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Resoconto dei Campi estivi 2008 della famiglia Comboniana

I giovani si raccontano ...

Parlando dei campi estivi, di essi dicevamo:
"Fuori dai luoghi comuni, vogliamo offrirti alcuni giorno di servizio e ascolto della REALTA' e della PAROLA DI DIO. Insieme, nella condivisione e nel lavoro, saremo accolti in realtà di speranza e di impegno concreto per la giustizia, la legalità, l'accoglienza e la fraternità".

Eccovi allora il racconto di quanto abbiamo vissuto!!!

 

I campi sono divisi in tre aree:


PERIFERIE DELLE       CITTA':      

   BIBBIA E        VOCAZIONE   

COMUNITA' DI R-ESISTENZA:

 

COMUNITA' DI R-ESISTENZA

 Natile (RC)
24 Luglio - 4 Agosto 2008
“La speranza non delude”

Campo di lavoro nelle cooperative solidali
per costruire segni di speranza e di legalità
con la gente della Calabria.

 
DIARIO DI BORDO DEL CAMPO “LA SPERANZA NON DELUDE”
Natile 24 luglio/4 agosto 2008


Giovedì 24
Primo giorno del campo a Natile “La speranza non delude”. Il pranzo si è articolato in 3 pranzi: il primo per le ragazze Catanzaresi, per la Siciliana, per le donne che hanno cucinato con rispettivi figli e per il clero; - il secondo per i nordici; - il terzo per i Pugliesi. Siamo ancora un po’ disorientati: le suore anziché portare il velo indossano gilè e pantaloncini con le tasche, non è ancora chiaro il numero dei partecipanti né il loro volto e anche sul programma del campo si sa poco. L’unica cosa certa è che il mitico Padre Alex è con noi e si fermerà per i prossimi giorni. Nel pomeriggio abbiamo l’occasione di qualche chiarimento e di conoscerci un po’ grazie ad una dinamica di presentazione e ad alcune domande: “perché sono qui?” e “cosa mi aspetto?”. Siamo 16 persone di età molto diversa e di provenienza geografica varia. Le stranezze comunque si manifestano anche durante la messa: siamo tutti in cerchio intorno all’altare, rallegrato da vistosi e colorati teli africani, al momento della consacrazione imponiamo tutti le mani, e alla comunione passiamo a mangiare il pane e a bere il vino come se fossimo davvero intorno ad una tavola apparecchiata. Andiamo a letto stanchi per il viaggio e un po’ preoccupati per la sveglia alle 5 e per la camminata di mezzora fino alle serre che ci aspetta domani mattina… vedremo!

Venerdì 25
Primo vero giorno di campo, incredibile ma vero: riusciamo a svegliarci presto e dopo un’allegra camminata alle 6,15 giungiamo alle serre e veniamo divisi in due gruppi, ciascun gruppo lavorerà in una serra diversa. Dopo un po’ di incertezza iniziale partiamo: si tratta di strappare via le erbacce intorno alle piantine di more. Sembra facile ma dopo mezzora viene abbandonata ogni velleità di competizione, partono i primi tentativi di svenimento e cominciano frequenti le domande sull’ora. Dopo le docce, ritardate dalla fuga di suor Tarcisia con le chiavi, facciamo un momento di preghiera alle 12. Dopo il pranzo ed i vari servizi. Nel pomeriggio la catechesi di Padre Alex su Mt 4,12-25 (durante il campo mediteremo l’intero discorso della montagna). Prima dell’esegesi vera e propria, Alex fa una lunga premessa sulla situazione storica degli Ebrei al tempo di Gesù: in particolare ci parla della durissima condizione cui i Romani e l’impero li costringevano, delle tasse che dovevano pagare (tre: una a Cesare, una ad Erode Agrippa, una al tempio) e dei debiti che erano costretti a contrarre e che li portavano a rischiare di perdere persino la terrà o anche la libertà. Alla luce di questo contesto storico viene spiegato il senso dell’espressione “Galilea delle genti” e il Regno dei cieli viene presentato come un altro mondo possibile e vicino totalmente antitetico rispetto all’impero. Dopo la catechesi, un’ora di deserto e un’altra ora di condivisione in piccoli gruppi. Ciascun gruppo elabora degli spunti di meditazione da presentare durante la Messa. Dopo cena vediamo un video su San Daniele Comboni, fondatore dell’ordine dei Comboniani e delle Comboniane e abbiamo occasione di fare qualche domanda a Padre Gaspare, suor Tarcisia, Padre Alex, Rita, che sarà suora a settembre, e a Fratel Andrea, soprannominato il Polacchino (date appunto le sue origini).  

Sabato 26
Ore 23,30. Già da un po’ un sonno profondo ha avvolto molti di noi, il sonno che si prova dopo una lunghissima giornata di lavoro fisico, intellettuale, spirituale, relazionale. Ma procediamo con ordine: dopo una riuscita sveglia mattutina siamo scesi alle serre a bordo del pulmino Gasparre, dopo aver ricevuto conferma certa del fatto che non fosse da borghesi. Il gruppo “Stakanov” vivacizzato dalla presenza del fantomatico fratel Polacchino, che lavora, in perfetto stile Sovietico, a ritmi ben più sostenuti della media del gruppo, si è dilettato più nell’arte del canto che in quella della raccolta, riuscendo, però, a completare almeno le sue prime quattro file. Ben più serio e ligio al dovere è il gruppo “Worhard”, che oggi è riuscito a coniugare il lavoro di raccolta di pomodori con un’interessante discussione con il benevolo padrone più figlio, Antonio e Francesco. Si è parlato di tutto:‘ndrangheta, fantascienza, condizioni degli animali negli allevamenti intensivi e nelle cooperative, governo ladro e punto di maturazione naturale delle melanzane. Dopo le docce, il momento di preghiera delle 12 e il pranzo a base di patate (perché un giorno senza patate è un giorno perso) nel pomeriggio Alex ci ha smosso nuovamente con la sua catechesi. Il Vangelo di oggi era il brano delle beatitudini di Matteo, che è stato confrontato con quello di Luca. In particolare quest’ultimo ci mostra un Gesù che parla in un momento storico concreto a delle persone concrete: i poveri, gli affamati, quelli che piangono, cui Lui annuncia che il regno dei cieli è vicino e l’annuncio di questa buona notizia li rende beati. Già 60 anni dopo Matteo riattualizza nello Spirito di Gesù questi insegnamenti, adattandoli alla sua comunità, che vive situazioni ed eventi diversi e che si presenta come più borghese, distante dalla povertà totale in cui vivevano gli interlocutori del Gesù storico. Come rileggere queste parole alla luce della nostra esperienza di oggi, in quanto uomini e donne, comunità, popoli? Ci siamo lasciati provocare da questi ed altri interrogativi nell’ora di deserto. La Messa è stata un momento particolarmente intenso, anche perché abbiamo vissuto una serie di segni che l’hanno caricata di significati. Durante l’atto penitenziale abbiamo presentato i falsi miti del nostro mondo capovolto rispetto alle beatitudini e ci siamo ricordati a vicenda l’amore e il perdono di Dio. Un altro segno importante è stato quello di passarci la luce, sussurrandoci parole di sostegno all’orecchio. Ogni momento è stato vissuto in profondità, grazie anche alle stranezze di Padre Alex, che chiama Dio Papà, che si inventa le preghiere e ce le fa inventare, che ci fa cantare, ballare, alzare le mani al cielo e fare altri gesti bizzarri al momento di invocare la pace. Per aiutarci ad assumere degli impegni concreti di annuncio e costruzione di un Altro Mondo Possibile nella Galilea delle genti di oggi dopo cena abbiamo visto due documentari sul disastro ecologico mondiale e sul problema dei rifiuti in Campania. Ci sembrano problemi insormontabili, che vedono associarsi poteri contro i quali ci sentiamo piccoli ed impotenti. Ma Dio ha affidato il mondo a persone piccole ed impotenti ed un buon punto di partenza è senza dubbio informarsi ed informare.  

Domenica 27
Finalmente una sveglia (un pò più) umana! Alle sette si parte per una giornata di svago e riflessione al mare. Arrivati a Sant’Ilario, abbiamo innalzato, nell’ordine:
1) Un gazebo;
2) Un altro gazebo;
3) Lodi al papà! (quest’ultime chiaramente influenzate dallo spirito Africano e Latinoamericano e rallegrate dalla presenza delle signore di Natile).
Dopo la lettura di Mt 5,13-16 abbiamo materialmente rinnovato il nostro battesimo nella limpidissima acqua del mar Ionio. Ci siamo messi nell’acqua in cerchio e ciascuno ha dichiarato a cosa voleva morire e per cosa voleva vivere, benedetto successivamente dall’acqua che la persona al suo fianco gli versava sulla testa. Ovviamente, anche oggi è continuata la riflessione antimperialista di Alex, arricchita nella condivisione dai pensieri di ognuno di noi. Non ci siamo risparmiati nemmeno numerosi bagni di rito, corroborati dalle libere inflessioni vocali di Alex. Dopo pranzo, pulizia, riposo e incontro con gli autoctoni; alle 18 messa: come ci sembra strano ormai un prete che non va in giro a piedi nudi pontificando sulla munnezza! Dopo breve e intensa cena. In serata abbiamo organizzato e realizzato un momento di animazione con le persone del posto. Nonostante l’età media dei partecipanti, decisamente di sotto delle aspettative, che ci ha costretto a bruschi e radicali cambiamenti di programma, nonostante l’inesperienza in fatto di animazione a livello di gruppo e nonostante i problemi di comunicazione tra di noi e con la gente del posto, grazie all’allegria, alle tarantelle e all’improvvisazione è venuto fuori un seratone e siamo riusciti anche a scambiare due chiacchiere con i più grandi prima di andare a dormire, sfiniti.    

Lunedì 28
Caro diario, anche oggi il nostro cammino è proseguito, sebbene abbiamo perso per un po’ di giorni il nostro caro Padre Alex (causa irrinunciabile riunione dei Comboniani a Limone). Le cose però non sono cambiate: senza il suo “coraggioooooooo!” la sveglia è rimasta alle 5 e alle 6,15 eravamo di nuovo alle serre a strappare erbacce. Il clima non è stato dei migliori ma diamo tempo al tempo. Nel pomeriggio Padre Gaspare con il suo vocione profondo (microfono incorporato) ha spiegato una pagina del Vangelo tostissima, in cui Gesù dice ai discepoli di fondare il loro comportamento non sulla legge ma sulla persona, adottando il punto di vista di Dio che, da padre, ci rende tutti fratelli. La catechesi ed il deserto hanno suscitato reazioni diverse: si è parlato della difficoltà di perdonare, dell’indignazione per l’atteggiamento da farisei che ancora oggi ci caratterizza e dell’esperienza della misericordia di Dio. Tutte queste riflessioni, emerse nei gruppi allargati, sono state condivise durante la Messa, che è stata molto bella ed intensa, grazie soprattutto alla presenza della gente di Natile. C’erano donne, bambine e persino un ragazzo, che è rimasto a guardare da lontano. Evidentemente è servita l’animazione di ieri sera, forse le persone si sono sentite attratte dallo stile missionario. Il momento più bello di tutta la giornata è stata la testimonianza di Vincenzo Linarello, che ci ha permesso di capire la realtà delle cooperative e di collocare il nostro piccolo servizio di strappatori di erbacce all’interno di un grande progetto, una grande utopia, una comunità alternativa che lotta contro “o sistema”. Vincenzo ha spiegato con molta chiarezza come è cresciuta questa realtà dalle cooperative agricole, alle cooperative sociali, al consorzio Goel, alle Comunità Libere. Due idee importanti sono emerse in particolare: - la responsabilità che ogni Cristiano e soprattutto i laici dovrebbero sentire per il proprio territorio e da lì per il mondo; - l’idea di poter non solo resistere ma anche vincere, ovvero sconfiggere definitivamente la ‘ndrangheta. Vincenzo ci è sembrato fortemente convinto di questa possibilità/necessità e della via per realizzarla, inoltre ci ha mostrato tutta una serie di limiti interni alla ‘ndrangheta (ad esempio il fatto che il 90% della ricchezza è in mano al 10% di quelli che ne fanno parte) che rappresentano in sé dei buoni motivi per ribellarsi e rifiutarla.  

