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Luca Martinelli

L'acqua in bottiglia

Giovedì 25 settembre 2008

Conferenza a cura di Luca Martinelli (AltraEconomia): i convincimenti mediatici che sottendono l'abuso di acqua minerale in bottiglia; gli interessi delle grandi multinazionali dell'acqua; Campagna 'Imbrocchiamola'.

"Altreconomia" è la rivista per cui lavoro; si occupa di stili di vita, di consumi, e delle scelte spesso indotte dei consumatori. Ci si scontra spesso con un “nemico importante”, la pubblicità, che invade televisioni, giornali, radio e che sostanzialmente ci impone determinate scelte.

Gli investimenti pubblicitari in Italia
L’acqua minerale e le pubblicità ingannevoli
I Paradossi delle acque minerali
    Non creano lavoro
    Non garantiscono entrate pubbliche
Considerazioni finali

Gli investimenti pubblicitari in Italia
Se uno va a guardare la lista degli investimenti delle aziende e dei settori che più investono nella pubblicità nel nostro paese, trova che al primo posto ci sono le industrie delle automobili (tutte le auto adesso si stanno facendo una grande pubblicità come "auto verdi", auto che non inquinano più, mentre il nostro governo insieme agli altri governi europei sta cercando di far lobby a Bruxelles perché non vengano imposti dei limiti severi alle emissioni delle auto).
Ad esempio, le pubblicità "oscene" della Ford Focus su Repubblica: se si guarda dove sono scritte in piccolo le emissioni di questa marca d'auto, si scopre che superano del 40% il limite che l'Unione Europea vorrebbe introdurre; eppure viene presentata come "Comprati l'auto sostenibile".
I telefonini, la telefonia mobile, ovviamente, al secondo posto.
Al terzo posto in Italia troviamo l'industria delle acque minerali con 380 milioni di euro investiti in pubblicità nel 2005 (ultimo dato che mi hanno fornito).

[Dati interessanti su investimenti pubblicitari]

L’acqua minerale e le pubblicità ingannevoli
La cosa più grave, che accomuna tutti e tre questi settori, è che molto spesso le pubblicità con cui ci inducono a consumare più auto, più telefonini, più acqua minerale, sono pubblicità ingannevoli.
Considerarle "pubblicità ingannevoli" non è frutto di una presa di posizione da parte di estremisti, ma è quanto sancisce in più documenti l'autorità garante per la concorrenza del mercato, cioè l'Antitrust, che in più occasioni ha multato per pubblicità ingannevole le aziende di acque minerali. Significa che nelle pubblicità delle acque minerali ci sono scritte delle bugie, o vengono rappresentate delle cose false.

Quest'estate, in riferimento alle pubblicità delle acque minerali sui giornali, c'è stato un cambiamento di messaggio e di universo culturale a cui la maggior parte delle industrie delle acque minerali, se non tutte, hanno puntato: hanno iniziato a "cavalcare" il tema ambientale.

Scorzè (VE) si trova in pianura, le cose più alte sono al massimo i cavalcavia. La pubblicità con cui quest'estate l'acqua San Benedetto che viene imbottigliata nel comune di Scorzè, è stata promossa dalle pagine dei principali quotidiani nazionali (Repubblica, Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore... ): rappresentava uno scenario alpino, su cui  si stagliava la bottiglia di acqua San Benedetto. È ovvio che in quella pubblicità non c'era scritto "San Benedetto - acqua di sorgente", altrimenti sarebbe stato lampante a tutti che quello era un messaggio ingannevole.
Questo non lo dico io, ma lo dice l'avvocatessa Fiammetta Malagoli di Unicom (associazione delle aziende che si occupano di comunicazione in Italia, associazione di categoria di tutti coloro che fanno pubbliche relazioni e comunicazione per professione): una pubblicità del genere induce chiaramente chi la beve a pensare che l'acqua San Benedetto sia un'acqua imbottigliata in montagna. Ovviamente l'imbottigliamento avviene a Scorzè in piena pianura veneta, è acqua di falda. Mi diverte quando vanno a dire in giro "il miracolo di San Benedetto"; il vero "miracolo" in realtà è quello di far bere ai veneziani in bottiglia la stessa acqua che esce dai loro rubinetti, sfruttando la pubblicità.

