GLOBALIZZARE LA FRATERNITA'
La grande sfida missionaria e politica di questo secolo - di Fr. Alberto Degan
GLOBALIZZARE LA FRATERNITA’:
La grande sfida missionaria e politica di questo secolo
“Ci opponiamo al bombardamento dell’Afghanistan con un unico argomento: non è cristiano. Io
non so cosa farebbe Gesù in questi tempi, ma so con certezza quello che non farebbe: non
sosterrebbe il bombardamento di nessuno”. Così scriveva la sorella di William Kelly, una delle
vittime dell’attentato alle Torri gemelle, quando il presidente Bush annunciò l’imminente
intervento armato in Afghanistan proprio per vendicare quelle vittime.
Di fronte al fenomeno degli arrivi di profughi sulle coste italiane e alle polemiche che tutto
ciò ha suscitato, io direi qualcosa di simile: “Non so esattamente cosa farebbe Gesù in questa
situazione, ma so con certezza quello che non farebbe: certamente, non organizzerebbe una
marcia contro i poveri, certamente non spaventerebbe con insulti chi è arrivato qui fuggendo
dagli orrori della guerra, certamente non alimenterebbe l’odio xenofobo, e sicuramente non
minaccerebbe la gente che vuole essere solidale con gli ultimi”. Indubbiamente, il problema è
complesso, e non possiamo risolverlo da soli, e non c’è una soluzione facile. Ma proprio per
questo, cominciamo insieme a riflettere con serietà e umanità su queste cose, con spirito
costruttivo! La soluzione ‘facile’, cioè la soluzione xenofoba e violenta, sappiamo che in realtà
non risolve niente ma anzi acuisce ed aggrava problemi e tensioni.
Siamo di fronte ad un momento storico complesso, in cui stanno venendo al pettine tanti nodi. I politici dovrebbero aiutarci a capire questa complessità. Purtroppo, molti non hanno gli strumenti culturali per comprendere e gestire questa situazione; altri, poi, suscitano paure per puri calcoli e interessi elettorali. Dobbiamo dunque tornare a fare politica con la P Maiuscola, dobbiamo riscoprire la politica come la ‘forma più alta di carità’, come diceva il beato Paolo VI. In un’ottica cristiana, ogni attività umana dev’essere centrata su questa preoccupazione: “ ‘Che cosa hai fatto del tuo fratello?’ (Gen 4,9-10). La globalizzazione dell’indifferenza, che oggi pesa sulle vite di tante sorelle e fratelli, chiede a tutti noi di farci artefici di una globalizzazione della fraternità, aprendo quelle prospettive nuove che Dio pone nelle nostre mani” (Papa Francesco). E’ straordinario: Dio sta mettendo nelle nostre mani la possibilità di aprire un capitolo nuovo nella storia dell’umanità: globalizzare la fraternità! Che bello se i nostri politici dedicassero le loro energie alla realizzazione del sogno di Dio: la globalizzazione della fraternità! Sto forse delirando?
Confesso che sono rimasto sconvolto quando ho saputo che la signora Patrizia - dopo aver dato un suo appartamento a un gruppo di sei africani sopravvissuti alla violenza della guerra - ha dovuto scappare da Padova, intimidita dalle minacce dei vicini, che hanno manifestato rabbia nei confronti dei profughi e nei confronti di chi li vuole accogliere. E mi sono venute in mente queste parole di padre Ezechiele Ramin, missionario padovano ucciso in Brasile: “Oggi ci sono molti emarginati, molti dimenticati… esclusi dalla vita umana. Come si può restare indifferenti a questo dolore dell’uomo?”.
Escludere dalla vita umana significa vivere in maniera disumana. Certamente, vivono in maniera disumana tutti quei poveri e quei profughi cui si vuole negare un tetto. Ma anche chi si rassegna ad avere un cuore dominato dal rancore e dall’odio rischia di autoescludersi dalla vita umana. Chi prova rabbia di fronte alla solidarietà e all’altruismo ha una vita triste. Non possiamo rassegnarci alla tristezza e alla disumanità come modalità normale di vita: dobbiamo fare di tutto per aprire un cammino alternativo di pace e di speranza.
Il papa ci lancia una sfida affascinante, ed offre un nuovo orizzonte al nostro impegno politico: studiare e cercare insieme come realizzare la globalizzazione della fraternità! Certamente è una sfida immensa, cui però tanti giovani, tante associazioni e tanta gente semplice sta cercando di dare risposta attraverso piccoli gesti. Affrontiamola insieme e con passione questa sfida! O vogliamo rassegnarci a vivere permanentemente nell’odio e nella paura? E’ in gioco niente meno che la nostra felicità!!!
Qualche giorno fa, ad un incontro sull’interculturalità, un giovane si domandava: “Ma perché invece di alzare ogni giorno nuovi muri non cominciamo a costruire ponti? Siamo diventati esperti di barriere. Ma io non voglio vivere una vita in cui devo barcamenarmi perennemente in mezzo a transenne, steccati e inferriate. Dobbiamo diventare esperti di ponti!”.
Qualcuno potrebbe cadere nella tentazione di pensare che ormai è impossibile vivere umanamente nelle nostre città, e che dobbiamo rassegnarci a vivere nella paura e nel sospetto reciproco. Come cristiani siamo chiamati a dare un messaggio di speranza: “Voi siete tutti fratelli!” (Mt23,8). Sì, è possibile, ed è bello, vivere da fratelli. Gesù ci invita a globalizzare la fraternità a partire dal nostro quartiere, dalla nostra parrocchia, dalla nostra città.
Fr. Alberto Degan