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VIVI DA RISORTO!!! La miracolosa debolezza che vince la paura

GIM Verona - marzo 2006

Dal Vangelo secondo Matteo (28, 1-10)

Passato il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Magdala e l’altra Maria andarono a visitare il sepolcro. Ed ecco che vi fu in gran terremoto: un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve. Per lo spavento che ebbero di lui le guardie tremarono tramortite. Ma l’angelo disse alle donne: “Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco io ve lo detto”. Abbandonato in fretta il sepolcro, con timore e gioia grande, lo donne corsero a dare l’annunzio ai suoi discepoli. Ed ecco Gesù venne loro incontro dicendo: “Salute a voi”. Ed esse, avvicinatesi, gli presero i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: “Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno”.

Questo brano del vangelo è uno dei cosiddetti “vangeli della risurrezione”. Tutti e quattro gli evangelisti parlano della risurrezione, anche se con modalità diverse, quasi per dimostrare l’importanza fondamentale del grande evento della risurrezione di Gesù. In tutti e quattro i vangeli della risurrezione sono presenti le donne, sono loro le testimoni, e a loro è affidato l’annuncio di Cristo Risorto, di “andare a dire” la verità fondamentale per i discepoli di quel tempo e per noi oggi: Gesù Cristo è risorto dai morti, ha vinto la morte ed è vivo in mezzo a noi.

Intorno a questa testimonianza e a questo annuncio ruota tutta la nostra fede. Non è secondario il fatto che delle donne siano testimoni della risurrezione. È bene ricordare la situazione della donna a quel tempo: alle donne era proibito dare testimonianza nei tribunali e non potevano partecipare alle assemblee pubbliche.

La donna non deve essere vista in competizione all’uomo, è complementare. L’uomo e la donna si complementano a vicenda, (la creazione: “maschio e femmina li creò (Gn.1,27)”).

La donna rappresenta la verità profonda dell’uomo proprio per le sue qualità “deboli”. ( Il sesso debole). Ma sono queste sue qualità “deboli” che la rendono simile a Dio, che rivelano il volto materno di Dio che è padre e anche madre: con il suo amore umile, accogliente, servizievole, premuroso, intuitivo, compassionevole, paziente, fecondo, materno...

Nei vangeli non si parla molto delle donne, il loro ruolo sembra secondario. Le donne non sono “chiamate” direttamente da Gesù a seguirlo, non ci viene presentata nessuna chiamata particolare di Gesù per le donne. Possiamo dire che era impensabile nella mentalità di quel tempo. Le donne condividevano la situazione degli emarginati, degli esclusi, dei poveri, dei piccoli, di chi non godeva molta considerazione, in una parola condividevano la situazione dei deboli.

Gesù è diverso, ha uno sguardo e un atteggiamento diversi da quelli dei rabbini del suo tempo. Infatti molte sono le donne che sono state sanate da Gesù, che sono state guarite (non solo in senso fisico) e restituite alla pienezza di vita, e da questa pienezza di vita è scaturito in loro il desiderio, l’impegno, di mettersi a servizio della vita. Può sembrare una cosa secondaria, però nei vangeli non è detto di nessun uomo che è stato guarito e che si sia messo a servire!

  •  “Passato il sabato, all’alba del primo giorno della settimana...”

Il primo giorno della settimana è la nostra domenica. Gli evangelisti sono unanimi nel notare il giorno e l’ora mattutina. Di primo mattino le donne sono in movimento. È tipico delle donne mettersi in movimento fin dal primo mattino per “servire” la vita, la vita di chi amano.

  •  “Maria di Magdala e l’altra Maria”

Chi sono queste donne? Matteo ci dice i loro nomi: Maria di Magdala e l’altra Maria. Sempre nel vangelo di Matteo, queste donne sono presenti alla morte di Gesù e alla sua sepoltura. Mt. 27. 56: “C’erano là anche molte donne che stavano ad osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. Tra costoro: Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo”. Mt. 27, 61: “Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Magdala e l’altra Maria”.

