornata
Missionaria Mondiale, che celebreremo domenica 20 ottobre
prossimo, dedicata allo stimolante tema: "La
Missione è Annuncio di Perdono". Si tratta di un
evento che si ripete ogni anno, ma che non perde, nella
successione del tempo, il proprio significato e la sua
importanza, perché la missione costituisce la nostra
risposta al supremo comando di Gesù: "Andate dunque
e ammaestrate tutte le nazioni... insegnando loro ad
osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt
28, 19).
2.
All'inizio del terzo millennio cristiano si impone con
maggiore urgenza il dovere della missione, perché,
come già ricordavo nell'Enciclica Redemptoris
missio, "il
numero di coloro che ignorano Cristo e non fanno parte della
Chiesa è in continuo aumento, anzi dalla fine del Concilio
è quasi raddoppiato. Per questa umanità immensa, amata dal
Padre che per essa ha inviato il suo Figlio, è evidente
l'urgenza della missione" (n. 3).
Con
il grande apostolo ed evangelizzatore san Paolo, noi
vogliamo ripetere: "Non è per me un vanto predicare
il Vangelo; è per me un dovere: guai a me se non predicassi
il Vangelo... è un incarico che mi è stato affidato"
(1 Cor 9, 16-17). Soltanto l'amore di Dio, capace di
affratellare gli uomini di ogni razza e cultura, potrà far
scomparire le dolorose divisioni, i contrasti ideologici, le
disparità economiche e le violente sopraffazioni che ancora
opprimo l'umanità.
Conosciamo
bene le orribili guerre e rivoluzioni che hanno insanguinato
il secolo appena trascorso, ed i conflitti che, purtroppo,
continuano ad affliggere il mondo in modo quasi endemico.
Non sfugge, al tempo stesso, l'anelito di tanti uomini e
donne che, pur vivendo in una grande povertà spirituale e
materiale, sperimentano una grande sete di Dio e del suo
amore misericordioso. L'invito del Signore ad annunciare la
Buona Novella rimane oggi valido; anzi diventa sempre più
urgente.
3.
Nella Lettera apostolica Novo
millennio ineunte ho sottolineato l'importanza
della contemplazione del volto dolente e glorioso di
Cristo. Il cuore del messaggio cristiano è l'annuncio del
mistero pasquale di Cristo crocifisso e risorto. Il volto
dolente del Crocifisso "ci conduce ad accostare
l'aspetto più paradossale del suo mistero, quale emerge
nell'ora estrema, l'ora della Croce" (n. 25). Nella
Croce, Dio ci ha rivelato tutto il suo amore. E' la Croce la
chiave che dà libero accesso ad "una sapienza che
non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo",
ma alla "sapienza divina, misteriosa che è rimasta
nascosta" (1 Cor 2, 6.7).
La
Croce, in cui già riluce il volto glorioso del Risorto, ci
introduce nella pienezza della vita cristiana e nella
perfezione dell'amore, poiché rivela la volontà di Dio di
condividere con gli uomini la sua vita, il suo amore e la
sua santità. A partire da questo mistero, la Chiesa, memore
delle parole del Signore: "Siate perfetti come è
perfetto il Padre vostro celeste" (cfr Mt 5,
48), comprende sempre meglio che la sua missione non avrebbe
senso se non conducesse alla pienezza dell'esistenza
cristiana, cioè alla perfezione dell'amore e della santità.
Dalla contemplazione della Croce impariamo a vivere
nell'umiltà e nel perdono, nella pace e nella comunione.
Questa è stata l'esperienza di san Paolo, che scriveva agli
Efesini: "Vi esorto io, il prigioniero del Signore,
a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete
ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza,
sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare
l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace"
(Ef 4, 1-3). Ed ai Colossesi aggiungeva: "Rivestitevi
come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di
misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di
pazienza, sopportandovi a vicenda e perdonandovi
scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei
riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così
fate anche voi. Al di sopra di tutto poi vi sia la carità,
che è il vincolo della perfezione. E la pace di Cristo
regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati
in un solo corpo" (Col 3, 12-15).
4.
Carissimi Fratelli e Sorelle, il grido di Gesù sulla
croce (cfr Mt 27, 46) non tradisce l'angoscia di
un disperato, ma è la preghiera del Figlio che offre la sua
vita al Padre per la salvezza di tutti. Dalla croce Gesù
indica a quali condizioni è possibile esercitare il
perdono. All'odio, con cui i suoi persecutori lo avevano
inchiodato sulla Croce, risponde pregando per loro. Non solo
li ha perdonati, ma continua ad amarli, a volere il loro
bene e, per questo, intercede per loro. La sua morte diventa
vera e propria realizzazione dell'Amore.