Altre aziende hanno fatto anche di peggio, quest'estate.
Un esempio significativo è quello che ha fatto l'acqua Sant'Anna, una grande campagna pubblicitaria mediante la pubblicità comparativa. Sceglieva alcuni parametri per testimoniare la qualità della propria acqua, non parametri non assoluti, e li metteva a confronto con quelli delle altre marche per far vedere che lei era la migliore.
Quest'estate Acqua Sant'Anna ha lanciato la cosiddetta "bio bottle", la bottiglia biologica, bottiglia realizzata in plastica biodegradabile.
Grande pubblicità di queste bottiglie che si possono mettere nelle compostiere, che sono biodegradabili in 80 giorni. Il messaggio lanciato è "la biobottiglia di Sant'Anna rinasce da una biobottiglia e non dal petrolio", messaggio falso, perché se è biodegradabile la bottiglia scompare, non si ricrea da se stessa.
Soprattutto, come ci insegna chi lavora nel settore delle bioplastiche in maniera più seria, cioè Novamont, l'azienda che fa il Mater-Bi, non esiste in natura nessuna bioplastica riciclabile.
Il messaggio di Sant'Anna è abbastanza ingannevole, cerca di catturare l'attenzione di certi consumatori sensibili al tema ambientale; invece non pone l'accento su quella che è l'unica reale alternativa all'imbottigliamento in plastica dell'acqua minerale, ovvero l'imbottigliamento in vetro, magari con vuoto a rendere, come se non esistesse più questa alternativa nel nostro paese.
Fa questo principalmente per una questione: Sant'Anna è l'unica azienda in Italia tra quelle grandi che imbottiglia solo in plastica, a differenza delle altre aziende delle acque minerali, che in parte imbottigliano in vetro. Il 100% della produzione di Sant'Anna finisce in plastica, è logico che loro esibiscano la loro plastica "biodegradabile".

Questa pubblicità ingannevole, in cui le aziende investono milioni di euro, è la molla che ci ha spinto a lanciare una campagna di informazione e sensibilizzazione contro la pubblicità delle acque minerali; noi di Altreconomia siamo convinti che se ci fosse stata meno pubblicità di acqua minerale, negli ultimi 20 anni, noi italiani non saremmo i primi consumatori al mondo di acqua minerale (quasi 200 litri pro capite consumati ogni anno).
La correlazione è la seguente: negli ultimi 15 anni sono cresciuti di 4 volte gli investimenti pubblicitari delle aziende delle acque minerali, e al contempo noi abbiamo raddoppiato i consumi; questo è un dato di fatto.

I Paradossi delle acque minerali
C’è un legame strettissimo tra il nostro lavoro sulle acque minerali con tutto il lavoro del forum italiano dei movimenti dell'acqua contro la mercificazione e la privatizzazione dell'acqua.

