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E siamo noi quell'altra cenere: così minimi e fragili ma così capaci di creare tanta bellezza. Possiamo provare a scendere nell'autenticità delle cose, nella realtà più vera: e cioè che siamo di passaggio, come quelle foglie che umilmente si abbandonano, non sottraendosi al loro destino, ma che, proprio perché consapevoli di cosa le attende, d’autunno si dipingono di colori straordinari, e regalano una bellezza che sa d'immortalità.

Cenere amata da Dio: così minimi ma così capaci di immortalità

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Arrivasse l’oceano, d'acqua salata e tempestosa, di potenza ad inondare e purificare la terra, arrivassero i “buoni” a sconfiggere i cattivi ed il male, come invocherebbero i tanti bambini ancora sedotti dai supereroi, arrivassero gli “uomini forti” a toglierci i pesi e le responsabilità che ci competono, come invocano, ancora, i troppi adulti poco cresciuti, arrivassero più armi per “difendersi”, come se si potesse sparare ad un “nemico” invisibile (negli Stati Uniti, per alcuni, è corsa ad accaparrarsi armi da fuoco), arrivasse quel dio (pre)potente e vendicativo, disincarnato e che non chiede corresponsabilità agli umani, a punire od a salvare, a seconda delle idee, speculari e bipolari, di apocalisse (che è il peggiore dei mali e tra i disastri quello più violento) o di (vana ed infantile) attesa miracolistica.

Ma cosa si invoca?
Chissà, se è vero che la realtà è piena di bene e di speranza, soprattutto nelle piccole cose, di cura voluta e cercata, di gesti di spontanea solidarietà, è altrettanto vero che nessuno arriverà a salvarci, prima di tutto perché i nemici non esistono, tantomeno quelli invisibili, così come non esistono gli uomini forti ed i supereroi, e non arriverà nemmeno quel dio, o meglio quell’ideologia di Dio, che quei tanti atei-devoti invocano: non arriverà perché Dio ci ha già salvati, e continuamente lo fa, rispettando la nostra libertà, attraverso la nostra umanità e responsabilità umana, attraverso le nostre capacità ed i nostri talenti, attraverso le cose buone, giuste e belle che produciamo, attraverso i nostri gesti di apertura, comprensione, fraternità e misericordia , e soprattutto attraverso le nostre fragilità, perché tutte le nostre storie sono fragili, tutti noi lo siamo, perché umani, perché è la realtà, quella sì, il terreno in cui Dio opera.
Perché la realtà, ogni realtà, è sempre superiore a qualsiasi idea, che invece è sempre un castello di sabbia.

Ed eccola la realtà più autentica e più imprescindibile: siamo naturalmente fragili, siamo minimi, temporalmente e fisicamente, precari come foglie al vento, quello d’autunno, che basta un refolo un po’ più forte a farci cadere.
E quel refolo di vento oggi sta’ soffiando forte, prepotente, a mettere in discussione l’idea più malsana che da sempre inganna l’uomo, e che oggi, per il suo essere iper-modernista ed iper-tecnologizzato, è quella che lo intrappola ancor di più: l’idea di essere invincibile.
Eccola l’idea più pericolosa, che a sua volta è madre di tante idee malsane che ingabbiano l’uomo, e che trasformano molte delle sue azioni: l’idea che il potere ci risparmi dalla sofferenza, che possedere ed accumulare sempre più ci preservi dal dolore, l’idea che un edonismo compulsivo - di relazioni utilitaristiche basate sullo sfruttamento ed il dominio sugli altri e sulla madre terra, che sacrifica relazioni autentiche di cura e custodia, di mutuo soccorso, di servizio e di amore fraterno e disinteressato – ci risparmi dal male e dalla sofferenza, l’idea (la pratica) mai morta dell’homo-homini- lupus, e cioè che possiamo salvarci da soli, che possiamo farlo gli uni contro gli altri.

Ed ecco le azioni dannose che ne conseguono: carrierismi, egoismi, individualismo sfrenato, ingiustizie, sfruttamento, cultura dello scarto e dell’indifferenza. Ed ecco le caratteristiche dei sistemi che si generano: oppressivi, che fomentano le divisioni, anche attraverso estremismi ed ideologie religiosi (eccola di nuovo in azione l’ideologia di Dio, ad uso e consumo degli interessi e dei profitti di guerra, dei sistemi e delle strutture di morte), che polarizzano le posizioni, che aumentano le ingiustizie e le sperequazioni economiche e sociali (“Il paradigma tecnocratico tende ad esercitare il proprio dominio anche sull'economia e sulla politica" -Enciclica Laudato Sì 109)

