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Personalmente
e in gruppo ho seguito la preparazione a quest’evento nella comunità in cui
vivo e tramite numerose attività dei Missionari Comboniani e della “Rete di
Lilliput” di Varese. Insieme a quest’ultima, abbiamo partecipato alle
manifestazioni pacifiche del 21 e 22 luglio, ad altre iniziative di
sensibilizzazione sul vertice e sulla globalizzazione della solidarietà,
organizzate in provincia di Varese tra maggio e giugno.
In
queste poche righe non è mia intenzione esaurire la molteplicità di
considerazioni che ha suscitato il G8; ma mio compito sarà di offrire alcune
provocazioni, volutamente poste in un’ottica di chiaro-scuro: dalla conferenza
tra i capi di governo, alla manifestazione pubblica del 21 luglio.
Filo
conduttore di queste argomentazioni sono la massiccia disinformazione data dalla
maggior parte dei mass - media (dalle televisioni nazionali ai settimanali
provinciali, a parte circoscritte eccezioni – n’è un esempio il settimanale
“Luce”, nell’area dove vivo) e lo screditamento del Genoa Social Forum
(triste presa di posizione), nel quale sono confluite, all’unisono, variegate
forze cattoliche (numerosi movimenti italiani e cristiani internazionali quali,
ad esempio, Pax Christi e Caritas anglicana) e della restante società civile:
esponenti politici istituzionali e dell’associazionismo sociale in parte
strutturato (tra cui la “Rete di Lilliput”, diverse “Botteghe del mondo”
che promuovono il commercio equo e solidale, Emergency, Acli, Cobas e vari
comitati non istituzionalizzati).
In
seno al Gsf, oltre alle critiche infondate mosse verso il Social Forum nel suo
insieme, ad esempio, Vittorio Agnoletto sta subendo censure persino da
quotidiani cattolici come “Avvenire”. Agnoletto, dopo il G8, è stato
escluso dalla Commissione sull’AIDS del Ministero della Sanità e, prima
ancora, dalla Consulta per le tossicodipendenze del Ministero del Welfare di
Roberto Maroni. |
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Identico
ostracismo è stato fatto per preti cattolici italiani (anche Vescovi) e
religiosi/e.
Gravi
situazioni di negazione di legittima e vera informazione, libertà
d’espressione e costruttiva volontà di collaborazione della complessiva
società civile.
Parto
dall’agenda politica alla base degli incontri tra i capi di governo del G8,
anche se allargati ad alcuni esponenti di Paesi africani (di cui, a tuttora, non
si conoscono le modalità di partecipazione e le loro reazioni).
Ben
poco è trapelato. L’allineamento del governo italiano con Bush sullo “scudo
stellare” e sul “trattato di Kyoto”. |
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L’obolo, ostentato al pubblico, rappresentato
dalla costituzione del fondo sanitario per combattere malattie quali la diarrea,
l’AIDS ecc., per il quale sono stati stanziati 1,2 miliardi di dollari. A
prescindere dal rapporto dei “Medici senza frontiere”, secondo il quale 1/3
della popolazione mondiale non ha accesso ai farmaci essenziali, se facciamo un
semplice confronto tra la prima cifra con quanto il Nord (o Centro) del mondo ha
speso nell’ultimo anno per i cosmetici (16 miliardi di dollari), ne
constatiamo l’inadeguatezza (da cui, umanamente, non può non scaturire
indignazione). |
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Inoltre,
politicamente, socialmente ed economicamente, non è questa la via per un
efficace intervento; il quale sarebbe stato da orientarsi in una consistente
diminuzione del costo dei farmaci dati ai Paesi del Sud (o Periferia) del mondo,
o nella direzione (di cui il Sudafrica n’è stato esempio) della concessione
del diritto di produrre quei particolari farmaci nello stato nel quale sono
impiegati. Ciò ha ancor più rilevanza se pensiamo che, riguardo all’AIDS, il
rapporto tra persone malate nel Nord e nel Sud del mondo è di 5 : 95.
A
tutte le altre proposte del Gsf, su cui lavorava da mesi, gli esponenti dei G8
non hanno ancora risposto: la remissione degli interessi sul debito e/o
dell’intero debito dei paesi del Sud del mondo, la Tobin tax (1%) sulle
transazioni finanziarie speculative internazionali, il monitoraggio sul
commercio degli armamenti, e così via. Tutto ciò, ovviamente, non dando per
scontato l’illegittimità del G8 (esiste già l’Organizzazione delle Nazioni
Unite e i suoi organismi che hanno queste funzioni) e l’elevato grado di
violenza sociale da esso rappresentato. |
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Ciò
introduce la seconda considerazione: la violenza. E’ necessario dissociarsi
sia da quella operata dal G8, sia da quella perpetrata liberamente da un piccolo
gruppo di “black blocks” (in proposito, secondo i quotidiani, le stime sul
loro numero variano notevolmente) ai danni dell’urbanistica di Genova, dei
loro abitanti, dei manifestanti non violenti, sia da quella implementata, forse
con un previo preciso disegno giunto non so da quale livello istituzionale,
dalle forze armate a danno dei manifestanti, indipendentemente dal gruppo
d’appartenenza.