Emblematica è  la storia del Rio Fergia.
Il Rio Fergia è un piccolo fiume umbro, nasce nel comune di Gualdo Tadino, storicamente conosciuta come "città delle acque". Lungo il suo corso durante il medioevo e fino al 700 funzionavano tutti i mulini della bassa Umbria; oggi il rio alimenta l’acquedotto di due comuni, Gualdo Tadino e Nocera Umbra, ma il consiglio regionale dell'Umbria, con un'amministrazione di centro-sinistra (fatto che sottolinea come la volontà di mercificare l'acqua sia bipartisan, trasversale), ha approvato nell'ottobre del 2006 una delibera di giunta [delibera della Giunta Regionale n. 1654 del 27/09/2006] in cui c'è scritto "concediamo l'acqua del fiume Rio Fergia alla società Idrea Srl (società collegata alla multinazionale Rocchetta-Uliveto) per imbottigliamento".
240 famiglie delle frazioni di Gualdo Tadino, Boschetto e Gaifana, verranno staccate dall'acquedotto.
Cioè l'acqua che oggi alimenta un acquedotto comunale viene passata ad una società multinazionale, la Rocchetta, per trarne profitto. Nonostante sia l'acqua di Miss Italia Rocchetta è una multinazionale: il proprietario di questa società, una famiglia che si chiama De Simone Niquesa, possiede anche l'acqua Uliveto, l'acqua che sponsorizza la nostra nazionale di calcio. C’è l'intenzione di spostare la sede della società in Olanda, perché in quel paese il regime fiscale è molto più favorevole alle aziende rispetto a quello italiano, nel senso che sostanzialmente non pagano le tasse.
Questo evidenzia chiaramente il potere delle aziende delle acque minerali, che arriva addirittura a condizionare un consiglio regionale.
Non solo: quando un giornalista della Rai Alessandro Gaeta si è interessato qualche anno fa sulla questione del Rio Fergia ed ha fatto un servizio, queste aziende si sono presentate negli uffici della Sipra (società pubblica che gestisce la pubblicità per la rai) e non hanno esitato ad intimidire la dirigenza di questa società minacciando di togliere le pubblicità dalla Rai se avessero mandato in onda il documentario in prima serata. Questo è il modo in cui si comportano queste aziende.

Non creano lavoro
Voi direte, "vabbè, le aziende imbottigliano l'acqua minerale e hanno questo potere, però almeno creano lavoro". Non è così. Il settore delle acque minerali si vanta, addirittura per mezzo di comunicati stampa, di riuscire a costruire impianti sempre più tecnologicamente avanzati, in cui il lavoro dell'uomo è sempre più secondario. Ci sono stabilimenti che imbottigliano acqua per 800 milioni di euro di fatturato all'anno, dove lavorano 80-100  persone. Non crea lavoro, se non per i camionisti che portano l'acqua su e giù per il Paese (riprenderemo dopo questa considerazione).

Non garantiscono entrate pubbliche
Voi direte, "vabbè, anche se queste aziende non creano lavoro, almeno chi imbottiglia acqua minerale garantirà un'entrata pubblica perché pagherà delle concessioni alle regioni". Non è vero nemmeno questo. Sostanzialmente queste aziende si appropriano di un bene demaniale, perché l'acqua che sia di sorgente o che provenga dal sottosuolo è comunque un bene demaniale. Nel nostro paese, in 11 regioni su 20, l'acqua è gratis.

Ci sono delle aziende, anche multinazionali, come la Nestlè (la più grande industria nel settore agroalimentare al mondo), che paga meno di 30.000 euro l'anno al comune di Pejo in Trentino per l'acqua che imbottiglia. Ho contattato il segretario comunale del comune di Pejo, che mi ha spiegato di un contratto nel 2001 con l'azienda, che impone all'azienda di lasciare al comune almeno 15 litri d'acqua al secondo per alimentare l'acquedotto e le terme, mentre tutto il resto se lo imbottigliano, pagando 26.000 euro all'anno.

Lo stesso accade anche in Toscana, l'Acqua Panna (altro marchio della Nestlè) paga meno di 40.000 euro l'anno alla regione Toscana per imbottigliare l'acqua a Scarperia e Barberino di Mugello (FI).
La cosa è ancora più grave in Toscana, perché lì, nel 2004, è stata approvata una legge che impone una tassa per l'imbottigliamento, però da 4 anni a questa parte manca ancora il decreto attuativo.
Quindi queste due lobby potentissime (la Nestlè che imbottiglia l'acqua Panna a Scarperia e l'acqua Uliveto che imbottiglia a Uliveto Terme) in Toscana, fanno sì che quel decreto attuativo non sia mai stato approvato.

Situazioni anche più gravi: in Campania, l'acqua Lete fino allo scorso anno pagava come obolo al pubblico meno di 1000 euro al comune di Pratella in provincia di Caserta, dove viene imbottigliata. Al contempo, c'è un dato del Sole 24 Ore, fonte attendibile e non di "rivoluzionari anticapitalisti", che ci racconta come lo scorso anno la stessa Acqua Lete pagasse 5 milioni di euro per sponsorizzare il Napoli Calcio.
Non sono d'accordo che acqua Lete spenda soldi per i calciatori del Napoli e non versi soldi nelle casse pubbliche. Sono soldi che potrebbero essere utilizzati per lavori sulla rete idrica contro il dissesto idrogeologico del territorio nel nostro paese.          

