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"VIVERE LE DOMANDE", Natale 2008

di fr.Alberto Degan dall'Equador

 

UN PIANETA CALVO


“Contro il mio paese é venuta una nazione potente... Ha fatto delle mie viti una desolazione, e ha ridotto in tronconi le piante di fico... La vite é seccata, il fico inaridito, il melograno, la palma, il melo, tutti gli alberi dei campi sono secchi: é inaridita la gioia tra i figli dell’uomo!” (Gioele 1,12).


Guerre, potenze straniere, siccitá, cambiamenti climatici e piaghe hanno devastato e seccato la terra d’Israele. Ed é scomparsa la gioia e la speranza.
Oggigiorno, in Equador, compagnie straniere stanno devastando la selva della parte Nord del paese: le multinazionali del legno stanno distruggendo gli alberi della regione di Esmeraldas, e gruppi armati provenienti dalla Colombia stanno spargendo il terrore tra la gente. Ma questo non succede solo in Equador: “In tutta l’America Latina stanno pelando e seccando la terra”, denunciava giá qualche anno fa Eduardo Galeano. “Nel nostro continente ogni minuto muoiono 22 ettari di bosco, sacrificati a vantaggio delle imprese straniere che producono legno o carne per i fast-food. Ad esempio, 50 anni fa il bosco copriva il 75% del territorio della Costarica; oggi in questo paese rimangono solo pochi alberi, e fra qualche anno tutta la Costarica sará ‘terra calva’ ”.
Se si continua con questo ritmo, fra pochi anni anche l’Equador sará terra calva, senza rami e senza foglie. Anzi, tutto il nostro pianeta sará un pianeta calvo. E così,“l`allegria e la gioia sono scomparse dalla casa del nostro Dio”,  denuncia il profeta Gioele (1,16).
La mancanza di allegria e di speranza é sintomo e frutto di un grave peccato personale e sociale: quell’aviditá senza scrupoli che fa del nostro tornaconto materiale immediato il criterio-guida della vita a livello personale, sociale, politico ed economico-

 

 

 


 

 

UN POPOLO DI PROFETI 

 
Davanti a questa situazione – siccitá, fame, violenza – come reagisce Dio? Ecco il suo messaggio al popolo d’Israele:

 

“Effonderó il mio spirito sopra ogni uomo, e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie: i vostri anziani faranno sogni, e i vostri giovani avranno visioni” (Gioele, 3,1-2).

 

Di fronte ad una realtá cosí arida, che vuole abituarci alla siccitá e all’aviditá come unico possibile orizzonte di vita, l’unica via di salvezza é diventare tutti visionari: saper andare al dí lá di questa realtá per sognare e costruire insieme una realtá diversa, un mondo diverso.
Dio non vuole che stiamo lí ad aspettare a braccia conserte un guru che ci indichi la via da seguire, ma ci propone di essere tutti profeti, cioé tutti in ascolto della Parola e tutti alla ricerca della Sua volontá. Il nostro sistema educativo – famiglia, scuola, parrochia, comunitá, etc. - dovrebbe investire tutti i propri sforzi e le proprie energie in questo: educare e educarci a diventare tutti profeti.
Contro un sistema che vuole ‘pelare’ l’intero pianeta, il Signore non puó limitarsi a suscitare un profeta, ma chiede a tutti di sentire la chiamata ad essere sognatori e visionari; vuole coinvolgerci tutti nel suo sogno e nel suo progetto: uomini e donne, giovani e anziani.