Martedì 29
Caro diario, siamo riusciti ad arrivare al sesto giorno di campo che si è aperto con una grande novità. Sono stati rimescolati, infatti, i due gruppi di lavoro. Così mentre alcuni hanno visto dissolversi l’illusione della conclusione di carriera come strappatori di erbacce, ad altri è toccato potare delle piantine di lamponi e more o meglio liberarle da una selva lussureggiante ricca di specie animali e vegetali, soprattutto ortiche. Comunque la vita dei campi ci fortifica e, lungi dal distoglierci dall’attività intellettual-spirituale, ci apre ad una comprensione più profonda della Parola di Dio. Nel Vangelo di oggi (mt 7,15-29) si parla, infatti, di piante che si riconoscono dai frutti ed erbacce che vengono tirate via e bruciate, tanto che qualcuno comincia a pensare che Gesù non fosse figlio di un falegname ma di un contadino. A fare la catechesi oggi è stata la mitica suor Tarcisia, che dopo aver dimostrato le sue doti in diversi campi e in particolar modo nell’arte di zompettare instancabilmente dalla cucina alla chiesa, dalle serre al Sisma, dai giornalisti alla gente del posto, si è fatta apprezzare anche in questa occasione. Per reggersi in piedi il discepolo di Gesù deve fondarsi su 4 pilastri: -i veri profeti si riconoscono dai frutti; - le parole non bastano, occorrono le opere; - bisogna costruire la propria vita sulla roccia, che è Gesù, il Suo amore, la Sua Parola che realizza quello che dice; - Gesù ci insegna a leggere la realtà con una coscienza nuova. Un’altra novità della giornata è stata la verifica in itinere che ha sostituito il momento di riflessione nei gruppi. Ciascuno ha detto come si sente, quali difficoltà sta vivendo e cosa lo sta aiutando. Dall’analisi generale è emerso che il campo sta andando bene e che persino gli aspetti più problematici, come la differenza di età, non incidono negativamente sulla bellezza dell’esperienza, anzi sembrano essere delle risorse. Alla sera il sonno ha prevalso su tutti noi, impedendoci di valorizzare anche il momento del documentario (abbiamo visto “i nuovi padroni del mondo”), inoltre avevamo invitato i bambini a restare con noi, senza tenere in considerazione che per la complessità dell’argomento trattato, non sarebbe stato adatto a loro. Nonostante questo sono riusciti a restare più svegli di noi!

Mercoledì 30
Terzultimo giorno di lavoro nelle serre! Il lavoro agricolo è andato abbastanza bene. Il gruppo che lavora da Saro ha individuato una nuova attività per alleviare la fatica: le imitazioni. In particolare hanno riscosso un certo successo di pubblico i dialoghi fra Domenico, interpretato da Federica, e Francesco Mittica, interpretato da Alberto. L’altro gruppo ha fatto grossi passi avanti, fino a quando, però, alla notizia dell’ampliamento dell’orario di lavoro, non si è sollevata una rivolta popolare contro il Polacchino, assunto a simbolo della crudeltà del potere padronale e si è levato uno spontaneo “el pueblo unido jamas serà vencido”, ben presto convertito in “Polacchino uno di noi”.  Insomma, la fatica ed il caldo di equatoriale memoria si fanno sentire, come del resto la mancanza di Alex. Tuttavia, a questa defezione corrispondono nuovi incontri: dopo la catechesi di Gaspare, incentrata su preghiera, elemosina e digiuno, a Messa si è fatto finalmente vedere un masculo! Inoltre si è verificato un evento che ha abbattuto tutti i nostri pregiudizi: le anziane matrone di nero vestite presenti hanno partecipato al gesto da noi proposto di lavarci a coppia e reciprocamente le mani ed il viso durante l’atto penitenziale, segno della richiesta di perdono non solo per ogni nostro peccato personale ma anche per il peccato sociale di cui siamo colpevoli e che spesso sottovalutiamo. E’ stato un momento intenso ed emozionante e si è vista sgorgare anche qualche lacrimuccia. Dopo cena, visita a Bosco San Luca ed incontro con Suor Carolina, che ci ha raccontato la sua esperienza al fianco di don Puglisi. Il sangue dei martiri è luce altri che intendono impegnarsi lungo lo stesso cammino, a prescindere dal luogo, ovunque lo Spirito decida di soffiare. Suor Carolina ha fondato anche una nuova Congregazione “del Buon Samaritano”, che ora è costituita da 3 sorelle, contribuendo a confermare il detto per cui “nemmeno il Padre Eterno sa quanti sono gli istituti femminili al mondo”.

Giovedì 31
Il mattino con il suo “buongiorno per tutto il giorno” è arrivato: solita routine per i giovani avventurieri un po’ stanchi, assonnati e timorosi, che sono riusciti a portare a termine anche per quest’oggi un duro lavoro, nonostante il malessere di Erika, subito sostituita dal baldo Bergamasco Paolo e il sole che ha cominciato a picchiare dalle 9.  A completare il quadro le solite canzoncine, le riflessioni tardo-esistenzialiste di Alberto e co. e soprattutto l’agenzia “Santa Maria Vergine Viaggi” che oggi, causa assenza di Padre Gaspare, ha cambiato autista: viaggia con noi Sister Tarcisia! Dopo la doccia “rinfrescante” si riparte con la preghiera mattutina. Oggi il tema del Vangelo (mt 6,19-34) è stato la centralità del Regno dei Cieli per chiunque voglia seguire Gesù. Il gruppo liturgia ci ha proposto di scrivere su dei foglietti qual è il nostro tesoro e cosa ci affanna, abbiamo poi riposto questi foglietti dentro una pentola, che rappresenta la comunità sorretta da tre pietre (preghiera, digiuno, elemosina). Naturalmente non è mancata la performance del fantastico coro della cappella siSTONA. La catechesi delle 4 è stata tenuta da suor Tarcisia che ha focalizzato l’attenzione sulla necessità di vivere una vita sobria godendo di ciò che ci è necessario giorno dopo giorno, perché la cosa più importante è cercare il Regno e la sua giustizia. La Messa ha coinciso con l’inizio del triduo della Madonna del Carmine, venerata a Natile. Tutta la comunità era stretta intorno a Gesù e soprattutto attorno a Padre Gaspare, che le vecchine guardavano con profonda ammirazione. La serata, in teoria libera, è trascorsa organizzando la veglia di sabato e l’animazione di domenica.

Venerdì 1
Ore 23,00. Questa mattina abbiamo potuto beneficiare di qualche minuto di sonno in più: difatti, il programma di oggi non prevedeva il solito lavoro nelle serre della coop “Sant’Orsola”, ma una visita al romitorio di Sant’Ilarione e al suo custode, il monaco Frederic. Il viaggio, che ci ha portato nello splendido eremo nell’interno di Roccella Ionica, è durato, Gaspare e Tarcisia alla guida, poco più di un’ora. Frederic ha cinquant’anni, ma ne dimostra almeno 10 in meno. La sua testimonianza sfata l’idea dell’eremita isolato dal mondo: la stessa vita di Frederic, francese di nascita, cosmopolita e calabrese per vocazione, è una serie interminabile di esperienze mistiche, sociali, culturali, a partire dall’incontro con la comunità di Taizè, passando attraverso il servizio sociale in Francia con gli handicappati mentali, un’esperienza in Brasile, lo studio in Belgio con i gesuiti. La catechesi sul testo di Matteo è stata intensa e sapiente, dopodiché deserto e digiuno, spezzato solo da una fetta di pane o anguria, detta altrimenti “citrone rosso”. Dopo la meditazione personale, una mezzora di condivisione in coppie e a seguire la messa nella suggestiva cappella del romitorio. Ciascuno è stato invitato a simboleggiare, tramite due piccoli oggetti da presentare all’altare, il proprio stato d’animo all’arrivo a Natile e ora, agli sgoccioli di questo campo di rEsistenza. Il segno certamente più apprezzato è stato quello di Paolo: due fogli di carta orrendamente scribacchiati e accartocciati dallo stesso autore, in polemica con l’abuso di segni a suo dire presente nelle liturgie. Dopo il ritorno, caratterizzato da attività canore prossime all’inquinamento acustico, cena rinfrancante. A seguire, partita di calcetto campisti vs non-campisti. Inizialmente i campisti sprofondavano sotto di due goal, ma l’innesto in campo di Alberto (conflitto di interessi) ha portato i nostri al trionfo: 7-5! A questo punto è scattata una rissa gratuita seguita da sporadici tentativi di incendio doloso e lancio di sanpietrini al bentornato Alex. Placate le fiamme e gli animi ci apprestiamo a goderci il meritato, per quanto breve, riposo.

Sabato 2
Caro diario, armai siamo giunti quasi alla fine del campo. Questa mattina per l’ultima volta siamo andati a lavorare nelle serre. Il gruppo di Francesco Mittica ha fatto lo slalom finale, provocando gli occhi lucidi al padrone. L’altro gruppo, invece, ha gettato definitivamente la spugna, dedicandosi alla realizzazione di 45 sacchettini contenenti terra, che poi non sono stati utilizzati. Intanto abbiamo recuperato dei nuovi compagni di viaggio: Marcello (un ragazzo che, causa un incidente dell’ultima ora, non ha potuto partecipare al campo) e la sua famiglia, Andrea (che era stato al campo di Natile l’anno scorso) e un cagnolino, accudito amorevolmente da Daniela e co. Alle 12 abbiamo ricevuto la visita del vescovo Morrosini che ci ha rivolto alcune parole. Davanti a noi si è impegnato a sostenere la crescita spirituale ed umana della popolazione della Locride, promettendo, però, di non citare mai la ‘ndrangheta per non annoiare la gente, già stufa. Probabilmente ognuno di noi, nel profondo del suo cuore, ha pensato che la Calabria ha perso un grande carisma, quello del Vescovo Bregantini, che rimarrà insostituibile. Per fortuna ci siamo ripresi nel pomeriggio con la catechesi di Padre Alex sulla metodologia di non violenza attiva ideata da Gesù e fondata sulla riaffermazione della propria dignità da parte degli oppressi, sulla messa in discussione dei rapporti di potere e su una prospettiva di liberazione e cambiamento che coinvolge anche gli oppressori. Insomma una catechesi alla Padre Alex, che capovolge totalmente la lettura ingenua ed innocua della Paola di Dio, cui siamo abituati. La sera abbiamo vissuto insieme alla comunità di Natile il momento della veglia, centrata sulla terra sacra e santa, su cui abbiamo camminato e rispetto alla quale abbiamo assunto il nostro impegno. Ci sono stati anche fraintendimenti ed incomprensioni, che, per certi versi, aumentano le nostre preoccupazioni per questa realtà, ma vogliamo essere come Geremia che, persino nell’ora più buia e disperata, sulla Parola di Dio scommette sulla terra.

Domenica 3
La sveglia mattutina quest’oggi è stata motivata non dal lavoro nelle serre ma dall’ultimo saluto prima della partenza a Padre Gaspare ed Erika. Il gruppo dei nostri giovani avventurieri perde due componenti centrali e prende coscienza che il campo volge al termine, nonostante questo si appresta a godersi appieno l’ultima giornata. A cominciare dalla mattina, trascorsa in mezzo ai pini di Zerbò. Da segnalarsi in particolare - il momento di verifica, che ha confermato, a parte disquisizioni varie sugli aspetti tecnici, quanto rilevato anche nella verifica in itinere: il campo è andato bene e anche la differenza di età è stata vissuta come una risorsa reciprocamente arricchente; - i tentativi di assalto a Padre Alex, miserabilmente falliti, nonostante la numerosità degli avversari e l’età avanzata dello stesso, grazie alla sua arma segreta: il tiro del codino, che immobilizza i nemici; - i baldi giovani, per lo più Sloveni e Napoletani, che trascorrono le loro vacanze nella comunità vicina e che hanno
di tanto in tanto, involontariamente e silenziosamente interrotto le nostre meditazioni. Il testo del Vangelo su cui abbiamo riflettuto è stato il brano di Emmaus di Luca. Anche in questa occasione abbiamo ricevuto mistiche rivelazioni che hanno scosso, se non proprio abbattuto, tutto quanto finora sapevamo sulla fede, in particolare relativamente alla morte di Gesù, che ci è stata presentata come l’assassinio storico di un sovversivo do sistema anziché come un sacrificio astorico di un giusto per placare l’ira di Dio. Questo brano accompagnerà anche la Carovana di settembre. Gim e Carovana sono gli appuntamenti lanciati per il prossimo futuro, segno che i Comboniani e soprattutto il Dio che si è fatto missione non ci mollano. La Messa del pomeriggio era la Messa della Madonna del Carmine, venerata a Natile. Nonostante il ritorno precoce allo stile sciapo delle abituali celebrazioni eucaristiche abbiamo dato il nostro contributo in termini di danze e urla di esultanza e alla fine Alberto e Pietro hanno letto alla comunità la nostra lettera di arrivederci. La sera non siamo riusciti a fare il previsto momento di animazione a causa della processione, dei fuochi d’artificio e della presentazione di un libro su Natile, che, tra l’altro, ci ha tenuto impegnato il nostro Padre Alex, che, con la scusa è riuscito a dire due parole sul problema dei rifiuti in Campania e in Calabria. Purtroppo è morto anche il nostro cagnolino… per il resto molti di noi hanno iniziato a dare segni di cedimento, accasciandosi per dormire un po’ qua un po’ là.
Anche se non abbiamo potuto fare la festa conclusiva ci è sembrato opportuno dichiarare qui di seguito brevemente i vincitori dei premi che avevamo predisposto (giuria Federica e Mariateresa):
Premio “maglietta glamour” vincitore Padre Alex;
Premio “il dormiente” vincitrice Erika;
Premio “voce tonante” vincitore Padre Gaspare;
Premio “miglior lavoratore” vincitore Alberto;
Premio “gesto più eterodosso” vincitore Paolo;
Premio “voce radio più sensuale” vincitore Alberto;
Premio “calata più bella” vincitrice Rita;
Premio “voce più fastidiosa” vincitore Gaetano;
Premio “accento di tendenza” vincitore Domenico;
Premio “maggiore quantità di Km al secondo” vincitrice Suor Tarcisia;
Premio “animatrice del campo” vincitrice Federica;
Premio “amica degli animali” vincitrice Daniela;
Premio “nome più citato del campo” vincitore il Polacchino;
Premio “penna scrivana” vincitrice Mariateresa (autoconferito);
Premio “attrattiva principale per la gente del posto” vincitrice Lissy;
Premio “dialetto dal potenziale integrante” vincitrice Francesca.

