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Daniel Manosalva

Disinformazione di guerra

Vicenza, 29-09-2008

Daniel Manosalva dalla Colombia

Daniel Manosalva nasce a Santa Rosa de Viterbo (Colombia) il 20 maggio del 1977 ma tuttora risiede a Pesaro in Italia. Nel Novembre del 2000 partecipa all'Incontro sull'esito delle esperienze di Economia solidale e sociale di Antioquia. Nel 2003 si laurea presso l'Università di Antioquia Medellin in Medicina Veterinaria. Compie numerosi lavori come coordinatore e assistente di progetti in campo agrario e zootecnico. Tra il gennaio 2006 e il novembre 2007 lavora come Tutor presso la Scuola di Pace, Convivenza e Sviluppo rurale a Sogamoso e Boyacà nella Diocesi di Duitama. Sviluppa una formazione incentrata sulla 'cultura di pace' frequentando molteplici corsi tra cui quello come Operatore di pace in area di conflitto (IRECOOP Rimini), un corso di formazione per operatori pastorali all'Istituto Superiore di Scienze Religiose a Pesaro e un corso sulla Scuola di pace alla Caritas Diocesana di Fano. Negli ultimi anni ricopre diverse cariche: Membro del Comitato della Pastorale Sociale della Diocesi di Duitama tra il 2005 e il 2007 e del Comitato del Dipartimento di Cooperazione Internazionale di Boyacà tra il 2006 e il 2007. Oggi Daniel svolge il ruolo di Rappresentante dell'Assemblea per il Comitato di Coordinamento del Centro Interculturale per la Pace di Pesaro.

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Riportiamo la testimonianza di Daniel ad una classe di studenti di Vicenza

Indice:

La disinformazione della guerra
La causa della guerra: la cocaina
La guerra contro il narcotraffico
Agire resistendo per liberare la pace

Link di approfondimento

Guillermo Cano, Colombia (in inglese)

P. Camillo Torres vive!

  

La disinformazione della guerra

Colombia e Italia: c’è una situazione di disinformazione.
Per me è molto difficile, devo dirvi cose veramente importanti per me e il mio popolo.
Per cominciare, voglio chiedervi cosa vi viene in mente, cosa vi ricordate, quando si parla di Colombia.
Cocaina, marijuana, paramilitare, Oscar Cordoba, donne...
Questo è quello che voglio dirvi: l'informazione in una situazione di guerra.
La guerra si inventa delle informazioni, dobbiamo stare molto attenti a questo.
La Colombia è un paese, uno stato a più di 8000 km dall'Italia, nel sud del mondo, il paese più a nord dell'America Meridionale; è uno stato, una repubblica indipendente democratica, con tante persone come voi, come me, forse con la pelle più scura di voi. Ma anche lì ci sono persone come voi.
La Colombia è una terra con grande diversità culturali, che nasce dal confluire di tre culture - quella indigena precolombiana, quella europea e quella africana.
Vi dirò che in Colombia c'è una guerra da oltre 40 anni, ma non si parla mai di questa guerra.
Sono assolutamente sicuro che non sapevate di questo. Mi direte: "che me ne frega di una guerra così lontana?". Invece, siamo molto vicini, ragazzi, siamo molto vicini.
Lui è il presidente, si chiama Álvaro Uribe Vélez.
Lui si chiama Guillermo Cano, è un paramilitare della Bolivia.
Adesso vi dirò un nome, e forse inizieremo ad avvicinarci.
Lui si chiama Salvatore Mancuso.
Vi dice qualcosa questo nome? Non è un nome così simile ai vostri?
Salvatore Mancuso è un italiano, è il capo militare dei paramilitari della Colombia; è un capo narcotrafficante della Colombia. Ha un esercito di più di 40.000 uomini armati, e questa è la guerra oggi.
Prima la guerra aveva un ideale, credo che avete sentito parlare di Che Guevara.
Che Guevara lottava in un contesto assolutamente diverso da oggi.
Come tanti altri: padre Camillo Torres, un padre della chiesa che aveva deciso di rovesciare i diritti delle persone più ricche.