 

GUADAGNARE TEMPO

 
La scomparsa della gioia denunciata dal profeta Gioele é direttamente collegata alla scomparsa del tempo. “La condizione del tempo sta nel rapporto tra esseri umani”, diceva Levinas. Dio ha creato il tempo per permetterci di stabilire delle relazioni: il tempo é al servizio della relazione e della comunione con Dio, con gli altri esseri umani e con noi stessi. Essere visionari implica darsi il tempo di meditare, di entrare in comunione con Dio per vedere la realtá coi suoi occhi, darsi il tempo di condividere i nostri pensieri con gli altri e di realizzare uno scambio di sogni e progetti tra giovani e anziani.
Se riusciremo in questo, si realizzerá ció che dice la Parola: 

 

“Non aver paura, terra, ma rallegrati e gioisci... Rallegratevi, figli di Sion, gioite nel signore vostro Dio, perché vi dá la pioggia in giusta misura, per voi fa scendere l’acqua, la pioggia d’autunno e di primavera, come in passato” (2,22-23).


Rivitalizzare la terra e rallegrare l’umanitá: questo é il progetto di Dio. Ma per rallegrare l’umanitá dobiamo prima re-imparare ad assaporare il tempo.
Quando noi diciamo: “voglio guadagnare tempo”, generalmente intendiamo dire che vogliamo fare qualcosa in fretta per avere poi tempo di fare qualcos’altro. E cosí non provo gioia in quello che faccio, non mi aspetto di sperimentare bellezza e tenerezza in ció che mi sta tenendo occupato in questo momento, perché lo sto facendo in fretta nella speranza di avere un altro momento, un altro tempo piú propizio. E cosí, invece di assaporare il tempo, lo sto divorando: il tempo come spazio in cui assaporare le relazioni umane sta scomparendo.
E divorare il proprio tempo significa divorare la propria vita: praticamente, non dó nessuna importanza al presente, e rimando sempre a domani una possibile esperienza di bellezza e di comunione. In questo modo non sto guadagnando tempo, ma lo sto perdendo, lo sto sciupando: il  mio tempo l’avró davvero guadagnato quando avró saputo ‘perderlo’ nella costruzione di relazioni e comunione.
In altre parole, dobbiamo darci delle prioritá: fra tutte le cose che siamo in procinto di fare, quali sono quelle che aumentano la mia comunione con Dio, quali sono quelle che rafforzano i miei legami con altri esseri umani, quali sono quelle che mi aiutano a rientrare in contatto con me stesso? Se sapró dedicare e ‘perdere’ il mio tempo in queste cose, avró guadagnato la pace e l’allegria.

 

 

 UNA LITURGIA CELESTIALE


“L’angelo disse loro:... ‘Vi annuncio una buona notizia, che sará motivo di allegria per tutto il popolo...’. E subito apparve vicino all’angelo una moltitudine dell’esercito celestiale che lodava Dio e diceva: ‘Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama” (Lc 2,10.13-14).


La pace e l’allegria che celebrano gli angeli la notte di Natale é la pace che sentiamo quando stiamo in comunione con Dio, é l’allegria che proviamo quando condividiamo il nostro tempo e la nostra vita con i nostri fratelli: “Appena gli angeli si furono allontanati, i pastori dicevano tra loro: ‘Andiamo fino a Betlemme!’ ” (Lc 2,15).
Gli angeli cantano e lodano Dio in una meravigliosa liturgia celestiale, e i pastori - ascoltando questo canto - sentono crescere nel loro cuore la voglia di stare con Dio, la voglia di stare con Gesú, la voglia di cercarLo in mezzo ai nostri fratelli. E quando sento questo desiderio nel mio cuore, non ho nessuna voglia di mangiare o risparmiare tempo: sento che potrei passare tutta la giornata, tutta la notte, tutta la vita alla ricerca di Gesú, senza fretta, felice.
Come dice Boselli, la liturgia dovrebbe essere lo spazio in cui – senza nessuna fretta – dedichiamo tempo a stare con Dio, a invocare Dio. La messa dovrebbe provocare in noi lo stesso effetto che provoca nei pastori il canto degli angeli: dovremmo uscire dalla

messa con la voglia di stare con Dio, la voglia di entrare in comunione con i nostri fratelli, la voglia di correre verso la stalla di Betlemme, cioé la voglia di cercare Gesú in mezzo alle realtá di povertá ed emarginazione, sentendo infine la necessitá di “meditare tutti questi avvenimenti nel nostro cuore”, come fece Maria in mezzo al bue e all’asinello (Lc 2,19).
Come dicevamo prima, essere visionari significa saper andare piú in lá della realtá, saper vedere le cose con gli occhi e la visione di Dio. Ogni cristiano dovrebbe uscire dalla messa e dalla celebrazione liturgica con questa capacitá visionaria.