Lunedì 4
Il campo è proprio finito e siamo pieni di stanchezza e di domande. Riusciremo a declinare nel quotidiano quanto abbiamo vissuto in questi intensissimi 10 giorni?Come? Il cammino è solo all’inizio! Per trasmetterci l’ultima sana dose di speranza abbiamo pregato insieme prima dei saluti. A turno ciascuno di noi ha scelto una pietruzza bianca segnata con un nome, da un cestino in cui erano state precedentemente riposte. L’impegno è quello di pregare per la persona che ci è capitata tra le mani e il riferimento è al versetto 17 del capitolo 2 dell’Apocalisse “al vittorioso farò mangiare la manna nascosta e gli darò una pietruzza bianca, sulla quale c’è scritto un nome nuovo, che nessuno conosce se non chi lo riceve”. La degna conclusione di questo campo è “coraggioooooooooooooooooooooo!”.

 


“LA SPERANZA NON DELUDE”

In un mondo in cui il primo comandamento rivolto ai giovani è il Divertimento, ovvero il disimpegno, il volgersi altrove, il distogliersi da qualcosa per dedicarsi a qualcos’altro (ai nuovi idoli della mobilità, della superficialità, della bellezza, del successo professionale…) che significa per un gruppetto di giovani e giovanissimi provenienti da tutta Italia scegliere di vivere un campo di lavoro? Trascorrere dieci giorni delle tanto rivendicate vacanze estive, magari iniziate da poco, in un paesino sperduto della Calabria, Natile, focolaio storico della criminalità organizzata; alzarsi alle 5 del mattino, lavorare nelle serre di un lavoro mai sperimentato per circa 4 ore al giorno e pregare, soffermarsi, riflettere per altrettante e tutto questo senza acqua calda, senza letti e soprattutto senza mai usare neanche una volta dei soldi? Non parlo di eroismo (che non può essere associato a momenti di impegno circoscritti) ma per lo meno di illogicità, assurdità, contraddittorietà rispetto ai parametri (gli idoli) dominanti. Questo in sé è un segno di speranza: come se nel nostro vecchio mondo che si dirige dritto dritto verso l’autodistruzione ci fossero delle piccole forze, non violente e ribelli, che spingono nella direzione contraria. Ma la speranza in questi giorni ci si è rivelata in molti altri modi, come abbiamo voluto sottolineare durante la veglia conclusiva del nostro campo. Si è manifestata nell’accoglienza della gente di Natile: le famiglie e gli amici che giorno dopo giorno ci hanno fatto sperimentare la Provvidenza, le ragazze e di ragazzi che abbiamo conosciuto e con i quali, nonostante differenze e divergenze, siamo riusciti a stabilire rapporti di amicizia. La speranza si è declinata soprattutto al femminile attraverso le donne, che hanno cucinato per noi, che ci sono rimaste al fianco come presenza costante e generosa, che sono state per noi segno di forza, determinazione e instancabile disponibilità. Si è manifestata in modo speciale nei testimoni che abbiamo incontrato: suor Carolina, la cui vita è stata profondamente segnata da don Pino Puglisi, affianco al quale è stata impegnata al Brancaccio. Dal suo martirio è nata la volontà di continuare a percorrere lo stesso cammino, aprendo un centro educativo per bambini e per giovani nella Locride e fondando la congregazione del Buon Samaritano. Frederic, un eremita sui generis, la cui storia è stata per noi soprattutto espressione dell’azione incessante dello Spirito, che continuamente ci chiama, ci sveglia, ci mobilita. Vincenzo Linarello, che ci ha raccontato come sono nate le cooperative, nelle quali lavoravamo, e come è cresciuto il sogno di creare realtà lavorative che, venendo incontro ai bisogni primari della gente, spezzassero la sudditanza rispetto alla ‘ndrangheta. La cosa che ci ha colpito di più in lui è stata la fiducia, nonostante le difficoltà e gli ostacoli incontrati anche a causa del trasferimento del Vescovo Bregantini, di poter realmente vincere, ovvero sconfiggere definitivamente i poteri mafiosi. Ma la speranza ci si è rivelata soprattutto dalla lettura e dalla meditazione della Parola di Dio. Grazie alle catechesi, al deserto quotidiano e ai momenti di condivisione abbiamo riscoperto il volto di un Gesù come Dio dei poveri, o meglio degli impoveriti del suo tempo e di oggi, che annuncia loro un Altro Mondo, totalmente antitetico all’impero, il Regno dei Cieli, che non solo è possibile ma che è vicino. E se questo Dio-papà si rivela agli schiacciati della terra come un Dio liberatore che mette in discussione i rapporti di potere e che incarna una prassi di liberazione non violenta, che rifiuta di rispondere al male con il male e che include anche gli oppressori e i nemici, con che volto si rivela a noi? Così il campo che si era aperto con degli interrogativi si conclude con altri interrogativi più profondi e radicali: come dirsi Cristiani oggi se si fa parte di quell’11% della popolazione mondiale che causa la povertà del restante 89%? Come conciliare il comandamento a non accumulare con il nostro stile di vita? Come ribellarsi al sistema di cui facciamo parte? Come sciogliere la tensione tra utopia e realtà? Occorrono azioni concrete e creative, sembra difficile. La Speranza è il sapersi Comunità e sapere che su questa comunità Dio ha dato la Sua Parola.

 


Cosenza
5-16 Agosto 2008
“Dall’arca all’arcobaleno”

Esperienza di lavoro con la comunità dell’Arca  per camminare e lavorare insieme alla luce della Parola.

Vi proponiamo due delle catechesi proposte al campo:

 Carolei, tre chilometri da Cosenza.
Da quindici anni, forse più, “le serre” erano completamente abbandonate.
Un vecchio progetto dell’AIAS (Associazione Assistenza Spastici), a cavallo tra anni cinquanta e sessanta, aveva trasformato quei terreni in un utopico e precorritore cantiere di “filiera corta” con coltivazione e trasformazione, attraverso un pastificio, dei prodotti della terra ed impiego per i ragazzi disabili.
Ma forse i tempi non erano maturi e, quando la regione Calabria all’inizio degli anni settanta, aveva rilevato l’area, già in crisi, aveva semplicemente assunto gli operatori destinandoli ad altri incarichi, chiudendo tutto.
E così, da delle rovine e da una terra abbandonata, una decina di anni fa è iniziato il sogno di Alessandro e Gabriella, e di Gianfranco, Antonella, Consuelo, Carmine, Padre Pino, Sergio, Benedetta, Adam… i nomi potrebbero continuare, molto a lungo.
L’Associazione Arcadinoè nasce negli anni ottanta nei vicoli degradati di Cosenza vecchia, il quartiere popolare del centro storico dove, all’epoca, più di un bambino su due non terminava la scuola dell’obbligo. Continua in queste serre, gradualmente strappate al degrado, dove una quarantina di ragazzi e ragazze con problemi fisici e psichici pratica agricoltura sociale, svolge laboratori di alfabetizzazione, teatro, piccoli oggetti. C’è anche una biblioteca condivisa in cui i libri vengono salvati dal macero e messi in comune.
L’Arca è molto più di un associazione è una comunità vera, resistente, consolidata e, al tempo stesso aperta, un esempio splendido di autorganizzazione della società civile in una terra difficile (i contatti con le istituzioni sono molto flebili), di ispirazione cristiana e utopia collettiva, condivisa e concreta.
In questo contesto, lo scorso agosto, si è svolto il campo di lavoro, organizzato da missionari e missionarie comboniani, intitolato: “Dall’Arca all’Arcobaleno”.
I ragazzi che vi hanno partecipato hanno condiviso, insieme ai missionari e agli operatori e ragazzi dell’Arca, il duro lavoro nelle serre ed hanno realizzato anche un percorso di riflessione biblica, insieme a Padre Alex Zanotelli, seguendo i segni del Vangelo di Giovanni.
Un Vangelo profondo, ma allo stesso tempo difficile, in cui è importante sottrarsi al rischio di vedervi una presentazione di Gesù sottratta alle vicende, tranquilla, estranea ai problemi del tempo. I segni del Vangelo lo dimostrano, pensiamo, ad esempio, alla” guarigione di un infermo alla piscina” (Gv, 5,1-18) o alla “guarigione del cieco nato (“Gv, 9,1-41). Gesù guarisce i più deboli, senza neppure l’acqua, di propria iniziativa, Gesù guarisce di sabato, da vita e libertà di sabato, rompe l’ordine costituito, si sottrae alle sovrastrutture e riavvicina alla dimensione divina.
E così la moltiplicazione dei pani (Gv, 6, 1-15) diviene in realtà una condivisione, che prelude all’affermazione più importante: “io sono pane di vita”.
Riflessioni, infine quelle di Giovanni e delle comunità giovannee che si sviluppano attraverso la testimonianza di piccoli gruppi in rete all’interno del grande impero romano.
Nel corso del campo si sono svolti  incontri di informazione sulla realtà del luogo, in particolare sulla questione dello smaltimento dei rifiuti e delle gestione dell’acqua come bene primario e comune, attraverso percorsi di sostenibilità etica ed ambientale.
E così assume un significato profondo il gesto notturno della veglia, alla fine del campo.
Una rete che i ragazzi del campo e dell’Arca, i missionari, gli amici incontrati nel corso della permanenza in Calabria hanno costruito nodo per nodo, attraverso un’assunzione personale e collettiva di co-responsabilità. Una rete che ha l’ambizione di non spezzarsi anche quando le distanze si fanno più grandi, i campi finiscono ed i cuori, che si sono scaldati attraverso il “lavoro della fede”, devono sapersi incontrare e sostenere anche da lontano.
Francesco Lauria

 

 



Campo itinerante
14-25 Agosto 2008
Da Montesole (BO) a Bozzolo (MN)

"MEMORIA, RESISTENZA, IMPEGNO"

 Sulle orme di don Giuseppe Dossetti e don Primo Mazzolari. Testimoni di pace e di spiritualità della partecipazione.


 

Data

Titolo

Testo di riferimento

momenti formativi

Modalità

giovedì

14/08

Montesole

“Erano in cammino e conversavano di tutto quello che era accaduto …”

Lc. 24,13-35. [spt., vv. 13-14]

“ … Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto.”

ore 19:00: Preghiera al cimitero nel pomeriggio, sulla tomba di Dossetti e sul luogo del massacro.

Lettura di tutto il testo di Emmaus (Lc 2,13-53); inizia il cammino da un luogo di morte, che non è solo dolore, è soprattutto grido, incitamento: le vittime ci impongono di marciare.

Approfondimento sulla spiritualità del cammino.

 

Venerdì

15/08

Festa dell’

Assunta

Montesole

Assunti per il Regno .. a tempo indeterminato!

vv. 15-17: “…Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: “Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino? ”

ore 7:00 Lodi; testo della preghiera nel sussidio.

Gesù cammina con noi. I nostri occhi – della mente, del cuore, .. - sono incapaci di riconoscerlo, perché lui parla da qui attraverso un dolore che non abbiamo conosciuto e di cui tendiamo a sentirci estranei; Shemà: ASCOLTA! Diventiamo contempl-attivi.

ore 20:00 Veglia all’oratorio di Cerpiano, sul tema contemplazione e politica (Dossetti)

Sabato

16/08

Verso

Monteveglio

“Tu solo sei così straniero …?”

vv. 17b – 18: “ …Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: “Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni? ”

ore 7:00 Lodi; testo della preghiera nel sussidio.

Primo giorno di cammino. Non camminiamo da soli. Lo Spirito ci mette in collegamento con tutti i “camminanti”; in particolare gli “stranieri” che camminano, i migranti, i profughi, i pellegrini. Camminiamo con loro.

Riusciamo a capire cosa ci accade “in questi giorni?”

ore 11:30, Eucaristia a Ca’ Bortolani

Domenica

17/08

verso Castelnuovo

Rangone

“ …Affermano che egli è VIVO!”

vv. 19-24 “…Domandò: “Che cosa?”. Gli risposero: “Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo….”.

e 8:00 Lodi; testo della preghiera nel sussidio.