Maria di Magdala è la più citata, dovrebbe essere la più conosciuta, anche se nessuno come lei è conosciuta in maniera così distorta. Secondo il vangelo di Luca (8, 1-3), Maria di Magdala era una donna dal passato devastato, era stata liberata da sette demoni proprio nell’incontro con Gesù. Secondo la religiosità di allora, il demonio poteva entrare in una persona, possederla e provocare gravi turbe psichiche: una distruzione della personalità che rendeva la persona incapace di stabilire relazioni con gli altri e con Dio. Per Maria di Magdala l’incontro con Gesù ha ridato libertà e dignità alla sua vita, ha colmato di senso la sua vita e ha significato l’inizio di una nuova vita: subito cominciò a seguire Gesù da discepola.

L’altra Maria è la madre di Giacomo e Giuseppe e alla morte è presente anche la madre dei figli di Zebedeo (l’altro Giacomo e Giovanni ) sembra che abbiano valore in quanto madri, vengono nominate come le madri di... E molte altre donne erano presenti alla morte di Gesù. Matteo dice che erano lì perché avevano seguito Gesù fin dalla Galilea, per servirlo. Eppure nel vangelo di Matteo non si parla mai delle donne che hanno seguito Gesù. Dove se ne parla è nel vangelo di Luca (cap.8,1-3) dove si dice che alcune donne erano state guarite da Gesù, lo avevano seguito, erano con lui, e assistevano Gesù e i Dodici con i loro beni.

Il testo di Matteo ci dice con chiarezza che queste donne “avevano seguito Gesù quando era ancora in Galilea”. Ciò significa che lo hanno accompagnato nel suo cammino e sono salite con lui a Gerusalemme. Esse erano con lui dall’inizio, la Galilea infatti è il luogo dell’inizio del ministero di Gesù. Lo avevano seguito, passo dopo passo, condividendo con lui le fatiche del viaggio, le sue scelte, le sue gioie e le sue sofferenze! Erano state con lui quando compiva prodigi… ma anche quando aveva incontrato il rifiuto! Erano con lui!

Lo servivano... il servizio inteso come qualità più alta dell’amore...(non è servitù), servizio inteso come servire la Vita, inteso come condivisione della vita di Gesù che eravenuto non per essere servito, ma per servire e dare la vita per tutti!” (Mt. 20, 28). Il servire esprime amore concreto, non con parole, ma con i fatti e nella verità. Lo avevano seguito e servito ed erano sue discepole!

In quanto discepole erano chiamate ad “essere con lui” anche quando il cammino in salita si stava facendo faticoso… anche quando non capivano ciò che stava succedendo. Ci sono andate, non sono fuggite lasciandolo solo! Le discepole di Gesù sono presenti alla sua morte, non sono presenti invece i “suoi” discepoli, coloro che lo hanno seguito da vicino, che sono stati “chiamati” a condividere la vita con lui. Le donne invece stavano lì... anche se lontane! Erano lì, lontane dalla croce, forse perché non era permesso loro di avvicinarsi, o forse perché avevano paura di farlo... Erano lì ed osservavano. Osservavano, guardavano. Quindi non facevano niente di particolare secondo la nostra mentalità di oggi! Non producevano niente, guardavano… osservavano tutto ciò che stava succedendo. Ma non osservavano con gli occhi fisici, se fosse stato così, davanti a tanto orrore se ne sarebbero andate inorridite! Osservavano con gli occhi del cuore, quegli occhi che ti muovono a compassione, che ti portano a compatire, a “patire con” colui che soffre.

All’ora della morte di Gesù quelle donne sono presenti e vivono da vicino la morte del loro amato maestro. Vogliono mostrargli una vicinanza particolare con quella capacità femminile di discernere: una fedeltà testarda, un legame profondo, viscerale, un amore vero per Gesù, che le donne sanno nutrire e testimoniare. Quell’uomo sulla croce le aveva coinvolte nella sua vita, le aveva amate, loro si erano sentite amate e hanno corrisposto al suo amore.

 

  •  “Andarono a visitare il sepolcro...”