Davanti
al grande mistero della Croce non possiamo che prostrarci in
adorazione. "Per riportare all'uomo il volto del Padre,
Gesù ha dovuto non soltanto assumere il volto dell'uomo, ma
caricarsi persino del «volto» del peccato. «Colui che non
aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccatore in
nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di
lui giustizia di Dio» (2 Cor 5, 21)" (Novo
millennio ineunte, 25). Dal perdono assoluto di
Cristo anche per i suoi persecutori inizia per tutti la
nuova giustizia del Regno di Dio.
Durante
l'Ultima Cena il Redentore aveva detto agli Apostoli: "Vi
do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri;
come io vi ho amati, così amatevi anche voi gli uni gli
altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se
avrete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,
34-35).
5.
Cristo risorto dona ai suoi discepoli la pace. La
Chiesa, fedele al comando del suo Signore, continua a
proclamarne e diffonderne la pace. Mediante
l'evangelizzazione, i credenti aiutano gli uomini a
riconoscersi fratelli e, quali pellegrini sulla terra, pur
su strade diverse, tutti incamminati verso la Patria comune
che Dio, attraverso vie solo a Lui note, non cessa di
additarci. La strada maestra della missione è il dialogo
sincero (cfr Ad gentes,
7; Nostra
aetate, 2); il dialogo che "non nasce da
tattica o da interesse" (Redemptoris
missio, 56), e neppure è fine a se stesso. Il
dialogo, piuttosto, che fa parlare all'altro con stima e
comprensione, affermando i principi in cui si crede e
annunciando con amore le verità più profonde della fede,
che sono gioia, speranza e senso dell'esistenza. In fondo il
dialogo è la realizzazione di un impulso spirituale, che
"tende alla purificazione e conversione interiore che,
se perseguita con docilità allo Spirito, sarà
spiritualmente fruttuosa" (ibid., 56).
L'impegno
ad un dialogo attento e rispettoso è una conditio
sine qua non per un'autentica testimonianza all'amore
salvifico di Dio.
Questo
dialogo è profondamente legato alla volontà di perdono,
perché colui che perdona apre il cuore agli altri e diventa
capace d'amare, di comprendere il fratello e di entrare in
sintonia con lui. D'altronde la pratica del perdono,
sull'esempio di Gesù, sfida e apre i cuori, risana le
ferite del peccato e della divisione e crea una vera
comunione.
6.
Con la celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale, è
offerta a tutti l'opportunità di misurarsi con le esigenze
dell'amore infinito di Dio. Amore che domanda fede; amore
che invita a porre tutta la propria fiducia in Lui. "Senza
la fede è impossibile essergli graditi; chi infatti
s'accosta a Dio deve credere che Egli esiste e che
ricompensa coloro che lo cercano" (Eb 11,
6).
In
questa annuale ricorrenza, siamo invitati a pregare
assiduamente per le missioni e a collaborare con ogni mezzo
alle attività che la Chiesa svolge in tutto il mondo per
costruire il Regno di Dio, "Regno eterno ed universale:
regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia,
regno di giustizia, di amore e di pace" (Prefazio
nella Festa di Cristo, Re dell'universo). Siamo chiamati
anzitutto a testimoniare con la vita la nostra adesione
totale a Cristo e al suo Vangelo.
Sì,
non ci si deve mai vergognare del Vangelo e mai avere paura
di proclamarsi cristiani, tacendo la propria fede. E'
necessario, invece, continuare a parlare, allargare gli
spazi dell'annuncio della salvezza, perché Gesù ha
promesso di rimanere sempre e comunque presente in mezzo ai
suoi discepoli.
La
Giornata Missionaria Mondiale, vera e propria festa della
missione, ci aiuta così a meglio scoprire il valore della
nostra vocazione personale e comunitaria. Ci stimola,
altresì, a venire in aiuto ai "fratelli più
piccoli" (cfr Mt 25, 40) attraverso i missionari
sparsi in ogni parte del mondo. Questo è il compito delle Pontificie
Opere Missionarie, che da sempre servono la Missione
della Chiesa, non facendo mancare ai più piccoli chi spezzi
loro il pane della Parola e continui a portare loro il dono
dell'inesauribile amore, che sgorga dal cuore stesso del
Salvatore.
Fratelli
e Sorelle carissimi! Affidiamo questo nostro impegno per
l'annuncio del Vangelo, come pure l'intera attività
evangelizzatrice della Chiesa, a Maria Santissima, Regina
delle Missioni. Sia Lei ad accompagnarci nel nostro cammino
di scoperta, di annuncio e di testimonianza dell'Amore di
Dio, che perdona e che dona la pace all'uomo.
Con
tali sentimenti, a tutti i missionari e missionarie sparsi
nel mondo, a quanti li accompagnano con la preghiera e
l'aiuto fraterno, alle comunità cristiane di antica e nuova
fondazione, invio di cuore la Benedizione Apostolica, in
auspicio della costante protezione del Signore.
Dal
Vaticano, 19 Maggio 2002, Solennità di Pentecoste.
IOANNES
PAULUS II
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