La domenica è centrata sull’Eucaristia; la Parola di Emmaus ci racconta la morte e la resurrezione di Gesù, nello stupore generale: “E’ vivo!”, e nell’Eucarestia lo riconosciamo vivo, nella nostra carne, nel nostro sangue…

ore 9:00 Eucaristia a Oliveto con i Monaci

ore 10:30 incontro biblico con fr.Giovanni Maria sullo “Shemà..”

Lunedì

18/08

Fossoli

“Non bisognava che Cristo sopportasse queste sofferenze?”

vv. 25-27: “ … Ed egli disse loro: “Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? ”. E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.”

ore 7:00 Lodi; testo della preghiera nel sussidio.

Sciocchi e tardi di cuore: Dio ha sofferto nei lager di tutto il mondo, e continua a soffrire tutt’ora. Bisognava che Cristo soffrisse, non perché Dio l’avesse imposto, ma perché la furia cieca della nostra gestione criminale del mondo lo ha imposto

ore 21:00 Veglia (Dossetti e la Resistenza)

Martedì

19/08

verso

Gavasseto

“Entrò, per rimanere con loro”

vv. 28-29: “Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: “Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino”. Egli entrò per rimanere con loro.”

ore 7:30 Lodi; testo della preghiera nel sussidio

Siamo in cammino; prossima meta, Gavasseto, dove ci aspetta una comunità e ci metteremo in ascolto di alcune donne partigiane; questa sera rimarremo un po’ con loro, con la loro storia, con la loro speranza.

Mercoledì

20/08

verso

Castelnuovo

Sotto

“Spezzò il pane”

vv. 30-31: “… Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista.”

ore 7:30: Lodi; testo della preghiera nel sussidio

La Parola ai poveri: cominciamo a conoscere don Mazzolari, e con lui ridiamo la Parola ai Poveri e ridiamo il loro valore profetico alla semplicità dei gesti

Giovedì

21/08

verso

Molino delle Asse

(Parma)

“Non ci ardeva forse il cuore nel petto?”

v. 32: “ …Ed essi si dissero l’un l’altro: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture? ”

ore 7:30: Lodi; testo della preghiera nel sussidio

Don Primo, uomo “Inchiodato” alla Parola, voce scomoda perché è scomodo il vangelo, uomo vicino ai “lontani” perché “avvinto dallo Spirito” di Gesù di Nazaret. Come tacere quando il cuore ARDE?

Venerdì

22/08

Molino

delle Asse

“Partirono senza indugio”

v. 33-34: “ … E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone”.

7:30 lodi

8:00 – 12:00 DESERTO

Abbiamo una mattinata di silenzio, per fare sintesi del cammino, per capire questo “partire senz’indugio”: verso dove? Con che forza? Con CHI?

Qual è la mia Gerusalemme dalla quale stavo scappando?

ore 19:00 Eucarestia

Sabato

23/08

verso

Casalmaggiore (Mn)

“Riferirono come l’avevano riconosciuto”

v. 35 “ …Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.”

ore 7:30: Lodi; testo della preghiera nel sussidio

Come noi abbiamo riconosciuto Gesù che camminava con noi? Abbiamo dei volti, degli incontri, delle parole che vogliamo valorizzare in questo itinerario?

ore18:30: Eucaristia

ore 21:00: VEGLIA, Don Primo e la non violenza

Domenica

24/08

verso

Bozzolo (Mn)

EMMAUS

Tutto il testo,  per intero

ore 7:30: Lodi; testo della preghiera nel sussidio

 

ore18:30: Eucaristia

Messa della Terra Senza mali (?)

Lunedì

25/08

Bozzolo (Mn)

“Insieme all’uomo dell’argine,

per diventare uomini e donne ai margini”

ore 8:00, Lodi; testo della preghiera nel sussidio

 

ore 10, Conclusione, Revisione, proposte


Sussidio del campo:
MEMORIA - RESISTENZA- IMPEGNO
(testo completo)

 
Mons. Bettazzi, testimone
al campo itinerante

 PERIFERIE DELLE CITTA'

Firenze, le Piagge
26 Luglio - 06 Agosto 2008
Laboratorio di vita e di speranza

 Campo di lavoro e condivisione, all’incontro della periferia della città, in ascolto dei testimoni, nel servizio e nella condivisione.

 HO UN PO’ PERSO IL SENSO DEI GIORNI…

Siamo nella pausa del dopo pranzo e volevo sfruttare questi 10 minuti liberi per scrivere un po’ di quello che sto pensando e provando in questi giorni, ma è davvero un casino!
Ho scoperto un sacco di cose nuove e di punti di vista diversi … ma davvero un sacco di cose troppo belle! Ho scoperto che dentro a una lavatrice ci stanno un mondo di metalli e di cose diverse, con valori diversi (anche se faccio ancora confusione tra acciaio e alluminio), ho scoperto che una ridicola squadra di 5 donne e un Kostel possono sollevare una tonnellata di ferro, ho scoperto che ci si può sedere in cerchio con persone mai viste prima e raccontare le proprie idee e i propri dubbi senza nessuna “paura”, ho scoperto che si può stare in silenzio con le parole sospese per i 2 minuti in cui gli aerei ci passano sopra la testa, e tutti guardarsi negli occhi e sorridere come dire “pota, siamo tutti qua, guarda che livello!”. Ho scoperto che si può pregare insieme anche se non si è sicuri di credere nello stesso Dio, ho scoperto che si può essere preti senza le “formalità della chiesa” che mi danno tanto fastidio, ho scoperto che dentro storie di dolore, sensi di colpa, sofferenze e crisi nasce una forza, un’energia, una voglia di vivere che ti porta a comportarti in un modo splendido, ho scoperto che davvero si può scegliere di vivere “poveri” e soprattutto in comunità, cercando continuamente il confronto, la condivisione accettando tutti come sono e imparando a conoscersi nel conoscere gli altri, i tuoi vicini di casa, ho imparato anche un po’ a lasciarmi accogliere, a lasciare che chi vuol dare mi dia … è strano ma io credevo di essere di peso alle famiglie che ci avrebbero ospitato, e invece mi sono accorta che anche l’accettare il dono dell’altro non è facile ed è bello.
Sono rimasta molto molto stupita dal modo di vivere (volevo scrivere ‘interpretare’, ma non era abbastanza) il Vangelo e la Bibbia. Perché non credevo davvero che potesse avere questa bellezza, questa “semplicità devastante”.
Mi stanno girando intesta un sacco di pensieri, di progetti ed anche un po’ di punti di domanda, ma più di tutti mi è rimasta in testa una frase che ha detto Daniele (non so bene quando…): ogni punto di vista è la vista di un punto”: io credo di aver trovato un sacco di piccoli punti, di “frammenti” in tutti voi e in tutti i volti e le storie che ho incontrato in questi pochi giorni; non so bene se esista un dio o come sia, ma mi sembra davvero che sia come “spezzettato” in tute queste cose …
Mary
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Eccomi qua, ultimo giorno di campo a cercare le parole più adatte per raccontare questa bellissima esperienza: ma questa volta è diverso, la sensazione di benessere che mi attraversa tutto il corpo è tropo profonda, lo stupore per le cose fatte e viste è indescrivibile, l’incontro con la gente del posto è a volte perfino spiazzante. Ma ciò che più mi è piaciuto è che tutto questo no è stato immediato, ma aumentava mano a mano che apprezzavo, con maggiore semplicità e umiltà, tutto ciò che si presentava come una proposta, anche la più (apparentemente) insignificante; vivere racchiude infatti tutti i valori umani, ma per me la vita assume il significato di non dare nulla per scontato, perché solo questo ci permette di aprire gli occhi e di cancellare tutti quegli stereotipi che, per pigrizia o manipolazione, si avvinghiano nella mia testa.
Per questo il ritorno a casa, nel ritmo frenetico della vita quotidiana, sarà difficile, perché non dipende solo da me: infatti Thiene non sono le Piagge, ma soprattutto non si ha una minima idea di cosa siano le Piagge: se mi dovesse capitare l’occasione molto probabilmente direi “le Piagge siamo noi, quell’extra-mondo di Blade Runner che ci abita dentro e che vogliamo a tutti i costi allontanare e non esserne contaminati perché (e questo devo dirlo anche se un po’ mi cosa) molte volte ci accontentiamo di ciò che ci viene costruito attorno e non ci preoccupiamo minimamente se le mura e fondamenta, non dico siano buone, ma per lo meno ci siano”.
Devo quindi ringraziare Dio di avermi dato la possibilità di guardarmi dentro e farmi capire che il miracolo, cambiamento, sommovimento di cuore, spirito di vita parte da noi e non è qualcosa che il mondo esterno è in grado di darci.
È proprio per ciò che ho detto, non ho questo desiderio immane di ritornare qui alle Piagge, ma piuttosto ho il desiderio di scoprire tutte le Piagge che abitano sotto casa mia.
Grazie di cuore a tutti, senza di voi sarebbe stata più dura!

Carlos

Lettera alla comunità delle Piagge

a conclusione del campo con la Famiglia Comboniana

Cari amici delle Piagge,
Ognuno di noi è arrivato qui con il suo bagaglio di vissuti e di aspettative, lo zaino pronto, ma con uno spazio vuoto, da riempire: volti, colori, profumi, storie, idee, pensieri, intuizioni da cogliere e occasioni per scoprire il volto di Dio.
Vogliamo esprimervi il nostro grazie per l’accoglienza che ci avete manifestato fin da subito.
Ci siamo accorti del vero significato di questa parola, che qui abbiamo vissuto come condivisione della vostra quotidianità e del vostro modo di essere. Il vostro essere spontanei ci ha fatti sentire parte di voi. Nella vostra comunità, non si riveste un ruolo o una classe sociale, ma semplicemente si è se stessi, e ciò, oggi è disarmante e profetico.
Cos’è per noi le Piagge, alla fine di questo campo?
Le Piagge non è una periferia di Firenze, le Piagge è la gente che la vive. Le Piagge è don Alessandro, dolce, misterioso, intelligente, libero. Le Piagge è Gianna, forte, attiva, viva, le Piagge è Elisabetta, sensibile e forte, occhi che ridono e sorriso che ti parla. Le Piagge è Kostel, le Piagge è Tiziana, le Piagge è Sonia, è Maria, pacata, timida, ospitale, sempre disponibile. Le Piagge è Riccardo, un uomo con la semplicità e gli slanci di un bambino, lo sguardo pulito e le mani tese. Le Piagge siete voi, che avete aperto le vostre case per noi, voi bambini che ci avete regalato soprannomi e abbracci, … Le Piagge è sempre un posto in più a tavola: si sta stretti ma non importa, nella condivisione del pane, ce n’è sempre per tutti!
Le Piagge in questi giorni siamo stati anche noi: ci siamo integrati, abbiamo cercato di entrare come meglio potevamo in questa realtà.
Le Piagge per noi sono stati anche spazi di silenzio e confronto con la Parola, di condivisione vissuta con rispetto reciproco e semplicità. Abbiamo scoperto che si può pregare insieme anche se non si è sicuri di credere nello stesso Dio, che ci si può sedere in cerchio con persone mai viste prima per raccontar le proprie idee e i propri dubbi senza nessuna paura.
Grazie perchè con voi abbiamo visto che è possibile ricercare attivamente quel Regno di Dio che è anche il poter divenire ciò che si è veramente, come singoli e come comunità.  Abbiamo scoperto che dentro storie di dolore, sensi di colpa, sofferenze e crisi, nasce una forza, una energia, una voglia di vivere che porta a risorgere come persone splendide.
Grazie per averci fatto vedere un’alternativa che è un cammino di essenzialità in cui la donna e l’uomo possono rivestirsi di uno nuova dimensione umana, capace di riscattare la loro dignità.
Grazie perché mettendo al centro la persona e valorizzandola nella sua totalità testimoniate che è davvero possibile cambiare le regole del gioco, realizzando un  profondo cammino di comunione.
Pur nelle difficoltà e nelle contraddizioni inevitabili di ogni cammino, ci avete dimostrato che si può essere chiesa altra, forte segno di speranza e discontinuità rispetto ad una società omologata  e ad una chiesa spesso chiusa e istituzionalizzata. La convivialità delle differenze che si vive qui ci apre il cuore, ci permette di essere noi stessi, liberi da pregiudizi e giudizi, la semplicità vissuta ci abbraccia e accompagna dalla mattina alla sera, la stanchezza si sente ma non ci paralizza, ci forgia, ci tempra.
E’ possibile scegliere di vivere “poveri” (ci marcano dentro i pilastri del vostro fondo etico: “chi ha, ha per dare”, e “dal denaro non si genera altro denaro”) e soprattutto in comunità, cercando continuamente il confronto, la condivisione ,accettando tutti come sono, e imparando a conoscersi nel conoscere gli altri.
Grazie per averci dato l’occasione di stare con voi, per aver toccato con mano cosa siano delle relazioni basate sulla reciprocità, in cui non ci siamo mai sentiti alunni, ma compagni di vita, seppur per breve tempo.
In questo modo, attraverso la vostra spontanea quotidianità, fatta di lavoro, di ascolto e di relazioni;
ci avete trasmesso dei valori di cui facciamo tesoro e che saranno preziosi quando torneremo alla nostra realtà.
Il nostro tempo del campo alle Piagge è finito e volevamo salutarci con un augurio che come ogni cosa, qui, è segnato dalla reciprocità.
Un augurio di continuare a generare qualcosa di buono per tutti, a partire da quello che ha ognuno con la propria storia: la nostra rabbia, la nostra gioia, la nostra vita.
I bisogni di ognuno, vostri e nostri, possono diventare pani e pesci per tutti, se continueremo a rispondere alle provocazioni della realtà.
Noi come voi non dobbiamo perdere di vista l’importanza di coinvolgere sempre più persone per mantenere questo impegno.
Non volgiamo dimenticare questa esperienza perché abbiamo capito che la vita va vissuta sempre e adesso, con “inquietudine, sogni agitati … e sete di futuro”.