Questa è la realtà di oggi, questa non è una bugia, questo è il problema dell'informazione, che tipo di informazioni arriva a noi, nelle nostre case.
Sono assolutamente sicuro che voi conoscete della guerra in Colombia soltanto riguardo alle notizie su Ingrid Betancourt.
Lei è una star, la protagonista della guerra in Colombia. Ma non c’è soltanto lei.
Sapete quante persone ancora sono ostaggio della guerriglia o dei paramilitari in Colombia?
Sono ancora 637 persone. E chi parla di loro?
Ormai la Betancourt è liberata, anche il papa ha parlato con lei, l'hanno candidata a premio nobel per la pace.
Non è possibile, ragazzi, a volte la manipolazione dell'informazione aiuta a seminare la guerra.
Quello di cui sto parlando, non è un discorso politico di sinistra o di destra.
È un discorso di pace. Questo è il problema, la pace.
Veniamo da una cultura assolutamente “deviata” sulle informazioni della guerra.
Sono certo che se chiedo cosa è Rambo, tutti lo conosciamo, tutti sappiamo chi è Rambo.
E lo permettiamo. Ridiamo davanti alla guerra. Anche sulle magliette, è normale trovare un kalashikov, un fucile...
Ragazzi, non dobbiamo permettere questo: siamo tanto abituati alla guerra che senza rendercene conto, aiutiamo questa disinformazione.
E questo è il sistema che ci porta a questo.
Sapete chi è lui? Adesso vi dirò il suo nome, e sicuramente lo riconoscete, sapete chi è.
Pablo Escobar.

La causa della guerra: la cocaina

Il problema della guerra in Colombia è la cocaina.
Il problema è quali sono le vittime di questa guerra.
Dal lato geografico questa guerra non è boliviana, non è ecuadoriana, non è colombiana.
La guerra in Colombia da 40 anni ad oggi conta più di 400.000 persone uccise.
E questo vuol dire qualcosa, non è uno scherzo.
Se parlate con le famiglie che hanno perso tutti i loro parenti, questo non è uno scherzo.
Vediamo cosa succede.
Questa è la coca, è una pianta. La coca è una coltivazione del nostro popolo.
I nostri antenati la utilizzavano abitualmente, perchè è una pianta normale, come il caffé, come la patata, come il mais, come la banana.
Loro la coltivavano, alternandola con altri tipi di colture (mais, banano, caffé), e la mangiavano: come foglia, come pianta ha moltissime proprietà, anche medicinali.
Il problema è la manipolazione della coca.
Sapete cos'è il cloridrato di cocaina?
Il cloridrato di cocaina è il principio attivo tipico della coca.
E questo è il vero problema, la manipolazione chimica della foglia di coca.
L'uomo quando inizia a fare questa manipolazione della natura, rende la natura cattiva.
In Italia abbiamo l'esempio chiaro del Vajont. 
Cosa è successo 45 anni fa? A causa di una sbagliata manipolazione della natura, 2000 persone sono morte.
Questo è il problema: per produrre la cocaina, dobbiamo seminare la coca.
Rendendola di un altro tipo, però, di conseguenza la coltivazione di coca non è legale; dobbiamo farlo quindi nella foresta lontana.
Allora, per produrre la coca dobbiamo tagliare la foresta: 4 ettari di foresta vengono tagliati per produrre un chilo di coca.
Ecco, a volte diciamo, compro una macchina “verde”, prendo i prodotti equo solidali, ma nel weekend, con gli amici, "chi se ne frega, per una volta una sniffata di coca non fa male". Pensate a che concetto ecologista che abbiamo!
E poi, una cosa molto importante: la trasformazione che si fa alla coca, che cosa diventa la coca!
Questa è la prima che fanno: mettono la calce.
Dopo la calpestano, e successivamente ci mettono acetone per tagliare la coca.
Sapete cos'è l'acetone?
Dopo viene la soda caustica, e alla fine acido solforico.
Ragazzi, per tagliare la coca usano tutto questo.
Però noi ci mettiamo la testa.
Vi fa ridere? Spero che iniziate a capire.