 

PREOCCUPAZIONI E DOMANDE


I grandi profeti e visionari sono sempre vissuti in periodi di crisi. Il nostro é senza dubbio un periodo di crisi, un tempo di grandi preoccupazioni: cambiamenti climatici, guerre, terrorismo e, ultimamente, la grave crisi economico-finanziaria, che sta colpendo tutto il mondo. A questo proposito, Paul Samuelson, famoso premio Nobel dell’Economia, ha commentato:La Fao segnala che ogni giorno muoiono di fame piú di 35.000 bambini, e noi ci chiediamo: come é possibile che i politici diano alle banche tanto denaro, e poi non ci sia l’intenzione di usare soldi per saziare la fame nel mondo? É evidente che il cuore del sistema é il denaro, e adesso é questo cuore che si sente colpito”. Per salvare le banche si bruciano miliardi, ma per salvare la vita dei bambini non ci sono fondi sufficienti.
In questo contesto sorgono tante domande. Domande che meritano tutta la nostra attenzione, tutto il nostro tempo, senza cadere nella tentazione di accontentarci di una soluzione affrettata. Come dicevo prima, Dio ha creato il tempo come spazio di relazione tra Lui e i suoi figli. Dio, perció, ci parla attraverso i segni dei tempi, che sono le sfide e le domande che sorgono nel nostro tempo: Dio non ha un’altra maniera per mettersi in contatto con noi, non puó uscire dal nostro tempo se vuole entrare in comunione con noi.
Se Dio ha voluto che in questo tempo fossimo obbligati a porci certe domande, é perché queste domande possono avere per noi un valore rigenerante. E allora, piú che offrirci una risposta immediata, Dio vuole insegnarci ad affrontare - in uno spirito di fede e di umile ricerca - le domande che per Lui sono importanti, vuole cioé suscitare in noi quegli atteggiamenti interiori che ci aiutano a vivere queste domande. Come diceva Henry Nowen, dobbiamo amare le domande: solo se viviamo con amore e passione le sfide che Dio ci pone in questo tempo troveremo, un po’ piú avanti, qualche spiraglio di risposta.

 

PAURA O LIBERAZIONE ?


É per questo che spesso Gesú, invece di dare una risposta immediata a una domanda, preferisce lanciare interrogativi o suscitare determinati atteggiamenti. Leggiamo, come esempio, questo passo del Vangelo di Luca:


“ ‘Verranno giorni in cui di tutto quello che ammirate non resterá pietra su pietra...’. Gli domandarono: ‘Maestro, quando accadrá questo....?’. Rispose: ... ‘Non fatevi prendere dal panico. Devono infatti accadere prima queste cose. Ma non sará subito la fine. Questo vi dará occasione di rendere testimonianza... Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime... Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione é vicina” (Lc 21,6-28).


Gesú non risponde, non ci dice quando accadranno queste cose, quando vedremo cadere i grandi edifici del potere, ma ci invita a vivere e ad approfondire questa domanda, e a farcene delle altre: ci invita a contemplare il Dio che suscita tutte queste domande nel nostro cuore, a contemplare come Dio agisce in questa situazione di crisi, per poi vedere come Dio ci chiede di vivere questa ora. E Gesú ci dá un’indicazione chiara: in questa situazione di crisi siamo chiamati a testimoniare i valori del Regno con perseveranza.