I giovani del campo

Le Piagge, Firenze
03 agosto 2008
 

 

Materiali utilizzati nel campo:

 


Roma
10-21 Agosto 2008

“Servire condividendo”

Esperienza di servizio nelle mense Caritas di Roma per condividere non solo un pasto ma la gioia e la speranza di intessere nuove relazioni.

Sede: Suore Missionarie Comboniane
Via Tito Livio, 26 Roma
..Siamo arrivati da mille strade diverse,
in mille modi diversi
in mille momenti diversi...
Il pulmino finalmente si ferma davanti al cancello. Arrivati!
Alla casa delle suore comboniane siamo quasi i primi, solo Andrea è arrivato prima di noi… preceduto da  Sr. Tarcisia e P. Manuel che con sr. Luigina e le sorelle della comunità hanno pensato alla preparazione della casa e dell’ambiente.
L’accoglienza è calda e ci fanno sentir fin da subito in una grande famiglia.
Man mano arrivano anche gli altri da Bologna, Padova, Napoli... è un miscuglio di parole, di saluti, abbracci e anche un po’ di sudore. Arrivati quasi tutti cominciamo con le presentazioni ufficiali e con le domande: cosa ti ha spinto a venire al campo, cosa ti aspetti e a cosa rinunci. In molti hanno rinunciato alle vacanze, a riposarsi e la maggior parte si aspetta di mettersi in gioco nel servizio agli altri, un po’ di silenzio, un po’ di riflessione, di raccoglimento. Il gruppo comincia a formarsi fin dal primo momento come l’ impasto per una buona torta. Di sera ci viene presentata un po’ la casa, gli orari, l’attività. Si preannuncia un campo intenso. Speriamo sia veramente così!!  Buona fortuna!


Lunedì  11 agosto 2008

Eccoci qui al nostro primo giorno effettivo del campo di lavoro “Servire… Condividendo”.
Stamattina abbiamo cominciato a prestare servizio presso le mense Caritas di Roma e Ostia, dove da anni la famiglia comboniana assicura la sua presenza con un gruppo di giovani gimmini o altri… per servire e condividere. Alla fine non ci sia abitua mai alla povertà, all’emarginazione, all’ingiustizia, alla mancanza di amore.
Quattrocentotrenta (430) persone sono giunte alla mensa di Colle Oppio in cerca di un piatto caldo che, come dicono loro, “non è un gran che però, a questo prezzo …”.
Quante persone, quante vite in rappresentanza di tante altre, eppure non posso parlare di visi. Ci addolora il fatto di non esserci soffermati molto a guardarli negli occhi. Da un lato non volevamo farli sentire osservati e magari giudicati, dall’altro forse siamo stati distratti dal nostro attivismo.
Cosa abbiamo dato a queste persone? Solo accoglienza formale e acqua e neanche quella indispensabile, quella della vita.
Domani è un altro giorno e speriamo di poter trasmettere più amore, perché speriamo di amare di più. Chissà se ci riusciremo. Forse è un problema di organizzazione: una struttura così grande porta inevitabilmente ad una dimenticanza dell’uomo. Non di solo pane vive l’uomo … non di solo pane … eppure ingozziamo queste persone come se fossero animali da allevamento e poi dopo aver messo la nostra comoda coscienza a posto, li sbattiamo fuori.
Ma queste persone cosa fanno tutto il resto della giornata? Hanno un tetto qualcuno che li aspetti, che li ami, che li stimi?
Cerchiamo di fissare sulla carta alcune impressioni del nostro primo giorno perché le immagini che abbiamo nella mente e nel cuore sono davvero tante.
La presentazione, piena di carisma, energia e passione, che ci ha fatto Paola, responsabile di Colle Oppio, insieme a Maurizio e Fabiola che fanno equipe di lavoro, ci ha motivati a sentire nostro questo servizio e a provare a dare del nostro meglio a questi nostri fratelli.
A Ostia la mensa è più piccola, la media è di 140 persone al giorno. Centoquaranta  storie diverse a volte hanno voglia di uscire allo scoperto e altre invece, decidono di stare confinate dietro ad uno sguardo basso. Vedendo gli ospiti uscire mi è capitato di chiedere e adesso loro dove vanno? La risposta, accompagnata da un’ alzata di spalle è stata disarmante: In giro.
Il pomeriggio a casa dalle Comboniane  è iniziato il momento di formazione e spiritualità missionaria alla luce del Vangelo di Luca, introdotto da P. Manuel e con la prima catechesi sul testo dell’annunciazione, il Si di Maria.
Non è facile dire si, non è facile aver fede nei segni di Dio. Forse manca quella spontaneità propria di una giovane come Maria, poco più di una bambina e scelta da Dio.
Alla parola è seguita un’ora di deserto, che è letteralmente volata. Il confronto con il gruppo è stato molto produttivo: sapere che non sei solo a farti simili domande è confortante. La santa messa ricca delle emozioni del primo giorno, ha visto 4 momenti di condivisione: canto, testimonianza, si, 4 simboli.
Dopo una lauta cena, la serata si è conclusa con una video conoscenza di Daniele Comboni e domande a raffica ai membri della famiglia comboniana, presenti alla serata... Un tuffo nel carisma vivo di Comboni nel mondo attraverso la testimonianza di vita dei membri della famiglia comboniana. Interessante… veramente.  

Martedì  12 agosto 2008

Se chiudiamo gli occhi, a seguito di questa giornata vediamo tanti volti. Rivediamo gli ospiti della mensa e ci colpisce il viso di Luigi, che nonostante la solitudine e l’abbandono dei cari ha ancora voglia di lottare, di Emilhe che ci ricorda le fatiche di chi per necessità deve lasciare il proprio paese andando incontro all’ignoto e la gratitudine di Foll per il nostro umile servizio.
Ci ha addolorato purtroppo vedere che anche in questi ambienti non sempre le diseguaglianze sono superate, ma qualcuno è più uguale di un altro.
L’ultimo volto che ci ha accompagnato è quello di Maria, donna del Magnificat, dono della Missione, che attraverso la catechesi ci ha aperto alla lode per continuare anche noi a scrivere il nostro Magnificat di oggi.
Abbiamo potuto assaporare la bellezza del suo viso grazie alla celebrazione che abbiamo con qualche fatica e molte soddisfazioni preparato e vissuto intensamente.
A lei, donna del Magnificat abbiamo affidato le nostre intenzioni, le missioni e il mondo intero.

Mercoledì  13 agosto 2008

Oggi il tempo è trascorso con un soffio; il terzo giorno di lavoro è volato via in un istante. Quando sei la dentro il tempo passa in un lampo e non ti da la possibilità di assaporare appieno questa esperienza. Mi chiedo che ne sarà di loro e provo una tempesta di emozioni.
Cristo assume i volti di questi poveri, quante cose ti insegnano; un sorriso può avere un valore inestimabile… rifletto… la parola amico è il contrario di nemico e poi, ad un certo punto, vedo una coppia marito e moglie che sono alla mensa e penso… nella buona e nella cattiva sorte.
Nel pomeriggio la catechesi su Gesu di Nazaret, ci invita a trattenere almeno una parola significativa per la giornata e poi, che esplosione di festa che è la messa zairese. Una comunione con i cristiani di tutto il mondo; l’invocazioni agli antenati è così significativa. Non ci sono solo i santi della chiesa ma anche i giusti per noi.
E poi tanti volti, tanti segni…
In mensa oggi c’è Pietro. Ha gli occhi scuri, l’età indecifrabile. Mi racconta che da trent’anni sta per conto suo, studia la filosofia orientale. Ogni sera, sotto al suo Abagiu. E che questo lo aiuta a non “fare cavolate” quando le cose non vanno per il verso giusto. Oggi in tavola manca il sale, i coltelli e verso la fine anche il pane.
Tutti si lamentano ma poi qualcuno, con tutta la semplicità che quel luogo consente, fa qualche gesto che mi commuove: alcuni si prestano il coltello, uno regala all’altro le sue fette di pane o un pezzo di formaggio, altri si passano l’acqua da un tavolo ad un altro.
Questi gesti restituiscono dignità e leggerezza ai volti di ciascuno, me compresa.
Anche oggi in mensa c’è Carlo, con il giornale sotto braccio. Dice che porta buone notizie. Ha una voce dolcissima. La Russia ha fermato l’attacco in Georgia. Per un momento mi accorgo che sono molto più fuori dal mondo di lui. Anche le divisioni, però, tra questi “poveri” sono profonde. La più appariscente è quella tra italiani e stranieri: “il governo non capisce nulla”, mi dice più di un ospite, “prima vanno aiutati gli italiani, solo dopo chiunque altro”.   

Giovedì  14 agosto 2008

Oggi alcune cose mi hanno turbato, mi hanno tolto per un attimo il sorriso. Tanta gente passava per la prima volta alla mensa della Caritas. Chissà cosa pensavano mentre vedevano gli altri passare e loro lì ad aspettare senza sapere se c’era un piatto anche per loro.
Ad un certo punto ecco l’ordine: “Basta !!! Oggi ne abbiamo presi troppi. Bisogna mandarli via e dire che tornino domani”. Ad un certo punto mentre mandavo via due ragazzi, un signore inizia ad urlare “che chiesa siete se invece di accogliere mandate via la gente?”.
Chissà cosa c’era dentro quell’urlo: rabbia, solitudine, tristezza… è vero, oggi abbiamo seguito solo la procedura, ma quante volte siamo cristiani che mandiamo via la gente invece di accoglierla?
Nel pomeriggio alla luce della catechesi Chiamati a servire alla luce di Lc. 5,1-11, la testimonianza missionaria di Suor Dorina ci ha fatto gustare qualcosa di molto bello e significativo.
Una barca mossa dalle onde tocca le coste dell’Egitto, entra nel deserto del Nilo e continua attraverso il lungo fiume fino in Uganda, terra ricca di verde e di acqua. E lentamente… inizia una triste storia, storia di dolore, storia di coraggio, storia di fede profonda.
Otto anni fa a Gulu epidemia di ebola. Ebola una parola e tanta sofferenza. Scorrono le diapositive con volti sconosciuti… Grace, infermiera in ospedale, ventidue anni, il suo lavoro… la sua vita.
Matthew, direttore dell’ospedale, un comodino pieno di libri, nella sua mente le parole per sconfiggere la paura, nel suo cuore il nome di tutti i suoi pazienti… grande anima regalata da Dio a noi. E poi tanti altri occhi e tanti altri cuori. Non so cosa voglia dire coraggio quando ascolto queste storie, non so cosa voglia dire fede… non so come raccontare questa storia per farvi sentire la mia profonda commozione… non so come abbia fatto Suor Dorina a non scoppiare in lacrime nel rievocare certe immagini…
Sarà che Dio ci è vicino nella brezza leggera ed è difficile coglierlo.
“Non temere”, “prendi il largo e getta le reti” sono parole che durante questa giornata sono risuonate tante volte in noi, nei momenti di difficoltà, di paura, di sconforto, mentre stringevamo tra le mani, nelle nostre tasche, il pezzettino di rete arancione, per sentire l’abbraccio di Dio e di voi, compagni di questo campo.