La guerra contro il narcotraffico

Questo è l'inizio della guerra in Colombia.
Il governo, aiutato da vari paesi come gli stati uniti (principalmente) e dalla comunità europea, ha sviluppato un piano che si chiama "Piano Colombia"
Dal 2000 ad oggi, c'è stato un investimento nella spesa militare di 15 miliardi di dollari. È una somma molto ingente.
Nel 2000 nell'esercito colombiano c'erano 150.000 soldati, adesso sono più di 400.000. Per il 2010 secondo questo Piano ci devono essere 500.000 soldati armati legalmente in Colombia.
Cosa significa questo? Possono uccidere legalmente.
È una guerra contro il terrorismo e contro il narcotraffico.
Non solo è l'esercito, è la Bolivia.
Anche i bambini, anche loro sono stati sfruttati producendo cocaina.
Questo è il vero problema, le persone che sono deboli, quelli che stanno in basso.
Voi sapete quali sono i morti della cocaina?
Sono i ragazzi come voi, che dovrebbero essere a scuola, che dovrebbero andare a casa tranquillamente a mangiare tranquillamente senza rendersi conto che il cibo è un bisogno.
A volte voi dite al cibo "che schifo", e questa è la seconda questione interessante che ci avvicina. La memoria.
Noi ci dimentichiamo di questo, ma chiedete ai vostri nonni, ai vostri insegnanti, ai vostri genitori cosa è successo qua 60 anni fa, non molto tempo fa.
Cosa significa avere fame. Cosa significa essere sfollati.
Cosa significa dover andare via subito, senza poter prendere niente, soltanto la vita, perchè è l'unica cosa che puoi portare con te stesso.
C'è un'altra problematica fortissima, che con questo combattimento contro il narcotraffico, stanno spruzzando le foreste con il veleno.
Chi combatte in questo modo, solamente rovina l'ecosistema.
Voi credete che i soldi della coca rimangano laggiù? No, i soldi della coca restano fuori dai paesi che producono la coca.
L'80% del guadagno dell'affare della coca rimane fuori. Dove?
Nelle aziende che producono le armi.
Nelle aziende che producono i prodotti chimici, per tagliare la coca.
E anche nelle aziende che producono i veleni per combattere la coca.
Questo succede veramente nell'ovest della Colombia, nella regione che si chiama Antioquia.
Sulle colline c'erano delle coltivazioni di coca, che sono state spruzzate di veleno.
Dopo qualche mese sapete cosa succede?
Lo dico in spagnolo: "Prohibido pescar in este lago".
Anche qua in Italia c'è la problematica dell'acqua. Qui la privatizzano, qui la sfruttano.
E da noi? Ci stanno mandando via, vietato pescare in questo lago.
Cosa vedete li? Chiquita?! No, io vedo una banana. È una banana, non è un nome!
Questa informazione è disinformazione. 
Cosa stiamo imparando? Ogni giorno i telegiornali non dico che ci raccontano bugie, non dico questo: il problema è che non dicono tutta la verità.
Questi che vedete sono veramente i nostri negozi di banane, in Colombia.
Questo è veramente come si deve mangiar veramente la banana, con i pezzi piccoli, verdi, non una banana gialla, che ha anche tanti morti dietro (nota dello staff: leggi su peacereporter l'articolo BANANE IN GUERRA).
Fino agli anni 50 la cocaina era legale.
Cos'è questo? Vino di coca.
Sapete, questa è stata la prima pubblicità della coca cola.