È interessante notare che nel vangelo di Matteo le donne vanno solo a “visitare il sepolcro”, mentre Luca afferma che “portavano gli aromi che avevano preparato” e Marco che andavano “per imbalsamare Gesù”. I tre diversi scopi non si escludono e non sono in contrasto. Ma è interessante notare che nel vangelo di Matteo le donne non portano niente con loro, vanno semplicemente a visitare il sepolcro, una tomba, sembra che non abbiano altre aspettative, vanno a fare una visita, con immenso dolore, ma è sempre una visita. Quante volte anche noi ci avviciniamo all’essenza della nostra fede come si entra in un cimitero: con gran rispetto e silenzio, lo sguardo serio e meditabondo, ma col desiderio di uscirne il più in fretta possibile...

Le donne vanno a visitare il sepolcro, e non sono preoccupate neppure di togliere la pietra, sanno molto bene che una grossa pietra chiude il sepolcro e nessuno può toglierla. Come spostarla? È una pietra grande, posta proprio per evitare che Gesù uscisse. Molti di noi hanno una pietra che impedisce a Gesù di resuscitare, una pietra che non riusciamo proprio a spostare, un ostacolo insormontabile, un macigno che ci impedisce di incontrare Gesù Risorto. Qual è questa pietra? Cos’è che ci impedisce di incontrare Gesù Risorto? Forse la nostra storia personale, forse la mancanza di amore, forse il prendere coscienza del proprio limite, forse un difetto che penso insormontabile e per cui passo il tempo a dire “se fossi diverso... se...se... ”. Dobbiamo guardare bene cos’è questa pietra, considerarne il peso, ammettere che rimuoverla è al di sopra della nostre forze... Non dobbiamo cercare di nasconderla, di metterci davanti qualche decoro per mimetizzarla, o come ci dice la mentalità del mondo che ci fa credere che la pietra non esiste e magari ti vende soluzioni commerciali... Dobbiamo avere il coraggio di chiamare per nome e cognome la pietra che è all’origine della nostra insoddisfazione. La pietra è quella situazione che ci impedisce di crescere, la fatica che ci impedisce di camminare, di andare oltre, è quell’ostacolo reale che pensiamo insormontabile...

  •  “Ed ecco che vi fu in gran terremoto: un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve”.

C’è un terremoto che spezza le rocce, l’angelo rotola la pietra che si pensava insormontabile e ci si siede sopra! L’angelo ribalta la situazione e ciò che appariva un ostacolo impossibile si sgretola. È Dio che si fa presente. Prima il sepolcro era sigillato, c’era una grandissima pietra che bloccava l’entrata, c’erano le guardie che facevano la guardia. In un attimo tutte le misure che gli uomini avevano preso per ostacolare Dio furono tolte di mezzo.È veramente impossibile ostacolare l’azione di Dio.

  •  “Ma l’angelo disse alle donne: “Non abbiate paura, voi!”

Anche le donne avranno avuto paura, si saranno spaventate, chissà cosa hanno provato, si saranno sentite bloccate, senza parole.... e l’angelo le rincuora: “non abbiate paura!”. Si può stare nel sepolcro come chi custodisce un morto, come le guardie, e diventare morti (tramortite); oppure come le donne,che sono lì per amore, superano la paura e incontrano la vita. La paura ha molti volti e molte origini. Ognuno ha le sue paure. Per molte persone la paura è l’elemento che blocca la vita, che rende invalidi. Paura di sbagliare, paura del futuro, paura di non essere amati, paura del dolore e della morte. A volte ci portiamo dentro paure che hanno un peso enorme e ci influenzano la vita. Ma la paura si può superare. La paura non è sufficiente a fermare la forza della resurrezione ... Non abbiate paura... dice il Signore quando si rivela La paura è la prima reazione della persona davanti a Dio, davanti alla novità di Dio perché ci si sente piccoli, poveri, indegni... e perché non si sa dove Dio ci porterà! Le novità fanno sempre un po’ paura all’inizio! Quante volte nella Bibbia viene ripetuto “Non temere!” a chi s’incontra con la novità di Dio!

