Esperienze di giovani

   

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 Africa,Africa sento chiamare

  Africa Africa ,Africa son qua

  Africa ,Africa mi grida il cuore

  ....UGANDA e KARAMOJA risponderò!!!

 

Ad essere sincera , la canzone non è proprio così,ma non sapendo da che parte iniziare a raccontarvi questo mese di campo in missione in Uganda, utilizzo questo ritornello che descrive bene e nell’essenza la mia esperienza. Un’esperienza fatta di varie tappe: la prima quella del sentirsi  SENTIRSI  CHIAMARE a conoscere più da vicino l'Africa , i poveri e in particolare le realtà dove tanti missionari e missionarie comboniane offrono la loro vita nella regione del Karamoja nel nord -est dell'Uganda. L'esigenza di capire cosa il Signore mi sta chiedendo, il bisogno di condividere un po' della mia vita con questi fratelli per comprendere il significato profondo della parola “condividere”  e per compiere un tratto della nostra strada al loro fianco ,sono stati i motivi che hanno fatto si' che il 18 luglio potessimo finalmente dire "AFRICA,AFRICA SON QUA!" Sono qua con tutta me stessa non per fare grandi cose,ma per stare con la gente,per far capire che seppure in due terre molto lontane camminiamo insieme, condividiamo gli stessi grandi sogni di pace, di amore, di unità e soprattutto la stessa fede. E cosi ' con questo stile da pellegrino,pronto a togliersi i sandali perché consapevole di entrare in un luogo sacro,ci siamo inseriti nella realtà dell’ospedale  missionario S.Kizito di Matany in Karamoja. E’ difficile esprimere a parole ciò che ho vissuto,ciò che il mio cuore ha provato cercando di penetrare il mistero della sofferenza e della morte che così spesso si unisce alla prima. Sofferenza nel volto dei bimbi denutriti incapaci di reggersi in piedi, sofferenza dei bimbi colpiti da malaria, sofferenza negli occhi di tanti pazienti costretti a letto con arti amputati in seguito a ferite d’arma da fuoco, sofferenza negli occhi delle giovani madri che vedono morire il loro piccolo, sofferenza nelle urla strazianti di chi perde un figlio. Quanta sofferenza! Il Signore non ha usato metodi dolci:...entro in ospedale, primo giorno in pediatria e il piccolo Sagal muore mentre tenevo la flebo, un altro giorno arrivano tre giovani feriti durante una razzia.... . All’inizio non sapevo più dove sbattere la testa, è stato veramente un dono sentirmi ricordare da sr Rocio e sr Fausta, due comboniane infermiere:”WE DRESS THE WOUND,GOD HEALS IT”, che è il moto dell’ospedale! Grazie alla testimonianza di queste sisters ho capito che

la sofferenza se messa nelle mani dell’unica Persona che veramente può guarire, da’ tanta forza per andare avanti,per dare il meglio di se’ in ogni momento,per vincere quel senso di impotenza che a volte ti schiaccia,per avere un sorriso e un’attenzione particolare,una stretta di mano,un “Ejok nooi” per ogni paziente come per ogni collega che di fronte ad una manifestazione cosi’ grande d’amore non può che essere contagiato e fare altrettanto.

Incontrando Fausta, Rocio,Cathy, Laurenziana, Gesca così innamorate e felici del loro servizio e lasciando entrare questa realtà nel mio cuore il contagio è stato inevitabile... . Sono tutte infermiere ma chissà perché in questo caso si sono scordate di dire come evitare il contagio (per fortuna!!!) ALAKARA NOOI!! (grazie mille!). Così in pochi giorni il MIO CUORE GRIDAVA e ho iniziato a sentire sempre più forti e sempre più mie le parole di Comboni ”L’AFRICA E I POVERI SI SONO IMPADRONITI DEL MIO CUORE CHE VIVE SOLO PER LORO”. Contagio continuato a Kangole e Moroto, realtà diverse dove abbiamo sentito tutta l’importanza  del lavorare al centro di formazione per i catechisti, nella scuola, all’interno della diocesi come responsabili dell’educazione, dell’amministrazione con tanta passione, amore, gratuità e, lasciatecelo scrivere, anche un po’ di sana follia così preziosa in questo Karamoja! Amore così grande da essere pronti a tutto, perché “QUESTA E’ LA VITA CHE HO SCELTO” come ci ha insegnato sr. Liliana. Scelta che nell’abbandono totale tra le braccia del padre e nel servizio in questa terra cosi’ bisognosa di pace non può escludere il martirio. Eh già...la canzone dice proprio”NIGRIZIA O MORTE RISPONDERÒ ”! 

