Ti dico che sei un essere libero!
di Diego Cassinelli
Ti dico che sei un essere libero!
25 Dicembre 2008
h 2.45
Milano
Scrivo solo ora, volutamente in ritardo.
Scrivo ora perché è Natale e per non far intorbidire l’incontro e sbiadire l’attesa.
Scrivo a notte fonda perché non posso farne a meno.
Era notte quando i pastori si mossero per fermare nella loro mente quell’immagine insolita, quell’evento strano. Si sono mobilitati con l’intento di esserci ed eventualmente raccontare.
Mi piace pensare sia la stessa inquietante tensione a tenermi sveglio a scrivere.
Devo raccontare quella parola-evento che ho vissuto.
Si attende ovunque, anche là, su quella strada dritta e nebbiosa, lontana dalla città, fuori dai centri. Qui l’indecenza è permessa…non tollerata, ma permessa.
Ma cosa attendono queste ragazze? Questa notte forse l’attesa ha un altro gusto.
Sono abituate ad attendere. Lo fanno tutte le notti, ma sono attese che rinvigoriscono la loro schiavitù, rafforzano le catene della loro deportazione.
Questa notte si rinnova un’antica promessa: “ I PROCLAIM YOU A GOOG NEWS”.
Ti dico che sei un essere libero!
Davvero il posto in cui l’Eterno si è fatto tempo, doveva somigliare molto a quella strada.
Non c’era posto per loro nell’alloggio.
Il canto degli angeli ha convinto i pastori come il canto di quelle ragazze ha convinto me.
Sono sicuro: Dio non ha cambiato stile, quando decide di abbassarsi lo fa davvero.
Per un attimo ho temuto mi distruggessero la macchina.
L’abitacolo dell’auto era troppo piccolo per contenere quell’ondata di energia.
Chi conosce un po’ il temperamento nigeriano, sa di cosa sto parlando.
È il canto degli schiavi che sa parlare agli antenati, li chiama per nome. È il loro modo di resistere, di non accettare le catene.
È il canto che strattona la manica di Dio e lo “costringe” nuovamente a ricordarsi che una volta è stato uomo anche lui, e allora rinasce. Oggi ho avuto la sensazione che quelle dodici ragazze abbiano forzato la nascita di Dio. Un Dio che era destinato all’aborto, deciso a disertare la mangiatoia.
Dopo quella preghiera di strada e quei canti, mi è venuto spontaneo rivolgermi a loro con una frase liberata da non so quali prigioni: “NOW I KNOW WHY GOD LOVES YOU SO MUCH”.
Dopo quella frase ricominciarono a cantare più forte, a strappare Dio dagli ori in cui è trattenuto, a farlo evadere dai suoi arresti domiciliari celesti e riportarlo là, dove un giorno si è fatto uomo.
Sembra un paradosso, ma questa notte ho visto schiave liberare la libertà,
ecco perché Dio le ama così tanto… “debito di riconoscenza”.
Adesso che ci penso hanno liberato anche me, la mia idea del Natale, la mia idea di Dio, e di conseguenza, oggi ho capito perché continuo andare sulla strada e condividere frammenti di vita con loro.
Buon Natale