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2 GIM Padova: Fare Verità

ottobre 2006

Punto critico:
fare verità!

Incontriamo Teresa Grigolini 

 

Questa veglia vuole presentare la figura eroica e silenziosa di Teresa Grigolini, missionaria comboniana che ha vissuto con Daniele Comboni e ha affrontato la violenza della persecuzione mahdista. Daniele Comboni, riteneva suor Teresa Grigolini “il primo e più compiuto e perfetto soggetto della Congregazione delle Pie Madri della Nigrizia: testa, capacità, carità e pietà distinta..”(Scritti, n.6653). Partì con il primo gruppo di suore nel 1877 come superiora provinciale. Nel 1882 la rivoluzione del Mahdi distrusse le missioni del Sudan e i missionari vennero fatti schiavi. Dopo anni di indicibili sofferenze suor Teresa, per ordine del califfo musulmano e su consiglio di padre Ohrwalder, accettò di sposare un commerciante greco per evitare di finire, assieme alle consorelle, negli harem musulmani. Il suo spirito di servizio verso la gente non cambiò, tanto che lei stessa ebbe a dire: ”Tutti sapevano che ero stata suora”. ( per saperne di più leggi: "TUTTI SAPEVANO CHE ERO STATA SUORA" di Grigolini Coco Rempas Teresa, editore EMI- 1996)

 

In ascolto di Teresa Grigolini 
Teresa Grigolini è nata a pochi km da Verona, nel 1853. E’ una ragazza istruita, di famiglia benestante; suo papà è amico di Daniele Comboni e benefattore della sua missione.A 21 anni Teresa sceglie di essere suora missionaria, mentre Comboni si trovava in Africa da un anno e mezzo. Comboni diceva di lei: “sr. Teresa Grigolini è il primo e più compiuto e perfetto soggetto della Congregazione delle Pie Madri della Nigrizia: testa, capacità, carità e pietà distinta (…) A ciò aggiunge una salute di ferro ed una attività sorprendente, e anche in arabo si difende abbastanza: ecco il tipo che intendo io! ...ed allora la conoscerà, e vedrà il vero stampo della Suora dell`Africa Centrale!”.
Poco dopo la morte di Daniele Comboni sr. Teresa scrive questa lettera a P.Sembianti :

  Obeid 10-10 1881

Rev.mo Padre ( Sembianti )                                        

Siamo immersi tutti in profonda desolazione. Un secondo telegramma ci annuncia la morte dell`Illu.mo Padre Monsignor Comboni, del Rev.do P. Gio. Batta Fraccaro e del fabbro Paolo Descandi. Non si sa ancora come sieno morti, e di qual malattia, ma probabilmente di febbri del paese che quest`anno sono veramente micidiali. Qui a Obeid sono tutti ammalati (tranne) che sr. Elisabetta ed io, che a dir il vero siamo affrante dalle fatiche, perché sono ormai due lunghi mesi che la malattia invase la nostra casa. È un dolor che spezza il cuore veder tanta gente che soffre, e ogni tratto vederci mancare qualcuno. Ah  per formarsene un`idea bisognerebbe trovarsi qui. Di giorno fa un caldo  terribile, e verso sera quando si dovrebbe un po` respirare, cessa del tutto quel po` d`aria che ordinariamente spira di giorno, e si forma nell`aria un`afa, un no so che di pesante che a stento si trova il respiro. I poveri ammalati allora sortono dalle loro stanzucce, calde come il fuoco, e si mettono coricati su stracci in terra. Povera gente, cavano il cuore! Infatti, buon Padre, ci troviamo in uno stato miserando. Col dolore poi che abbiamo adesso di questi ultimi morti siamo proprio ridotti all`agonia non dico altro..

Figlia aff.ma Sr. Teresa Grigolini

 

Nel febbraio 1882 inizia per i nostri missionari-e la prigionia Mahdista; durerà fino al 1898. Sr. Teresa rimane prigioniera del Mahdi fino alla fine. Quattro suore ed un laico muoiono durante la prigionia mentre altre quattro suore, due padri ed un laico riescono a fuggire. Soltanto Teresa  rimane fino alla fine: nell’agosto 1890  viene obbligata a sposarsi per salvare le sue sorelle e tutte le altre persone che l’hanno aiutata fino a quel momento.  Nei brani che seguono ascoltiamo il suo stato d`animo dopo due anni di torture e il suo grido di dolore davanti al sacrificio imposto a lei, perché superiora delle suore. Si tratta di un sacrificio pesante, che Teresa vive fino in fondo. Rimane fedele a suo marito e ai due figli sopravvissuti, nonostante nel suo cuore senta di rimanere “suora” e si senta profondamente umiliata. Muore nel 1931 all`età di 81 anni, è sepolta nella tomba delle suore Comboniane a Verona. 

Il corpo era a brandelli- scrive la Grigolini nelle sue memorie- ma i dolori morali erano di gran lunga più strazianti. La grande debolezza ci aveva fatto perdere un po’ il bene dell`intelletto. In principio della nostra prigionia pregavamo con fervore e la nostra mente era sempre fissa in Dio. Eravamo felici di soffrire per la causa del Regno di Cristo. Sentivamo che il Signore era con noi e il nostro cuore era inondato di pace e di gioia sincera. Poi scese la notte, una notte senza stelle: era l`agonia dello spirito, senza ombre di conforto. Prima una pedata, un sacco di corbacciate, di bastonate erano dolcezze da sopportare: il pensiero di poter testimoniare col sangue il nostro amore a Cristo, desiderio tanto vagheggiato nel periodo della nostra formazione, ci sosteneva e infondeva forza e vigore. L`educazione alla Croce ricevuta dal fondatore e il desiderio del martirio che ci sembrava tanto vicino ci animavano a tutto sopportare. Ma la morte tanto attesa non venne e noi eravamo tra gli artigli del Mahdi… Poi, quasi insensibilmente la preghiera rifiorì sulle nostre labbra: unite incominciammo un triduo al Cuore di Gesù chiedendogli che ci salvasse dalle zanne delle belve e ci aiutasse a rimanergli fedeli… (Aprile 1884, Rahad).

