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Campagna MAI SENZA L'ALTRO

A partire dalla lettera del CIMI

 

 

MAI SENZA L'ALTRO

  

Lettera Mai Senza l'Altro, della Commissione Giustizia e Pace - Conferenza Istituti Missionari in Italia (CIMI) di giugno 2008:

Siamo missionari/e,

cioè, migranti.

Abbiamo passato buona parte delle nostra vita altrove, da ‘stranieri’. Come tali ci siamo sentiti accolti, amati, e abbiamo convissuto esperienze esaltanti di incontro, scambio ed arricchimento. Nei giorni di guerra e conflitti alcuni/e di noi sono stati protetti e salvati da coloro che ci “ospitavano”. Conosciamo per esperienza la ‘debolezza’ di trovarsi in un Paese ‘straniero’. Quegli anni e quei volti e quelle speranze ci hanno resi più attenti e vulnerabili; ci hanno aperto gli occhi sulla realtà del nostro mondo; ci hanno trasformati! Come missionari/e siamo profondamente feriti da quanto sta accadendo nella nostra terra, rispetto ai migranti.  

Ci preoccupa il ‘virus’ che gradualmente sta infettando non solo parte della nostra società, ma, purtroppo, anche porzioni delle nostre stesse comunità missionarie! Un ‘virus’ che spinge a considerare immigrati, Rom, i “senza documenti”, come gente che ruba, violenta, diventa ‘il nemico´ che minaccia la nostra sicurezza. Come missionari/e siamo profondamente indignati perché persuasi che ogni attentato perpetrato alla dignità della persona si afferma come radicale negazione di un comune progetto di umanità che insieme abbiamo la responsabilità di costruire. 

La ‘criminalizzazione’ dei migranti e il conseguente tentativo di farne il ‘capro espiatorio’ per una crisi sociale che ha ben altre radici, ci amareggia e ci spinge a dissentire dallo ‘spirito’ che sembra prevalere nella società.

Ci sembra di riconoscere lo stesso ‘virus’ che ha coinvolto, attraverso il crescente ricorso alla violenza e alla logica della competizione e della manipolazione mediatico–politica, il nostro tessuto sociale, minandone le difese ‘civili’.

Come cittadini, ci preoccupa il rinnegamento dei valori portanti di una Costituzione con la quale ci identifichiamo e che, seppur faticosamente, ha offerto negli anni spunti e prospettive di solidarietà e civile convivenza.

Come discepoli di Cristo, rimaniamo sconcertati nel constatare come episodi di intolleranza, giustizia sommaria, discriminazione ed esclusione abbiano potuto trovare terreno fertile anche in varie comunità cristiane. Questi fatti gettano una luce particolarmente inquietante sul tipo di Vangelo e di ‘evangelizzazione’ che in tutti questi anni la Chiesa, cui apparteniamo e di cui siamo espressione, ha proclamato e testimoniato. Siamo infatti persuasi che il ‘virus’ di cui sopra deve essere combattuto anche attraverso la nostra predicazione, l’accoglienza evangelica e la testimonianza quotidiana di ospitalità.

Vogliamo esprimere solidarietà e vicinanza ai nostri fratelli e sorelle migranti assicurando loro che non saranno mai soli in questo viaggio di speranza comune. Invitiamo le nostre comunità missionarie e quanti/e hanno a cuore la dignità della persona e i valori del Vangelo a contrastare in ogni modo la logica violenta dell’esclusione e della criminalizzazione dei migranti. Mettiamoci insieme per continuare a creare spazi di ospitalità e di dialogo, che soli assicureranno il germoglio di un futuro più umano per tutti.

Il futuro della nostra società è legato ai nostri cuori aperti e ospitali.
Mai senza l’altro!

***   ***

Facciamo una proposta culturale molto concreta per non essere vittime della deriva razzista dei media e non cedere al pensiero unico dell’idolatria del profitto:

Digiuno televisivo!!!!
OSA far sparire la televisione da casa tua, prova almeno per un mese, insomma … AMATI!

Per essere più consapevole approfondisci su DIGIUNO TELEVISIVO.

 ***   ***   ***

Proponiamo anche noi, a nostra misura, questo decalogo
per crescere insieme agli immigrati, oggi
.

Nasce da un cammino di ascolto,
servizio tra i poveri,
condivisione tra noi;
si rivolge a tutti i giovani di buona volontà.