Il 15 agosto rientrati a Kampala dopo tre settimane in Karamoja, abbiamo avuto la notizia dell’uccisione di padre Mantovani e fratel Geoffry: quanto dolore, ma anche quanta gratitudine per queste persone e per il Signore che ha voluto che vedessimo la bellezza della vita missionaria senza nasconderci che il dono della vita è parte integrante , non un qualcosa di lontano, forse a volte troppo idealizzato nell’immaginario comune. 

....Poi la gioia dell’incontro con le piccole comunità cristiane a Kololo, Allomarket, a Loputuk, l’incontro con i catechisti:sono stati momenti stupendi in cui i poveri mi hanno veramente scomodata chiedendo alla mia fede e alla mia testimonianza cristiana di fare un passo avanti per essere, come ci hanno chiesto più volte, dei ponti per unire, per sostenerci a vicenda nel cammino cristiano! Ci hanno detto che fanno fatica a camminare da soli, che hanno bisogno di aiuto, ma non possono immaginare quanto con il loro esempio ci abbiano aiutato e senza dubbio ci aiuteranno ancora per essere veramente “PANE SPEZZATO PER I FRATELLI”. suore,fratelli ,ma anche laici africani che veramente stanno dando la loro vita per i fratelli. ....La gioia nel far giocare nel reparto degli uomini i giovani guerrieri con vari arti amputati non con i fucili , come di solito fanno, ma con i palloncini!!! ...Quanti doni il Signore mi ha fatto in questo mese: stavo cercando cosa volesse dire “SULLA TUA PAROLA GETTERÒ LE RETI” e non solo ho avuto una spiegazione che non lascia dubbi, ma anche la dimostrazione concreta che mi invita a rispondere :”SI’ ,SENZA PAURA PERCHÉ LO DICI TU”. ORA E’ TEMPO D’AGIRE, DI SOGNARE IN GRANDE, DI OSARE IL NOSTRO FUTURO CAMMINANDO SULLE STRADE DEGLI ULTIMI PER ESSERE VERAMENTE FELICI!!

In uno dei primi incontri ,durante la preparazione,abbiamo usato come simbolo del cammino un piede giallo.....: è partito come un semplice trentotto e strada facendo si è ingrandito a dismisura! Condivido con voi il suo messaggio: 

 

 LASCIA...

 FIDATI...

 CAMMINA!

 LUI TI AMA!

 LASCIATI AMARE!

                   IL SIGNORE NON CI CHIEDE DI FARE TANTE COSE MA CI CHIEDE DI AMARE.

                   APENA’ NGAREN!(ANDIAMO AVANTI!)

                   IL MARTIRIO E’ STRETTAMENTE LEGATO AL DISCEPOLO, A CHI HA  SCELTO DI VIVERE IL CARISMA COMBONIANO.

                   SULLA TUA PAROLA GETTERÒ LE RETI...SI’ SIGNORE, SENZA PAURA  PERCHÉ ME LO DICI TU!

QUESTA E’ LA VITA CHE HO SCELTO.

......Spero che a questo punto il contagio sia già iniziato! CORAGGIO!!! L’AFRICA TI ASPETTA!!!

BUON CAMMINO E .. BUONA MISSIONE A TUTTI!!

 Alakara kirè Akuj (grazie mille Signore),Alakara nooi Comboni fathers, brothers and sisters (grazie mille Comboniani), alakara kirè Diego, Donata, Francesca, Annalisa, Simonetta, alakara nooi Karimojong, alakara nooi, nooi sr.Bruna Nakiru: la nostra akimat e super guida!!!!!                             