Cosa succederebbe se io, Daniel Manosalva colombiano, qui a Vicenza espongo un cartello con scritto "vendo coca"? Vado in galera!
Altra domanda: cosa succede se io colombiano mostro un cartello con scritto "vendo coca…cola"? Non succede niente!
È questo il problema dell'informazione. Non è un discorso politico, è un discorso di pace.
Ci hanno detto che noi siamo potenzialmente pericolosi, ma noi siamo pacifisti!
La nostra arma è la parola, liberare la parola, parlare di pace. Noi non vogliamo le armi.
Sapete che la legge militare che ha permesso gli Stati Uniti in Colombia è la stessa che permette la loro presenza in Italia?
Da dove sono usciti gli aerei che hanno bombardato l'Iraq? Da Aviano, in Italia.
Ragazzi, pensate a questo. Cosa sta succedendo in Colombia?
Voi credete proprio che la guerra contro il narcotraffico consiste solamente nel tagliare le piantagioni di coca e prendere i capi narcotrafficanti?
No, questo è un circolo vizioso.
Pensate a quello che ho detto prima, che l'80% dei guadagni rimane fuori.
Io non credo proprio che rimanga in tasca alle aziende. Dove va?
Alle banche, che li amministrano.
Dove mettete i vostri soldi? Sotto al materasso? Non penso proprio.
È  facile dire "che me ne frega a me, questo non è colpa mia".
Invece dobbiamo iniziare a pensare come viviamo, come stiamo vivendo oggi la nostra realtà.
Ogni giorno ci parlano dei morti, tanti guerriglieri terroristi narcotrafficanti… morti tanti paramilitari terroristi narcotrafficanti… morto un campesino che coltivava la coca.
Sapete quante persone si stima che muoiono per un chilo di coca? 5 persone.
Allora chi prende un pizzico di cocaina, che fa una sniffata, che pensa "cosa vuoi che sia, una non fa niente, una non fa male", in realtà sta aiutando gli assassini che uccidono queste 5 persone.
Pensare a questo è importante.
Non possiamo permettere che la guerra massacri la povera gente.
Perchè sono usate le armi? Per uccidere.
Non c'è altra alternativa, noi non possiamo neanche uccidere in nome di dio, ma possiamo smascherare la guerra.
Voglio farvi capire la follia della guerra, sono sicuro che nemmeno immaginate com'è davvero la guerra.
Morti per le strade, questa è la realtà. Più di 50.000 persone sono sparite in Colombia.
50.000 famiglie che ancora aspettano invano, nemmeno vogliono sapere dove sono i resti, le salme di queste persone.

Agire resistendo per liberare la pace

Voi forse pensate "cosa si può fare, cosa si sta facendo in Colombia?"
Ci sono delle comunità di pace che non molto tempo fa hanno iniziato a funzionare: sono le "comunità di resistenza civile".
Cosa vogliono queste comunità? Vogliono convivere, condividere in pace senza armi tutti quelli che vogliono andar a vivere la senza armi. Chi vuole la pace può andare là.
Vi parlo della Comunità di Pace di San Josè de Apartadò in Colombia.
Questa comunità conta 800 persone, 6 anni fa hanno detto noi non vogliamo la guerra, non vogliamo che nessuno porti un'arma, non vogliamo l'esercito, non vogliamo i paramilitari, non vogliamo la guerriglia.
Fino ad oggi sono state uccise 150 persone di questa comunità.
Per questo sono qua, perchè qua sono sicuro che posso finire il discorso, in Colombia non sarei così tranquillo.
E voi che avete la possibilità di fare resistenza, con queste attività, contro il riarmamento che stanno facendo in Italia.
Noi possiamo dire no, voi potete ancora decidere, voi potete parlare, potete dire quello che volete dire.
Sapete dove vanno a finire i soldi che  hanno messo gli stati uniti per combattere la guerra in Colombia?
Nel rafforzamento dei corpi militari.
Voglio farvi pensare che con una sniffata di coca collaborate con la guerra.
Non dimenticate che tipo di informazioni abbiamo. Non dimenticate una cosa molto importante: la memoria. Ed infine, noi possiamo fare qualcosa, resistendo civilmente in pace.


Link di approfondimento

- problema dell'informazione in Colombia
- lotta al narcotraffico?
- banane in guerra
- produzione e traffici mondiali di cocaina


Giovaniemissione ha dedicato un'intera sezione alla Colombia: Sud del Mondo/Colombia



Guillermo Cano, Colombia
By Global Journalist Staff Posted Jul 1 2000 (globaljournalist.org)

Guillermo Cano was murdered by two hired killers in front of his newspaper’s office in Bogotá on Dec. 17, 1986. One of the assassins rushed toward Cano’s car and fired his submachine gun eight times at the journalist before speeding off with his accomplice on a motorcycle in the heavy pre-Christmas traffic. The day before his murder, Cano said in an interview, “The problem about our business is that we never know if we are going to return home at night.”

