Riflessioni e foto da Genova

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Un grazie a Stefano per queste foto e per queste sue riflessioni.....

Cosa ci ha comunicato lo scorso G8 di Genova?

 Personalmente e in gruppo ho seguito la preparazione a quest’evento nella comunità in cui vivo e tramite numerose attività dei Missionari Comboniani e della “Rete di Lilliput” di Varese. Insieme a quest’ultima, abbiamo partecipato alle manifestazioni pacifiche del 21 e 22 luglio, ad altre iniziative di sensibilizzazione sul vertice e sulla globalizzazione della solidarietà, organizzate in provincia di Varese tra maggio e giugno.

In queste poche righe non è mia intenzione esaurire la molteplicità di considerazioni che ha suscitato il G8; ma mio compito sarà di offrire alcune provocazioni, volutamente poste in un’ottica di chiaro-scuro: dalla conferenza tra i capi di governo, alla manifestazione pubblica del 21 luglio.

 Filo conduttore di queste argomentazioni sono la massiccia disinformazione data dalla maggior parte dei mass - media (dalle televisioni nazionali ai settimanali provinciali, a parte circoscritte eccezioni – n’è un esempio il settimanale “Luce”, nell’area dove vivo) e lo screditamento del Genoa Social Forum (triste presa di posizione), nel quale sono confluite, all’unisono, variegate forze cattoliche (numerosi movimenti italiani e cristiani internazionali quali, ad esempio, Pax Christi e Caritas anglicana) e della restante società civile: esponenti politici istituzionali e dell’associazionismo sociale in parte strutturato (tra cui la “Rete di Lilliput”, diverse “Botteghe del mondo” che promuovono il commercio equo e solidale, Emergency, Acli, Cobas e vari comitati non istituzionalizzati).

In seno al Gsf, oltre alle critiche infondate mosse verso il Social Forum nel suo insieme, ad esempio, Vittorio Agnoletto sta subendo censure persino da quotidiani cattolici come “Avvenire”. Agnoletto, dopo il G8, è stato escluso dalla Commissione sull’AIDS del Ministero della Sanità e, prima ancora, dalla Consulta per le tossicodipendenze del Ministero del Welfare di Roberto Maroni.

Identico ostracismo è stato fatto per preti cattolici italiani (anche Vescovi) e religiosi/e.

Gravi situazioni di negazione di legittima e vera informazione, libertà d’espressione e costruttiva volontà di collaborazione della complessiva società civile.

Parto dall’agenda politica alla base degli incontri tra i capi di governo del G8, anche se allargati ad alcuni esponenti di Paesi africani (di cui, a tuttora, non si conoscono le modalità di partecipazione e le loro reazioni).

Ben poco è trapelato. L’allineamento del governo italiano con Bush sullo “scudo stellare” e sul “trattato di Kyoto”.

L’obolo, ostentato al pubblico, rappresentato dalla costituzione del fondo sanitario per combattere malattie quali la diarrea, l’AIDS ecc., per il quale sono stati stanziati 1,2 miliardi di dollari. A prescindere dal rapporto dei “Medici senza frontiere”, secondo il quale 1/3 della popolazione mondiale non ha accesso ai farmaci essenziali, se facciamo un semplice confronto tra la prima cifra con quanto il Nord (o Centro) del mondo ha speso nell’ultimo anno per i cosmetici (16 miliardi di dollari), ne constatiamo l’inadeguatezza (da cui, umanamente, non può non scaturire indignazione).

Inoltre, politicamente, socialmente ed economicamente, non è questa la via per un efficace intervento; il quale sarebbe stato da orientarsi in una consistente diminuzione del costo dei farmaci dati ai Paesi del Sud (o Periferia) del mondo, o nella direzione (di cui il Sudafrica n’è stato esempio) della concessione del diritto di produrre quei particolari farmaci nello stato nel quale sono impiegati. Ciò ha ancor più rilevanza se pensiamo che, riguardo all’AIDS, il rapporto tra persone malate nel Nord e nel Sud del mondo è di 5 : 95.

A tutte le altre proposte del Gsf, su cui lavorava da mesi, gli esponenti dei G8 non hanno ancora risposto: la remissione degli interessi sul debito e/o dell’intero debito dei paesi del Sud del mondo, la Tobin tax (1%) sulle transazioni finanziarie speculative internazionali, il monitoraggio sul commercio degli armamenti, e così via. Tutto ciò, ovviamente, non dando per scontato l’illegittimità del G8 (esiste già l’Organizzazione delle Nazioni Unite e i suoi organismi che hanno queste funzioni) e l’elevato grado di violenza sociale da esso rappresentato.

 Ciò introduce la seconda considerazione: la violenza. E’ necessario dissociarsi sia da quella operata dal G8, sia da quella perpetrata liberamente da un piccolo gruppo di “black blocks” (in proposito, secondo i quotidiani, le stime sul loro numero variano notevolmente) ai danni dell’urbanistica di Genova, dei loro abitanti, dei manifestanti non violenti, sia da quella implementata, forse con un previo preciso disegno giunto non so da quale livello istituzionale, dalle forze armate a danno dei manifestanti, indipendentemente dal gruppo d’appartenenza.