Venerdì  15 agosto 2008

Ferragosto
Iniziamo questo giorno con la messa che celebra l’assunzione di Maria. Oltre a questo una parentesi profana oggi è il compleanno di Sr. Tarcisia abbiamo anche la torta a colazione.
Qui ad Ostia è un giorno come un altro. Nessuno si ricorda, o forse non vuole farlo di proposito, che ci sarebbe qualcosa da festeggiare.
Per alcuni ospiti, perdonatemi l’eufemismo, la mensa è sinonimo di casa. Tra loro c’è Roberto settantacinquenne brasiliano, che con gli occhiali sul naso si mette a cucire l’orlo del suo nuovo paio di pantaloni di lino nero.
Dice che gli servono per la messa, altrimenti non può entrare in chiesa.
La gente arriva ad intervalli regolari, non c’è ressa. Mi piace pensare che le persone che oggi non si sono presentate abbiano trovato un luogo dove festeggiare.
Di oggi mi rimane in mente una scena curiosa. Costantino, una delle teste calde della mensa, si mette a sfottere, passatemi il termine, un’altra persona, chiedendogli da quale sfortunato paese provenga (fortunatamente non c’è rissa in questi casi al mio paese si direbbe "ul gremaa al ga dis al brusaa") che per i non bilingue potremmo tradurre con “il bue dice cornuto all’asino”.
Gli ospiti sono così: capaci di essere solidali tra loro e abili nel prendere la vita con autoironia.
Gli occhi di Salvatore, le parole di Natasha, lo sguardo di Ferdinand si affollano in testa insieme a qualche Chilometro nelle gambe. Forse è per questo che oggi, alle Tre Fontane (luogo della decapitazione di S. Pietro), è stato difficile vivere profondamente il momento proposto di preghiera e ricordo della testimonianza di S. Paolo. Nonostante il silenzio, l’atmosfera raccolta, la preghiera alle volte usciva automatica senza sentirla veramente sulla pelle.
Ci soffermiamo anche nella cappella delle Piccole Sorelle del Vangelo. Il sorriso di Rania, i suoi occhi neri, e il suo dolce francese, come un raggio di luce sciolgono un po’ la stanchezza, e la cappella dove preghiamo insieme esprime con estrema semplicità lo stile di vita di queste piccole grandi suore che portano al centro della loro croce, della loro vita quotidiana, (ci sta) un cuoricino, simbolo di umiltà, come un lavoro riconosciuto con gli Ultimi della società. E questo stesso cuore lo ritroviamo nella chiesa dei comboniani all’Eur, dove un grande mosaico rapisce lo sguardo anche di un osservatore distratto. Sintetizza la spiritualità di tanti missionari/e che in Africa, terra di missioni, hanno perso la vita per difendere ciò in cui credevano, così come fece San Paolo duemila anni fa.

Sabato  16 agosto 2008

La giornata di oggi è stata vissuta da noi con varie sfaccettature, siamo ormai al sesto giorno di servizio, cominciamo a sentire la normalità e a vivere il servizio come una “routine”, anche se non sono mancati i momenti in cui apprezzare gesti di affetto. Ci accorgiamo che lo sforzo che potremo fare è ricordare il nuovo nel quotidiano ed allenarci ad essere pazienti nei momenti di tensione.
Avere la possibilità di ascoltare storie di vita vissuta ci ha aiutato a sfogarci e a esternare nella confessione le nostre “paralisi”, e vivere anche noi la nostra guarigione Lc. 5,17-26.
Ci siamo rialzati come su “ali d’aquila” grazie all’abbraccio di riconciliazione con il Signore e con i fratelli di questo campo.                           

Domenica  17 agosto 2008

Oggi è domenica, ma nessuno lo direbbe, visto che l’unica resurrezione che ci viene in mente è la levataccia mattutina che strappa più sbadigli che sorrisi.
Oggi a Ostia è tutto molto tranquillo dopo le burrascose litigate di ieri: pochi gli ospiti, che ci salutano con un po’ di nostalgia, o almeno, così ci piace pensare… Tanti abbracci e qualche foto anche con Antony e gli altri volontari con cui abbiamo condiviso questi giorni di servizio. Ci mancherà l’odore del mare, i banconi dell’accoglienza con i registi pieni di scarabocchi, le pigne di piatti barcollanti… e soprattutto i tanti volti che abbiamo incontrato.
Il brano di vangelo di oggi parla del centurione romano, famoso per la frase “non sono degno, ma dì soltanto una parola”. Suor Sole ci spiega lo stupore di Gesù nell’ascoltare una così bella professione di fede provenire da una bocca straniera. E il nostro pensiero ritorna agli ospiti della mensa appena lasciati: quanta ammirazione anche in noi nel trovare tanta dignità e saggezza anche in chi è considerato spazzatura della società.
Oggi a Colle Oppio c’è un clima diverso. Tutto sembra più tranquillo e gioioso. Sarà perché è cambiato il personale, sarà che ci sono meno ospiti o sarà l’effetto duplo?
Gli utenti o meglio gli amici irriducibili sono tutti presenti: Alvaro, Mario, Carlo, Eddy, Olezzo bianco e Olezzo nero (oggi in splendida forma).
C’è naturalmente anche l’amica di suor Tarcy e “soffio”. Ma tra tutti gli ospiti mi colpisce Soule ragazzo africano di trent’anni è sempre solare e ha sempre voglia di scherzare oggi però parliamo un po’ della sua famiglia: sua moglie e i suoi 2 bambini di sette anni e uno e mezzo che non vede da marzo e che non vedrà per un po’.
Mi stringe un po’ il cuore, lo abbraccio e gli chiedo di dare un bacio ai piccoli da parte mia.
Stasera, tanto per cambiare, si mangia e si fa tutto di fretta perché bisogna ascoltare la testimonianza di Zaccaria, un gioioso ragazzo togolese di trentadue anni. Inizia a raccontare e con il passare del tempo il nostro cuore si stringe sempre più diventa difficile trattenere le lacrime.
Mi viene da pensare ad un pezzo della frase che ci ha accompagnato oggi “praticare la giustizia”. Quanto può valere per lui la giustizia, se per inseguirla ha già perso la ragazza, i suoi famigliari e la sua terra e anche i suoi sogni?
E ancora di più mi chiedo con che coraggio lo stato italiano con la sua burocrazia, si rifiuta di accogliere questo figlio tanto amato da Dio e da ieri sera anche da noi? Con un  nodo in gola, prima di andare a dormire, ringrazio il Signore per il dono prezioso di Zaccaria.

Lunedì  18 agosto 2008

Una struttura ordinata e piena di fiori mi accoglie a Colle Oppio. Tutto perfettamente dipinto, luci molto moderne … Si respira un’aria di efficienza. Non conosco nessuno o quasi di quelli che lavorano qui e il numero di persone è tale per cui è difficile ricordare il volto di chi viene. Forse questi pensieri sono frutto della prima esperienza qui.
Eppure mi coglie un poco la nostalgia di Ostia dove l’efficienza lascia un po’ di spazio all’umanità. Mi hanno messo in sala e inizio a sorridere cercando di comunicare coi loro occhi… è difficile ognuno è concentrato sul proprio piatto… perso nei propri problemi o animato da discussioni in lingue a me sconosciute.
Tra tanti adulti un bimbo dagli occhi dolcemente allungati non vuole mangiare.
Paura? In questo mondo di adulti troppo veloce troppo misterioso si chiude a riccio sulla sua sedia.
Il suo papà lo guarda… stanco… preoccupato… forse in questa realtà manca il gioco… manca l’entusiasmo e Josè coglie tutto questo… ed è così che banali polpette una uguale all’altra diventano animali in un piatto simil-fattoria e penne gialle pulcini… Con Josè è facile fare amicizia perché la sua fiducia si respira nell’aria ma con Bongo, con Mhamed, con Ibrahim?
Con Bongo, con Mhamed, con Ibrahim che qui sono soli? Un sorriso, una parola potranno colmare una casa vuota, una serata solitaria e tristi pensieri?
La catechesi sul tema  Servire perdonando di Lc. 7,36. 8,1-3 presentata da sr. Paola del Pime è ricca di vitalità per la sua esperienza nel mondo del carcere e con le donne prostitute incontrate sia in Camerum che qui a Roma… Che mondo diverso da amare nel pieno rispetto della persona che conserva sempre la sua dignità …
“Conosceremo anche curiosità romane”… così diceva il programma… ed ecco che verso le 18.30 un gruppo di trenta pazzi (permettetemi il termine usato in accezione simpatica) si è messo a pascolare per le vie di Roma, dal Colosseo alla Fontana di Trevi, passando per l’Altare della Patria, da Piazza di Spagna a Piazza Navona. Fino a raggiungere la maestosa cattedrale di San Pietro e godere per qualche minuto dell’abbraccio del colonnato del Bernini. A qualcuno è mancato un atteso e meritato gelato ma un simpatico artista di strada ci aveva ormai “rubato” l’ultimo tempo e le ultime energie.

Martedì  19 agosto 2008
“Ogni volta che avete fatto queste cose ad uno solo
di questi miei fratelli più piccoli,

 l’avete fatto a me”.
Questa frase non rientra nel brano del Vangelo che abbiamo meditato oggi, eppure credo che non si possa riuscire ad essere i prossimi di qualcuno se in questa persona non vediamo il volto di Gesù.
Oggi alla mensa c’è stato un clima di tensione: alcuni ospiti ci hanno offeso, coloro che si erano definiti gli osti, si sono poi comportati da briganti e noi… noi ci siamo lasciati prendere dalla rabbia e dallo sconforto perché forse abbiamo dimenticato che tutto deve essere offerto a Dio, che ogni uomo possiede una propria storia e il suo modo di comportarsi potrebbe essere il suo grido di aiuto affinché noi possiamo liberare il Dio che c’è in loro.
Incominciamo a realizzare che questo campo sta per giungere a termine ed è forse anche per questo che viviamo con maggior intensità tutti gli episodi vissuti nella giornata.
Si parla di Alvaro in cui il volto del Dio povero ed umile è più evidente e, con il suo sguardo di gratitudine, è difficile non trovare l’energia per continuare il nostro servizio nonostante le tante avversità.
Nel pomeriggio, la bellissima catechesi di Sr. Luigina ci ha fatto molto riflettere ed alcuni di noi hanno condiviso i loro pensieri durante la messa.
Dopo la cena squisita preparataci dalle suore, abbiamo avuto la serata libera per parlare, giocare, scherzare e organizzare le scenette per la festa di domani sera.

Mercoledì  20 agosto 2008

Oggi ti voglio ringraziare, con un Grazie enorme. Ho concluso l’esperienza di servizio con tanti incontri, di quelli che lasciano il segno. Ho parlato tanto e come ogni volta mi sono stupita. Voglio ricordare lo sguardo splendido di quel ragazzo iracheno che con molto dolore mi ha parlato di sé e del suo Paese. Storia con la S maiuscola e una con la s minuscola, ben più importante. Alle mie insistenti domande mi ha spiegato che Dio è uno solo, solo che noi umani lo chiamiamo in modi diversi. Ritrovo lo stesso pensiero nello shemà Israel che abbiamo cantato la sera durante l’adorazione: Shemà Israel, Adonai Elohenu, Adonai Ehod – ascolta Israele, il Signore è nostro Dio, il Signore è uno.
Vorrei non dimenticarmi mai il suo volto e il volto di tutte le altre persone che mi hanno chiamata in mensa chiedendo acqua, pane, sale e n° di cellulare!
Ma so già che fra un po’, spero fra tanto, non lo rivedrò più nemmeno nella mia mente. Voglio però consolarmi con le parole del ragazzo con cui ho parlato per più di mezz’ora.
La nostra vita è fatta di incontri, di piccoli momenti di condivisione e anche se fra qualche anno non ci ricorderemo il colore degli occhi o le fisionomie del volto, sapremo che queste persone hanno contribuito a formare la nostra personalità e a camminare verso Lui.
È stata una mattina intensa, mi ha dato la carica di portare tutte queste voci a casa, nel quotidiano presente e futuro.
Verso sera, poi, ho visto un altro volto: quello di Gesù eucarestia. Il cammino, l’adorazione e l’arrivo a Emmaus mi hanno permesso di concludere in pienezza gli splendidi incontri di oggi.
Eccomi qui, a scrivere quel che rimane di un pomeriggio bello e intenso, invece della solita “routine”. Padre Manuel ci ha stupiti, è stata una catechesi diversa, ci ha fatto vivere pienamente il brano di Emmaus, prima dividendoci a coppie con chi abbiamo condiviso di meno in questi giorni, poi ci ha fatto incontrare Gesù, esponendo il Santissimo in mezzo a noi; era li che ci ascoltava, ci parlava ad ognuno di noi fino ad arrivare nel profondo dei nostri cuori.
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Lettera per tutti i campisti di Robertone, 
ospite e volontario della mensa di Colle Oppio

In questo periodo di agosto svolgo il mio turno alla mensa di Giovanni Paolo II, in piacevole compagnia di ragazzi e ragazze guidate da suor Tarcisia, con la cui presenza spirituale ho iniziato il mio viaggio di volontariato, e nella pura amicizia che dura tutt’ora. Arriva ogni anno suor Tarcisia con un gruppo proveniente da tutta Italia a svolgere nella suddetta mensa il loro atto di volontariato, e la loro presenza reca molto simpatia, proveniente dai loro stessi cuori.
La loro gioia che donano agli ospiti, poche ma sincere parole in quei pochi attimi donano felicità e l’acqua la portano umilmente per dissetarli e non farli sentire soli.
I loro occhi brillano di purezza che viene dai lori cuori, in questa purezza al fine guidata da suor Tarcisia, grazie per quelle semplici parole, per me è un emozione nuova essere al suo fianco, di lei e questi stupendi ragazzi, soprattutto l’amicizia a me mostrata da tutti voi. Questo è solo un arrivederci a lei Suor Tarcisia e i suoi incredibili ragazzi, che hanno mostrato il loro aspetto di purezza, e io sono stato al loro fianco come ospite e volontario che Dio vi benedica a tutti voi.
P.S: Grazie Suor Tarcisia e continui a aiutare questi ragazzi verso la retta via dell’amicizia.

