Tra gli afrodiscendenti in mezzo alla Colombia che non conta
Lettera di padre Daniele Zarantonello - Colombia
Tra gli afrodiscendentiin mezzo alla Colombia che non conta
in mezzo alla Colombia che non conta
É troppo tempo che non do mie notizie e mi scuso. Sono stati mesi di ascolto, di silenzio attento, di tante domande e dubbi, di presa di coscienza del “dove” e del “come” sono arrivato qui in Colombia. Anche tempo di ringraziamento e di lode per le numerosissime persone che acompagnano con l’amicizia e la preghiera questa mia nuova missione, e per la bellezza che scopro nel vivere quotidiano la mia scelta di vita qui a Tumaco.
In questi giorni siamo sulle prime pagine dei giornali: una bomba esplosa davanti alla Polizia nel centro di Tumaco in ora di punta e di mercato ha lasciato 11 morti e piú di 70 feriti. Sono giorni di lutto e si respira tristezza e paura nell’aria. Non é l’unica né la ultima: c’é molta violenza in cittá, una delle scuole di Tumaco non ha ancora aperto i battenti a causa delle minacce contro i professori, per non aver pagato il “pizzo” (qui chiamato “Vacuna”) alle bande criminali che paralizzano la cittá. É difficile leggere questa realtá, é difficile scegliere come starci dentro, é difficile scegliere le parole adatte per descriverla ... non sai mai chi ti ascolta e come reagirá ... nessuno parla, tutti sopportano. Non é una pazienza rassegnata: la maggior parte delle persone dalle 5 del mattino é in strada, lavora, soffre, spera, cerca possibilitá di lavoro e di vita degna.
La risposta dello Stato all’emergenza regionale é stata duplice: primo, inviare migliaia di militari per controllare la zona, con spese militari enormi e senza ombra di dubbio inutili, con un aumento di mitragliatrici e uniformi ad ogni angolo di strada e nessuna riduzione della violenza; secondo, la fumigazione delle coltivazioni di coca con gas altamente velenosi (proibiti dalla comunitá internazionale), pericolosi per la salute e devastatori del terreno, che oltre a distruggere la coca distruggono tutti gli altri prodotti locali, fomentando l’abbandono dei campi e l’aumento della tugurizzazione della cittá. Sono le classiche soluzioni facili, dall’alto, la “risposta efficace” ai problemi territoriali che servono solo per poter dire alla televisione: “stiamo agendo con rapiditá ed efficacia”. Quando se ne va la telecamera del telegiornale nazionale, pochi si stringono la mano compiaciuti, mentre migliaia di famiglie devono barricarsi in casa per paura delle rappresaglie o devono lasciare le loro terre sterili per emigrare in cittá.
Non mi dilungo di piú sulla realtá locale: sentiamo forte l’urgenza dell’accompagnamento dei giovani, della formazione di piccole comunitá di resistenza per rompere l’isolamento imposto dalla violenza, dell’educazione come strumento di liberazione. Ho incontrato una comunitá di amici che dentro questa realtá cerca di iniettare il dono evangelico della speranza comunitaria.
In questi mesi ho visto, ascoltato ... Ma la realtá mi vuole subito all’opera e non mi lascia tregua, cominciando dal vescovo che mi ha giá nominato coordinatore diocesano della catechesi! La mia comunitá mi ha chiesto di accettare, sia per l’urgenza di accompagnare questa area pastorale sia per l’equipe con cui lavoreró che mi garantiscono che é molto buona (me ne sto rendendo conto di persona!). Ho potuto visitare alcune comunitá della costa, e sono rimasto colpito del loro stato di abbandono pastorale: c’é stato un lavoro, nel passato, di formazione dei leaders locali, che peró é andato a picco con la coltivazione della coca e tutte le sue conseguenze, e non é stato mai piú ripreso. Si fanno visite sporadiche e inefficaci. In questi giorni sto ascoltando un sacco di persone, chiedendo consiglio, raccogliendo materiali, cercando di fare un po’ il resoconto storico del cammino fatto finora per poter dare un passo in avanti aderente alla storia e nel rispetto di chi si é impegnato in quest’area in questi anni.
Nel complesso io sto bene, vivo con preoccupazione la sofferenza della gente e mi intristisce vedere come poche persone disgraziate siano le colpevoli della postrazione di questo popolo. Non ho paura, la preghiera é forte, costante, paziente, la comunitá con cui vivo é molto umana, semplice e serena. Lo stile di vita é sobrio, essenziale, attento alla realtá che tutti vivono. Sono contento di stare qui e di poterci stare per un bel po’ di tempo, se Dio vuole.