E’
possibile supporre che il fattore violenza è stato impiegato dai mass - media
e, probabilmente, in numerose comunità locali (anche questo costituirebbe un
grave sintomo di plagio), come una sorta di cortina fumogena per coprire tanto i
lavori e gli esiti degli incontri dei capi di governo, quanto l’edificante
relazione e confronto con i vertici del G8 operata dal Gsf.
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A
questo punto si possono porre alcune domande: quali sono precisamente gli esiti
del G8? Quanto spazio nei contenuti è stato dato, nei mezzi d’informazione,
nei mesi precedenti il summit di luglio, al Gsf (e, in esso, ai movimenti
cristiani e società civile nel suo complesso)? Poi, riguardo la settimana del
vertice, come e quanto si è parlato della manifestazione - festa con i migranti
di giovedì?
E,
per i giorni del 21 e 22 luglio, quante persone hanno preso coscienza
dell’esistenza di iniziative (ad esempio la preghiera interreligiosa e
ecumenica, il digiuno, le attività di sensibilizzazione) che avevano come punto
di riferimento, sul lungomare genovese, il santuario di Boccadasse?
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Altra
notazione sul corteo del 21 luglio (secondo le fonti, le persone presenti erano
da 150 a 300 mila): quali canali di informazione, e come, hanno rilevato che le
forze armate sono intervenute con violenza sulle centinaia di persone (dai
sedicenni ai cinquantenni) che, in modo non violento e tentando anche di isolare
i “black blocks”, sfilavano a Genova, con il chiaro intento di frantumare e
disperdere il corteo e di dare ulteriore impulso al fattore violenza (chi vi
scrive è stato coinvolto in questa repressione da parte della Polizia, lungo
“Corso Italia”, quando i manifestanti erano seduti sul lato destro della
carreggiata, a mani alzate, attendendo che il corteo ripartisse)?
Vi
possono essere numerosi altri interrogativi.
Si
possono ora ricordare alcuni spunti propositivi.
Tra
le deformazioni della modernità (o post–modernità, comunque si definisca
questo periodo storico) vi sono l’atomizzazione, la frammentazione culturale e
relazionale, la prevalenza dell’”economico” sull’”etico” e altro.
Inoltre, non possiamo tirarci indietro dal guardare a questa moderna società
complessa in chiave sistemica, in cui ogni evento va letto secondo una logica di
reciprocità delle responsabilità per le diverse variabili intervenienti nel
sistema in osservazione (non può più valere una spiegazione lineare del tipo
“causa-effetto”). |
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Ed
è in questa luce che bisogna accostarci alla lettura della preparazione e dello
svolgimento del G8 di Genova.
Altri
brevi spunti. L’importanza di movimenti che, uniti, “scendono in piazza”.
La priorità che va data ad una corretta informazione nelle diverse comunità
locali e alle numerose iniziative di relazione di solidarietà tra persone e
gruppi nell’area in cui una persona vive e tra loro/i e le persone
geograficamente lontane. A tal fine, strumenti efficaci sono: il commercio equo,
il consumo critico, la finanza etica, i gruppi d’acquisto …; ricordandoci
che oggi il vero voto politico è quello del consumatore (chi e cosa compra vota
per un sistema di oppressione o di liberazione).
C’è
spazio anche per una critica a vertici di tal genere (G8) e manifestazioni di
massa come quelle di Seattle, Goteborg, Genova. Spesso le decisioni sono già
state prese da altri organismi: sui tavoli di alcune potenti multinazionali o
negli uffici del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Essi,
quindi, rischiano di essere politicamente strumentalizzati in modo ampio e di
diventare ‘di moda’ (attenzione: non inutili).
Infine,
da cattolico, battezzato e cresimato, che icona di Chiesa stiamo dando al mondo?
Va bene il confronto con l’alterità, ma ci sono alcuni messaggi evangelici
oggettivi, dai quali nessun cristiano e, prima ancora, nessun essere umano può
ignorare: poiché riguardano la nostra umanità, come persone la cui vita si
crea nella relazione con se stessi, con l’altro e, per chi ci crede, con il
nostro comune Dio-Padre/Madre.
Una
delle magliette presenti alla manifestazione riportava questa frase di Martin
Luter King: “Non ho paura delle parole dei violenti ma del silenzio degli
onesti”. Poi riproposta così da don Tonino Bello: “Credo che il Signore non
teme le parole dei violenti, teme il silenzio dei credenti, il nostro silenzio.
Delle nostre parole dobbiamo rendere conto alla storia, ma dei nostri silenzi
dobbiamo rendere conto a Dio”.
Quando
sentiremo, in nome del Vaticano, il Dr. Navarro Valls comunicare, in altre
parole mettere in comune, quelle che sono le sfumature della Chiesa cattolica
sulla globalizzazione (e, in essa, sul G8)?
Forza
Chiesa italiana, sono certo che le Chiese del Sud del mondo, stanno pregando per
te.
Concludo
con una frase (tratta da una canzone) presente sul nostro striscione a Genova:
“Unidos podemos caminar, triunfar, avanzar, amar!”
Stefano |
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