Il Veneto, stranamente, è, per quanto riguarda le tasse di concessione imposte alle aziende delle acque minerali, la regione più avanti d'Italia, nel senso che è l'unica che chiede 3 euro per metro cubo. È pur sempre un'inezia, 3 euro ogni 1000 litri d'acqua che viene imbottigliata, però nessun'altra regione lo ha fatto nel nostro paese.
Ci sono alcune regioni dove la regalano l'acqua. 3 euro almeno è qualcosa. Questa tariffa è stata introdotta in Veneto con la Finanziaria Regionale del 2007. 
Aziende che imbottigliano in Veneto: l'acqua Vera a San Giorgio in Bosco (PD), l'acqua Recoaro a Recoaro Terme (VI) (sono di Nestlè, primo imbottigliatore d'acqua nel nostro paese), San Benedetto e Fonte Guizza a Scorzè (VE) (sono le acque del signor Zoppas): queste sono le acque principali.

Sono successe almeno 3 cose significative da quando la Regione Veneto ha preso questa decisione.
Fino ad adesso le aziende non hanno ancora pagato. Un consigliere regionale, incontrato personalmente questa settimana, ha detto che "finora le aziende non hanno pagato la bolletta del 2007". Questo succede adesso, quando tutti i servizi pubblici sono sul mercato, e non c'è la minima possibilità di sconti o aiuti per le persone che non hanno soldi per pagare la bolletta. Se ad esempio da un anno e mezzo non pagaste la bolletta del telefono, che cosa vi capiterebbe? Invece questi continuano ad imbottigliare e a vendere dell'acqua che non hanno pagato.

Secondo fatto accaduto: con arroganza, questi signori si sono presentati con il loro rappresentante della "confindustria" delle acque minerali, Mineraqua, l'avvocato Ettore Fortuna, sono entrati in consiglio regionale proponendosi per un'auto riduzione della bolletta. Hanno detto in sostanza "Voi siete il consiglio regionale, eletto dai cittadini, avete fatto la legge, avete deciso che noi dobbiamo pagare 3 euro, ma a noi non ci sta bene, paghiamo 1 euro e mezzo". Oltre a questo atteggiamento arrogante, di fronte all'aumento della tariffa a 3 euro per metro cubo, la risposta delle aziende è stata: "delocalizziamo la produzione". Al che la battuta del consiglio regionale è stata "vi serviranno dei tubi abbastanza lunghi". In Friuli l’acqua non si paga.

Altro paradosso-problema: se tu intervisti o leggi le interviste di Ettore Fortuna, avvocato che presiede Mineraqua, la confindustria delle acque minerali, lui ti dirà che il loro è un mercato in cui c'è grande concorrenza. Parola di cui tutti si riempiono la bocca, "concorrenza". Perché in realtà dice questo?
Perché in Italia ci sono circa 150 società che imbottigliano 304 marchi di acqua minerale; se poi uno va a vedere dietro a questi numeri così grandi, scopre che sono soltanto 8 società, che imbottigliano il 75% di tutta l'acqua che viene venduta nel nostro paese.
La prima è la Nestlè, seconda è la San Benedetto, la terza si chiama CoGeDi (Uliveto e Rocchetta), la quarta è Ferrarelle. A seguire vengono l'acqua Lete, probabilmente la SanGemini, l'acqua Sant'anna è in forte ascesa con le sue bio-bottiglie, e poi Coca Cola (da un paio di  anni a questa parte, Coca Cola imbottiglia un'acqua in provincia di Potenza, nel Vulture in Basilicata).
Tra i primi imbottigliatori italiani, c'era anche Lehman Brothers (grande banca d'affari fallita): nel 2005 si è comprata Spumador, un'azienda nel Comasco, che imbottiglia la mitica spuma, oltre all’Acqua Sant'Antonio ed altre che vengono chiamate "private label" (ovvero le acque vendute ad esempio col marchio coop, con il marchio esselunga, gs...).
Questo è molto significativo: il fatto che anche una banca d'affari straniera investe in acqua minerale, deve farci capire cosa significa in termini di profitto e redditività questo settore.

