Nel Mondo di Bin Laden

articolo tratto da Limes

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NEL MONDO DI BIN LADEN

 

Da: “Limes” Rivista Italiana di Geopolitica

Gruppo Editoriale l’Espresso

Supplemento al n° 4/2001

 

 

La strategia occidentale e l’alternativa asiatica

 

La controffensiva americana al terrorismo è un atto che, secondo l’indiano K.P.S. Gill, non tiene conto della realtà geopolitica del subcontinente indiano; al contrario, essa si basa esclusivamente sui confini geografici di quella regione.

Inoltre l’intelligence d’oltreoceano si è basata su target datati, non aggiornati. Ciò ha portato ad inevitabili errori nella valutazione degli obiettivi, provocando la morte di numerosi civili e profughi.

I taliban sono stati sostenuti militarmente ed economicamente dal vicino Pakistan ed era proprio strangolando questo stato che si poteva far crollare il regime di Kabul, forse senza ricorrere alla soluzione bellica.

I seguaci dello sceicco arabo stavano già per crollare su sé stessi prima dell’attentato alle torri gemelle, in quanto disorganizzati su tutti i fronti. Essi erano disposti a liberare gli otto ostaggi dell’organizzazione umanitaria Shelter Now e a mediare una soluzione in ambito ONU, nonché a consegnare al Pakistan lo stesso Bin Laden, purchè non fosse estradato negli Stati Uniti.

 

L’attacco all’Afghanistan è visto dalla gente comune come un atto contro il terrorismo, in realtà, indagini condotte nei territori direttamente coinvolti dai raid ed in quelli adiacenti, lasciano trasparire la sensazione che le azioni di guerra siano unicamente servite ad acquietare l’opinione pubblica americana desiderosa di vendetta per gli attentati subiti in casa.

La guerra   ha contribuito a risvegliare l’attenzione del mondo nei confronti di queste terre.

L’instabilità politica del Pakistan, rappresentata dal suo presidente Musharraf, può essere presa come esempio emblematico. Sebbene questo stato sia stato tollerante nei confronti dell’integralismo islamico, ha concesso agli Stati Uniti due basi militari ed il suo spazio aereo, scatenando nei paesi di sua influenza reazioni di disapprovazione.

La situazione è chiara nelle parole dell’economista pakistano Kamal Siddiqi: “Il generale Musharraf ha avuto ben poca scelta: o cooperare, oppure andare incontro alle ire del cosiddetto mondo civile, che si sarebbero subito tradotte nel blocco di prestiti del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale tramite un inasprimento delle già vigenti sanzioni. Le conseguenze sarebbero state disastrose, e non solo per l’uomo della strada, ma anche per i vertici militari che temevano tagli alle spese per la difesa”. Così i leader interni dell’opposizione: “Il Pakistan non ha scelta perché è sull’orlo della bancarotta” e gli analisti politici:”Tra i due mali, è meglio scegliere il minore”

Non così la pensano i sostenitori dell’integralismo islamico che da subito organizzano manifestazioni di protesta in tutto il paese sebbene queste fossero state vietate dal governo.

Nella regione del Nord-Ovest i pashtun hanno iniziato una ribellione che si è in seguito diffusa nelle Aree Tribali; queste rappresentano un land a statuto speciale che di fatto si è già scisso dall’autorità centrale. Pashtun ed Aree Tribali, che già riconoscono Bin Laden come Messia, sono pronte ad integrarsi nell’Afghanistan in caso di rivolta popolare. Questo il consiglio del mullah Omar alla tribù degli afridi (gli artigiani specializzati nella fabbricazione di armi e cannoni): “ Non venite immediatamente a combattere con noi e rimanete per il momento in Pakistan”…dove saranno più utili in caso di guerra civile.

L’integrità del Pakistan è giunta oltre il punto di rottura. Sarà difficile tornare indietro anche una volta deposti i taliban.

 

Un’altra situazione difficile che non è stata considerata da “Enduring freedom” è quella della questione Kashmir, dove oltre all’interminabile conflitto  Pakistan-India, sono coinvolti anche Nepal e Bangladesh.

Negli stessi giorni dei raid sul vicino Afghanistan ed all’indomani del disinteressamento di Tony Blair sulla questione, militanti pakistani pro Bon Laden compiono azioni di guerra in India. Questa chiede agli Stati Uniti di estendere la lotta al terrorismo anche in quella regione, ma non ottiene alcuna risposta, se non la visita di Powell a Dehli: di lì a poco l’esercito indiano bombarda undici postazioni pakistane.

Non dobbiamo dimenticarci che il Pakistan detiene un arsenale atomico che in situazioni di instabilità politica potrebbe finire nelle mani sbagliate, non ultime quelle di Bin Laden che ben conosce i generali destituiti da Musharraf. Al verificarsi di una tale situazione, quale potrebbe essere lo scenario internazionale che ne deriverebbe?

L’instaurarsi a Kabul di un regime nemico al Pakistan significherebbe la fine per il generale pakistano e per l’intero stato. Con tutto ciò che ne deriverebbe.