  •  “So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto”

Le donne hanno bisogno di “vedere” e per questo vanno alla tomba anche se sanno che è chiusa.Questo stare davanti al sepolcro, quel contemplare la roccia è in realtà un cercare Gesù... Viene detto loro che Gesù il Crocifisso è ora la nuova identità di Gesù il Nazareno che avevano seguito fin dall’inizio! Ma non è rimasto alla Croce è andato oltre, non è qui, è risorto! C’è l’invito: venite a vedere il luogo dove era deposto... guardate…il suo corpo non c’è più!’

Molte volte pensiamo a Gesù come a un cadavere. Ma Gesù è vivo, inutile cercarlo nella tomba. Gesù ormai ha superato ogni dolore, egli è presente altrove, in un altro luogo… Molte volte ci ostiniamo a cercare un crocefisso, non il Risorto. E se cerchiamo Gesù morto, sbagliamo clamorosamente. A volte, troppe volte, “lamentiamo” l’assenza di Dio nel nostro tempo, e forse è legato al fatto che cerchiamo un Dio morto e non vivente. Ci rivolgiamo a Dio solo in caso di gravi necessità (quando ci ricordiamo!), non lo sentiamo presente nella normalità della nostra vita, nei momenti tristi ma anche nei momenti di gioia, nei momenti belli! Troppo spesso il Gesù in cui crediamo è morto, e noi pensiamo di fargli un piacere andando a visitare la tomba!

Gesù è morto quando lo teniamo fuori dalla nostra vita, è morto se resta chiuso in chiesa senza uscire in strada con noi, è morto se la sua Parola non spacca l’indifferenza del nostro cuore. È morto e sepolto quando la nostra diventa una religione senza fede, un quieto appartenere alla cultura cristiana senza che il fuoco della sua presenza contagi la nostra vita e la vita degli altri. È morto se la fede non cambia la nostra economia, la nostra politica; è morto quando ci arrocchiamo nella nostra posizione di cattolici scordando il nostro essere persone sempre in ricerca di Dio.

  •  “non è qui, è risorto..

Gesù non è morto, è vivo. Non è “rianimato”, non è “vivo nel nostro pensiero”; è veramente risuscitato e presente, anche se non ce ne accorgiamo… Da questa consapevolezza nasce la nostra fede cristiana, una fede gioiosa, da “risorti”. Si può stare al sepolcro come chi custodisce un morto, e diventare morti (le guardie); oppure come le donne, che sono lì per amore e incontrano la vita.

  •  “Ecco, io ve l’ho detto!...”

Sembra che l’angelo abbia una certa fretta e voglia declinare qualsiasi responsabilità: io ve l’ho detto, adesso tocca a voi! Spesso accade anche nella nostra vita: Dio ci indica la strada, il cammino, condivide con noi i suoi sogni, e noi… spesso restiamo indifferenti! Forse l’angelo conosce i nostri limiti, i nostri dubbi quando dobbiamo dare una risposta. Non così le donne che si fidano totalmente della parola dell’angelo che è parola del Signore!

  •  “Presto andate a dire ai suoi discepoli”

Le donne che erano andate al sepolcro ricevono un messaggio di vita e di speranza da cogliere nella fede. “La debolezza” sostenuta dalla fede, dall’amore proteso verso l’altro, rivela una grande vitalità, un dinamismo che coinvolge. L’angelo assicura le donne che colui che cercano è veramente risorto. Il desiderio di incontrarlo sprigiona in loro quell’energia vitale per annunciare con amore che Lui è vivo. Loro sono andate al sepolcro con quell’atteggiamento di fede e di ascolto, con “quella pazzia del cuore” che porta in sé l’annuncio ardente e appassionato di una nuova vita. L’amore che sembrava sconfitto e negato è vittorioso, è l’unica forza che neppure la morte riesce a sconfiggere. E si deve fare “presto” per andare a dirlo “ai suoi discepoli”, non si deve perdere tempo ...

  •  “Abbandonato in fretta il sepolcro, con timore e gioia grande, le donne corsero...