Terza questione rilevante quando si parla di acqua minerale: il tema della questione ambientale.
Le acque minerali  nel nostro paese per il 65% dei casi sono imbottigliate in plastica, ogni anno 350 mila tonnellate di plastica vengono buttate, solamente a causa delle bottiglie di acqua minerale. Di questi solo un terzo viene avviato al riciclo, due terzi finiscono negli inceneritori oppure nelle discariche.
Seconda questione ambientale: le acque minerali si spostano nell'82% dei casi su gomma, quindi ci sono camion e camion che girano avanti e indietro per l'Italia anche a mille chilometri di distanza da dove l'acqua viene imbottigliata, cioè l'acqua che viene imbottigliata nel Vulture (provincia di Potenza) per arrivare quassù al nord ed essere bevuta a Milano, Torino, Venezia, si è già fatta 700, 800, 900 chilometri.
Noi di Altraeconomia abbiamo realizzato una mappa, che mostra i 12 marchi più importanti nel nostro paese (Levissima, Acqua Vera, San Benedetto...) e la distanza che quell'acqua ha percorso a seconda della città in cui si consuma. Sulla prima riga della cartina c'è scritto acquedotto. Qual è la distanza fatta su gomma? 0, perché dovunque bere acqua di acquedotto significa nessuno trasporto su gomma, quindi non ha prodotto nessun inquinamento.

Un’ultima considerazione, ma non meno importante è: l'acqua minerale in bottiglia non è acqua potabile. Paradossalmente, l'acqua che viene gestita dagli acquedotti deve rispondere a determinate regole, stabilite dal Decreto Legislativo numero 31/2001 che determina i parametri fisici e chimici dell'acqua potabile.
Deve inoltre rispondere a dei controlli (stiamo facendo una campagna perché questi controlli siano il più trasparente possibile, perché purtroppo non è così in buona parte del paese, e con la mercificazione dell'acqua lo sarà sempre meno).
Ci sono dei parametri e ci sono dei controlli interni da parte delle società esterne, ovvero le Asl, che dovrebbero garantirci il rispetto della qualità dell'acqua.
Le aziende che imbottigliano l'acqua minerale non rispondono a questi criteri.
Per fare un esempio, se l'acqua Ferrarelle uscisse dal rubinetto di casa vostra, il sindaco dovrebbe emettere un'ordinanza di non potabilità, perché l'acqua Ferrarelle ha una durezza più che doppia rispetto al limite che l'Organizzazione Mondiale della Sanità fissa per l'acqua destinata al consumo umano. Questo non significa che se bevo un bicchiere di acqua Ferrarelle sto male, però significa che l'acqua Ferrarelle dovrebbe tornare ad essere un'acqua medica, un'acqua prescritta ed utilizzata in determinati periodi, ovvero quando uno ha una carenza di calcio e magnesio, e non tutti i giorni sulla tavola di casa.
Questo è il contesto, ed allora è ingannevole la pubblicità che ha realizzato la ferrarelle quest'estate 2008: c'è una noce denaturata, la bottiglia di Ferrarelle e la scritta "nelle cose che mangi cerchi i sali minerali", "acqua Ferrarelle, i sali minerali necessari per il tuo benessere quotidiano". Eh no, perché sono troppi, e la rende acqua non potabile! Invece ci hanno fatto credere che solo le acque minerali sono bevibili, si possono bere..
Allo stesso modo, l'acqua Sant'Anna, che nella sua pubblicità comparativa tanto si vanta per la propria leggerezza, è troppo leggera, impoverisce il nostro corpo di sali minerali, che sono i sali minerali che perdiamo quando si suda o facendo pipì... Quella è un'acqua che dalle ossa ci tira via il calcio, perchè dentro ce n'è troppo poco.