Non si tratta di essere contro progetti positivi ed inclusivi e di modernizzazione dell’umanità, ma l’essere consci che così non va, che così non può più andare, che il male che ci si continua a fare sta diventando sempre più irreversibile ed insostenibile, per noi e per la nostra casa comune. Tutto è intimamente connesso, e prima di tutto siamo connessi da un'origine comune e da un futuro condiviso, e siamo l'ambiente che respiriamo: se l'ambiente è ammalato, ci ammaliamo anche noi, proprio perché' siamo insieme e relazione. Anche se, oggi più che mai, la frammentazione del sapere e della vita dell’uomo tentano di disintegrare questa visione olistica, integrale ed integratrice della realtà - se non siamo capaci di fare relazioni e di integrare, come possiamo comprendere - per migliorare, la realtà, che è sempre un insieme, e come tale sempre di più della somma delle sue parti?
Come non vedere che l’inquinamento, il sovrappopolamento selvaggio di aree urbane che diventano sempre più gigantesche ed insostenibili, i cambiamenti climatici, stanno mettendo in pericolo la vita stessa?
Come non vedere che c’è una chiara similitudine ambientale (condizioni di forte inquinamento, cementificazione ed industrializzazione selvagge, altissima densità abitativa) tra la regione cinese di Wuhan e l'italica pianura Padana, dove il virus sta colpendo così forte? Di più: un recente rapporto del WWF mette in relazione il pericolo che si diffondano virus sempre più mortali e virulenti, con l’estinzione di sempre più numerose specie animali, braccati per farne e commerciarne carne, decimati per fenomeni naturali sempre più estremi come lo scioglimento dei ghiacciai, gli incendi devastanti, la distruzione di habitat naturali e di ecosistemi, con conseguente perdita di biodiversità.

Ma come stiamo vivendo?
E soprattutto: per cosa stiamo vivendo?
Stiamo adorando la cenere? Eppure sappiamo bene che dei soldi, del prestigio, delle carriere e del successo, non rimane nulla! Ecco la cenere! C’è però un'altra cenere, quella amata da Dio, quella destinata all’immortalità: “le nostre misere ceneri sono amate da Dio, e, così amati possiamo cambiare vita. Siamo al mondo per camminare dalla cenere alla vita. Allora, non polverizziamo la speranza, non inceneriamo il sogno che Dio ha su di noi. Non cediamo alla rassegnazione, I beni terreni che possediamo non ci serviranno, sono polvere che svanisce, ma l’amore che doniamo – in famiglia, al lavoro, nella Chiesa, nel mondo – ci salverà, resterà per sempre. “Solo l’amore dura, solo l’amore salva” ha affermato recentemente Papa Bergoglio.
E siamo noi quell'altra cenere: così minimi e fragili ma così capaci di creare tanta bellezza. Passerà questa emergenza (naturale o provocata che sia), ma non dimentichiamoci di rimanere lì, sulla fragilità umana, la nostra e quella del prossimo (lontano o vicino che sia), di amarla, perché la prova dell'intensità e dell'autenticità dell'amore e della cura, stanno nella capacità di amare e curare proprio a partire dalle fragilità, come fa' una madre amando un figlio, una coppia innamorata, una comunità sana ed affettiva.

E non sottraiamoci dallo sperimentare a fondo e con cuore aperto la caducità del nostro cammino umano, anche perché ci inganneremmo dicendoci il contrario, e non servirà a nulla, perché ne arriveranno altre, magari anche peggiori (niente esclude che magari tra 6 mesi oppure 6 anni, non ci si possa ritrovare nella stessa situazione, magari con un virus ancora più letale). Proprio oggi, mentre scopriamo che non possiamo essere sicuri nemmeno della possibilità che ci sia un domani, possiamo provare a scendere nell'autenticità delle cose, nella realtà più vera: e cioè che siamo di passaggio, come quelle foglie che umilmente si abbandonano, non sottraendosi al loro destino, ma che, proprio perché consapevoli di cosa le attende, d’autunno si dipingono di colori straordinari, e regalano una bellezza che sa d'immortalità.

Ecco, fare nostre la consapevolezza di essere cenere amata da Dio e l’umiltà, come vaccini alla morte, e quindi vaccini alla violenza, alla divisione, all’arroganza, all'isolamento, al giudizio, alle ideologie di Dio che separano e condannano, non per intimorirci o sfiduciarci, ma al contrario, proprio per liberare quel soffio d’immensità e d’infinito che c’è in ognuno di noi: è lì l’immortalità. Ed inizia con il coraggio - quello più autentico: di andare in profondità, di noi stessi, nelle relazioni con gli altri, nel guardare alla realtà che ci circonda, crescendo nella consapevolezza, nella contemplazione e nel discernimento, per neutralizzare il male che è sempre frutto della banalità e di idee - ideologie che si crede siano per il bene, ed a cui si aderisce con leggerezza, - ed inizia con la fortezza, quella più autentica, che è il prendersi cura, di noi stessi, delle persone, delle situazioni. Guardarsi dentro, cercare quel Dio presente e vivo, prenderci e prendersi cura! Per diventare come quelle foglie d'autunno, che unite, all'unisono, nonostante l'ineludibilità della venuta del vento freddo dell'inverno, permettono e ci permettono di sentire quel soffio d'infinito e d'immortalità che salva il mondo. Dopo l’inverno arriva la primavera, ed oggi è il suo primo giorno, l’aria è pulita ed i merli cantano della gioia della vita. Il buio cederà posto alla luce.

Giuseppe Mantegazza

 

(Fotografia autunnale scattata ad ottobre 2016 in Michigan, US)

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