Solo a partire da questa testimonianza e da questa perseveranza potremo trovare qualche spiraglio di risposta.
Il crollo di un’economia ingiusta che aveva portato a una disparitá tra ricchi e poveri mai vista prima sulla faccia del pianeta, all’inizio ci fa paura, perché é un’ingiustizia con la quale ci eravamo abituati a convivere, e che per noi coincideva ormai con la realtá e la normalitá delle cose. E cosí, se vediamo crollare le pietre della banca Lehman, ci sembra che debba crollare tutto il mondo. Ma quella che per il mondo é una situazione di panico, per i figli di Dio é un’occasione, cioé una possibilitá di liberazione: un’opportunitá che ci dá Dio per liberarci dai nostri falsi idoli.
Cambiamenti climatici, economia in dissesto, convivenza fra diverse razze e religioni: sono problemi e domande reali. Ognuna di queste domande la possiamo vivere da due diverse prospettive: la prospettiva della paura da un lato, e la prospettiva dell’amore della liberazione dall’altro.
Ad esempio, la crisi economica la posso vivere con paura, e la posso vedere come la fine del mondo. Oppure la posso vivere con un atteggiamento di fede, e la posso vedere come la fine di un determinato tipo di mondo, il mondo del cinismo neoliberista, e come una opportunitá per riscrivere la storia, per ricostruire un’economia al servizio dell’uomo, al servizio di tutta l’umanitá, in un mondo in cui nessuno sia considerato ‘di troppo’ o ‘eccedente’. Perció, questa é la domanda che ci pone questo tempo: come possiamo riscrivere un’economia basata sulla fraternitá e la giustizia? Non abbiamo una risposta immediata, ma siamo chiamati ad amare e a vivere nella profonditá del nostro cuore questa domanda: ci aspetta un tempo di invocazione e di riflessione.
Altro punto ‘incandescente’ é quello della crescita dell’emigrazione dal Sud e dall’Est del mondo, e la difficile convivenza fra diverse razze e religioni in luoghi che finora non avevano dovuto affrontare questa sfida. Anche in questo caso possiamo affrontare la situazione a partire da due atteggiamenti diversi, cui corripondono due domande diverse.
Il primo atteggiamento – e la prima domanda –é questa: Dove possiamo mettere tutte queste persone - che ci servono per mandare avanti il nostro sistema economico – in un posto dove non si vedano e dove non ci diano fastidio?  L’altra domanda – la domanda che Dio vuole che ci poniamo – é: Come re-impostare la convivenza nelle nostre cittá e sul nostro pianeta? Come arrivare a conoscere e ad amare la vita di persone appartenenti a una cultura e a una religione diversa dalla nostra?
É evidente che non esiste una risposta immediata e semplicista. Amiamo questa domanda, approfondiamo questa domanda! Viviamola come una opportunitá per liberarci dall’ignoranza, dalla paura, dall’egoismo e dall’ immobilismo!

 

NATALE
 

 

Natale rappresenta senza dubbio uno spartiacque nella storia dell’umanitá. E di fatto, nella nostra cultura siamo abituati a dividere la storia in due parti: prima di Cristo e dopo Cristo. Ma il Natale non fu la fine del mondo, bensí la fine di un certo mondo. Natale segnó l’inizio di una speranza: la possibilitá di organizzare le relazioni umane in un modo nuovo, a tutti i livelli - personale, familiare, sociale e politico – senza distinzioni né discriminazioni fra uomo e donna, greco e giudeo, ricco e povero, bianco e nero, europeo e asiatico, cristiano e musulmano.
É quella stessa speranza che torna a fare capolino in questo Natale 2009: “Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione é vicina” (Lc 21,6-28).

Guayaquil 13 dicembre 2008
fr.Alberto Degan



Per leggere altre lettere di fr.Alberto Degan:

-Continuare ad essere uomini
-Discepoli del "Pastore bello"

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