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Poesia per il compleanno di suor Tarcisia

Suor Tarcisia nel giorno del suo compleanno è gioia per me, ogni volta qui alla mensa Giovanni Paolo secondo, aiutare noi umili ospiti, anche lei perché anche lei è umile come noi nella purezza del nostro Signore.
Vive nella luce che ci libera da ogni oscurità e ci fa apprezzare la vita che il Signore ha noi donato, in tutto questo contesto, le auguro di svolgere questo compito con la purezza d’animo che la contraddistingue e alla fine queste ultime parole di grazie suor Tarcisia “attenderò il suo ritorno da noi …”

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Materiali utilizzati nel campo








 

Palermo
02 - 11 Agosto 2008
Lo straniero: icona del Dio viandante

 Campo di lavoro per costruire un centro di accoglienza per immigrati in città.

 

 

Risonanze dal campo Gim a Palermo

 

 

Andria, Roma, Venegono, Milano, Padova, Torino, Reggio Emilia, Vibo Valentia, Palermo, Ragusa, Trapani, Lecco… da queste località siamo partiti; un folto gruppo di giovani con storie, aspettative, motivazioni differenti che si è ritrovato insieme a condividere e costruire l’esperienza del campo gim! Dai fili casualmente intrecciati delle nostre presentazioni iniziali ci siamo scoperti uniti a e da uno stesso gomitolo: il desiderio di conoscerci a fondo e di aderire al nostro vero essere, rispondendo, ciascuno in modo personale e unico, alla Parola che ci viene rivolta da un Papà amorevole che è un invito a fare spazio dentro noi all’Altro, ad aprire mani e cuore per accoglierlo proprio nell’incontro con chi sfiora o si addentra nella nostra vita!


In questo viaggio “a ritroso” nelle nostre esistenze, nel cuore di Palermo, ospiti dell’Istituzione Teresiana, ci ha accompagnato la stupenda e variegata famiglia comboniana: Suor Tiziana e Suor Rosa, Padre Rossano e i laici Maria, mamma Dorotea e papà Tony con i figlioletti Rachele e Giovanni, Danila giovane mamma.
Grazie e insieme a loro abbiamo conosciuto la Missione di Speranza e Carità, la realtà dove abbiamo prestato servizio, nata dall’ispirazione di fratel Biagio Conte, un giovane proveniente da una famiglia benestante che, scosso profondamente dalle sofferenze e dalle contraddizioni della società siciliana, ha deciso di abbandonare tutto per dedicarsi agli ultimi, persone senza dimora e immigrati, fondando negli anni tre centri di accoglienza nella città di Palermo. Un personaggio davvero straordinario! Seguito da altri fratelli e da altre sorelle, ci ha interrogato con la sua radicalità di vita, freccia scoccata ma quotidianamente rinnovata!


Altra occasione privilegiata è stata la possibilità di ascoltare dei testimoni e di entrare in contatto con una rete di persone e associazioni che accompagnano i percorsi dei migranti approdati sulle coste siciliane e s’impegnano perché le parole accoglienza, integrazione, rispetto della persona e dei diritti si traducano nella concretezza.
Il regista Enrico Montalbano del film-documentario Hurrya sui CPT, ci ha mostrato l’altra faccia della medaglia dell’immigrazione “mediatica”, diventata ormai una quotidiana emergenza, spesso costruita e fomentata, dalla quale non siamo più capaci di lasciarci sconvolgere la vita. Totò ed Erica ci hanno portato la loro esperienza come responsabili del “Laboratorio Zeta”, centro sociale diventato centro d’accoglienza in cui gli immigrati vivono e si coinvolgono attivamente nella sua gestione. Nadesh, mediatrice in un ambulatorio transulculturale, ci ha reso partecipi della sua esperienza di migrazione sofferta, ma vissuta profondamente e proprio per questo trasformata in ricchezza feconda per molti altri. Due avvocati, impegnati nel contesto dell’immigrazione palermitana, ci hanno spiegato le norme e i concetti legislativi della nuova politica migratoria; infine abbiamo incontrato Abdallah, un giovane maghrebino in Italia da due anni, dopo un traumatico viaggio per mare.  

 


A fianco dei volti concreti dell’immigrazione, ne abbiamo conosciuto i volti biblici, rileggendo le storie di Abramo, Giuseppe, Mosè, Rut, Geremia, Elia e Gesù: ciascuno di loro ha fatto l’esperienza dell’essere straniero, esiliato, in fuga dalla propria società, dalla propria famiglia, da sé e talvolta anche da Dio. Si tratta però di persone che sono state chi-amate e che spesso sono tornate alle proprie radici, al ruolo o al popolo che era stato loro affidato o, invece, hanno scelto di rimanere nella situazione in cui Dio li ha posti, scegliendo in modo consapevole di abbracciare un’umanità autentica, dentro e oltre le fatiche, le rinunce, le contraddizioni.
I momenti di catechesi, di riflessione e condivisione intorno a queste figure ci hanno aiutato a leggere con occhi diversi la migrazione, facendoci imparare non soltanto a schierarci idealmente o, a volte, solo ideologicamente dalla parte dei migranti, ma so-stare insieme a loro con-passione, personalmente: ciò ha significato per noi accostarci con delicatezza al loro vissuto e alle loro sofferenze, gioie e speranze, provando anche a fermare la nostra curiosità o il nostro eccessivo zelo per lasciarli svelare liberamente. Infatti, ci siamo trovati a metterci in gioco, a decentrarci e a scardinare i nostri schemi, i nostri criteri nei momenti di incontro e di lavoro alla Missione. Non è stato facile né immediato accettare, rispettare con umiltà e comprendere fino in fondo le impostazioni e le decisioni delle sorelle e dei fratelli che operano quotidianamente in questi centri senza avere la pretesa di fare sempre ciò che a noi sembrava essere la cosa migliore. Abbiamo così sperimentato, seppure in piccolo, cosa significa essere migranti: spostarci, essere “sballottati” di qua e di là, dipendere da altri, accogliere e venir accolti dai nostri compagni di viaggio, vegliare insieme seduti l’uno vicino all’altro come se fossimo tutti quanti “sulla stessa barca”, lasciarci guidare in un ambiente sconosciuto di cui non conosciamo le regole. Grazie allora Papà per averci regalato questa possibilità, a volte faticosa, di migrare da noi stessi, di svuotarci almeno un poco delle nostre certezze, delle nostre paure, dei nostri problemi quotidiani per accogliere la bellezza delle nuove relazioni sbocciate, anche in modo sorprendente, la ricchezza delle condivisioni, i racconti delle esperienze vissute da ciascuno, ma soprattutto per accogliere e fare spazio nella nostra vita a Te!


I giovani del campo di Palermo

Alcune riflessioni che hanno accompagnato il campo: 

 

 

BIBBIA E VOCAZIONE


Napoli

19-26 Agosto 2008
Settimana Vocazionale: “Vieni e vedi”

Settimana vocazionale in ascolto della Parola e della realtà per scoprire il progetto di Dio nella tua vita.

Questo è il mio modo di condividere con voi la settimana trascorsa a Napoli al Rione Sanità dal titolo “Vieni e Vedi”. Con queste righe vorrei cercare di unire alle tematiche delle giornate tutte le mie emozioni, i volti, la convivenza in piccola comunità e le “parole” che Dio ha messo nel mio cuore per proseguire il cammino della mia vita.
Tutto è cominciato dalla grande fuga del personaggio Giona (cfr Gio 1).  Anche io come il profeta ricevendo la proposta di Dio di collaborare alla costruzione di un mondo “diverso” mi sono tirata indietro e ho scelto la via più comoda. Come prima azione sono scappata per paura di essere etichettata o per paura di non essere all’altezza (come se tutto dipendesse dalle mie forze! ). Invocavo Dio solo per avere una Sicurezza quando mi fossi trovata al di fuori di quelle mie “poche certezze”. Mi ha fatto vivere nella tempesta, nello scoraggiamento del cuore,… tutti all’infuori di me avevano capito che stavo sbagliando, solo io mi ostinavo a non voler capire, preferivo dormire nel profondo del mio essere. Con questo campo mi ha dato una nuova possibilità per poter capire e sperimentare l’abbandono.
Il secondo giorno abbiamo incontrato un nuovo personaggio. Come per Isaia (cfr Is 42,1-9) Dio vuole che io sia luce per coloro che non vogliono guardare verso la Sua luce, sia tenerezza per coloro che sono ingabbiati nel proprio egoismo e nel proprio punto di vista, sia speranza per coloro che sono senza difese e per chi non riesce a trovare nessuna via d’uscita dalle proprie negatività.
Il terzo giorno come ha fatto con Ezechiele (cfr Ez 2,1-9 3,1-3) sono stata invitata per tre volte a non temere…saranno le “vere Parole” di Dio a parlare per me, non le mie, ma le Sue usciranno dalla mia bocca. Prima che io capisca e mi renda conto ecco che Cristo, come ha fatto con Andrea e Filippo (cfr Gv 1,35-51) si volta per chiedermi: ”Ma cosa stai cercando?...Hai capito qual è la vera strada o ancora stai proiettando la tua attenzione sulla strada più conveniente? …SEGUI ME… VIENI E VEDI!”. Ho deciso di seguirlo in questo cammino per rendermi conto di persona la gioia che si prova nello stare con Lui. Come per la Samaritana (cfr Gv 4,1-42) che all’invito “ Dammi da bere!” ha risposto in modo affermativo e ha creduto, anche a me Gesù fa lo stesso invito; ha bisogno del mio Si per operare nella mia vita. La prima cosa che mi viene da fare è ovviamente mettere delle scuse, ma non appena mi conferma: “Sono io il Messia!” sono pronta a fidarmi di Lui e a correre, come ha fatto la Samaritana, a dire a coloro che incontro per la strada di Venire a vedere… Mio cibo ora è solo fare la Sua volontà.
Infine nell’ultimo giorno con San Paolo (2 Cor 12,7-10) mi hai donato l’ultimo tassello di questo puzzle settimanale. “ Quando sono debole è allora che sono forte” , con questa certezza vuole che accetti la mia condizione di debolezza, di inadeguatezza,  per essere riempita della Sua grazia… è solo nella debolezza che Dio potrà operare nella mia vita.
Questo è un po’ il cammino che ho percorso con voi e con tanti amici incontrati: dai senza tetto, agli immigrati, dalla semplicità e “povertà” di Napoli a quella di Firenze con i racconti di don Alessandro, dall’ operato di carità pura di Ciro e Nicola a quello dei nostri testimoni di viaggio Alex, Laura e Rita.
A tutti voi amici che riceverete queste poche righe auguro davvero un buon viaggio all’insegna della testimonianza…perché è questo che siamo stati chiamati ad essere: TESTIMONI DI SPERANZA.

Campo Vocazionale GIM:
un’esperienza per mettersi in ascolto della Parola

Si è concluso il 26 Agosto il Campo Vocazionale “Vieni e Vedi” organizzato dal GIM di Napoli, un’esperienza unica che ha visto interessati una quindicina di giovani provenienti da ogni parte d’Italia vogliosi di interrogarsi sul proprio cammino di fede e di vita. Suggestiva la sede dell’incontro: il Rione della Sanità, uno dei quartieri più degradati di Napoli, utile per metterci subito in un’ottica di attenzione ai più poveri e più bisognosi. Molto forte il legame che si è istaurato tra i partecipanti dove si è creato un vero e proprio senso di comunità, una comunità che cammina insieme, una comunità che condivide ogni cosa. Le giornate si articolavano tra momenti di lavoro, momenti di testimonianza, dinamiche varie; ma a mio avviso il momento centrale era quello in cui si ci fermava e si ci metteva in ascolto della Parola: “Lampada per i miei passi è la tua Parola Signore, luce sul mio cammino” è uno dei Salmi che risuonava spesso nelle nostre giornate. E così, nell’ascolto dei profeti Ezechiele, Giona, Isaia abbiamo potuto interrogarci su cosa il Signore voglia da noi, su quale sia il cammino da seguire. Fondamentali i momenti di deserto in cui si ci poneva in uno stato di silenzio e di ascolto, momenti di intimità col Signore che parla, momenti per pregare e per riflettere. A seguire periodi di condivisione in piccoli gruppi, dove ognuno donava e riceveva tante ricchezze nell’aprirsi all’altro. Mi venivano in mente le piccole comunità cristiane che condividevano tutto, mettendo ogni cosa a disposizione degli altri. E durante la Messa quotidiana era possibile offrire questi doni agli altri gruppi. Importanti anche le testimonianze ricevute, in particolare quella di Don Alessandro, un prete fiorentino che per seguire la propria vocazione e costruire il Regno ha avuto il coraggio di mettersi contro tutto e contro tutti. Sono state previste anche delle esperienze pratiche come quella di andare in visita alle famiglie e, in particolare, quella di recarsi la sera alla Stazione per portare del cibo ai tanti senza-tetto che “abitano” in quel territorio. E’ stato davvero entrare in contatto con i poveri, vedere, accorgersi di chi nessuno vede, toccare con mano questa realtà. Mi ha colpito in particolare la fede di una donna con cui ci siamo fermati a parlare: aveva una speranza grande, diceva di essere pienamente nelle mani di Dio, era sicura che tutta questa sofferenza presto sarebbe finita e che sarebbe riuscita ad uscire dalla strada. E’ proprio vero che, come dice P. Alex Zanotelli, il Vangelo va letto dalla parte dei poveri perché Dio sta sempre dalla parte dei più poveri, dei crocefissi.