Cano’s commitment to freedom of opinion and expression and the circumstances surrounding his death have come to symbolize the heavy price paid by journalists around the world in the pursuit of truth. In his memory the UNESCO/ Guillermo Cano World Press Freedom Prize is awarded each year on May 3, World Press Freedom Day, to a person, organization or institution making a significant contribution to the defense of press freedom anywhere in the world.

Guillermo Cano Isaza was born in Bogotá on Aug. 12, 1925. At 17, he began writing about bullfighting for the national daily, El Espectador, which was run by his father. After working as a copy editor, he launched the newspaper’s Sunday magazine and was a correspondent in Europe before being named editor of the paper in 1952 at age 27.

In the early 1980s, at a time when drug traffickers ordered the murder of more than 50 judges, a justice minister, a Supreme Court justice and the chief of the anti-drug police, Cano attacked the drug cartels in his editorials and regular column, “Libreta de Apuntes” (Notebook). Because he felt that his country’s institutions were not strong enough to convict the powerful drug lords, he supported the extradition of Colombian drug traffickers to the United States. Because of Cano and El Espectador, the notorious boss of the Medellín Cartel, Pablo Escobar, quickly identified , whose investigative reporters took the lead among Colombia’s media in exposing the activities of the drug gangs, as his major enemies.

Cano’s courage and defense of press freedom earned him the National Journalism Award in 1986. Later that year, he was murdered by contract killers upon the orders of Pablo Escobar. The day after Cano’s murder, while Escobar and his men held victory parties in Medellín, a funeral procession attended by thousands of Colombians accompanied Cano’s body to a cemetery on the outskirts of Bogotá. The media did not publish or broadcast that day.

The slaying of a national daily’s publisher shook the foundation of Colombian society and was the prelude to a wave of violence against the country’s journalists. Since then, Colombia has been established as the most dangerous country in Latin America to work as a journalist. More than 100 journalists have been killed because of their work, and most of these murders have been committed without prosecution.

For El Espectador, which continued its campaign against the drug traffickers, Cano’s murder was only the beginning of a relentless campaign against its editors and reporters. Cano’s two sons, Juan Guillermo and Fernando, who shared the paper’s top editorial positions, received death threats. Four other reporters were forced into exile after receiving similar threats. Distribution of the paper was sabotaged and the Medellín office closed down after the circulation director and office manager were killed. The violence against El Espectador culminated in 1989, when the Cano family lawyer was murdered, the newspaper’s building was destroyed by a 300-pound bomb and the Cano family summer house was burned down.

Cano’s murder investigation took nine years and was fraught with irregularities. The Medellín Cartel infiltrated the judiciary, bribing judges, court officials and jurors. One judge was murdered and another forced to flee the country. A third judge’s father was slain. The hit men suspected of having killed Cano, Alvaro García Saldarriaga and Luis Eduardo Osorio, were themselves murdered in an effort to erase any traces. Finally, in October 1995 María Ofelia Saldarriaga, Pablo Enrique Zamora, Luis Carlos Molina Yepes and Carlos Martinez Hernández were found guilty of conspiring to commit murder. They were sentenced to 16 years and eight months in prison, but Bogotá’s Superior Tribunal revoked the decision in July 1996 and ruled that Saldarriaga, Zamora and Martinez were innocent. The sentence against Molina Yepes, who was captured by the police in February 1997, was upheld.

Some colleagues saw Cano as obsessed with with the influence of Pablo Escobar, who was killed by police in 1993, and other drug lords. Most Colombian journalists now agree that he was among the first to recognize the danger that the encroaching drug trade posed for Colombian democracy. “Guillermo kept up his fight against the drug traffickers, no matter what,” his brother Luis Gabriel said. “He felt if we didn’t stop them, the drug gangs would want to run the government.”