Le donne si allontanano subito dal sepolcro “memoria di morte”. Invece di paura, hanno timore e gioia grande. Hanno incontrato la Vita e devono andare a “dirlo”, devono annunciare la vita, devono generare vita! L’Amore porta in sé il senso della fortezza, che è la vita risorta di Gesù che illumina le nostre vite. Il timore e la gioia sono parte di questa fortezza. Le donne coscienti della propria debolezza, hanno in sé la gioia che attira e spinge ad annunciare. La corsa gioiosa delle donne continua ancora oggi come lieto annunzio per l’umanità: Gesù è risorto, la morte è vinta, l’amore è più forte.

  •  “Gesù venne loro incontro dicendo “salute a voi””

Mentre vanno verso gli altri, viene loro incontro il Risorto che le invita a partecipare alla gioia del Signore. Chi va verso i fratelli incontra il Signore...

  •  “Avvicinatesi, gli presero i piedi e lo adorarono”

La gioia fa avvicinare le donne al Signore. A differenza dei discepoli, queste donne lo toccano e ne abbracciano i piedi. Sono i piedi di chi ha fatto un lungo cammino per essere il Dio con noi. Lo adorarono…. Fanno come fecero i Magi (2,2.11) e come faranno gli undici (v. 17). Adorare, baciare è un gesto di grande amore. Esprime la totalità dell’amore.

  •  “Allora Gesù disse loro: “Non temete: andate ad annunziate ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno”

La Risurrezione è vista come la forza propulsiva dell’annuncio, da comunicare a tutti. Le donne da testimoni diventano annunciatrici. La Parola di Gesù è la loro certezza: ora andate, dite ai miei fratelli che vadano in Galilea, e là mi vedranno! Non state qui cercare il Crocifisso morto, è risorto, andate a dirlo ai suoi,a coloro che lo hanno abbandonato e sono fuggiti per paura! Come Gesù poteva precederli in Galilea da morto? È risorto, è il Vivente!

È bello vedere come Gesù attraverso la “miracolosa debolezza” delle donne perdona anche la “debolezza” dei suoi, di coloro che lo avevano seguito, ma nel momento della prova e della croce, lo avevano abbandonato. E Gesù attraverso l’annuncio gioioso delle donne che hanno superato ogni paura ridona fiducia anche a loro, ridona vita anche a loro! E lo troveranno in Galilea, dove è iniziata per loro la coinvolgente avventura che ha cambiato la loro vita. Nella terra di Galilea, crocevia della genti, terra “dei pagani”, dove inizierà una “coinvolgente avventura” per tutta l’umanità!

Nella debolezza dei poveri, degli ultimi, degli esclusi, Dio fa sperimentare la fortezza (la sua forza) che permette di credere nonostante le situazioni di sofferenze e la tentazione di rassegnarsi. La fortezza fa uscire da se stessi per portare agli altri quella stessa vita e quella verità dell’amore che ridà dignità e libertà. La fortezza fa sperimentare come:

  •  Dio agisce nella miracolosa debolezza per annunciare la fedeltà del suo amore
  •  Osare un tempo nuovo nasce dall’esperienza dell’incontro personale con Gesù Risorto
  •  Il coraggio di uscire da noi stessi, per assumere insieme con gli altri cammini nuovi di vita piena per tutti

Osare significa amare ancora abbracciando i piedi di Gesù presente nei poveri, nei sofferenti, negli esclusi della nostra società di oggi.


PER LA RIFLESSIONE PERSONALE

  •  Le donne cercavano Gesù e tu chi cerchi nella vita? Chi è Gesù nella tua vita e cosa provi per Lui?

  •  Quali sono le tue paure nel vivere più in profondità la tua fede?

  •  Qual è la pietra che ti impedisce di aprire il sepolcro e incontrare Gesù Risorto?

  •  Nelle tue situazioni personali e comunitarie, di sofferenza, morte, paure, fragilità... sai cercare e vedere, Gesù?

  •  Hai incontrato Gesù Risorto nella tua vita? Ti senti suo testimone?

  •  Sai essere messaggio di speranza e di resurrezione per chi è nel buio, nella sofferenza?

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