1. Va’ in cerca dell’immigrato. Ascoltalo, offrigli la tua amicizia. L’importante è esserci, contro la logica assistenzialista del ‘fare’. Recupera la sua storia di sofferenza, la sua ricchezza e quella delle sue radici. Promuovi occasioni di incontro più informali (feste, cene, momenti teatrali, occasioni culturali e sportive…)

2. Conosci te stesso nell’incontrare l’immigrato. Impara ad avvicinare l’altro senza etichettarlo. Matura una spiritualità che ti guidi all’incontro con l’altro. Chiediti quali aspetti della tua cultura sei disposto a cambiare per venire incontro all’altro.

3. Conosci il territorio, le necessità che vive la gente e i punti d’appoggio per rispondervi. Da’ una visibilità alle associazioni che già operano sul campo, nello sforzo di creare rete.

4. Favorisci l’aggregazione di giovani e immigrati tramite laboratori di convivenza, occasioni e spazi di conoscenza reciproca e confronto, per capirsi a fondo, individuare gli obiettivi di entrambe le parti. Ad esempio, siccome entrambi abbiamo bisogno di conoscere di più le leggi e i meccanismi con cui si regola l’immigrazione, promuovi percorsi di formazione comuni su questo.

5. Promuovi l’autoconsapevolezza e la partecipazione degli immigrati. Appoggia tutti i modi renderli protagonisti del loro inserimento sociale.

6. Dialogane soprattutto con amici che non condividono le tue idee. Parti da ciò che loro capiscono, credono, comincia dai loro pregiudizi. Rifiuta sia l’immagine dell’immigrato-criminale sia quella dell’immigrato-utopico, proiezione dell’ingenuità di un certo tipo di volontariato. Sfata i pregiudizi cercando di comprenderne prima di tutto l’origine. Fa’ incontrare l’immigrato a chi non si interessa di lui o ha pregiudizi.

7. Sfrutta tutte le occasioni e le forme possibili di comunicazione: per strada, nelle scuole, nelle comunità cristiane. Sappi denunciare e manifestare anche il tuo dissenso. L’educazione alla diversità comincia nelle scuole, i giovani possono fare molto in questi ambienti. La formazione politica per la gente delle nostre città e paesi deve essere maggiore e più curata. Nelle comunità cristiane i preti hanno il potere di orientare una cultura, i giovani devono spronarli perché questi temi siano affrontati apertamente.

8. Come comunità e come persona prenditi a cuore la vita di un migrante, accoglilo, ospitalo, impegnati con lui nelle situazioni più pratiche (telefonate periodiche di contatto, accompagnamento in Questura o simili, aiuto nella ricerca di un alloggio o lavoro…)

9. A livello politico nazionale vigila sulla destinazione dei soldi e promuovi campagne di pressione perché siano destinati più fondi per l’immigrazione e una politica di accoglienza consapevole e seria, sottraendoli ai soldi e energie investiti per impedire a priori l’ingresso della gente. Sorveglia i politici sulle loro scelte, chiedendo loro conto periodicamente e con insistenza a proposito di questi temi.

10. Lotta perché tutti abbiano opportunità di regolarizzare la propria condizione. Combatti il lavoro nero; nell’ambito degli studi, ad es., insisti con gli immigrati per il riconoscimento dei titoli di studio non occidentali (come per i paesi dell’est Europa)

***   ***   ***

Sul tema dell'accoglienza dell'altro... dalla lettera di Gigo dall'Uganda:

"[...] Dopo altre due soste, la ragazza si girò nuovamente verso di me, ma io stavo guardando altrove, così fui avvertito dalla signora che mi sedeva accanto. Senza parlare la signora mi toccò con due dita il gomito e indicò la ragazza con l’indice semichiuso. Questa volta aveva in mano due banane. Io mi sentivo imbarazzato, ma mi alzai ugualmente e facendomi un po’ di spazio tra la ressa, le presi ringraziando la ragazza per le sue premure.

Dopo averle contemplate, meravigliato le mangiai.

La signora accanto a me, con voce sottile mi disse:

“Sai cosa vuol dire questo?”

Io risposi un po’ stupito: “beh... n...no”.

“E’ un segno di pace. Nella nostra cultura (Acholi) è segno di alleanza con l’ospite.

Quando viene un ospite a casa a visitarti, come prima cosa, usciamo nel cortile, tagliamo delle banane e le offriamo all’ospite. Con questo gesto la ragazza ti ha fatto capire che tu sei benvenuto in questa terra”.

E noi in Italia cosa facciamo? Sarà il caso di cominciare a coltivare delle piante di banana?

Ecco il primo spiazzante benvenuto che questa terra mi ha riservato.
[...]"


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