Chi potrebbe immaginare lo strazio dell`anima mia? Da tempo temevo che questo avrebbe potuto accadere, ma la speranza di potermi conservare solo e sempre unicamente per il mio Dio mi aveva sostenuta. Quante volte pregai il buon Dio che mi prendesse con sé prima di essere obbligata a fare tale passo! Ma si vede che non ero degna di tanta grazia…Previdi tutto quello che mi attendeva e le conseguenze dell`atto, ma accettai unicamente per liberare le mie tre consorelle, ancora prigioniere, da maggiori disgrazie… Per un`anno intero piansi la mia disgrazia…Pensai perfino che il Signore mi avesse fatto un grave torto. La mia schiavitù sarebbe durata fino alla morte…Tutti, dicevo tra me, tutti saranno liberati. Le suore ritorneranno al loro convento, gli altri in seno alle loro famiglie e ai loro paesi, per me sola non ci sarà più nè convento né famiglia e fino alla morte durerà la mia schiavitù…e mi abbandonavo al pianto… (Agosto 1890, Omdurman)

 

La crisi è il punto decisivo, la soglia determinante, la linea di cambiamento di una situazione.Dal greco, Κρίσις significa forza distintiva, separazione, e quindi scelta, giudizio, decisione. Come il crinale, il lungo dorso di una montagna che ci chiede se stare di là o di qua.
Non è necessariamente un termine negativo. E’ sicuramente, però, risolutivo.

 

In ascolto del profeta Giona (3,10-4,11)

Tutti conosciamo la storia di Giona: chiamato da Dio a predicare a Ninive, perché si converta, Giona fugge, viene inseguito da Dio e finalmente si decide ad obbedire. Ma, per i frutti della sua predicazione, Dio decide di non condannare Ninive. Dio si impietosì riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece. Ma Giona ne provò grande dispiacere e ne fu indispettito. Pregò il Signore: “Signore, non era forse questo che dicevo quand’ero nel mio paese? Per ciò mi affrettai a fuggire a Tarsis; perché so che tu sei un Dio misericordioso e clemente, longanime, di grande amore e che ti lasci impietosire riguardo al male minacciato. Or dunque, Signore, toglimi la vita, perché meglio è per me morire che vivere!”. Ma il Signore gli rispose: “Ti sembra giusto essere sdegnato così?”. Giona allora uscì dalla città e sostò a oriente di essa. Si fece lì un riparo di frasche e vi si mise all’ombra in attesa di vedere ciò che sarebbe avvenuto nella città. Allora il Signore Dio fece crescere una pianta di ricino al di sopra di Giona per fare ombra sulla sua testa e liberarlo dal suo male. Giona provò una grande gioia per quel ricino. Ma il giorno dopo, allo spuntar dell’alba, Dio mandò un verme a rodere il ricino e questo si seccò. Quando il sole si fu alzato, Dio fece soffiare un vento d’oriente, afoso. Il sole colpì la testa di Giona, che si sentì venir meno e chiese di morire, dicendo: “Meglio per me morire che vivere”. Dio disse a Giona: “Ti sembra giusto essere così sdegnato per una pianta di ricino?”. Egli rispose: “Sì, è giusto; ne sono sdegnato al punto da invocare la morte!”. Ma il Signore gli rispose: “Tu ti dai pena per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita: e io non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali?”.

 - Cosa genera gioia o tristezza in Giona? Quanto sono solidi e motivai i suoi sentimenti?

- Conosce veramente Dio (come dichiara nella nostra lettura)?

- Non è forse un uomo continuamente in fuga da se stesso?

- “Ti sembra giusto…” –gli chiede Dio… Quanto è consapevole di ciò che realmente è giusto e        bene?

Il libro di Giona è l’unico nella Bibbia che si chiude con una domanda. Se Dio viene a chiamarci, prima di tutto è per metterci in crisi.

Romero, Teresa, Giona ci insegnano a ‘camminare sul crinale per varcarlo’: la storia attorno a noi o alcuni cambiamenti forti nella nostra vita personale ci costringono ad attraversare la crisi Possono smontarsi alcune certezze che abbiamo su noi stessi o sui nostri valori…

Può stravolgersi il rapporto che abbiamo con Dio, la nostra idea di Lui…ho già attraversato momenti di crisi?

 Cosa si è smontato e cosa si è riconfermato in me?

ci sono dei lati della mia persona o delle certezze che ho sulla realtà e la vita che ho paura a mettere troppo in discussione, temendo che vengano messe in crisi?

nel profondo della mia persona, ci sono ancora delle porte che non ho piacere ad aprire e delle stanze che non vorrei abitare?

Apriamo questi nuovi campi di ascolto in clima di preghiera. Chiediamo che tutto il cammino GIM2 ci smonti e ci rimonti, separando ben bene dentro di noi il grano dalla paglia, distinguendo il nostro cuore vivo e vero da tutti i pesi che possono nasconderlo. Dopo il silenzio, potremo condividere, con il gesto significativo di liberare i bulbi coperti dai sassi per seminarli liberi in terra buona.

 

 

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