P. Camillo Torres vive! (donvitaliano.it)

15 febbraio anniversario dell’uccisione di p. Camillo Torres

 Camillo nasce a Bogotà, in Colombia, il 3 febbraio 1929. Il padre Calixto Tones Umana è pediatra; la madre Isabella Restrepo Gaviria, discende da uno dei "padri" della Repubblica. Dal 1931 al 1934 soggiorna in Europa con la famiglia, compie gli studi elementari al collegio tedesco di Bogotà e quelli secondari al collegio del Rosario. Nel 1946 si diploma al liceo, si iscrive all’Università nazionale, alla facoltà di diritto, ma la vocazione giuridica è di breve durata. Si interessa di giornalismo e collabora al periodico di tendenza anticlericale "la razon”. Dopo un breve fidanzamento con la figlia del leader conservatore J. A. Montalvo, Camillo entra in seminario, viene ordinato sacerdote e si trasferisce all’Università di Lovanio (Belgio) dove studia sociologia. Collabora in Francia con l’abbè Pierre. Nel 1958, tornato a Bogotà, padre Camillo ottiene l’incarico di metodologia della ricerca sociologica e di sociologia urbana all’università.

Nel 1959 viene fondato il MOEC (Movimento Obrero  Estudiantil) che si ispira a tesi marxiste-leniniste. Torres dialoga con il MOEC e dà vita al movimento universitario e professionale per l’organizzazione della comunità (MUNIPROC), impegnando gli studenti sui problemi delle comunità locali.

Nel 1961 entra nel comitato direttivo dell’Istituto per la riforma agraria per contadini, sindacalisti e studenti. Da vita a Yopal ad una "unità di azione rurale"’. Entra così in contatto con i contadini colpiti dalla "violencia".
Nel 1962 prende posizione in difesa degli studenti incarcerati dal governo e si scontra con la gerarchia ecclesiastica. Accusato di filocomunismo, viene relegato dall’Arcivescovo Cordoba in una vecchia parrocchia borghese alla periferia di Bogotà. Nel 1964 diventa decano della scuola superiore di amministrazione pubblica.

Intanto si sviluppa "il piano antiguerrigliero" della missione militare USA. Assalto contro la "Repubblica indipendente" di Marquetalia: i guerriglieri si ritirano sulle montagne. Nel 1965 Washington approva la dottrina Selden che sancisce il diritto USA di intervenire in qualsiasi paese latino americano per impedire "attività sovversive". Il 7 gennaio si costituisce in Colombia l’esercito di liberazione nazionale guidato da Castano e Moron. Il 17 marzo viene pubblicato il testo della "piattaforma per un movimento di unità popolare" redatto da Torres. Il 22 la Federazione universitaria nazionale organizza una grande manifestazione di solidarietà con padre Camillo cui nel giugno, il Cardinale Primate notifica il divieto di proseguire l’attività politica e il 24 lo riduce allo stato laicale.

Nel luglio, quando la conferenza episcopale prende posizione contro la rivoluzione violenta, Camillo Torres crea il FUPC (fronte unito del popolo colombiano) sostenuto dai socialdemocratici cristiani, dal movimento rivoluzionario liberale, dall’avanguardia nazionalista rivoluzionaria, dal partito Marxista-Leninista, dal Moec, dall’Alleanza Popolare e dal PC. Dati i successi del fronte, Camillo viene ripetutamente arrestato.

Il 15 agosto il Cardinale attacca duramente le tesi di Torres sulla rivoluzione; il 26 esce il primo numero di "fronte unido"; il 18 ottobre Camillo abbandona per sempre Bogotà; raggiunge le formazioni guerrigliere dell’ELN nella Regione di San Vincente de Chucuri.

Nel 1966, nell’anniversario del primo anno di lotta dell’ELN, Camillo lancia un proclama spiegando i motivi della scelta guerrigliera. Nel gennaio, il blocco guerrigliero del Sud (comunista di tendenza Filosovietica) e l’ELN, cercano una comune strategia di lotta armata. Il 15 febbraio, in uno scontro con l’esercito, padre Camillo Torres viene ucciso a Patio de Cemento, dipartimento di Santander. Il luogo della sua sepoltura non viene rivelato perché “Segreto Militare”.

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