AFRICA 1998, 500 ANNI DI DOMINIO
dal libro: "Inno alla Vita: il grido dei poveri contro il Vitello d'oro"
AFRICA 1998
500 ANNI DI DOMINIO
1498:
il viaggiatore portoghese Vasco da Gama doppia il Capo di Buona Speranza
e raggiunge Mombasa in Kenya e da qui parte per i lidi dell'Asia.
Un viaggio storico, l'inizio dell'imperialismo europeo verso queste
terre. Un'avventura pagata a duro
prezzo dal continente africano e da quello latino-americano. Per l'Africa, la sola tratta degli schiavi, un commercio di
carne umana che ha insanguinato la nostra storia fino a ieri, è stata un'immane
tragedia che pesa come “maledizione” sul continente nero.
Il 1998 potrebbe diventare punto di arrivo e di partenza
simbolico, momento di ripensamento come lo sono state le celebrazioni per i 500
anni dell'America. E' giunto il tempo di un lavoro capillare di contro-informazione,
di riflessione critica e di autocritica, di lettura della realtà con occhi
nuovi. Questo anno giubilare, se
sostenuto da una seria coscientizzazione di base, potrebbe aiutare molti a
capire cosa abbia significato per l'Africa l'apertura al grande mercato
mondiale.
Le prime ad essere messe in discussione sono le Chiese.
Nonostante i tanti profeti coltivati nel loro seno, sono state spesso
complici dei meccanismi mercantili, hanno avuto responsabilità nella stessa
tratta degli schiavi. Oggi esse
sono convocate dalla storia a costruire un mondo nuovo.
Viviamo in un mondo dove “l'economia uccide”.
Bisogna cambiare!
Per fare questo c'è bisogno urgente di una nuova
spiritualità. Una spiritualità di
respiro universale, che esprima l'urgente bisogno di un cambiamento di rotta,
l'esigenza di fermare il processo di auto-distruzione che permea la civiltà
occidentale. Una spiritualità
attenta al grido dei poveri, che rispetti la sacralità della terra, capace di
compassione e di tenerezza. Una
spiritualità che sappia far emergere una nuova cultura e che si esprima in
simboli, miti ed esperienze religiose vere e vive. “Una spiritualità - come
dicono i teologi afro-asiatici nell'incontro di Colombo (Sri Lanka) - che ci
prepari a lottare in difesa del diritto di pianificare il nostro futuro, a
proseguire la strada che scegliamo rifiutando che le nostre menti siano
colonizzate, le nostre terre ipotecate, il nostro destino deviato da coloro che
creano la povertà planetaria. La
nostra sarà una spiritualità del potere dell'impotenza, del potere della verità,
dell'amore, della libertà, una spiritualità della croce”.
Saranno le Chiese capaci di tanto?
Giovanni Paolo Il ha fatto un timido tentativo chiedendo perdono a Gorée,
triste isola al largo di Dakar (Senegal). Da
qui partivano gli schiavi diretti verso le Americhe.
Saranno le Chiese del 1998 capaci di recitare a voce alta il Confìteor?
Non c'è vero cambiamento senza ammissione del peccato.
Non hanno avuto il coraggio di farlo nell'anno giubilare dell'America. Ce la faranno per l'Africa?
Ma sono messi in discussione anche i rapporti politici
ed economici tra l'Africa e il Vecchio Continente. Cinquecento anni di colonialismo hanno minato le relazioni.
“Il colonialismo - scrive lo storico Kizerbo - è stato un divorzio forzato
dalla propria storia, dalla struttura sociale conosciuta, dalla propria
identità civile. In breve, un
etnocidio, punteggiato da occasionali genocidi”.
L'Europa di fatto ha schiacciato l'Africa, impoverendola della sua
gente, attraverso la tratta degli schiavi; della sua cultura, creando quella
situazione di “povertà antropologica” in cui si dibatte l'Africa
contemporanea; delle sue ricchezze, attraverso lo sfruttamento delle sue
ri-sorse che sono servite ad arricchire i forzieri europei e a impoverire il
continente africano. Cinquecento
anni fa nasceva un patto imposto di carattere coloniale che oggi deve essere
soppiantato da una nuova solidarietà. Per
fare questo occorre innanzitutto dar voce all'Africa: alla sua gente, ai suoi
ritmi, alle sue culture. Occorre
aver stima dell'Africa e degli africani, riconoscerli come partner di dialogo,
capaci di inventare e costruire un loro modello di sviluppo.
La solidarietà non è beneficenza, non è paternalismo. E' necessario
ricostruire le relazioni economiche in termini di giustizia, in questo mondo
dove l'economia uccide, e i conti tornano soltanto nei portafogli dei ricchi.
Dare nei fatti all'Africa nuove opportunità, rimettendo in discussione
le regole tariffarie, creando opportunità di investimenti, accettando i ritmi
e le visioni economiche degli africani, sostenendo l'imprenditorialità
locale, l'economia informale e i mercati regionali.
Primo passo di questo cambiamento deve essere la soluzione equa del
debito che oggi strangola sul nascere ogni tentativo di sviluppo. “E'
immorale - diceva il compianto ex presidente della Tanzania, Julius Nyerere -
per i paesi poveri pagare i loro debiti”. E' il tempo di una nuova
cooperazione che parta da una visione progettuale, che abbia come unico
riferimento i bisogni reali della gente e non gli interessi economici dei paesi
ricchi, che faccia leva sulla società civile organizzata nel continente
africano e valorizzi la competenza degli immigrati africani in Europa. E il
tempo maturo di un nuovo patto solidale che rompa barriere e diffidenze e
instauri una situazione di solidarietà dove europei e africani si riconoscano
nella dignità, nel rispetto reciproco, nel riconoscimento dei rispettivi valori
e delle differenze. L'Africa può
divenire non più un continente dimenticato e ai margini della storia, ma
il partner per costruire una nuova progettualità, per rilanciare in termini
diversi un futuro sostenibile per l'uomo e per l'ambiente.
Esiste, è vero, l'Africa che continua a soffrire guerre che appaiono
senza fine, che gronda sangue sulle colline del Ruanda e del Burundi, che muore
ogni giorno crocifissa nel Sudan, che soffre nei suoi figli in Somalia, in
Nigeria, in Algeria e Sierra Leone. L'Africa
dove aumenta il costo degli alimenti di prima necessità, e dove gli “aggiustamenti
strutturali” rendono la vita ogni giorno più dura.
Ma esiste anche l'Africa della speranza, della società civile
organizzata, della creatività delle donne, dei martiri che hanno dato la vita
per superare odi e vendette. E' con questa Africa che scommette sulla
speranza e sul futuro che, a cinquecento anni dall'avventura di Vasco da Gama,
vogliamo lanciare un patto nuovo di amicizia e di solidarietà.
Anche per superare i drammi, per vincere le paure, per risolvere i
conflitti. Il vero futuro
dell'Africa sta in Africa!
p. Alex Zanotelli
Da
"Inno alla Vita: il grido dei poveri contro il vitello d'oro" Ed. EMI