E’ possibile supporre che il fattore violenza è stato impiegato dai mass - media e, probabilmente, in numerose comunità locali (anche questo costituirebbe un grave sintomo di plagio), come una sorta di cortina fumogena per coprire tanto i lavori e gli esiti degli incontri dei capi di governo, quanto l’edificante relazione e confronto con i vertici del G8 operata dal Gsf.

 

A questo punto si possono porre alcune domande: quali sono precisamente gli esiti del G8? Quanto spazio nei contenuti è stato dato, nei mezzi d’informazione, nei mesi precedenti il summit di luglio, al Gsf (e, in esso, ai movimenti cristiani e società civile nel suo complesso)? Poi, riguardo la settimana del vertice, come e quanto si è parlato della manifestazione - festa con i migranti di giovedì?

E, per i giorni del 21 e 22 luglio, quante persone hanno preso coscienza dell’esistenza di iniziative (ad esempio la preghiera interreligiosa e ecumenica, il digiuno, le attività di sensibilizzazione) che avevano come punto di riferimento, sul lungomare genovese, il santuario di Boccadasse?

 

 

Altra notazione sul corteo del 21 luglio (secondo le fonti, le persone presenti erano da 150 a 300 mila): quali canali di informazione, e come, hanno rilevato che le forze armate sono intervenute con violenza sulle centinaia di persone (dai sedicenni ai cinquantenni) che, in modo non violento e tentando anche di isolare i “black blocks”, sfilavano a Genova, con il chiaro intento di frantumare e disperdere il corteo e di dare ulteriore impulso al fattore violenza (chi vi scrive è stato coinvolto in questa repressione da parte della Polizia, lungo “Corso Italia”, quando i manifestanti erano seduti sul lato destro della carreggiata, a mani alzate, attendendo che il corteo ripartisse)?

Vi possono essere numerosi altri interrogativi.

Si possono ora ricordare alcuni spunti propositivi.

Tra le deformazioni della modernità (o post–modernità, comunque si definisca questo periodo storico) vi sono l’atomizzazione, la frammentazione culturale e relazionale, la prevalenza dell’”economico” sull’”etico” e altro. Inoltre, non possiamo tirarci indietro dal guardare a questa moderna società complessa in chiave sistemica, in cui ogni evento va letto secondo una logica di reciprocità delle responsabilità per le diverse variabili intervenienti nel sistema in osservazione (non può più valere una spiegazione lineare del tipo “causa-effetto”).

 Ed è in questa luce che bisogna accostarci alla lettura della preparazione e dello svolgimento del G8 di Genova.

Altri brevi spunti. L’importanza di movimenti che, uniti, “scendono in piazza”. La priorità che va data ad una corretta informazione nelle diverse comunità locali e alle numerose iniziative di relazione di solidarietà tra persone e gruppi nell’area in cui una persona vive e tra loro/i e le persone geograficamente lontane. A tal fine, strumenti efficaci sono: il commercio equo, il consumo critico, la finanza etica, i gruppi d’acquisto …; ricordandoci che oggi il vero voto politico è quello del consumatore (chi e cosa compra vota per un sistema di oppressione o di liberazione).

C’è spazio anche per una critica a vertici di tal genere (G8) e manifestazioni di massa come quelle di Seattle, Goteborg, Genova. Spesso le decisioni sono già state prese da altri organismi: sui tavoli di alcune potenti multinazionali o negli uffici del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Essi, quindi, rischiano di essere politicamente strumentalizzati in modo ampio e di diventare ‘di moda’ (attenzione: non inutili).

 

Infine, da cattolico, battezzato e cresimato, che icona di Chiesa stiamo dando al mondo? Va bene il confronto con l’alterità, ma ci sono alcuni messaggi evangelici oggettivi, dai quali nessun cristiano e, prima ancora, nessun essere umano può ignorare: poiché riguardano la nostra umanità, come persone la cui vita si crea nella relazione con se stessi, con l’altro e, per chi ci crede, con il nostro comune Dio-Padre/Madre.

Una delle magliette presenti alla manifestazione riportava questa frase di Martin Luter King: “Non ho paura delle parole dei violenti ma del silenzio degli onesti”. Poi riproposta così da don Tonino Bello: “Credo che il Signore non teme le parole dei violenti, teme il silenzio dei credenti, il nostro silenzio. Delle nostre parole dobbiamo rendere conto alla storia, ma dei nostri silenzi dobbiamo rendere conto a Dio”.

Quando sentiremo, in nome del Vaticano, il Dr. Navarro Valls comunicare, in altre parole mettere in comune, quelle che sono le sfumature della Chiesa cattolica sulla globalizzazione (e, in essa, sul G8)?

Forza Chiesa italiana, sono certo che le Chiese del Sud del mondo, stanno pregando per te.

Concludo con una frase (tratta da una canzone) presente sul nostro striscione a Genova: “Unidos podemos caminar, triunfar, avanzar, amar!”

 

                                                                                                            Stefano