Lecce
26 Agosto - 2 Settembre 2008
Settimana Biblica: “Dal sogno di Dio alla realtà”

Una settimana per approfondire la storia della Salvezza attraverso la parola letta con gli occhi dei poveri. 

 

… rimango affascinata sempre più da come si incrociano le strade del nostro cammino, da come incontriamo persone straordinarie che possono “ cambiare” il percorso che avremmo immaginato per la nostra vita.
In realtà poi si arriva alla conclusione che niente avviene mai per caso e che tutto ha un senso…. Il senso di rispondere e di essere “protagonisti” del “sogno di Dio”, di quel progetto divino che è scritto per ognuno di noi!! Spesso penso a come sarebbe stata la mia vita se non avessi incontrato delle persone speciali per me, a chi sarei e dove sarei in questo momento se anzichè “cogliere l’attimo” avessi seguito una direzione diversa, mettendo i paraocchi su quei segni che stavo ricevendo. Ma poi mi rispondo che non ci sarebbe potuta essere una “vita diversa”… perché doveva andare così… e così andrà!!!!!!!

Ho incontrato per la prima volta Padre Alex Zanotelli tre anni fa, in un incontro presso la Comunità Emmanuel, incontro a cui la mia scuola superiore era stata invitata. Ero molto felice perchè  pensavo che per una settimana (durata di questi convegni) ci saremmo scampati interrogazioni e compiti in classe… ma in realtà ignoravo che quella settimana mi avrebbe portato su strade che non conoscevo! E’ stata in quella settimana del novembre 2005 che ho conosciuto e mi sono “innamorata” di Stefania Gualtieri (con cui sarei andata in Ecuador l’anno dopo…. Ma che ancora non sapevo!) e che ho conosciuto e mi sono “innamorata” di Padre Alex Zanotelli. Non avevo mai sentito parlare di questo uomo con addosso i sandali e la sciarpa con i colori della pace… ma dopo quel novembre ho comprato i suoi libri. Volevo capire cosa lo spingesse a difendere così tanto gli oppressi, i “suoi poveri di Korogocho”, gli ultimi della terra. Volevo capire da dove trovasse questa sua forza…. E i suoi libri mi hanno aiutata in parte!

Qualche mese dopo c’è stato un altro convegno con Padre Alex in un paese vicino al mio. La mia parrocchia aveva dato l’adesione… ed io non potevo mancare!! Ho portato con me i libri di Padre Alex. Desideravo che mi scrivesse una piccola dedica… ma pensavo che sarebbe stato impossibile! In realtà … son riuscita a fermare un attimo “questo uomo piccoletto” e , sulla prima pagina del suo libro, mi ha scritto “LOTTA FINCHE’ VINCA SEMPRE LA VITA”.
Ero in un momento particolare della mia vita e leggendo quella frase… beh sono rimasta sbalordita!!! Era un “segno” che mi diceva d’andare avanti, nonostante le mille difficoltà…. Di lottare con tutte le mie forze perché uno solo doveva essere il mio obiettivo: la voglia di vivere!!!!!!! Da quell’incontro in poi quella frase è stato il motto della mia vita…. E lo è tutt’ora!!!

Quell’ “uomo piccoletto” era stato importante per qualcuno… senza che nemmeno lui lo sapesse! Ed io potevo far finta di niente…. O avevo il dovere morale di ringraziarlo???
Ho sempre avuto questa domanda nel mio cuore, fino a quando…. Altro segno!
Così, “per caso”, sono venuta a conoscenza che i Comboniani di Cavallino stavano ospitando per una settimana un gruppo di ragazzi, provenienti da tutta Italia, che desideravano conoscere meglio la Bibbia.  A guidare questo gruppo sarebbe stato… Padre Alex Zanotelli !! Potevo non cogliere questo nuovo “segno”?? in fondo avevo una piccola missione da portare a termine..!

…e così, dal 26 agosto al 2 settembre, ho partecipato a questo campo biblico dal titolo “Dal sogno di Dio alla realtà”, una settimana per approfondire la storia della Salvezza attraverso la Parola letta con gli occhi dei poveri. E’ stata un’ emozione bellissima rivedere Padre Alex… per tutta l’estate non avevo fatto altro che sognare quel momento!!!Eravamo 16 ragazzi provenienti da varie parti d’ Italia ( per la serie “pochi ma buoni”!! … anche se coglierei l’occasione per invitare i giovani per il prossimo campo biblico …ne vale davvero la pena!). In una settimana abbiamo visto diverse tematiche, ma tutte portavano al “sogno di Dio” e a quanto questo nostro “Impero” (come quelli del passato!) non facesse altro che opprimerlo! Leggere la Bibbia con occhi diversi, entrare “dentro la storia”, capire il contesto in cui Gesù ha operato, conoscere il vero significato dell’Apocalisse e del linguaggio in codice che nasconde (linguaggio che ha permesso alle comunità cristiane di compiere una “lotta di resistenza”, senza che i Romani capissero nulla di tutto ciò!), vedere come cambia il corso degli eventi il semplice tradimento del Sogno di Dio da parte del popolo d’ Israele, comprendere come davvero Gesù ha dato la vita per il suo popolo (per me, per te… per noi tutti!) con il solo desiderio di rilanciare questo “ sogno di Dio” ormai perso… è stato qualcosa di davvero affascinante e sconvolgente per me!!! Ma cosa racchiudeva questo “sogno di Dio”?? Verso dove ci vuole portare??? Prima del campo biblico non lo comprendevo… o meglio non riuscivo a sentirlo sulla mia pelle! Grazie a Padre Alex, grazie alle sue parole e soprattutto alla sua lotta quotidiana, al suo impegno della vita.. l’ho marchiato dentro me! Dio sogna ( sognava… e sognerà!) un Mondo nuovo, un mondo dove ci sia una economia di uguaglianza, con la terra equamente divisa… tanto quanto basta ad ognuno per sopravvivere! Dio sogna (sognava… e sognerà!) una politica di giustizia distributiva , dove i beni siano a beneficio di tutti… non di pochi! Dio sogna (sognava….e sognerà!) una Fede Viva, Fede in un Dio libero, totalmente “Altro”… un Dio vicino al popolo oppresso, agli ultimi, agli esclusi…

…e invece basta aprire gli occhi per guardare la nostra realtà…. Basta “tornare con i piedi per terra” e vedere come questo sogno di Dio… sia solamente un Sogno!!!
Nel nostro mondo, nella nostra realtà (come in quella passata!) al posto di una economia di uguaglianza abbiamo una economia di opulenza ( dove molti hanno, sulle spalle di molti morti di fame!! Su  6,5 miliardi di abitanti del nostro pianeta, l’ 11% si pappa l’ 88 % delle risorse e dei beni) . Nel nostro mondo, nella nostra realtà al posto di una politica di giustizia distributiva abbiamo una politica di oppressione ( 3 miliardi di persone vivono con 1,5 euro al giorno e di questi 1 miliardo vive con meno di un dollaro!!). Nel nostro mondo, nella nostra realtà al posto di una fede vera in un Dio libero viviamo in una religione Imperiale, in un Dio che viene adorato pubblicamente con grandi e clamorose manifestazioni ( “e in Israele questo avviene con il re Salomone che farà costruire il Tempio proprio davanti al suo palazzo. Quando Salomone usciva dal suo palazzo per entrare nel tempio e dire “Yahweh, eccomi!”, Yahweh già non c’era più… era fuori dal tempio, a fianco dei contadini oppressi, emarginati..” da “Voce dei poveri, voce di Dio”).
Dovremmo aprire tutti quanti gli occhi, di fronte a questo “mondo Altro” che dovremmo costruire… a partire da adesso!! Creare un mondo “altro” vuol dire dare una svolta totale alle nostra vita, allentando i ritmi frenetici del quotidiano per godere meglio dei piccoli doni che la vita ci offre; andare incontro all’altro, nostro fratello, chiedergli “come stai?” e avere il tempo di ascoltare la sua risposta; smetterla di avere come unica preoccupazione della nostra esistenza quella di “fare carriera” e di “fare soldi”…
… tutto questo ci porta ad un “uso e getta” di emozioni, relazioni, sentimenti e … rifiuti!!
La sofferenza del nostro pianeta, sofferenza di un pianeta meraviglioso un tempo… e ora distrutto dall’inquinamento degli uomini è stato anche un vivo argomento del campo biblico. Questa è anche una delle battaglie di Padre Alex, Felicetta ed altre persone che si impegnano ( ora, a partire da adesso, nel nostro mondo!) a difendere il popolo oppresso …. Dai rifiuti!! Si battono quotidianamente al fianco degli “ultimi di Napoli”, realtà dura che lotta contro un “Impero” che pian piano prenderà potere in tutt’ Italia!! Se continuiamo a non avere rispetto della terra, dell’acqua, dell’aria e a produrre un numero limitato di rifiuti… il nostro pianeta non riuscirà a sopportare tutto questo peso… e avrà ragione! Vedere con quanta grinta e tenacia lotta questa gente meravigliosa mi ha fatto nascere dentro numerose domande.
Di fronte alla preghiera di Felicetta “ Signore dammi la forza anche di sopportare la galera… perché lì finiremo tutti!!” … io che posso pensare??? Di fronte alla preghiera di Padre Alex, di fronte alla sua umiltà nel dire “Papà, scusami se non riesco a fare abbastanza..!” … io che posso pensare???
Quali altri “segni” sto aspettando per darmi una mossa?? Di quanti altri “segni” ho bisogno per sapere da quale parte stare?? Per capire verso dove sono chiamata?? Per sperare che anche un semplice articolo, delle parole lette possano smuovere altri animi???

Questa bellissima settimana mi ha fatto rivedere molte mie idee e modi di fare… e sono sempre più convinta di come le cose non avvengono mai per caso!!
Sento che a partire da adesso, nel mio “qui ed ora”, nel mio presente, nella mia realtà… SONO CHIAMATA A … sono chiamata a portare questo “Dio degli oppressi” lì dove vengo inviata, sono chiamata a difendere gli ultimi della terra, sono chiamata ad aprire gli occhi prima nella realtà che mi circonda, sono chiamata a cominciare a difendere il mio territorio, la mia terra…
…e tu ??? TI SEI CHIESTO A COSA SEI CHIAMATO????

Prova a rifletterci… forse non potremmo rivoluzionare l’intero mondo, ma potremmo contribuire a cambiare qualcosa. Forse potremmo continuare ad utilizzare quella famosa battaglia “non violenta-attiva” che ha avuto come capostipite Gesù nel Vangelo e poi altri grandi della storia!
Madre Teresa di Calcutta diceva “ è meglio accendere una candela che continuare a camminare nelle tenebre”. Quante sono queste candele?? Io ci sto… e tu???
Dicono che “i giovani sono la speranza per il futuro”… ma al nostro presente chi ci pensa??? Perché non possiamo coalizzarci tutti insieme, aiutando la nostra terra a riprendere “fiato”? perché non possiamo coalizzarci tutti insieme scegliendo di stare dalla parte degli ultimi, gli oppressi??

Per una volta… utilizziamo internet nel modo migliore!! Sul sito www.giovaniemissione.it  abbiamo molti strumenti utili, sul sito www.lebirbefondazione.org possiamo incontrarci e scambiare idee, al mio indirizzo coccy87@alice.it  potete mandare tutto ciò che desiderate…
…tu, scegli da quale parte vuoi stare!!!!
Ricorda che il mondo ha bisogno anche di te, ricorda che è necessario unirci e coalizzarci per portare avanti una sola battaglia… battaglia dura e difficile, ma che dovremmo superare al grido di una sola frase “ LOTTA FINCHE’ VINCA SEMPRE LA VITA”!!!

Un abbraccio gioioso!
Veronica Rollo

 

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