 Manu

 

 

Un sorriso dall’Africa

 

Forza, sveglia, sveglia … è una bellissima giornata, e sono già le 4 del mattino del 18 luglio… dobbiamo partire per l’Uganda, l’aereo ci aspetta! Forza, forza, mettiti le scarpe, lavati i denti, pettinati, fai colazione, scarica le valigie, carica le valigie, fai il check in … aahh!! Mi sono dimenticato il bastoncino di liquirizia, presto, presto, sali sull’aereo, mangia veloce, dormi veloce, svegliati, vestiti, prepara il passaporto, corri, corri… ah! Siamo a Kampala (Ka’la in slang). Guarda… poveri questi Africani, devono essere tutti malati, concorre nessuno!!! Cavoli, però sorridono! Ma…?! Saltiamo su questo bus, dobbiamo andare in Karamoja, sono più di 500 Km, quindi è meglio mettersi comodi e godersi il panorama Africano. Qui dal mio posto  sul corridoio, vicino alla porta, vedo tutte le persone che salgono sul bus e ho la stessa visuale dell’autista. Che posto il mio! Forse è solo un po’ scomodo perché le persone che riescono a salire mi riversano addosso di tutto, che poi è niente, perché è tutto quello che hanno. Dal finestrino alla mia sinistra vedo milioni di persone che camminano lungo il ciglio della strada. Chissà dove vanno tutti? Certo che le loro case sono proprio piccole e buie. Quei bambini senza scarpe che giocano fra fango rosso e gas di scarico perché non sono a scuola a quest’ora? Ci sono dei cartelloni pubblicitari pieni di ragazzi con le scarpe che invitano a comprare un cellulare, perché solo così potrai avere tanti amici. Davanti a me ci sono delle grandissime fabbriche color cemento, recintate e “decorate” con chilometri di filo spinato, pezzi di vetro e reti metalliche alte e robuste. Dicono che qui conviene aprire un’azienda dato che la manodopera costa una sciocchezza. Anche portare via materie prime conviene… ecco perché il caffè ugandese è così facile berlo in Italia. Sto viaggiando da un sacco di giorni e questa carretta color sabbia non va, in più abbiamo preso una strada alternativa. Sì, sai l’altra è chiusa, ci sono i ribelli. Sì, i ribelli! Tu non lo sai, ma … qui dal 1986 questi ribelli uccidono, stuprano, rapiscono e violando ogni sorta di diritto umano e nessuno fa niente per fermarli. Puoi chiederlo a James, l’autista del bus, lui è stato rapito e picchiato, poi fortunatamente è riuscito a scappare. Guarda, guarda, siamo appena entrati nel Karamoja; sembra di essere nel periodo neolitico. Io sono l’unico euforico, il resto dei passeggeri ha gli occhi sgranati, i nervi tesi come elastici di fionde pronti a lanciare urla di aiuto. L’autista sta correndo come un disperato su queste strade sterrate, alzando una grossa nuvola rossa, che penetra nel naso, nei capelli e in bocca, che scricchiola sotto i denti. Qui si psara! Gruppi di razziatori, nascosti nella savana, aspettano con la pazienza di chi no conosce il tempo, il passaggio di qualche bicicletta o mezzo a motore, come questa carretta color sabbia per impadronirsi del “niente” di questa gente, per aggiungerlo al loro, in cambio di qualche minuto di terrore e un po’ di sangue. In fondo alla strada si vedono due croci e un fiore, dove le vite di due missionari sono state barattate con un paio di scarpe e un orologio, colpevoli solo di aver promesso la vita la prossimo. Questo è quello che vedo dal bus. Ora sono arrivato e già devo tornare; tutto intorno la gente canta, mi saluta e ma abbraccia, mi tocca; guardo per l’ultima volta l’orizzonte rosso terra e azzurro cielo; mi accorgo che il loro “niente” diventa il “tutto”. Guarda la scaletta verso il portellone dell’aereo, ho il cuore pesante, prendo i bagagli, non dimentico il bastoncino di liquirizia, preparo il passaporto, rallento i movimenti, forse ho contratto la loro stessa malattia; cammino, i passi si sono fatti lenti, uno dopo l’altro. Torno a casa, non corro più… però sorrido…

Alakara nooi!!

Gigo