IL FUTURO DEI MIEI, Racconto di Alessandro Ghebreigziabiher
IL FUTURO DEI MIEI
Un bellissimo racconto, un dialogo fra zio e nipote su una carretta del mare, che può aiutarci a dare un significato diverso alle parole extracomunitario, immigrato, clandestino.
Alessandro Ghebreigziabiher
Su
una nave. In mare. Da qualche parte.
«Zio
Amadou?».
«Sì...»
«Zio?».
«Sì?».
«Mi
senti?».
«Sì che ti sento...».
«Ma non mi guardi..
.».
L'uomo si volta ed accontenta il nipote. «Stai tranquillo,
gli dice inarcando il sopracciglio sinistro, le mie orecchie
funzionano bene anche senza l'aiuto degli occhi...». E si volta a
studiare le onde.
Il ragazzino, poco più di sei anni, lo osserva
dubbioso, tuttavia si fida e riattacca: «Zio... Tu conosci bene
l'Italiano?» .
«Certo, laggiù ci sono già stato due
volte».
«Conosci proprio tutte le parole?»
«Sicuro,Ousmane».
Il
nipote si guarda in giro, come se avesse timore di essere udito da
altri, e arriva al sodo: «Cosa vuol dire extracomunitario?».
L'uomo,
alto e magro, ha trent'anni, ma la barba grigia gliene aggiunge
almeno una decina. Non appena coglie l'ultima parola del bambino, si
gira di scatto e fissa i propri occhi nei suoi.
Trascorre un breve
istante che tra i due sa di eternità, possibile solo in un viaggio
in cui è in gioco la vita.
«Extracomunitario, dici?, ripete
abbozzando un sorriso sincero, extracomunitario è una bellissima
parola. I comunitari sono quelli che vivono tutti in una stessa
comunità, come gli italiani, e l'extracomunitario è colui che ne
entra a farne parte arrivando da lontano. Non appena i comunitari lo
vedono capiscono subito che ha qualcosa che loro non hanno, qualcosa
che non hanno mai visto, un extra, cioè qualcosa in più. Ecco, un
extracomunitario è qualcuno che viene da lontano a portare qualcosa
in più».
«E questo qualcosa in più è una cosa
bella?».
«Certamente!, esclama Amadou accalorato, tu ed io, una
volta giunti in Italia, diventeremo extracomunitari. lo sono così
così, ma tu sei di sicuro una cosa bella, bellissima».
L'uomo
riprende a far correre lo sguardo sulla superficie dell'acqua, quando
Ousmane lo informa che l'interrogatorio non è ancora terminato: «Cosa
vuol dire immigrato?».
Lo zio stavolta sembra più preparato e
risponde immediatamente: «Immigrato è una parola ancora più bella
di extracomunitario. Devi sapere che quando noi extra comunitari
arriveremo in Italia e inizieremo a vivere lì, diventeremo degli
immigrati».
«Anche io?».
«Sì, anche tu. Un bambino
immigrato. E siccome sei anche un extracomunitario, cioè uno che
porta alla comunità qualcosa in più di bello, tutti gli italiani
con cui faremo amicizia ci diranno grazie, cioè ci saranno grati. Da
cui, immigrati. Chiaro?».
«Chiaro, zio. Prima extracomunitari e
poi immigrati».
«Bravo», approva Amadou e ritorna soddisfatto
ad ammirare il mare che abbraccia la nave.
Ciò nonostante, non ha
il tempo di lasciarsi rapire nuovamente dai flutti che il bambino
richiama ancora la sua attenzione: «Zio...».
«Sì?», fa l'uomo
voltandosi per l'ennesima volta.
«E cosa vuol dire
clandestino?».
Questa volta Amadou compie un enorme sforzo per
sorridere, tuttavia riesce nell'impresa: «Clandestino... Sai, questa
è la parola più importante. Noi extracomunitari, prima di diventare
immigrati, siamo dei clandestini. I comunitari, come quasi tutti gli
italiani che incontrerai di passaggio, molto probabilmente ancora non
lo sanno che tu hai qualcosa in più di bello e qualcuno di loro
potrà al contrario insinuare che sia qualcosa di brutto. Tu non devi
credere a queste persone, mai. Promettilo!». Il tono dell'uomo
diviene
all'improvviso aggressivo, malgrado Amadou non se ne
accorga.
«Lo prometto!» si affretta a rispondere il bambino,
sebbene non sia affatto spaventato.
«Per quante persone possano
negarlo, prosegue lo zio, tu sei qualcosa in più di bello e questo a
prescindere se tu diventi un immigrato o meno, a prescindere da quel
che pensano gli altri. E lo sai perché?».
«Perché?».
«Perché
tu sei un clandestino. Tu sei il destino del tuo clan, cioè della
tua famiglia. Tu sei il futuro dei tuoi cari...».
L'uomo riprende
ad osservare il mare.
Ousmane finalmente smette di fissare lo zio
e si volta anch'egli verso le onde.
Mi correggo, il suo sguardo
le sovrasta e punta oltre, all'orizzonte. «Sono il futuro dei
miei...», pensa il bambino. Le parole si mescolano ad orgoglio e
commozione, gioia e fierezza. E chi può essere così ingenuo da
pensare di poterlo fermare?
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