Prima di concludere vi racconto una , e poi vi dico chi me l'ha detta.
" Di fronte alla domanda "Che cos'è l'acqua in bottiglia?", la risposta è: se guardiamo alla definizione di mercato è un prodotto funzionale, ha cioè una funzione di un certo tipo, è come un profumo; io non uso profumi ma mi lavo, il profumo è un prodotto funzionale, se nessuno sa che esiste non lo compra, se lei viene a sapere che esiste le viene voglia di provarlo, ma può vivere senza, ha comunque delle alternative. Anche l'acqua in bottiglia è un prodotto funzionale, se lei lo trova oppure solo se viene a sapere che esiste allora va alla ricerca di quel prodotto specifico, perciò la pubblicità è il sostegno al prodotto, senza una forma di comunicazione il prodotto non può essere assolutamente venduto."
Questo non me l'ha detto Marco Bersani, ma me l'ha detto Franco Favaro, responsabile delle risorse umane alla San Benedetto di Scorzè. Quindi lo sanno benissimo che stanno vendendo fumo, e lo fanno scientemente per farci acquistare sempre di più in maggior quantità le acque minerali.

Considerazioni finali
Cosa guadagnano i consigli comunali e regionali svendendo l'acqua in questo modo? Niente.
Perché lo fanno? Ci guadagnano in un altro modo.
Tornando al caso Rio Ferge: è nato un forte comitato, una delle forze in Umbria del forum italiano dei movimenti per l'acqua.
La questione dell'acquedotto e la gestione della risorsa del servizio idrico si associa con la tematica delle acque minerali; migliaia di persone che in più occasioni hanno bloccato addirittura i lavori del consiglio regionale dell'Umbria, hanno portato ad una spaccatura violenta all'interno del consiglio, per far cadere la concessione.
Questa è il livello reale e spiccio della politica in Italia, come operano quelli che dovrebbero rappresentarci.
Ci guadagnano che per esempio a Scorzè niente si muove se non c'è San Benedetto, e dovunque ci sono aziende di questo tipo capita lo stesso.

Negli ultimi mesi mi sono occupato del discorso cave, per un'inchiesta della rivista, è la stessa cosa identica. Anche lì, un bene demaniale le nostre montagne, sventrate per nulla, perché non le pagano le pietre.
Allora si spiega così perché in altri paesi europei si è arrivati al 90% di riciclaggio di materiali inerti delle costruzioni, se anche si vuol continuare a costruire. Noi siamo fermi all'8%, perché in Sicilia si cava gratis.

Siamo anche il paese in cui nessuno riflette su come la questione sia legata alla mercificazione e alla svendita dei servizi. Il comune di Genova 10 anni fa si è venduto le dighe su cui tiene l'acqua degli acquedotti.
Si tagliano le risorse agli enti locali: cosa fanno allora gli enti locali?
Sindaco di un comune del parco dell'Aspromonte, Camolo, dove ci sono 2 cave. Queste montagne sono conosciute come le dolomiti di Camolo, conformazione rocciosa simile alle dolomiti di qui. Le stanno distruggendo a forza di cavare pietra. Il sindaco dice, purtroppo, che è l'unico modo per avere soldi in entrata (15 mila euro all'anno) con cui posso accendere mutui per fare lavori pubblici e tener aperto il comune.
E si continua a ragionar di togliere le tasse, eliminare la fiscalità, togliere le risorse agli enti locali.
Però anche sulle cave la legge vecchia di 80 anni, nessun parlamentare si interroga sul fatto di farli pagare per cavare pietre. Così magari si rendono conto che ci sono delle alternative.
Rispetto alle acque minerali, la conferenza stato-regioni, 2 anni fa, 2006, ha invitato tutte le regioni italiane ad adottare almeno un canone di concessione minimo, tra 1 e 2 euro. Quante regioni si stanno uniformando nel frattempo? Una, il Lazio. In due anni, ne mancano ancora 10. questo è quello che fa la politica, e non ci guadagna nulla, e nemmeno noi.

Altre informazioni + libretto sul consumo critico dell’acqua

Un grande grazie a Marco per la trascrizione!

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