La lettera di p.Rodriguez si rivolge alla
comunità degli scolastici comboniani di Roma che assieme agli
immigrati, si è presa a cuore la drammatica situazione del popolo
Acholi (Nord Uganda). L’iniziativa si è concretizzata in un
progetto per la riabilitazione dei bambini che riescono a fuggire
ai ribelli. “La risposta più bella è venuta proprio dagli
immigrati”, racconta Jorge, scolastico comboniano che ha seguito
l’esperienza.“Non dispongono di grandi mezzi economici e quello
che risparmiano lo mandano alle loro famiglie. E’ stato un dono di
Dio il vedere come hanno voluto impegnarsi con la situazione dei
bambini soldato attraverso l’organizzazione di diverse attività,
secondo le loro culture, con lo scopo di ricavare fondi per il
progetto. Sono andati oltre le frontiere della fratellanza di
etnia e cultura per accogliere come fratelli questi bambini, che
non conoscono e da cui non possono aspettare niente. Penso che
questo sia l’amore. Per alcuni di loro è stata la prima esperienza
di un impegno di questo tipo. E’ stato meraviglioso vedere come si
svegliava in questi la forza di solidarietà. La croce e la morte,
il dolore e la sofferenza dei nostri fratelli Acholi è diventata
sorgente di Vita in tante persone che ho conosciuto e nelle quali
sono scattate delle scintille che riflettono il più bello di loro
stessi.”
Cari
Amici,
la pace del Signore sia con tutti voi. Noi vi possiamo
offrire ben poca pace
già che da 17 anni ci manca. Però è il Signore chi da
la pace, soprattutto
dandoci l'impulso ad impegnarci nel lavoro senza
arrenderci.
Stavo pensano proprio a questo la scorsa domenica
quando sono andato a
celebrare l'Eucarestia a Minkulu e, come accade ogni
volta, mi sentivo
assalito dalla paura ad ogni curva su cui si snodava la
strada solitaria.
Ogni tanto si vedevano soldati, alcuni di loro di 14 o
15 anni, scalzi e col
fucile in spalla. Si tratta di bambini che sparano
contro altri bambini
sequestrati ed obbligati a combattere con la
guerriglia. Se muoiono, ce ne
saranno sempre altri a sostituirli, nuove vittime sul
fronte. A pochi
chilometri dalla parrocchia mi sono imbattuto con un
camion dell'esercito
assaltato e bruciato il giorno precedente. L a gente se
ne andava a dormire
nell'erba alta, come fanno tante volte. Ho passato
tutto il giorno teso,
mentre la gente veniva a pregare per incontrare forza
per andare avanti.
Tutti i giorni li viviamo nell'insicurezza e nel
dubbio. Allo stesso tempo
confidiamo nella protezione di Dio che ci sostiene nel
lavoro di pace che
stiamo compiendo. La pace non è il nostro progetto,
è il progetto che Dio ha
per i suoi figli.
Da questo angolo del mondo seguiamo con interesse tutto
il chiasso che
circola per gli avvenimenti riguardanti l'Iraq. Allo
stesso tempo vi
chiediamo di non dimenticarvi di noi, delle guerre come
la nostra dove la
mancanza di petrolio e riserve di materie prime le
cancella dalla mappa
degli interessi internazionali. Qui ci sono solo esseri
umani, creati ad
immagine e somiglianza di Dio, che soffrono e tengono
ugualmente diritto
alla pace ed alla felicità.
Nell'avvicinarci ai giorni in cui si celebra la Pasqua,
riconosciamo nella
nostra gente profuga (800.000) ed umiliata, il volti di
Cristo che soffre
sulla croce che ci salva. Ci mancano molte cose qui, ma
è Lui che ci dona
tutto.
Molte grazie per la vostra solidarietà e per ricordarci
al Signore. La
preghiera ci apre il cuore ai problemi del prossimo che
da sconosciuto
diviene nostro fratello e sorella.
P. Carlos Rodriguez
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